martedì 1 marzo 2022

[Recensione] IL GRANDE MAR DEI SARGASSI, di Jean Rhys

Recensione del romanzo Il grande Mar dei Sargassi, di Jean Rhys
Titolo originale:
 Wide Sargasso Sea
Autore: Jean Rhys
Traduzione: A. Motti
Edizione: Adelphi, copertina flessibile
Pagine: 171
Anno: 2013
Euro: 13,00 |

Premesse:
Prima di affrontare Il grande Mar dei Sargassi di Jean Rhys sarebbe bene non solo leggersi non dico il libro ma almeno il bignamino su Wikipedia di Jane Eyre, di cui questo romanzo è una sorta di fanfiction rilettura/prequel (non per altro ma già l'autrice non si prende la briga di spiegarci molto con la scusa del flusso di pensiero folle, se poi al lettore mancano pure le coordinate generiche è la fine), ma pure spendere due righe sul concetto di "Mad woman in the Attic", ovvero La pazza in soffitta.
Questo è il titolo di un saggio del 1979 di Sandra Gilbert e Susan Gubar che analizza la letteratura di epoca vittoriana da una prospettiva femminista, focalizzandosi criticamente sulle autrici più rappresentative del tempo, da Jane Austen a Emily Dickinson per citare solo le più note, passando per Charlotte Brontë e il succitato Jane Eyre. E' proprio un personaggio di Jane Eyre infatti a dare il titolo al saggio, il quale fa riferimento alla prima moglie di Rochester, Bertha Mason: un personaggio su cui la Brontë ritiene di non doverci dire nulla a parte il fatto che è, per l'appunto, una pazza segregata in soffitta dal marito. D'altronde all'interno del romanzo questa poveretta, che le voci dicono essere una ricca ereditiera creola, risulterà essere poco più di un mero pretesto narrativo per far avanzare la tormentata love-story tra Rochester e la protagonista.

Chi se ne frega della pazza piromane in soffitta quando ci sono i tormenti della buona e coraggiosa Jane con cui riempire pagine e pagine di patemi?
E' fregato a Gilbert e Gubar, che nel loro saggio portano avanti la tesi secondo la quale anche le autrici donne considerate più moderne, femministe e influenti dell'Ottocento inglese hanno incamerato più o meno consapevolmente lo sguardo e il pregiudizio patriarcale suddividendo i loro personaggi femminili in due categorie principali tutt'altro che lusinghiere ed egualmente irrealistiche: l'angelo pio e puro e il mostro, la ribelle, l'arpia, la pazza destinata a un fato infelice. Categorie da cui ci si deve liberare se si vuole ambire a una letteratura autentica, libera, scritta davvero dalle donne per le donne. 
Soprattutto è fregato alla Rhys, che nel 1966 raccoglie il testimone lasciato dalla Brontë e regala un passato e una voce alla pazza in soffitta. C'è riuscita? Beh, diciamo che si apprezza il tentativo ma ci si poteva applicare di più.

*

TRAMA

La storia della creola Bertha Mason, al secolo Antoinette Cosway, comincia nella prima metà dell'Ottocento, in Giamaica. A seguito dell'Emancipation Act del 1833 che ha liberato gli schiavi delle piantagioni la loro tenuta, Coulibri, è andata in rovina e la vita della protagonista e della sua famiglia con essa. 
Seguono pagine in cui il drama abbonda e il lettore è messo di fronte al coraggio e alla pacata dignità di questi schiavisti esponenti dell'aristocrazia bianca coloniale decaduta per colpa di politiche cieche da parte della madrepatria che devono vedersela con l'incomprensibile rabbia e il disprezzo dei poveri di colore. 
L'amore che vince sull'invidia e sull'odio.
Buonasera, sono Massimo D'Alema Antoinette Cosway
Lo scopo ovviamente è fare in modo che attraverso un patetismo da telenovela da romanzo ottocentesco la sfortunata protagonista susciti fin da subito simpatia nei destinatari di questo racconto, che ipotizzo non siano giamaicani visto che gli abitanti dalla pelle scura dei dintorni passano per streghe, deficienti o bestie incazzate.
Ora io non so quali fossero le posizioni della Rhys in merito, ma io sono convinta che qualche motivo per essere incazzati contro i Cosway queste persone (ridotte in povertà ancora più estrema da uomini liberi rispetto a quando erano schiavi) lo avessero e fosse pure valido. Spiace solo che oltre a rubargli i vestiti e lanciargli contro i sassi gli abbiano avvelenato il cavallo e dato fuoco al pappagallo (sic!), piccoli angeli innoZienti.

Decaduti, pieni di debiti e circondati dall'odio, i Cosway devono affrontare anche la morte del capofamiglia alcolizzato (e quando te sbagli?), morte che Annette, la sua giovane vedova, affronta estraniandosi al mondo, trascorrendo le giornate a fare lunghe cavalcate solitarie, dimentica dei figli Antoinette e Pierre (nato con non si sa che problematiche dal momento che è sempre debole e malaticcio oltre che poco autosufficiente), dell'odio, dell'isolamento sociale e delle chiacchiere. 
Intanto il tempo passa e la gente mormora.
Antoinette, sempre più sola se non fosse per la fida Christophine, una donna della Martinica regalata ad Annette dal marito come dono di nozze con la fama di strega che è rimasta con loro anche dopo la liberazione, è in bilico tra due mondi. Una blatta bianca, come la definiscono i bambini del luogo: non è nera ma neppure inglese. Non è ricca ma non fa nemmeno parte della massa di disperati del luogo.

"Non è cane, non è lupo.
Sa soltanto quello che non è" vibes...
Le cose cambiano il giorno in cui a Coulibri si presentano per valutare delle proprietà decadute dei distinti gentiluomini dalla vicina Spanish Town, tra cui un ricco inglese di nome
Mr. Mason che dopo un breve ma intenso corteggiamento chiede la mano della bella, giovane e povera vedova. L'amore, insomma, trionfa.
Mr. Mason rimette a nuovo Coulibri e tutta la famiglia torna a vivere gli antichi fasti, e questo rinfocola gli antichi rancori da parte dei povery veri.
Non quelli che da poveri giravano a cavallo, quindi.
"Quando eravamo poveri, la gente di colore non ci odiava tanto. Eravamo bianchi ma non ce l'eravamo cavata, e ben presto saremmo morti perché non avevamo più denaro. Cosa c'era da odiare?
Ora tutto era ricominciato e peggio di prima, mia madre lo sa ma non riesce a convincerlo. Magari potessi dirgli che le qui le cose non sono come credono gli inglesi."
E proprio a causa di questo sottovalutare i nativi di colore col piglio paternalista dell'inglese benestante, questo ritenerli troppo pigri per lavorare ma al tempo stesso incapaci di fare del male a chicchessia e innocui come bambini, i Mason si ritrovano ad affrontare il crescente malcontento dei disperati del villaggio, malcontento che esplode il giorno in cui alla prospettiva di vedersi rubare il poco lavoro che c'è da immigrati delle Indie Orientali questi circondano Coulibri e danno fuoco alla casa.
Jane Eyre, donna pazza, casa in fiamme.
Rhys, davvero, sottilissima, potevi metterla giù un po' più esplicita.

Pierre, di salute cagionevole e gravemente ferito dalle fiamme, muore durante la fuga. Antoinette si risveglia dopo circa 6 settimane a causa dello shock e delle ferite. Il suo nuovo padre è in viaggio, la madre resa folle dall'accaduto è ridotta al fantasma di se stessa e viene tenuta sotto sorveglianza da qualche parte, lontano dalla gente e, verremo a sapere poi, molestata quotidianamente dal guardiano di colore (Rhys, ce la fai a concepire un nero che non sia un animale?). Finito il tempo delle corse a piedi scalzi nell'erba, Antoinette viene mandata a studiare tra le suore insieme ad altre ragazze Creole per diventare buon materiale da matrimonio.
Tornerà a casa solo al compimento dei 17 anni.
O per meglio dire nella casa del suo nuovo marito, un amico dei Mason.

*

E' proprio al marito di Antoinette, un gentiluomo inglese di cui non verrà mai fatto il nome (ma spoiler: è Mr. Rochester), che viene affidata la narrazione della seconda parte del racconto. 
I due sono in luna di miele in Giamaica, in una delle tenute appartenute alla madre di lei, ma la situazione che vediamo dispiegarsi tra i due sposini è fin da principio tutt'altro che romantica o idilliaca.
Davvero strano, dal momento che parliamo di un matrimonio d'interesse tra il figlio cadetto di una famiglia benestante inglese e una creola coi soldi a cui il fratello ha aggiunto pure una dote di 30.000 £ purché se la pigliasse in fretta (perché questa fretta? Boh, voglia di togliersi di torno la figlia della moglie pazza probabilmente, ma non verrà mai spiegato in maniera esplicita). Eppure sembra che questa discreta fortuna, i beni immobili di cui disporre a proprio piacimento secondo la legge inglese e una giovane fighina creola che lo adora sia troppo per il suo fragile animo di figlio d'Albione. 
Sarà l'aria stordente della Giamaica, non so... Anche se con le cose che il lettore non saprà alla fine del libro si potrebbe riempire un magazzino.

Drama-Tization 2
Per riprendersi dal colpo inferto al suo orgoglio di maschio da non si sa chi perché nessuno ha mai tramato nulla alle sue spalle dall'inganno è pronto a credere a qualsiasi diceria ai danni della moglie e della sua famiglia, completamente aggratis, senza prove e soprattutto senza ascoltare nessuna altra campana.
Infatti nonostante per una volta non si voglia indulgere troppo nel cliché del fraintendimento e la moglie si offra di spiegargli tutto quello che vuole con calma e con piena padronanza di sé questo povero imbecille giusto per confermare i propri bias da redpillato frignone preferisce continuare a fidarsi delle parole di tal Daniel Cosway, un presunto fratellastro illegittimo di lei mai visto prima che gli riporta non solo voci sulle origini schiaviste della famiglia Cosway (e a un inglese che tua moglie fosse figlia di uno schiavista dovrebbe interessare perché...?) e una versione piuttosto colorita della lenta e inesorabile discesa di Annette verso la follia (di nuovo, è inglese, la follia ce l'avevano pure tra i reali), ma alla fine di tutto il pippozzo gli chiede anche dei soldi per tenere la bocca chiusa (riguardo a cosa, che sono pettegolezzi che conoscono in tutta la Giamaica?). Beh, certo, un tipino degno della massima fiducia.
Non pago, questa cima inizia a chiamare la moglie Bertha.
Perché? A parte il fatto che è così che la conosceremo in Jane Eyre, lo sa dio. A noi viene giusto detto che secondo il Rochester della Rhys, che è Rochester quanto il Light Turner del film Netflix di Death Note può paragonarsi al dio del nuovo mondo e dellaggiustizia e secondo me è questo il motivo vero per cui l'autrice omette il nome di questa monnezzina per tutto il libro) Antoinette è simile ad Annette, che è come si chiama la madre pazza, e poi boh, quante domande lettore, non va bene per lei e basta, uffy.
Le si adatta più Bertha, pappappero.
Poi la pazza è lei, capito.

Animato dall'odio aggratis nei confronti dei suoi parenti che lo hanno lasciato al verde, di quelli della moglie (biologici e acquisiti), della febbre tropicale che lo ha indebolito troppo per rifiutare le 30k sterline, dai neri della Giamaica che fanno le magie voodoo e lo prendono per il culo tutto il tempo (e come osano?), e armato da spirito di tremenda vendetta e furiosissimo sdegno nei confronti della consorte (di nuovo, perché?), forte della machiavellica superiorità britannica, nazione che ha dominato il mondo per secoli e dato i natali a menti eccelse tra cui Sherlock Holmes, Miss Marple e L, per rivalersi di quanto ritiene di aver subito si porta a letto la servetta nera minorenne proprio perché la moglie è lì a due passi a sentire tutto. Manca solo Skatman di sottofondo.
Lei la prende bene.
Talmente bene che non manda a quel paese questo povero scemo che tra l'altro conosce da manco un mese né gli lancia addosso qualche macumba tramite la vecchia balia martinicana (tanto è inglese, ci credono in queste strunzate anche se dicono di no, e lo dimostra il fatto che questo passa il tempo a cagarsi addosso odiare questo posto perché le palme di notte fanno frush frush), no no. Antoinette, ora Bertha, si droga, si sbronza e diventa pazza come la madre in mezza giornata.

Questo permette a Rochester di avere il pieno controllo sulla sua vita e di dar sfogo al suo odio contro una persona senza denaro e senza diritti (caspita, tu sì che sei uomo bro!), portarla in Inghilterra, isolarla dal mondo e dai pochi affetti che le erano rimasti e trasformarla nella Mad Woman in the Attic, a cui vengono affidati gli ultimi confusi pensieri del romanzo fino al tragico epilogo, e a questo punto o hai letto Jane Eyre o davvero buona fortuna a capirci qualcosa.

*

IMPRESSIONI SPARSE

Il grande Mar dei Sargassi viene descritto come una risposta anticolonialista e femminista a Jane Eyre, e considerando che tra l'alto pure l'autrice è creola (inglese di origini dominicane) sulla parte anticolonialista (vista dalla parte di chi la frusta la teneva dalla parte del manico, però) c'è poco da dire, la Rhys ha fatto i compiti.
D'altronde, come i Cosway, è creola.
Ora, nutro emozioni contrastanti su questo punto.
Per capirsi...
La storia raramente è bianca o nera e ancor più raramente si possono separare i buoni dai cattivi o gli innocenti dai colpevoli, anche se direi che così a occhio arricchirti per secoli deportando e schiavizzando generazioni di africani a scopo di schiavitù ad uso e consumo di una sparuta élite di blatte bianche (che per te sono un poco più su dei neri pigri e buoni come bambini) per poi dichiararli ipocritamente liberi senza però dare né a loro i mezzi di sostentamento per farli vivere dignitosamente né a chi ora dovrebbe pagarli per farli lavorare una sorta di risarcimento faccia di te la vera merda ipocrita e infame della vicenda. Idea che nel 1966 porta avanti anche la Rhys, dal momento che strigni strigni sono gli inglesi i veri cattivi.
Perché o fanno danni per la loro cattiveria o per la loro stupidità.
"Avete passato qui la maggior parte della vostra vita e non sapete nulla di questa gente. E' incredibile. Sono come bambini, non farebbero male a una mosca."
"Disgraziatamente i bambini fanno male alle mosche..."
"Conosci quello che tempo un mese darà fuoco
al tuo culo bianco perché non lo fai lavorare?"
"... Ce l'hai alle spalle."
Da questo punto di vista, Il grande Mar dei Sargassi descrive bene le contraddizioni, le malcelate tensioni e le ipocrisie del mondo giamaicano post emancipazione inserendo nell'equazione non solo dominatori e dominati ma anche quel che c'è nel mezzo (i creoli), offrendoci un punto di vista diverso nonché decisamente non eurocentrico. Questo lo apprezzo.
Peccato che poi io debba passare tutta la prima parte del libro a dispiacermi per degli schiavisti caduti in disgrazia e poi non ci sia un nero che non stupri, non imbrogli, non sia pigro e agisca per convenienza, che non incendi roba, non sia superstizioso e non parli come la domestica di Tom e Jerry (cosa che spero sia una scelta di traduzione nostrana e in originale si sia optato per un dialetto imbastardito dal patois, non ho indagato e voglio lasciare il beneficio del dubbio).

Le stesse impressioni contrastanti le ho col personaggio di Antoinette, che in quanto creola risulta molto affascinante nella sua totale assenza di un'identità definita.
Antoinette è una blatta bianca, un'europea delle colonie disprezzata e trattata con diffidenza fin da bambina non solo dagli inglesi e dalle persone di colore quasi in egual misura, ma anche dalla sua stessa madre che gli preferisce il fratellino Pierre (perché maschio e quindi erede della fortuna di famiglia? Perché più bisognoso di cure? Di nuovo, non lo sapremo mai.). Che non riesce mai a trovare il suo posto nel mondo, né la felicità.
Il suo dramma non è solo personale e non è solo legato alla sua etnia, ma è anche quello di una donna in bilico tra l'oppressiva società patriarcale e capitalista dei bianchi e il mistero, la magia, la rabbia ferale delle colonie. E' il dramma attualissimo di chi lotta quotidianamente per trovare uno spazio da chiamare proprio.

Una bambina come Antoinette che cresce nello smarrimento di sé e poi nel timor di dio non può che diventare una giovane donna mite e triste che inseguirà la felicità (secondo, di nuovo, la concezione inglese) legandosi
 al primo pirla che passa.
Un gentiluomo inglese senza un soldo che dopo essersi fatto amare le toglierà tutto, persino il nome, senza che nemmeno si sappia il perché.
Tutto bello, se quanto c'è di buono riguardo alla perdita di se stessi non andasse a perdersi nel delirio più totale, figlio sia di uno stile narrativo che vuole riflettere un flusso di pensieri poco lucido (da parte di entrambi i protagonisti, ma più lui) ma risulta al più un caos psichedelico e incomprensibile che del fatto di aver voluto ficcare dentro a martellate il legame con Jane Eyre e con quella povera sciroccata di Bertha.
D'altronde se il libro fosse ruotato attorno alle vicissitudini di Antoinette e PierBrexit se lo sarebbero cacati in tre invece di diventare il classico della letteratura inglese che è.

Il grande Mar dei Sargassi è una cazzo di fanfiction, per quanto si picchino i fan se uno osa farlo presente (come se essere una fan fiction sia automaticamente sinonimo di cattiva letteratura). 
La storia vive letteralmente dell'opera a cui si riferisce arrivando a dare per scontato parecchie cose, specie quando col passare delle pagine passato e presente si mescolano insieme a sogno e realtà: tanto i buchi li copre la trama di Jane Eyre, non hai bisogno di dire proprio tutto e puoi lasciare metà della roba in sospeso, sommerso da un mare di pensieri illogici e fumosi contornati da una punteggiatura buttata ad mentula e a dei botta e risposta insensati, tanto lei è la pazza della soffitta e tanto ti deve bastare, lettore (e se non fai te il lavoro di tappare i buchi lasciati dalla Rhys sei pure un po' stronzo, non capisci il modernismo ed è meglio che ti leggi 50 sfumature). 
I personaggi, nello specifico Rochester (probabilmente in quanto inglese, o forse solo per far risaltare Antoinette/Bertha), sembrano altri rispetto al libro e nonostante questo la parte romance, quella incentrata su di lui e i suoi pensieri,
 è la più debole e noiosa nonostante rappresenti il legame più forte con Jane Eyre. Questa si può riassumere, strigni strigni, nell'ennesima donna che perde la testa a caso per un cretino pericoloso con cui non ha affinità sentimentale, empatica o intellettuale e che conosce da poco, ciononostante gli affida tutto ciò che ha rovinandosi la vita, tematica che pure quando è ben affrontata e non romanticizza l'abuso mi annoia e irrita da morire, figurarsi quando è forzata e parte per la tangente. 
Anche Antoinette, restando in tema, potrebbe partire per la tangente e lasciare il marito: glielo consiglia Christophine quanto la giovane va a chiederle una pozione d'amore per incatenarlo a lei (sic!).
Non facile, specie tra i bianchi, ma nemmeno impossibile.
In fondo i due si conoscono da poco e tutta questa bruciante passione di lei non ha motivo d'essere per quel che mi riguarda visto che a malapena si parlano: avrebbe più senso da parte sua la paura del biasimo sociale da parte dei parenti, della vendetta di lui di fronte allo scandalo, del timor di dio inculcatole dalle suore, della solitudine, dell'impossibilità di sopravvivere senza mezzi né denaro proprio, ma queste sono motivazioni troppo razionali per la pazza della soffitta. Molto più logico supplicare la strega di Martinica di darle una pozione d'amore perché sì, voglio solo che quel cacacazzi musone e ignorante come la merda mi ami, l'amore è BLL. 
E' poi darsi all'alcool perché lui si tromba le servette.

Almeno Heathcliffe e Catherine si conoscono da quando erano bambini e lui l'ha lavorata ai fianchi per una vita, quindi questa ossessione bruciante e malsana ha un motivo d'essere, e quando ti tocca paragonare in negativo una storia d'amore a quella di Cime Tempestose qualcosa decisamente non va... Il grande Mar dei Sargassi, in chiusa, è una lettura che non mi pento di aver affrontato, se non altro per le risate che mi ci sono fatta e per aver letto di un punto di vista atipico su certe questioni storiche, ma non è una lettura che serberò nel cuore.

Giudizio finale:

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