Autore: Cressida Cowell
Traduzione: S. Arzola
Ed. italiana: Rizzoli, copertina rigida, 245
pagine
Anno (Italia): 2018
Euro: 14,00
Togliamoci
il dente e cominciamo questa recensione con una banalità: questo libro non ha
nulla a che vedere con i film omonimi e le serie animate made in DreamWorks, e
fin qui non ci sarebbe nulla di male visto che io adoro quando in una
trasposizione cinematografica di un libro ci si rende conto di avere a che fare
con un mezzo narrativo diverso, la fantasia volta e si crea una storia che
segue propri binari (di modo tale che io possa godere eventualmente di due
storie al prezzo di una) se il confronto non fosse assolutamente impietoso.
Quindi
nonostante ci siano degli inevitabili paragoni da fare tra le due opere posso
assicurare che il mio voto non ha nulla a che vedere con un eventuale confronto
col film (comunque impietoso sotto ogni punto di vista), ma semplicemente col
fatto che questo libro alla fine dei giochi mi ha solo annoiata e irritata a
morte, e io sono una divoratrice seriale di storie per ragazzi a target anche
basso (si veda la mia passione spropositata per Elena di Avalor). Odio però
quando “libro destinato ai bambini” viene confuso con “libro destinato ai
deficienti”.
Del film si mantengono giusto alcuni nomi. Hiccup è il figlio di Stoick, capo della tribù vichinga degli Hooligans situati sull’isola di Berk, dove al posto di cavalli o cani si addestrano Draghi. Quindi l’addestramento dei draghi fa già parte della realtà quotidiana di questi personaggi e prevede già una serie di tradizioni legate alla formazione del giovane guerriero e al suo passaggio nell’età adulta, e ammetto di aver trovato la cosa divertente, ma non posso dire lo stesso della resa.
Ai
giovani vichinghi viene chiesto di catturare il proprio drago.
Sono
cuccioli, è vero, ma comunque letali visto che vengono lasciati a dormire in
enormi grotte in grande quantità e uno stormo di draghi può rappresentare un
problema per qualsiasi vichingo, figurarsi per il nostro protagonista.
Hiccup
infatti non è proprio quello che si definirebbe il vichingo ideale, ovvero uno stereotipato grappolo di muscoli pelosi.
Hiccup nonostante abbia come futuro capo la responsabilità di essere all’altezza delle aspettative degli altri membri della tribù che lo vorrebbero violento come loro, preferisce studiare i draghi da lontano e non catturarli, parlare con loro più che urlare loro addosso (anche se parlare coi draghi sarebbe proibito e punito con l’esilio. Però hanno libri che insegnano il loro linguaggio liberamente consultabili al villaggio, oookay); è uno stratega che elabora strategie più che fare a pugni (ma su quest'ultimo tratto caratteriale dobbiamo fidarci ciecamente dell'autrice visto che non lo si vede mai comportarsi in modo particolarmente strategico).
Cionondimeno
partecipa alla prova come tutti gli altri ragazzi e riesce addirittura a recuperare
non uno ma ben due draghi: uno per sé e uno per lo sfortunato (e allergico)
Gambedipesce che ha rischiato di mandare all’aria l’intera missione con un
poderoso starnuto. E vorreste convincermi che Hiccup non sarebbe adatto a fare il capo vichingo.
Esiliate
Gambedipesce e il suo drago-mucca piuttosto.
Il fato vuole però che Hiccup reclami per sé il drago più piccolo che mente di vichingo possa concepire, il che in generale non dovrebbe essere un problema visto che a Berk i draghi non fungono da cavalcature come nel film ma sono piuttosto l’equivalente di cani da caccia o falchetti, ma pare che per esigenza di trama lo sia.
Forse
il problema sta altrove...
Questo drago è scuro
e magrolino, con gli occhi color verde prato e totalmente privo di denti denti. Con un guizzo di
originalità che non ci aspetteremmo mai in un vichingo Hiccup decide di
chiamarlo Sdentato.
*
Il
libro, il primo di una serie ma l'ultimo che leggerò perché anche io ho dei limiti, si concentra sui primi maldestri tentativi di
guadagnarsi la fiducia e la stima di questo drago pigro e pauroso ma dotato di un'arroganza fuori scala, del
fallimentare addestramento alternativo di Hiccup e del guizzo di coraggio
finale di Sdentato, ma giusto perché come vanno ripetendo da inizio libro a
un drago puoi solo urlare addosso per farti obbedire e Stoick lo
prende letteralmente per il collo per spedirlo a salvare suo figlio, che sta
nella bocca di un gigantesco drago marino.
Che
dire, bella morale.
In
più, questi draghi sono veramente antipatici, Sdentato in primis.
Per
rendere l’idea del loro linguaggio sibilante la Cowell li fa
tartagliare o pronunciare in maniera infantile (o arcaica) certe parole, con un
effetto da unghie sulla lavagna. Fortunatamente ho letto il libro e non
ho ascoltato la versione in audiolibro, anche se mi dicono dalla regia che David Tennant è
un narratore delizioso. Il carattere di questi draghi varia dalla
pigrizia alla stronzaggine all’insofferenza, passando per tutta una vasta
gamma di vuote vanterie, sarcasmo a caso, ingratitudine ed egoismo, il che è
esattamente come i vichinghi vedono i draghi.
Quindi
a differenza che nel film li hanno inquadrati bene, gli Hooligans di Berk fanno bene a trattarli da
bestie ignoranti da tener buoni col pugno di ferro e a sbagliare è Hiccup. Ma
presumo che con il passare dei libri l’amicizia prevarrà, OVVIAMENTE.
Perchè, mia cara, io ho il Dono... |
Il libro è davvero inconsistente, e il fatto di essere per bambini non
giustifica che sia così superficiale e diseducativo, anzi, peggiora le cose.
Le caratterizzazioni dei personaggi praticamente non esistono (complice anche il risicato numero di pagine di questi libricini, che per una buona metà è formato da illustrazioni, non fatevi ingannare dalla mole anche se capisco la necessità di farlo pagare la bellezza di 14 euro, non costa poco stampare un libro quasi tutto illustrato e a colori), e quando esistono sono dei cliché imbarazzanti, con menzione di demerito a Hiccup, che è incredibilmente bipolare nella sua costruzione: un secondo prima sembra essere il più sfigato vichingo della terra, quello dopo pare Sun-Tzu redivivo.
Nulla è approfondito, nemmeno l’amicizia tra Hiccup e Sdentato.
Ma anche se non vogliamo parlare di amicizia specialissima tra questi due per non fare ingiusti confronti col film DreamWorks, nemmeno di fiducia e rispetto si può parlare.
C’è più complicità tra i vichinghi che usano metodi violenti e le loro bestie che tra questi due imbecilli. Sdentato nel momento in cui Hiccup sarà in pericolo di vita è intenzionato a volare via e per farsi i cazzi suoi visto che, parole sue, “I draghi sono egoisti, per questo sopravviviamo.” Stoick lo prende letteralmente per il collo, gli urla in faccia e lo trascina verso la battaglia perché si decida a fare qualcosa. Non so se volesse essere una specie di messaggio animalista, il fatto che ci debba essere sempre un’alternativa all’obbedienza imposta con la violenza, ma per quel che mi riguarda ha toppato alla grande, e questo lo dico da amante dei pikkoli ancioli pelosi che aborrisce i metodi violenti.
A Sdentato dovrebbero
dare cinghiate in faccia.
La trama praticamente non esiste.
Si
perde del gran tempo dietro ai capricci di Sdentato e Hiccup rischia seriamente
l’esilio per manifesta incapacità di addestrarlo, perciò deve arrivare un deus
ex machina tanto mortale quanto schifoso nella resa, nella forma di un enorme drago
marino che decide di svegliarsi dal letargo proprio in questo momento, senza
alcun motivo valido, e di piazzarsi davanti al villaggio di Berk per aspettare,
boh, la congiunzione astrale perfetta per distruggere tutto presumo.
Sconfitto
nelle canoniche due pagine, il bene trionfa.
Il bullismo come al solito è rappresentato in modo semplicistico, come qualcosa di inevitabile, un’esperienza di vita da sopportare stoicamente mentre cerchi il tuo posto nel mondo e col tempo sopperirai alla violenza di strada con l’intelligenza.
Hiccup
e Sdentato sono piccolini e sfigati, quindi vengono sistematicamente presi in
giro e minacciati dai membri della tribù più grandi e violenti di loro
(compreso il drago di suo padre), e ovviamente non hanno modo di chiedere aiuto
a nessuno o cercare di risolverla in modo diverso dalla scrollata di spalle o
dal rivolgere al bullo parole ingiuriose a bassa voce e alle spalle.
Fa
parte del grande cerchio della vita, cazzi tuoi se sei nato piccolo e sfigato.
Personalmente penso che questo libro non possa risultare godibile dopo gli 8 anni, e sono generosa visto che è di una noia mortale e non stimola in alcun modo la curiosità e l’intelligenza del lettore. Rimango quindi un po’ perplessa dal fatto che Rizzoli la consideri una lettura dai 9 anni in su.
Anche
se comprendo la motivazione di fondo.
Infatti
i genitori più sensibili al benessere emotivo dei loro delicati virgulti
(insert sarcasm here) potrebbero trovare l’umorismo (o quello che si cerca di
far passare per tale) un po’ eccessivo in certi punti per i bambini troppo piccoli,
visto che tra le altre cose mostrano nudità, un vichingo vestito da donna, vario umorismo a livello
caccapupù perché lu bambin è shtupid, e in una pagina insegnano a
dire in “dragonese” che a tua madre non piace essere morsa sul culo.
Giudizio finale:
Premesse carine per un libro noioso, superficiale e stupido |
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