Autore: Tirzah Price
Traduzione: P.M. Bonora
Edizione: Giunti
Pagine: 320
Anno: 2025
Edizione: Giunti
Pagine: 320
Anno: 2025
Prezzo: 18 euro
Perché nel 2025 le scrittrici americane sentono ancora il bisogno di abusare, e a più riprese (sembra infatti che sia già in corso di pubblicazione un seguito, sulla scia di quest'opera magna), del cadavere di Jane Austen?
Perché noi fan della Austen abbiamo questi momenti di reset in cui guardiamo una copertina che richiama alla Austen o alle sue opere, ci dimentichiamo di tutta la merda letta e vista fino a quel momento e torniamo le 15enni col giubbetto di jeans e i glitter tra i capelli che si ritrovavano la vita sentimentale rovinata a causa dei paragoni che facevamo tra i nostri filarini e Mr. Darcy. Torniamo in noi solo quando siamo già uscite dalla libreria col tomo tra le mani.
La scienza prima o poi darà un nome a questo disagio, e forse troverà anche una cura. Per il momento posso solo pensare ai 18 euro e alle ore della mia vita che non riavrò mai più.
Di base, essendo questo un libro osannato in quarta di copertina da quella inarrivabile regina del trash che è Kerry Maniscalco non sono stata così incauta da credere di trovarmi davanti a chissà che capolavoro, ma la trama sembrava abbastanza sciocca da fare il giro e diventare divertente. E così è stato in effetti, almeno finché il cringe non ha divorato tutto il resto.
Ma andiamo con ordine.
DUE RIGHE DI TRAMA
Il libro altro non è che Orgoglio e Pregiudizio riproposto in salsa "mistery", in cui le cinque sorelle Bennet sono le figlie non di un piccolo possidente terriero ma del capo di un altrettanto piccolo e abbastanza sfigato studio legale di Londra di nome Longbourne & Figli.
1. Sì, in questo libro gli studi legali e le compagnie commerciali hanno i nomi delle proprietà del libro originale. Che per me già rappresenta un problema nel momento in cui ragiono sul fatto che gli studi legali, essendo solitamente società formate da singoli, di solito trovano profittevole essere il più riconoscibili che si può.
2. Sì, c'è scritto Figli anche se nello studio (perlomeno in via ufficiosa) non lavora nessun figlio e tutti sanno che il signor Bennet ha solo 5 femmine da maritare. Ci viene detto che secondo il signor Bennet questo espediente di marketing servirebbe a dare quel non so che di conduzione familiare, cosa che notoriamente è la priorità di chi è in cerca di consulenza legale.
A Longbourne, scopriremo in corso d'opera, c'è talmente poco lavoro che i dipendenti passano più tempo a spettegolare tra loro che a lavorare sui casi (tanto quei pochi che ci sono vengono risolti dietro le quinte dalle intuizioni mirabili della nostra protagonista), ma l'autrice ogni tanto se lo dimentica (di solito quando vorrebbe ricordarci che Elizabeth sta lottando contro il tempo e deve sbrigarsi a dimostrare quanto vale) e ci mostra scene in cui il signor Bennet fa colloqui a nuova potenziale forza lavoro maschile che potrebbe rubare a Elizabeth un posto che è suo di diritto. Con quali soldi il signor Bennet vorrebbe pagare questa gente è il vero mistero inevaso del romanzo.
Elizabeth Bennet ovviamente è la nostra protagonista: la mente sopraffina della storia, l'acuto ingegno che deve sgomitare in un mondo di uomini per emergere e riuscire a realizzare il suo sogno di lavorare nello studio del padre in veste di avvocato. Nonostante sia già la più furba dei furbi e la più dura dei duri in quello studio (il fatto che l'asticella lì dentro sia veramente bassa non sembra turbarla) infatti il posto non le è stato ancora assegnato.
Perché una donna avvocato formata all'università della vita affosserebbe definitivamente uno studio già sull'orlo del fallimento? No, perché deve dimostrare di saper usare la logica nelle sue indagini invece di andare avanti a intuizioni e botte di culo.
E proprio mentre la protagonista sta frugando di nascosto tra le scartoffie di uno studio specializzato in diritto commerciale in cerca del caso perfetto per fare colpo sul genitore entra Fred, un Irregolare di Baker Street stufo di stare in un romanzo bello che Elizabeth paga per fargli da informatore su casi che lo studio non le affiderà mai, che ha giusto giusto informazioni su un caso perfetto per fare colpo sul genitore.
Pare infatti che un ricco commerciante appena giunto nella City, un certo signor Bingley, abbia assassinato il cognato, il signor Hurst. Per dimostrare di aver capito perfettamente quello che vuole da lei il padre (lo ricordiamo, che affronti le cose con la logica) Elizabeth sa per istinto che Bingley è innocente e che questo omicidio fa proprio al caso suo.
Che fino a ieri si occupava di contratti e corna.
C'è solo un problema, e non è il fatto che le donne avvocato non esistano e che pure esistessero nessun inglese dell'Ottocento le prenderebbe sul serio, ma solo che ha bisogno di incontrare il suo futuro cliente, che al momento è chiuso in prigione in attesa del processo, prima di indagare e dimostrarne l'innocenza. Per fortuna che Elizabeth è una tipa sveglia, non una cretina qualunque, quindi non ci mette molto a ideare un piano geniale: fingere di essere sua sorella minore (nubile, senza chaperon) per convincere una guardia a farla parlare vis a vis con Bingley, e portargli un cesto di focaccine fatte in casa e marmellata per convincerlo ad ascoltarla.
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"Salve, sono miss Bingley. Credo di avere diritto di far visita a mio fratello senza guardie" "Molto bene, miss Bingley, nome di battesimo?" "...... Non lo so." |
Peccato che Bingley avesse già l’aiuto del consulente legale del rinomato studio di Pemberley, l’arrapante l’arrogante Mr Darcy, se no questo astuto stratagemma non avrebbe fatto una piega.
Senza contare il fatto che di suo faccia un po' ridere che l’autrice sia convinta che nell’Ottocento inglese un ricco inglese bianco rischi la forca o anche solo la reputazione sociale per aver ucciso qualcuno di classe sociale inferiore alla sua, e che quindi noi lettori dovremmo essere in ansia per le sorti di questo Bingley perché oddio, se non ci pensa Lizzie chi lo salverà?
Di base se questo romanzo fosse un pelo realistico Darcy potrebbe passare il tempo a fare l’elefante con il pisello e qualsiasi giudice assolverebbe comunque Bingley con una pacca sulla spalla e un bicchierino di Sherry per il disturbo. Ma facciamo finta di non curarci della verosimiglianza storica (cose impossibili da chiedere a un americano, me ne rendo conto), concentriamoci piuttosto su Lizzie, che non è dotata solo di notevole acume ma anche di una morale granitica.
Perché se Darcy vuole semplicemente far uscire di galera il suo amico col minimo sforzo e senza dover interagire con giovani donne prive di buonsenso (e qui io non me la sento di dargli torto), lei vuole solo diventare avvocato e al tempo stesso far trionfare la verità e la giustizia, dimostrando che questo tizio mai visto prima è totalmente innocente perché sì. Il problema è che ovviamente avrà ragione e Darcy se la metterà in saccoccia con la consueta classe.
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IMPRESSIONI SPARSE
(con copiosi spoiler, che tanto qui si intuiscono da pagina 5)
In Orgoglio e Premeditazione, che nelle intenzioni dovrebbe essere un giallo (o così almeno suggeriscono sinossi, copertina e scheda libro online), tutto il mistero è svelato anche ai meno attenti fin dalle prime pagine, quindi il resto del tempo al lettore non resta altro da fare che assistere impotente alla tenace quanto fallimentare in partenza battaglia di Elizabeth contro l'ormonella nei confronti di un Darcy sempre più affascinato dalle sue doti deduttive.
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ELLEizabeth in azione mentre passa allo scanner le labbra di Darcy e cerca di convincerci che in realtà lo trova odioso. |
Di base c’è una sola deduzione fatta da Elizabeth a cui non si può arrivare con le proprie forze (ma anche questo problema si può aggirare facilmente dato che gli stronzi papabili in questo libro di merda sono due e uno Elizabeth te lo esclude da subito), ovvero il mistero del proprietario del bottone ritrovato per pura botta di culo sulla scena del delitto, un bottone che potrebbe essere finito lì in qualunque modo e che potrebbe appartenere a chiunque (il fatto che Elizabeth lo trovi importante è quindi, di nuovo, prova di intuito e non di logica, con buona pace delle poche e semplici indicazioni paterne). Questo accade solo perché l’autrice tradisce in maniera molto conveniente il punto di vista scelto (una terza persona ma dal punto di vista di Elizabeth) per non farci volutamente partecipi di una cosa, dice la protagonista al momento di fare la grande rivelazione, notata solo distrattamente giorni addietro.
E Porcoddue, Tirzah!
Per il resto del tempo la Price, evidentemente fiera di questi pochi deliranti colponi di scena, dissemina in giro indizi sottili come baobab, passando da improvvisi e immotivati cambi di carattere di un personaggio a un sussulto sfuggito dalle labbra di una giovane cameriera che la, ricordiamolo, geniale protagonista scambia per arrapamento (e daje...), passando per informazioni che nelle intenzioni vorrebbero essere casuali sul passato di un personaggio, come dei provvidenziali trascorsi in marina o la casualissima presenza sul luogo del delitto al momento dell’omicidio, ma che lo rendono immediatamente sospetto.
Tranne che alla furbona che vuole fare l’avvocato, cioè.
Ora, al netto di una cattiva scrittura (e di soluzioni che posso solo definire deliranti come la finta assicurazione stipulata dalla malvagia mastermind per far credere agli inquirenti che Bingley pagasse mazzette ai pirati per non farsi derubare, quando di fatto la compagnia rischiava la bancarotta proprio per i furti continui ai suoi convogli mercantili) personalmente credo che alla base di questa cattiva impostazione della trama ci siano due fattori:
1. Chi legge questo libro, a differenza evidentemente di chi lo ha scritto, conosce Orgoglio e Pregiudizio abbastanza bene da sapere esattamente quali personaggi bisogna tenere d’occhio (per esempio Wickam) con conseguente crollo della tensione, perché l’effetto sorpresa è andato a ramengo, e a differenza che nel romanzo originale che non aveva nessuna velleità mistery qui teoricamente dovrebbe ruotare tutto attorno ai colpi di scena.
2. L’autrice, incapace di gestire un cast corale, approfondisce solo i pochi personaggi chiave relegando miseramente sullo sfondo gli altri. Di conseguenza, eliminando per ovvie ragioni i protagonisti dalla rosa dei sospettati, ne rimangono pochi di personaggi su cui concentrare gli sforzi deduttivi (a parte quando la Price si fa prendere dalla stessa locura del bottone mancante e dell’assicurazione farlocca e si inventa una versione di Lady Catherine un po’ Milady di Dumas e un po’ Oona di Disincanto).
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"Sono la pazza vedova pirata di nessuna terra!" |
Lady Catherine, vedova di un non meglio specificato Lord De Bourgh che l'ha lasciata con un titolo nobiliare, ricca da fare schifo e piena di livore contro i maschietti e lo status quo inglese, si rivelerà infatti essere la vera mastermind, la burattinaia suprema che muove i fili non solo di questo
Nel tempo libero pare si diletti pure di pirateria, col beneplacito della Francia.
Una vera architetta del caos, insomma, una donna di polso con un piede tra le fila dei nemici dell'Inghilterra e l'altro ben piantato nel collo del patriarcato. Strigni strigni, Lady Catherine è il solito araldo del nazifemminismo, la donna cattiva che porta avanti la sua versione malata del riscatto sociale e decide di rispondere alle ingiustizie subite con la violenza, a differenza di Elizabeth che è una femminista buona perché non dà noie e non porta rancore ai penemuniti a meno che non venga provocata, e che si fa spazio nel mondo dei maschi (e nei loro cuoricini) con l'intelletto. E con lo studio di papà che ti ha permesso di avere accesso allo studio della legge, anche se da outsider, ma chi fa caso ai privilegi dei buoni?
Di sicuro non Elizabeth, ma ci tornerò nel punto successivo.
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Un'altra delle cose che mi hanno fatto più girare i birilli sono i pochi spunti interessanti buttati ai maiali, tra cui la solita immancabile quota "coloured" per spaccare i maroni alla buonanima della Austen ma senza dimenticarci che siamo nel 2025 e anche le giovani lettrici di colore ora hanno i soldi per comprare i tuoi romanzi.
Charlotte, la migliore amica di Elizabeth, nel romanzo della Austen è l'emblema della pragmatica rassegnazione: priva di qualità eccezionali, bellezza o una dote che la rendano appetibile, sa bene di non potersi permettere il lusso del romanticismo. Arrivata a una certa età - quella in cui una donna secondo il galateo sociale dell'epoca doveva essere sistemata - il suo unico desiderio è garantirsi un futuro decoroso come padrona di una casa rispettabile, indipendentemente da chi sarà al suo fianco. La sua è una visione che finisce con lo scontrarsi con l'idealismo cieco di Elizabeth.
Qui accade qualcosa di simile, ma in versione Shein.
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Elizabeth scopre l'amara verità su Charlotte |
Una scelta non originale ma comunque interessante, che avrebbe potuto offrire a noi e alla geniale protagonista degli spunti per riflettere non solo su un privilegio legato al ceto sociale e al sesso, ma anche all'etnia. Niente di tutto questo passa per la mente di Lizzie finché non è la stessa Charlotte a farle un pippone in merito, totalmente cieca com'era al fatto che la sua migliore amica e confidente fosse una nera, nonché bellamente inconsapevole del fatto che nell'Inghilterra dell'Ottocento ai neri le cose non andassero proprio benissimo.
Come se ciò non bastasse la questione raggiunge vette di inenarrabile cringe nel momento in cui dopo aver scoperto che i neri sono diversi da lei, Elizabeth si turba comunque nello scoprire che il signor Collins (qui nel ruolo di giovane e incapace avvocato e futuro erede dello studio legale del signor Bennet), il quale poche pagine prima aveva corteggiato la sua amica alla scrivania del posto di lavoro, in realtà stesse solo giocando con lei e non avesse alcuna intenzione di fare della sua amica una moglie rispettabile.
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Elizabeth scopre che i neri e i poveri non sono come lei. |
Il punto è che queste ingenuità io potrei anche perdonarle a un personaggio come l’Elizabeth del romanzo originale — una ragazza brillante, sì, con la lingua affilata e la mente vivace, ma pur sempre cresciuta in campagna in un contesto relativamente benestante, con un'istruzione limitata e una visione del mondo ristretta ai parametri di una signorina di buona famiglia che non ha mai toccato con mano la miseria vera o sentito parlare apertamente di certe dinamiche sociali.
Ma se qui la Price mi propone una persona che mi spacca continuamente i coglioni su quanto desideri fare l'avvocato e sia solo per colpa dei maschi cattivi e della società sciovinista se non può farlo, una donna che tutti incensano per l'acume straordinario, mi aspetto che sia sul pezzo. Che poi è lo stesso motivo per cui perdonavo alla Jasmine del film d'animazione che voleva sposarsi per amore ma non a quella del live action che studiava da una vita per fare la sultana che non sapesse che al mercato la roba doveva pagarla.
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Last but not least, le due cornici - quella storica e quella del romanzo originale - attorno alle quali è sviluppata la vicenda mistery vengono maneggiate dall'autrice con la consueta grazia degli americani che si approcciano a culture diverse dalla propria (situazione che a parte poche pregevoli eccezioni va a peggiorare esponenzialmente nel momento in cui oltre che nello spazio ci si allontana anche nel tempo): una carnevalata frutto di una miscela esplosiva di superficialità, sicumera gratuita e totale mancanza di conoscenza del contesto (storico e letterario) in cui ti stai muovendo.
Il risultato è uno schizzo di merda preciso e chirurgico, come un piccione che ti centra in pieno il lunotto all'uscita dell'autolavaggio.
Tra le bestialità che mi sono capitate sottomano in corso di lettura, se no non ci si crede:
1. Darcy e Lizzie si baciano
Alla fine, fiaccata dagli sforzi compiuti per ideare un complotto delirante e una scena in tribunale in cui Lizzie trasmuta in Allie McBeal e scopre che spettegolare in salotto e parlare in tribunale in fondo è un po' la stessa cosa – scena in cui, tra le altre perle, spiccano un giudice che ha fretta di chiudere alla buona un caso di omicidio perché si sono accavallate altre faccende e un anonimo in aula obietta terrorizzato che Bingley non stia prendendo sul serio le accuse se ha deciso di farsi difendere da una donna – l’autrice ha solo voglia di ricompensarsi con un delicatissimo limone tra i protagonisti.
Agli americani del resto piacciono così tanto i limoni tra i protagonisti che persino Joe Wright ha dovuto girare una scena extra a uso e consumo esclusivo del pubblico statunitense in cui Elizabeth e Darcy si baciavano in riva al lago (true story, ma perlomeno in quella scena erano già sposati).
Dramatization: il bacio
Peccato che questa sia la fottuta epoca Regency, non Mean Girls.
Già due balli di troppo a una festa o una passeggiata da soli in giardino (sotto l'occhio vigile di un'intera corte di parenti, rivali e simpatizzanti) erano considerati un corteggiamento in piena regola, un impegno che avrebbe potuto rovinare per sempre la reputazione della ragazza se il pretendente si fosse smarcato prima delle nozze. Un bacio avrebbe significato la rovina sociale per Lizzie, e anche in un contesto in cui dobbiamo sospendere l'incredulità al punto da accettare che questa cretina abbia appena perorato la causa di un uomo accusato di omicidio in tribunale e che un giudice l'abbia ascoltata nessun sano di mente avrebbe affidato la propria difesa a una donna pubblicamente compromessa.
Tra l'altro, ironicamente, è proprio Lizzie a rammentarci durante uno dei precedenti screzi con Darcy che la reputazione sociale è una bitch.
1b. Elizabeth viene rapita da Wickham
Se come abbiamo visto nel punto 1 bastava un bacio a compromettere la reputazione di una ragazza (e di riflesso quella dell'intera famiglia) figurarsi un rapimento in piena regola. Il romanzo originale - che nel dubbio poteva fungere da bignami storico per l’autrice se proprio non le andava di sfogliare un saggio - lo illustra chiaramente con la vicenda della fuga di Lydia: la ragazza scappa con Wickham in modo consensuale, eppure il disonore che ne consegue sarebbe totale per la famiglia Bennet se Darcy ci mettesse mano facendoli sposare in fretta e furia.
Questo perché il problema, all’epoca, non era se avessero scopato o meno, ma che avessero avuto l’occasione di farlo. Nel caso in oggetto Elizabeth non solo viene rapita, ma quando arrivano le autorità la trovano sola, di notte, al porto, con il suo presunto rapitore morto e un secondo uomo - Darcy, gettatosi all'inseguimento dei due come nei western - sporco di sangue.
Logica sociale del tempo avrebbe imposto di mettere tutto a tacere: corrompere guardie, nascondere Elizabeth e ridurre il tutto a una diatriba tra maschi alpha... No, invece noi raccontiamo del rapimento alla polizia per scagionare Darcy, perché siamo per un romanzo storico del disimpegno.
2. Darcy e il "duello"
Ci viene spiegato a un certo punto che il Darcy di Orgoglio e premeditazione pur essendo il figlio del fondatore dello studio Pemberley&Co. non esercita la professione di avvocato ma si limita al ruolo di consulente legale.
La ragione di questo inspiegabile demansionamento del figlio del capo si chiarisce nel momento in cui scopriamo che Darcy qualche anno prima sarebbe stato coinvolto in un duello - pratica che essendo illegale avrebbe infangato il buon nome di famiglia e spinto il padre a prendere provvedimenti nei suoi confronti.
Peccato che poi in corso di storia emerga che questo duello non ha nemmeno avuto luogo perché Wickham, il contendente, non si è presentato. Si vede che nel mondo della Price il duello è come il Falqui: basta la parola.
A questo punto, per la gioia di tutti, si necessita un pippone storico time!
In epoca Regency i duelli erano ufficialmente illegali: su carta costituivano a tutti gli effetti un reato penale e i partecipanti rischiavano l'accusa di omicidio (in caso di morte), tentato omicidio, lesioni personali o disturbo della quiete pubblica. Nella pratica i gentiluomini li consideravano un mezzo socialmente accettabile per regolare le questioni d'onore.
Trattandosi di una questione che riguardava i gentiluomini abbiamo già capito dove voglio andare a parare: il reato esisteva ma le condanne erano rare. Le giurie dell’epoca tendevano a chiudere un occhio (o due) se i duellanti sopravvivevano e appartenevano a un certo rango. Ma soprattutto, in qualsiasi luogo che non sia il mondo di Minority Report non si fa il processo alle intenzioni e per dire che un duello c’è stato e subirne le conseguenze a livello sociale, lavorativo, giuridico e salcazzo bisogna che questo duello nei fatti avvenga.
3. Lizzie partecipa attivamente in tribunale
Essendo l'unica ad avere un quadro chiaro e completo della situazione (e come abbiamo già visto questo non rende lei particolarmente intelligente ma il resto dei personaggi che la circondano particolarmente stupidi) spetta proprio alla nostra eroina il compito di esporre la difesa di Bingley in tribunale e ripulire il suo buon nome.
Il mondo ha deciso di mettersi contro la puttana sbagliata.
La nostra Allyzabeth McBeal prende finalmente la scena e sotto lo sguardo attonito dei presenti coglie la sua grande occasione, espone i fatti e costruisce con metodo l’accusa contro il vero colpevole dell'omicidio del signor Hurst, vale a dire il signor Collins che ha agito su mandato della perfida Lady Catherine (cosa che non stupisce dal momento che tutti gli uomini in questo libro sono dei pupazzi senza appello): Mr Bingley è totalmente scagionato, urrà!
Un momento girl power davvero edificante, non fosse per il fatto che a questo punto io personalmente ne ho le palle rase e non riesco più a passare oltre il fatto che nell'Inghilterra del mondo reale per trovare la prima presenza femminile in un ruolo legale documentato dobbiamo aspettare il 1922, e questo non perché le donne fino a quel momento fossero prive di iniziativa ma perché c'era una legge (abolita nel 1919) che stabiliva che le donne non potessero, tra le altre cose: testimoniare in contesti formali, far parte di giurie, esercitare la professione legale e ottenere la laurea in giurisprudenza.
Lizzie a malapena poteva metterci piede in quel tribunale, altro che perorare la causa di Bingley e salvare la situa guadagnandosi il rispetto di tutti e l'accesso al mondo dei maschi alpha.
4. Balli dove Miss Bingley va a rimorchiare un maranza di nascosto
No comment.
E non ho capito bene la situazione perché a quel punto avevo spento il cervello per l'overload di cazzate che stavo subendo, ma in chiusa voglio sperare che la Price non abbia davvero insinuato che alla signora Hurst bastasse lasciare il tetto coniugale perché Bingley potesse farle avviare le pratiche di divorzio dal marito biscazziere e ubriacone.
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In una rilettura mistery di Orgoglio e Pregiudizio poi è lecito aspettarsi che la trama ricalchi in molti aspetti, o almeno nelle sue parti più significative, l'originale. Avrei voluto anche che questi rimandi fossero fatti con criterio e rispetto invece che ficcati dentro a forza a martellate, ma la Price non ci regala nemmemo questa gioia.
La scelta più emblematica di questo approccio forzato al parallelismo (che spesso e volentieri si traduce in interazioni altrettanto forzate tra i personaggi - vedi Lydia e Wickham, o Collins e Charlotte) è senza dubbio il mantenimento dell'antipatia della signora Bennet, la madre di Elizabeth, nei confronti di Darcy.
In Orgoglio e Pregiudizio questa antipatia ha un senso: è una reazione eccessiva portata avanti da una donna gretta e poco intelligente al comportamento altezzoso, ai limiti dello sgarbato, di un uomo ricco, scapolo e in età da matrimonio che si rifiuta di partecipare al gioco sociale del corteggiamento - gioco che per una madre con cinque figlie nubili è tutto fuorché frivolo.
La signora Bennet riflette e amplifica i presunti sgarbi subiti trasformandoli in antipatia (la classica volpe che non arrivando all'uva la dichiara acerba). Arriva persino a ignorare le convenzioni sociali che vorrebbero un minimo di discrezione quando si manifesta la propria aperta acredine nei confronti di un uomo di ceto infinitamente superiore al proprio, e questo atteggiamento causa non poco imbarazzo alle figlie maggiori. Ma tutto questo è coerente col contesto e con la sua caratterizzazione.
Nella rilettura della Price, invece, la signora Bennet odia Darcy perché sì. Lui non l’ha mai offesa, ignorata, o snobbata. In realtà, non si sono mai nemmeno incontrati. Eppure lei (che come nel romanzo originale smania di veder accasate le sue figlie) lo presenta fin da subito a Elizabeth come un individuo sospetto da cui stare alla larga, un uomo appartenente a una famiglia sì influente, ma dalle maniere discutibili.
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Promemoria per me, mutilare Darcy dopo aver maritato figlie... |
Ovviamente parliamo sempre del famoso duello che non ha mai avuto luogo e che non avrebbe dovuto avere alcuna conseguenza sulla sua reputazione.
Ma di che minchia parliamo?
Abbiamo poi il fatto che Jane e Bingley debbano comunque piacersi tanto tanto anche se lui avrebbe per la testa altri cazzi un po' più urgenti dell'happy ending sentimentale, tipo un'accusa di omicidio e il fallimento imminente della sua compagnia commerciale.
Però così dev'essere, Price vult.
Però così dev'essere, Price vult.
Per tutto il romanzo i due non interagiscono nemmeno per sbaglio, un po' come Darcy e la signora Bennet. Non un momento rubato, non uno scambio significativo, nemmeno un cenno d’intesa o delle parole di ammirazione e apprezzamento rivolteda Elizabeth, che magari avrebbe potuto far presente alla sorella certe qualità del suo assistito in corso d'indagine, per far nascere almeno l'abbozzo di un sentimento (non è dato sapere cosa avrebbe dovuto dire Elizabeth per destare l'interesse della sorella, dal momento che come tutti i personaggi che non sono i protagonisti o i cattivi Bingley è una figurina inconsistente, ma avrei apprezzato il tentativo).
Ma niente panico, tanto li si accoppia alla fine a cazzo di cane.
Nel primo momento di calma, quando tutto si è risolto e Bingley è sollevato dalle accuse di omicidio (ma ancora non si capisce come dovrebbe fare a salvare le sue finanze, forse con un'altra assicurazione fasulla), senza una costruzione narrativa sensata o un minimo di tensione emotiva, per il solo gusto di barrare la casella della ship canonica corrispondente.
Missione compiuta.
Il che forse è un bene, perché se questa tensione emotiva doveva essere sullo stile di quella tra Darcy ed Elizabeth, meglio evitarla. Lui non fa altro che elogiare a caso la sua inesistente mente brillante, e più è ormonalmente preso (di solito nei momenti bitchy bitchy) più diventa audace nei vezzeggiativi al punto da osare l'impensabile: chiamarla per nome, proprio come negli Shojo brutti!
Passerò a volo d'uccello, perché ho parlato anche troppo di questa monnezza, su personaggi secondari rimaneggiati con l'accetta come Georgiana, la fan numero uno della teoria della polizza assicurativa fasulla, nonché causa scatenante del famoso duello mai avvenuto tra Darcy e Wickham; Collins, che da personaggio servile e piaggeroso verso i potenti, magari pedante e poco sveglio ma non cattivo, diventa un arrogante cazzone perché l'autrice non sa descrivere in altro modo una personalità maschile ostile, non degna di essere l'interesse amoroso della protagonista; le sorelle Bingley che sono stronze a caso con Elizabeth anche se di fatto la Price ha pure regalato a Caroline un amore impossibile (un ragazzo di ceto sociale inferiore che la tapina incontra di nascosto ai balli per rimorchiare in anonimato) proprio per smarcarla dal ruolo di potenziale rivale in amore di Elizabeth.
Solo per farvi capire io che cazzo mi sono ritrovata a leggere.
Solo per farvi capire io che cazzo mi sono ritrovata a leggere.
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IN CONCLUSIONE. . .
"Orgoglio e Premeditazione è una merda" (cit).
Più che un retelling divertente è una sfida alla pazienza e all'intelligenza di chi legge (il quale finisce a maledire il giorno in cui ha imparato a farlo e a provare lo stesso rancore gratuito che la signora Bennet prova nei confronti di Darcy). Più che un giallo intrigante è una tortura cinese e un'istigazione al blocco del lettore, un esercizio di sopportazione durante il quale ci si chiede se non si sia forse vittime di Scherzi a parte.
Di base tutto ruota intorno ai continui e gratuiti segoni a due mani rivolti all'acume e alle doti deduttive di una cretina.
L'autrice è la classica americana che scrive di un'epoca e di un libro che non ha capito, e che fa ruotare la sua narrazione attorno a un contesto giallo/mistery che non è in grado di gestire. I personaggi (cioè quei quattro che non sono pallide figurine sullo sfondo) sono accettabili solo perché si hanno continuamente nella testa gli originali della Austen, tranne quando devo leggere di Lady Catherine che è diventata un capitano pirata che vuole distruggere le fondamenta del patriarcato, perché lì nemmeno la Austen può metterci una pezza. Di base penso che lo scopo dell'autrice fosse solo scrivere una fanfiction in cui Darcy ed Elizabeth bitcheggiano male e alla fine limonano.
L'autrice è la classica americana che scrive di un'epoca e di un libro che non ha capito, e che fa ruotare la sua narrazione attorno a un contesto giallo/mistery che non è in grado di gestire. I personaggi (cioè quei quattro che non sono pallide figurine sullo sfondo) sono accettabili solo perché si hanno continuamente nella testa gli originali della Austen, tranne quando devo leggere di Lady Catherine che è diventata un capitano pirata che vuole distruggere le fondamenta del patriarcato, perché lì nemmeno la Austen può metterci una pezza. Di base penso che lo scopo dell'autrice fosse solo scrivere una fanfiction in cui Darcy ed Elizabeth bitcheggiano male e alla fine limonano.
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