Traduzione: S. A. Cresti
Ed italiana: Tunuè, copertina rigida, 124 pagine
Anno: 2015
Euro: 16,90
Nel 1874 sulle coste del villaggio inglese di Hartlepool affonda una nave francese. C'è un unico superstite a bordo, una scimmia: è l'animaletto da compagnia del defunto capitano della nave, che indossava una divisa francese per il suo sollazzo. Gli abitanti di questo paesino però non ne hanno mai visto uno in faccia, di francese: sanno solo che i francesi sono il nemico, bestie brutte, pelose e maleodoranti che parlano un idioma incomprensibile, senza umanità nè cervello, e la descrizione sembra calzare a pennello con l'essere che hanno dinnanzi agli occhi. Del resto non hanno mai nemmeno visto delle scimmie, se non in un dipinto lasciato in locanda da tempo immemore in cui viene rappresentata però una bertuccia, mentre questo è uno scimpanzè.
E' un racconto che riesce a dipingere in maniera grottesca (ma mai ridicola), dolorosa (ma mai gratuita o morbosa) quella paura, diffidenza e odio verso il diverso. Quell'istinto, o lunga tradizione culturale che dir si voglia, di disumanizzare il nemico fino a conferirgli fattezze bestiali. Al tempo stesso però è proprio questo abbandonarsi all'odio brutale a rendere anche gli abitanti di Hartlepool bestiali nei comportamenti e nell'aspetto: il pastore, ammantato di iniziale ipocrisia, è forse tra tutti il personaggio più gretto e meno caritatevole (è stato morso dalla scimmia, quindi è tra quelli che più violentemente vogliono ucciderlo); il reduce di guerra privato delle gambe che viene distrutto dal cieco livore contro un nemico che ha visto solo da lontano, dal momento che ha combattuto nelle retrovie; il sindaco presiede a un processo ridicolo, la farsa di uno dei capisaldi della democrazia occidentale.
Al tempo stesso questa storia ci fa comprendere che tra noi e l'altro non c'è proprio alcuna differenza attraverso il personaggio di Philip, un mozzo francese scampato al disastro che parla molto bene l'inglese avendo avuto una balia della Cornovaglia, e che quindi riesce a mimetizzarsi alla perfezione tra gli abitanti di Hartlepool.
E' un racconto che riesce a dipingere in maniera grottesca (ma mai ridicola), dolorosa (ma mai gratuita o morbosa) quella paura, diffidenza e odio verso il diverso. Quell'istinto, o lunga tradizione culturale che dir si voglia, di disumanizzare il nemico fino a conferirgli fattezze bestiali. Al tempo stesso però è proprio questo abbandonarsi all'odio brutale a rendere anche gli abitanti di Hartlepool bestiali nei comportamenti e nell'aspetto: il pastore, ammantato di iniziale ipocrisia, è forse tra tutti il personaggio più gretto e meno caritatevole (è stato morso dalla scimmia, quindi è tra quelli che più violentemente vogliono ucciderlo); il reduce di guerra privato delle gambe che viene distrutto dal cieco livore contro un nemico che ha visto solo da lontano, dal momento che ha combattuto nelle retrovie; il sindaco presiede a un processo ridicolo, la farsa di uno dei capisaldi della democrazia occidentale.
Al tempo stesso questa storia ci fa comprendere che tra noi e l'altro non c'è proprio alcuna differenza attraverso il personaggio di Philip, un mozzo francese scampato al disastro che parla molto bene l'inglese avendo avuto una balia della Cornovaglia, e che quindi riesce a mimetizzarsi alla perfezione tra gli abitanti di Hartlepool.
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Wilfrid Lupano riesce a creare una storia che non deraglia mai dal binario della narrazione. Pur essendo questo racconto una fine analisi delle meccaniche del razzismo, di quello che porta tutti, indistintamente, a diventare bestie proprio nel momento in cui puntiamo il dito contro l'altrui bestialità, non diventa mai retorico o didascalico, non sale sul pulpito per farci da maestrino e dirci strizzando l'occhietto "Eh eh, il razzismo è brutto".
Lascia che a questa verità scomoda e non così ovvia ci si arrivi da soli.
Altra cosa che ho apprezzato della narrazione di Lupano è stato il fatto che sarebbe stato molto facile rendere tutto il racconto in qualche modo classista, con il buon dottore che si era ritrovato per caso a passare dal villaggio che porta la luce della ragione ai campagnoli ignoranti rivelando loro l'incontrovertibile verità, ovvero che hanno fatto tutto questo gran casino per un primate.
Altra cosa che ho apprezzato della narrazione di Lupano è stato il fatto che sarebbe stato molto facile rendere tutto il racconto in qualche modo classista, con il buon dottore che si era ritrovato per caso a passare dal villaggio che porta la luce della ragione ai campagnoli ignoranti rivelando loro l'incontrovertibile verità, ovvero che hanno fatto tutto questo gran casino per un primate.
Invece no, perchè il dottore non è l'unico a farsi venire il dubbio circa l'identità di questo strano francese: c'è anche Melody, la giovane nipote del reduce di guerra, che senza lasciarsi accecare dall'odio nazionalista verso lo straniero sente che qualcosa non va, non le torna. Melody però è una ragazza e non ha mai visto una scimmia dal vivo, né tantomeno un francese, ed è facile quindi per gli altri ragazzi a cui lei espone i suoi dubbi zittirla.
Cionondimeno ho apprezzato questo sprazzo di umanità, che va perdendosi nel clima generale di intolleranza e desiderio di vendetta.
I disegni di Jérémie Moreau coronano il tutto di perfezione. Sono grotteschi, quasi caricaturali, sferzate di inchiostro contro la carta, mi ricordano le vignette satiriche di stampo nazionalista del XIX secolo. Le fattezze umane vanno a tratti perdendosi, l'odio deforma i volti e i corpi degli abitanti di Hartlepool fino a renderli quasi tutti animali, specie nella scena dell'impiccagione dove la bestialità tocca l'apice.
I disegni di Jérémie Moreau coronano il tutto di perfezione. Sono grotteschi, quasi caricaturali, sferzate di inchiostro contro la carta, mi ricordano le vignette satiriche di stampo nazionalista del XIX secolo. Le fattezze umane vanno a tratti perdendosi, l'odio deforma i volti e i corpi degli abitanti di Hartlepool fino a renderli quasi tutti animali, specie nella scena dell'impiccagione dove la bestialità tocca l'apice.
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Infine, dopo la storia si approfondiscono le tematiche della graphic novel con un breve lavoro di Pierre Serna, uno storico e direttore dell'Istituto di storia della rivoluzione francese, che approfondisce e contestualizza storicamente le tematiche del racconto, deliziandoci con un piccolo excursus divulgativo sulle origini del razzismo in età moderna che conclude con un ammonimento che tutti dovremmo ricordare: sarebbe facile ridicolizzare questa storia e credere che solo degli inglesi (che non disprezzano la birra forte e le serate al pub) potessero incorrere in un errore simile, ma attenzione a ritenerci superiori, o immuni da questo processo.
Nessun popolo, neppure quello francese, c'è riuscito.
Giudizio della Divorastorie: 5/5
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