Autore: Neil Gaiman
Traduzione: M. Bartocci
Ed. Italiana: Mondadori, copertina flessibile, 245
pagine,
Anno (Italia): 2005
Euro: 10,50
Sono
approdata sui lidi di questo breve romanzo dopo essere rimasta stregata dal
delizioso film omonimo, e quindi il paragone sarà inevitabile anche se è mia
ferma intenzione relegarlo a queste prime righe di introduzione e non pensarci
più, visto che si tratta di due cose diverse che sarebbe sbagliato mettere a
confronto.
Laddove
il film è un divertente tripudio di fantasy anni 80 per noi bimbi nostalgici (pur
essendo una pellicola del 2007), forte della sua bellezza visiva, di dialoghi
divertenti e personaggi sopra le righe, il libro è pacato, placido e molto
ironico, dalle atmosfere melanconiche e cupe tipiche di Gaiman, e deve
molto di più alla fiaba mitteleuropea dei Grimm che a La storia fantastica.
Il
mio amico Robert, qui, sa di cosa parlo.
DUE RIGHE DI TRAMA
La
storia è ambientata nella prima metà dell’Ottocento, guarda un po’, l’esatto
periodo in cui i fratelli Grimm mettono a punto le prime versioni (quelle più
cupe) delle loro raccolte di fiabe.
Da
qualche parte nel sud dell’Inghilterra si trova il piccolo villaggio di Wall,
che prende il suo nome da un muro situato ad est attraverso cui si giunge al
reame di Faerie, o si giungerebbe se agli uomini fosse permesso entrarvi (interessante
che non ci sia alcuna legge magica a impedire agli uomini di varcare quei
confini, siamo noi a negarci l’accesso a quel mondo fatato). Questo è
consentito solo una volta ogni 9 anni, quando viene organizzato un mercato di
oggetti magici e incantesimi.
A
Wall abita il nostro giovane protagonista, Tristan
Thorn, innamorato perso e non ricambiato della bella Victoria Forester. A
lei, come accade sempre quando un giovane innamorato deve farsi bello agli
occhi di una che proprio non ti si fila, Tristan prometterà mari e monti, la
luna, e persino una stella cadente caduta oltre i confini di Faerie in cambio
di un gesto d’amore.
Victoria,
come qualsiasi persona normale, prende le sue cialtronate come uno scherzo, e
accetta di fare tutto quello che vorrà Tristan se riuscirà a portarle quella
stella. Ma si sa che nel mondo reale, come in quello della fiaba, tira più un pelo di topa che una
carrozza-zucca trainata da cavalli bianchi, ed ecco quindi il nostro
Tristan, come da tradizione fiabesca, partire alla volta di Faerie in cerca di
questa stella, che si rivelerà essere una fanciulla di nome Yvaine tutt’altro che smaniosa di
essere il pegno d’amore di un cretino.
Tristan
inoltre non è il solo a mettersi sulle tracce di Yvaine: la sua storia si intreccerà
a quella di tre principi in cerca del gioiello che la stella porta alla cintola,
a quella di una strega che anela al suo cuore al fine di ritrovare per sé e le sue
sorelle la perduta giovinezza e i fenomenali poteri cosmici, e a tutta una
pittoresca serie di personaggi secondari.
*
DUE SPUNTI DI
RIFLESSIONE
Stardust
è una favola, nel senso più classico del termine.
Sembra
banale da dire ma a giudicare da qualche critica ricevuta da questo romanzo in
giro per il pazzo web non lo è. Quando si parla di favola classica
infatti non si parla di classici Disney moderni, quelli dove un cretino spara
ghiaccio dalle mani e fa spuntare fiorellini sui vestiti di modo tale che il
merchandising risulti più grazioso ma di racconti spaventosi con intenti morali
rivolti ai bambini perché essi riconoscessero i pericoli e arrivassero integri
alla maggiore età. Stare attenti ai pericoli del bosco (che non a caso è la
prima vera sfida che affronterà Tristan) era per quei bambini questione di vita
o di morte.
Non
questo
ma
questo.
Non questo:
Quindi
sì, vi si ritroveranno scene di violenza anche brutali (ma mai eccessive),
vaghi accenni a sesso non proprio consensuale ottenuto tramite oscure malie,
personaggi archetipici e giovani damine in periglio, e tutta una serie di situazioni
clichè che Gaiman però si diverte a ribaltare con ironia e intelligenza.
Ad
esempio:
-
TRISTAN INCONTRA L’AIUTANTE MAGICO
Innanzitutto
il fatto che l’omino peloso aiuti
Tristan non è scontato, non solo perché c’è una sorta di debito di
“riconoscenza” di vecchia data verso suo padre, ma anche perché in generale
questo personaggio ha una sua vita, un proprio scopo (in cui coinvolgerà anche
l'ignaro protagonista), e non si tratta del classico stronzo che passa
l’esistenza a grattarsi le natiche in attesa che passi l’eroe a cui dare
sostegno (a Gaiman preme dare a tutti i personaggi di questo libro,
antagonisti compresi, un seppur piccolo ma interessante background, farli
muovere in autonomia).
In
più lui e Tristan si scambiano a più riprese il ruolo di aiutante magico:
è quest’ultimo infatti a levare entrambi d’impaccio da un gruppo di alberi
assassini grazie a misteriose doti magiche di orientamento di cui sembra essere
in possesso.
L’unicorno poi, pikkolo anciolo peloso, rappresenterà alternativamente un aiuto e
un ostacolo al successo della missione di Tristan, dal momento che da un lato
deve la vita al protagonista che l’ha salvato dalle fauci di un leone, dall’altro
è un emissario della Luna, tenuto quindi a prestare soccorso alla stella in
barba alla voglia di patata umana del suo rapitore.
-
LA DONZELLA IN DIFFICOLTA’
Yvaine
è la dama da salvare, ma anche un pegno d’amore: tanto ingenua da rasentare la
lobotomia, perennemente bisognosa di appoggiarsi anche fisicamente al prossimo dal
momento che la caduta dal cielo le ha provocato una frattura alla caviglia.
Cionondimeno
Gaiman non lesina in poche sapienti pennellate scene in cui interagendo con
Tristan mostra una buona dose di carattere e iniziativa, in cui rappresenta
essa stessa un ostacolo alla buona riuscita della missione dell’ ”eroe”. Yvaine
è un oggetto magico ma al tempo stesso una persona che soffre e ama, e
questa dicotomia si avverte con forza in tutto l’arco narrativo.
-
L’AMORE
E’
l’amore di Tristan per Victoria ad aver dato inizio all’impresa, ma questo
sentimento (e la stessa povera ragazza che strigni strigni non ha nessuna colpa
se non quella di aver pensato a uno scherzo) viene deriso a più riprese, mai
preso sul serio, quasi a voler dissacrare le fondamenta stesse del viaggio di
formazione del protagonista.
A
un certo punto Tristan dirà all’amico peloso:
”Vengo dal villaggio di
Wall, dove vive una giovane signora che si chiama Victoria Forester; fra le
donne lei non ha pari, ed è a lei, e a lei sola, che ho donato il suo cuore. Il
suo volto è…”
“Completo di tutto?
Occhi? Naso? Denti? La solita roba?”
“Naturalmente.”
“Beh, allora questa
parte saltala pure. Facciamo come se me l’avessi già raccontata. Ebbene, quale
sciocchezza ti ha indotto a fare questa giovane signora?”
[…]
“Più che altro si tratta
di una promessa che ho fatto alla signora in questione. Stavamo parlando, e io
le stavo promettendo delle cose , quando abbiamo visto una stella cadere. Così
le ho promesso che sarei andato a cercarla per portargliela.”
“Sai cosa farei io?”
“No, cosa?”
“Le direi di andare a
infilare il grugno nel porcile e io me ne cercherei un’altra disposta a
baciarmi senza chiedere la luna.”
-
ANTAGONISTI
Non
servono solo a ostacolare le mire dell’eroe ma hanno interi capitoli dedicati
esclusivamente a loro, un passato, desideri propri, momenti di inaspettata
umanità: si pensi alla pacata rassegnazione con cui i principi di Stormhold
rinunciano alle brame terrene, la paura della crudele Donna Semele di fronte alla strega-regina, più antica e potente di
lei.
La
stessa Strega regina, che l’uso della magia consuma al punto da renderla una
fragile e innocua vecchina incapace di ghermire un cuore che ormai non
appartiene più a Yvaine, esce di scena in sordina, con pacata dignità.
*
Il
libro è breve ma c’è un’attenzione ai dettagli che non permette di
distrarsi nemmeno per un secondo) e come se ciò non bastasse Gaiman da bravo
trollino sembra soffermare la narrazione sulle parti più inutili, come
il concepimento e l’infanzia di Tristan a Wall, glissando totalmente su quelle
che intuiamo essere le parti più avventurose e avvincenti delle sue
peregrinazioni a Faerie.
Gaiman
ci ribadisce per l’ennesima volta che a lui tutto interessa fuorchè parlare
delle eroiche imprese in una terra magica di un eroe giunto alla fine del suo
percorso di maturazione. Si sofferma invece non sull’immancabile lieto fine ma sul
dopo “E vissero per sempre felici e
contenti”, un epilogo dolceamaro che stringe il cuore anche a una vecchia
cinica come la sottoscritta, la quale vi invita a lasciar da parte il
(bellissimo) film e lasciarvi cullare per poche ore in questo viaggio sotto le
stelle della terra di Faerie da quel geniale bastardo di Gaiman.
Giudizio finale
Ironico e malinconico viaggio nel fantastico |
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