martedì 19 maggio 2020

[Recensione] EMMA. (2020)

recensione film emma 2020 autumn de wilde
Anno: 2020
Paese: UK/USA
Regia: Autumn de Wilde
Sceneggiatura: Eleanor Catton
Costumi: Alexandra Byrne
Scenografie: Kave Quinn
Cast: Anya Taylor-Joy, Johnny Flynn, Josh O'Connor, Callum Turner, Mia Goth, Miranda Hart, Bill Nighy


Innanzitutto i più attenti noteranno che questo film non si chiama Emma, ma Emma. col punto alla fine.
Non è una svista ma una finezza che inevitabilmente si perde nella traduzione in italiano: in inglese infatti il punto fermo si traduce con period, e il period movie è il film d’epoca, quello in costume. E cosa c’è di più tipicamente film in costume di una trasposizione di un romanzo di Jane Austen?

Proprio da qui dobbiamo cominciare a entrare nell’ottica di non avere di fronte una rivisitazione fatta per portare a casa il compitino (cosa facile vista la qualità del materiale originale), e prodotta giusto perché la Austen in una salsa o nell’altra vende sempre (vedasi i vari “I club del libro di Jane”, “L’amore al tempo di Darcy”, “Le indagini delle sorelle Benneth” o “Vampiri palestrati e mutande in crinolina”), ma qualcosa di autoriale che cambia ma non snatura l’opera originale, fatto con il cuore e tanta cura per i particolari.

Ho perso il conto delle versioni di Orgoglio e Pregiudizio che ci siamo cicciate finora sul grande e piccolo schermo, e anche Emma che non è altrettanto mainstream ha già avuto l’onore, nel pieno della Austenmania degli anni ’90, la bellezza di ben 3 trasposizioni: la miniserie con Kate Beckinsale, la versione moderna Clueless con Alicia Silverstone, e la più conosciuta pellicola del 1996, con una inglesissima e al tempo inflazionatissima (sono seriamente arrivata a odiarla, giusto la pubblicità poteva salvarti dal suo facciotto paciarotto al tempo) Gwyneth Paltrow che tra un intrallazzo sentimentale e un rimbecco con il fascinoso cognato Mr. Knightley non disdegnava l’uso dell’arco, forse con l’idea di sfidare lo sceriffo di Nottingham, non ci è dato sapere.
"Tutte le volte che mettono in scena un film tratto da un romanzo di Jane Austen, radono al suolo il nostro villaggio..."

Autumn de Wilde nel 2020 decide di ricondurci a Highbury, raccontandoci ancora una volta la storia di Emma (Anna Taylor-Joy), ricca fanciulla di nobili origini orfana di madre che vive col padre, un brav’uomo fortemente ipocondriaco e terrorizzato dall’idea che anche la sua seconda figlia di sposi lasciandolo solo.
La sua governante, Miss Taylor (Gemma Whelan), sta per sposarsi e diventare Mrs. Weston.
Veniamo a sapere che Emma sembra aver avuto un ruolo fondamentale nella nascita di questa unione, e che in generale il suo più grande divertimento sia immischiarsi nella vita sentimentale altrui e creare felici coppiette. Gioisce sinceramente della felicità di Miss Taylor, ma al tempo stesso senza di lei si sente sola. Decide di colmare il vuoto con la coetanea Harriet Smith (Mia Goth), una ragazza di nascita “naturale”, di cui quindi non si conosce l’identità del padre, che studia nella scuola vicina.
Emma, nonostante sia una ragazza intelligente e piena di buone intenzioni, è terribilmente frivola e non riesce a concepire nulla che vada oltre il suo mondo e i suoi rigidi pregiudizi sociali: suppone che Harriet per essere degna della sua amicizia debba essere per forza figlia di un misterioso gentiluomo che “non bada a spese per la sua istruzione” e proprio in virtù di ciò la induce con l'astuzia a rifiutare la proposta di matrimonio di Robert Martin (Connor Swindells), reo di essere solo un fittavolo, nonostante sia un bravissimo giovane e Harriet provi per lui un sincero affetto. Per Emma però Harriet è molto graziosa e potrebbe ambire a molto di più.

La ricetta è la solita, quella che noi fan di Jane Austen che riescono ad andare oltre il fatto che siano libri scritti da una donna amiamo: ricchi annoiati che si punzecchiano nei prati, rigide gerarchie sociali, cene col curato del paese, vizi e consuetudini del tempo ridicolizzati con ironia (ma ancora attualissimi), e sì, anche amori destinati a coronarsi nel modo migliore possibile.
Alla fine della storia Emma non troverà solo il pischello del cuore: imparerà soprattutto che il mondo al di fuori della sua bolla dorata da ragazza ricca e privilegiata è spietato, che anche le azioni commesse in buona fede possono portare a risultati tragici, e lungo il cammino si ritroverà ad abbandonare qualche pregiudizio personale e a diventare più empatica, a usare il suo acume a fin di bene.

*

Il film è una gioia per gli occhi.
La De Wilde, che di mestiere ufficialmente è fotografa, dà sfogo a tutto il suo amore per la cura estetica fin quasi a diventare barocca: spesso si avverte la voglia di esagerare fino alla dissacrazione, ma personalmente lo trovo un punto a suo favore. Credo che per i film tratti da opere della Austen le esagerazioni contribuiscano a rendere tutto più ironico e divertente, e visto che la trama la conosciamo già tutti e in generale non è che sia una roba di concetto, buttare l’occhio al background non ci distrae poi tanto dall’azione in corso.
In Emma. si dà vita a un mondo artificioso in cui ogni inquadratura è un dipinto e gli attori sembrano sempre in posa davanti a un obiettivo. Il che si potrebbe anche interpretare come una critica verso un ceto sociale così fuori dal mondo reale da diventare innaturale, parte integrante di quell’arte che tanto amano contemplare.
La Austen avrebbe apprezzato.


Solitamente i period movie specie nell’area costumi sembrano antichi, spenti, a voler sottolineare un’idea di antimodernità e il fatto di trovarci in un’epoca in cui ancora non esisteva il Vanish sbiancante. Qui la de Wilde (con dei richiami abbastanza espliciti alla Marie Antoinette della Coppola) inverte la rotta di 180° e tutto diventa nuovo di pacca, una sorta di coloratissimo villaggio delle bambole.
La costumista Alexandra Byrne (non proprio l’ultima delle stronze, visto che ha lavorato non solo per sontuosi film d’epoca ma anche per il meraviglioso Guardiani della Galassia di James Gunn) ha avuto dalla regista carta bianca per i costumi, a patto che si mantenesse la verosimiglianza storica.
Si sono studiati con dovizia di particolari abbinamenti, accessori strani e pettinature, con qualche eccezione qui e lì, tipo l’Apollo Knot che sfoggia Mrs. Elton: vista la cura impiegata sul lato estetico presumo non sia un errore ma solo un modo di far spiccare in modo negativo e straniante il personaggio, una sorta di Anti-Emma (anche lei decisamente più boccoluta di come potrebbe essere una ragazza alla moda usando i mezzi dell’epoca).

Apollo Knot, o Nodo di Apollo, sono capelli annodati a formare un fiocco.
Diventerà di moda solo più tardi.
Alcuni modelli sono copiati totalmente da abiti dell’epoca o dipinti, e tutto il comparto costumi ha lavorato in sinergia con le scenografie perché nell’inquadratura tutto risultasse gradevole all’occhio, e a seconda della scena spiccasse o si fondesse col background.



Emma. è un tripudio di colori.
Sono messi al bando i tenui e sporchi colori pastello dei classici period movies. Persino le ragazze della scuola di Harriet indossano un mantello “alla cappuccetto rosso” di una tonalità vivida, che le fa spiccare in maniera molto netta mentre passeggiano per la campagna.
Sulla protagonista questa tendenza si accentua, e Emma diventa un arcobaleno vivente: dal giallo intenso al corallo, dal bianco abbagliante a blu e verdi molto cupi passando poi per tonalità di celeste e rosa brillanti, ogni cosa che indossa ci spinge a posare inevitabilmente l’occhio su di lei.
Un tratto perfettamente in linea col personaggio.
Sono tutti colori di moda all’epoca a dispetto di quanto vediamo normalmente su schermo, film in cui se ti vesti di rosa pallido sei una pazza visionaria. Un falso mito, quello dei colori spenti, dovuto al fatto che molti abiti dell'epoca esposti oggi nei musei sono sbiaditi nel corso del tempo, ma non significa che non si potessero ottenere certe (non tutte) tinte splendide, molto brillanti, che ovviamente erano molto apprezzate da chi si poteva permettere questo tipo di lussi.



Altro particolare buffo ma realistico, il fatto che sia George che Emma (che in una scena si solleva la gonna per “dare aria” al lato B), siano mostrati a più riprese senza mutande (anche se spero che gli attori le abbiano indossate ogni tanto perché quegli abiti sembrano prudere un casino): i tanto tipici mutandoni infatti diventeranno di moda solo più tardi, e al tempo in cui è ambientato questo film la biancheria intima, come si vede bene nelle scene del film in cui valletti e cameriere vestono i due protagonisti (operazione necessaria vista la complessità dell'operazione), era rappresentata da camicioni infilati nei pantaloni a mo’ di body per gli uomini e sottogonne ariose per le donne.

Non c’è un colore fuori posto in questo abbraccio di colori pastello e contrasti violenti; i bianchi sono immacolati e le distese di verde di un brillante smeraldo, ma gli interni sono illuminati solo dalla luce naturale che filtra da enormi finestre o dalle candele.
Persino io che solitamente ‘ste cose non le noto manco per sbaglio sono rimasta incantata.
Non a caso, tra i vari dipinti che compaiono all’interno della pellicola, un ruolo centrale lo ricoprirà il ritratto di Harriet che Emma dipinge per il signor Elton, come pegno d'amore, convinta com'è che tra i due possa nascere qualcosa a dispetto delle differenze sociali e della grettezza di lui.
Grande attenzione è data ai movimenti: tutto sembra un ballo.
I personaggi camminano in ampie falcate sicure, spesso si muovono in sincronia seguendo coreografie ridicole, o assumono pose perfettamente simmetriche che riempiono la scena e fanno correre l’occhio all’impazzata da un lato all’altro dell’inquadratura. Diverse scene sono dedicate alla danza e alla musica, con la telecamera che indugia a lungo sugli attori e li segue come se volesse unirsi alla festa.

*

E’ tutto lezioso ed elegantissimo fino a risultare buffo, come se l'ambiente risentisse della personalità della protagonista. A differenza di quanto accaduto nel film del 1996, dove la Paltrow proprio non ce la faceva a interpretare un personaggio detestabile (oppure più probabilmente non le hanno permesso di diventarlo perché l’attrice del momento doveva interpretare l’angelo tontolone che fa sospirare), la Taylor-Joy è una Emma che a inizio della pellicola dovrebbe prendere calcioni nel culo, e va benissimo così.
Emma non deve essere un personaggio che desti simpatia.
La stessa Jane Austen all’inizio del suo romanzo ci avvertiva con queste parole: “Sto per descrivere un'eroina che non potrà piacere a nessuno, fuorché a me stessa". Emma non è cattiva per se, solo una persona che vissuta in una situazione privilegiata non capisce molto del mondo al di fuori della sua bolla: è egoista, superficiale, anche se animata da buone intenzioni alla fine si cura solo del proprio divertimento.
Le piace creare coppie felici, ma secondo la propria idea di felicità (un'idea che non nasce dal nulla ma inculcatale dalla società in cui vive). Disprezza persone buone che la amano sinceramente, che hanno la sola colpa di essere conversatrici noiose o, di contro, superiori a lei nella musica o nell'indole.
La Taylor-Joy riesce a trasmetterci molto bene questa antipatia di fondo del personaggio: per cui quando la ritroviamo in difficoltà, quando Mr. Knightley la sgrida (in maniera che risultava pedante ed esagerata quando nel 1996 a subirsi i pipponi era quel pikkolo anciolo della Paltrow) per i suoi comportamenti sconsiderati e la si vede piangere noi non empatizziamo con lei nemmeno per un secondo, ma diamo ragione a lui.
Emma è una stronza inconsapevole, ma sempre stronza è.


Ne pecca il versante Harriet, che in questo mondo prepotentemente emmacentrico risulta parecchio in secondo piano, anche se in fondo non è proprio questo il carattere di Emma, far ruotare tutto intorno a sé lasciando in secondo piano gli altri?
E il film non si chiama forse Emma?
Harriet non ha una propria crescita interiore in cui si rende conto che deve decidere da sola il percorso che la porterà alla felicità e prendere decisioni con la sua testa, senza farsi condizionare da un’amica. E’ Emma che mette a posto le cose chiarendosi con Mr. Martin, è Mr. Martin che chiede di nuovo la mano di Harriet, mentre Harriet si bea passivamente di quella felicità mentre scopre, all’arrivare dei 18 anni, che suo padre è un commerciante di Bristol e non l’aristocratico che credeva Emma.
La quale però a questo punto è più che felice di amare la sua amica per la bella persona che è, qualunque siano i suoi natali.

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Non negherò che il film si prende delle libertà.
Tanto per cominciare la De Wilde “cancella” la voce della Austen dal film, che nella pellicola del 1996 era rappresentata dalla presenza di un ironico narratore esterno. In questo film a parlare sono direttamente i personaggi, marionette che ci mettono di fronte alle loro buffe follie, i tic, le debolezze e le ipocrisie permettendo a noi spettatori di evitare ridondanti spiegoni e giudicarli da noi, con l’impietoso occhio ironico dell’autrice E della regista.

Ci sono poi diverse scene che nel romanzo non esistono, scene che ci allontanano per qualche secondo da quelle tematiche di satira sociale tanto care alla Austen, scene più intime: non tutto il mondo di Emma è frivolo, sembra dirci il film, non tutti sono sempre meritevoli di derisione o biasimo, e questo contribuisce non solo a dare una certa profondità alla protagonista, ma addirittura a dissacrarla.
Non c’è scena più emblematica di quella che tutti i fan di questi film aspettano con ansia, vale a dire l’inevitabile confessione d’amore di Mr. Knightley (che nel libro dovrebbe avere 16 anni più di Emma mentre qui, proprio come lei, è molto giovane), a cui Emma risponde facendosi venire così de botto senza senso un’epistassi.

"Francamente, mia cara... Ti amo, sposiamoci!"
Scena che non aveva altro scopo, parole della regista, di creare qualcosa di buffo che spezzasse la tensione romantica, e dimostrare che razza di umanissimo casino siano entrambi sotto la patina da perfettini.
Una bella trollata a tutte le romanticone là fuori.
Dal canto mio, ho adorato tutto: se volessi vedere qualcosa di uguale identico al romanzo leggerei il romanzo, e sono convinta che ancora una volta la Austen nel vedere una scena del genere si sarebbe divertita non poco.

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Sul fronte PERSONAGGI, di alcuni se n’è già parlato abbondantemente quindi non voglio ripetermi, ma ci tengo a dire due paroline su questo giovane Mr. Knightley interpretato da Johnny Flynn.

Avreste preferito la foto con le chiappette al vento, ma quella ve la lascio gustare in sede di visione di film, brighelle...!
Abbiamo già parlato della sua giovane età, quindi andiamo a parlare anche del suo aspetto fisico: Mr Knightley si presenta come un personaggio di una certa importanza (possiede una delle tenute più belle della zona, ci viene detto) ma non incute timore né si fa forte del suo status: piacente ma non particolarmente bello, con un bel fisico asciutto ma non certo imponente.
Non sovrasta Emma. Sono quasi alti uguali.
Anche la loro interazione è ironica, sostanzialmente paritaria.
Se nel libro le sue attenzioni, come era costume del tempo, vanno principalmente al signor Woodhouse (il padre di Emma, qui interpretato in modo adorabilmente sopra le righe da Bill Nighy) mentre alla figlia sono riservate sostanzialmente predicozzi da uomo di mondo e occhiate torve, qui è come veder battibeccare due amici di lunga data, che questo strano signor Woodhouse addirittura lo ridicolizzano insieme, assecondando la sua ipocondria per poi scambiarsi sguardi divertiti di sottecchi.
E’ inoltre un personaggio per certi aspetti femminista.
Per quanto si possa essere femministi in un film ambietato nell’Ottocento inglese…
Knightley sa perfettamente che Emma è una ragazza molto bella e non gli importa che anche lei ne sia consapevole, ma non perché le donne belle e sciocche sono fighe quanto perché il difetto principale di Emma non è la vanità riguardo al suo aspetto fisico, quanto piuttosto al suo intelletto. Knightley apprezza tutto quello che rende Emma la persona che è, compresi i difetti su cui non la punzecchia mai per minuirla, umiliarla o “rimetterla in riga” perché è una femmina.
Le parla sempre da pari a pari, mai con sufficienza.
L'essere suo coetaneo contribuisce a rendere i suoi predicozzi consigli da amico.
Knightley è anche un ragazzo non classista, che riesce ad andare oltre le rigide chiusure sociali e a vedere bontà e qualità degne di considerazione in persone a cui a malapena dovrebbe rivolgere la parola (come infatti fa Emma a più riprese). Non a caso i momenti in cui gli partono i pipponi più spietati sono quelli che seguono ad azioni (anche inconsapevoli) di Emma che feriscono seriamente il prossimo.
Se Knightley con Emma fa appello al denaro o alla classe sociale come motivi che inducono un uomo a scegliere una compagna non è per snobismo/pregiudizio come farebbe un Mr. Darcy, ma è solo per farle presente che non vuole che Harriet (persona per cui nutre grande stima) si illuda e soffra per la sua ingenuità. Si infuria quando Emma umilierà la noiosa e ridicola Miss Bates, nobile ma decaduta, perché pensa solo a quanto sia stata ferita una persona così buona, un'amica così sincera che addirittura colpevolizza se stessa per il trattamento ricevuto. Biasimerà infine il matrimonio di Miss Fairfax con Mr. Churchill, nonostante dal punto di vista economico e sociale per lei sia molto vantaggioso, perché lui è un pessimo soggetto che non gode del suo rispetto e sa che farà soffrire una brava ragazza. Insomma, una versione ripulita e rimodernata di Mr. Knightley che a mio modesto avviso scalza il ben più apprezzato Mr. Darcy.

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In conclusione, che dire di questo film che non abbia già detto alla nausea in questo pippone infinito? Che personalmente lo ritengo molto curato e divertente, una gioia per gli occhi e per lo spirito, autoriale ma non irrispettoso del materiale originale, e in generale un film meritevole di essere visto e amato, nonché personalmente una delle migliori pellicole che mi sia goduta in questo strano 2020.


Giudizio finale:
Uno su mille ce la fa ad entusiasmarmi tanto!

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