Genere: Fantastico, Thriller/Horror
Anno: 2018
Paese: Canada/USA
Regia e sceneggiatura: Zack Lipovsky, Adam Stein
Cast: Emile Hirsch, Lexy Kolker, Bruce Dern, Amanda Crew, Grace
Park
Non sono una grande lettrice
di comics e non sono una grandissima estimatrice dei Cinecomics dell’ultimo periodo, quelli che scatenano la Sindrome di
Stoccolma nei fan, i quali vengono presi sistematicamente per i fondelli dalle grandi major con trame
e caratterizzazioni inesistenti ma vanno lo stesso in giro a difendere questi
film bollandoli come promotori di messaggi profondi e intelligenti.
Io sono una spettatrice strana,
perché in realtà non sono la snob che molti pensano che io sia e ho pochissime
pretese, come il mio generale apprezzamento nei confronti di questo film a dispetto delle sue enormi pecche dimostra:
che siano divertenti e superficiali (Spiderman:
Far from Home) o adulti e dark (Logan)
mi piace provare qualcosa mentre guardo un film, o perlomeno sentire che chi ha creato il film ha tentato di raccontarmi una storia.
Sul serio, non ci vuole tutta ‘sta scienza.
Di seguito, il trailer, che
però invito a non vedere visto che il genio che l’ha montato in
pratica spoilera quasi tutti i colpi di scena del film e come se questo non
bastasse lo fa sembrare la brutta copia di The Boys quando non è così.
Anche la mia recensione prevederà spoiler e
riflessioni sui temi principali di
questo film, ma almeno lo farò con cognizione di causa, quindi leggete a vostro
rischio e pericolo.
DUE RIGHE DI TRAMA
La piccola Chloe vive da sola col
padre in una casa situata nel più tipico dei sobborghi borghesi.
Ma nulla è normale nella vita
di Chloe e noi spettatori veniamo gettati immediatamente in un’atmosfera
ansiogena di cui non sappiamo alcunchè, esattamente come la piccola
protagonista (in questo mi vengono in mente le atmosfere di 10 Cloverfield Lane). A Chloe infatti non
è permesso di uscire di casa e nemmeno di farsi vedere a sbirciare dalla finestra:
il padre vive in uno stato di allerta perenne, accumula cibo, armi e denaro
come se si dovesse sopravvivere a un olocausto nucleare, continua a ripeterle
che fuori è pericoloso per lei, che non deve assolutamente farsi vedere se non
vuole che “i cattivi” vengano a prenderla, ma non si prende mai la briga di
spiegare chi siano questi cattivi, perché Chloe ha solo 7 anni e perché ci sono
dei maledetti clichè da rispettare.
Meglio urlarle addosso e
spaventarla a morte se non obbedisce.
Lui è il figlio che avrebbero voluto Jack Black e Charlie Sheen di Hot Shots, comunque... |
Al tempo stesso però il padre
di Chloe le sta insegnando anche come essere normale, o meglio a spacciarsi per una persona normale: tutti i giorni le fa ripetere a pappagallo i nomi dei suoi genitori fittizi, della sua inesistente sorella, il suo indirizzo di casa, persino hobby e sport preferiti, anche se per motivi non del tutto chiari non ne conosce nessuno pur avendo in casa la televisione e presumibilmente si possano comprare dei libri se proprio non si può consultare il web con un computer o un cellulare per paura che qualcuno capti i loro segnali mentali tramite un satellite.
Chloe fa tutto questo per non insospettire le persone, ma chi, e perché?
I continui silenzi e palesi menzogne del padre fanno girare i coglioni a noi dopo pochi minuti, figurarsi a Chloe dopo 7 anni: non stupisce quindi che a una certa questa bambina trovi troppo opprimenti regole che non capisce e arrivi a odiare suo padre, che avverta il bisogno insopprimibile di essere davvero normale e uscire, visto che fuori dalla finestra c'è solo verde, gente che passeggia felicia e un camioncino dei gelati che passa tutti i giorni davanti casa sua.
Si passa la prima metà del
film a cercare di capire cosa diamine stia accadendo. L'effetto è straniante, confonde.
Si arriva a pensare che il
padre sia un pazzo, uno di quei survivalisti paranoici tanto comuni in America
che si preparano per l’imminente fine del mondo. O che quest’uomo non sia
neppure il padre di Chloe: magari è un rapitore e le foto sul frigorifero sono
quelle della sua vera famiglia. Quando poi Chloe mette il primo piede fuori
casa e incontra Mr. Snowcone, il gelataio, questo ha modi talmente ambigui
ed è talmente desideroso di farla salire con lui sul furgoncino che si arriva a pensare che il pericolo arrivi da questo vecchio
pervertito.
Ma i due fanno solo un giro al
parco, e Chloe viene riaccompagnata a casa sana e salva.
Il pericolo quindi sta solo
nella testa di un uomo malato, magari impazzito a seguito della morte della
moglie?
No, perché allo spettatore
attento non possono sfuggire diversi segnali
d’allarme disseminati per tutta la pellicola e che contribuiscono a
metterci perennemente sul chi va là: ci sono momenti in cui la stanza di Chloe
sembra mutare aspetto sotto ai nostri occhi. Quasi impercettibilmente da calda
e accogliente, piena di coperte colorate e peluche morbidosi si fa fatiscente,
come se fosse abbandonata da anni, con disegni inquietanti a invadere le pareti. La cosa non è casuale.
La gente attorno a Chloe si
comporta in modo strano.
C’è una strana donna sporca e
ferita che compare nel suo armadio.
Chloe sa cose che non dovrebbe sapere a causa del suo isolamento, dal televisore appaiono scorci
di servizi giornalistici inquietanti, con intere città rase al suolo e persone che discutono di episodi violenti e fenomeni inspiegabili. E quando Chloe va per la prima volta al parco con Mr Snowcone nota uno strano e inquietante cartellone che invita a contattare immediatamente la
polizia in caso si entri in contatto con dei fantomatici LORO.
La prima metà del film è un
crescendo di tensione e mistero molto ben dosati, la parte della
storia che mi ha davvero tenuta ancorata alla sedia. Dopo, pur cadendo
in molti clichè e patetismi tipici delle americanate e in roba che si è già vista dai tempi del primo X-Men, si mantiene
comunque un buon livello narrativo.
Chloe infatti risulterà essere
una di quei “diversi”, ovvero una mutante dotata di poteri straordinari.
La sua “specie” ha causato e
continua a provocare disordini violenti ed è odiata e temuta dai
normali, che danno la caccia ai sopravvissuti che si nascondono tra la gente
comune: se catturati questi sono destinati a morire o a diventare armi obbedienti
al soldo del governo.
Con buona pace della terra della libertà.
A questo punto lo scopo di
Chloe e della sua famiglia diventerà entrare a patti con questa sua spaventosa diversità
e sopravvivere.
*
Freaks affronta la tematica
non proprio originale del diverso,
con echi che possono risalire addirittura al Frankenstein di Mary Shelley: i
mutanti nascono geneticamente cattivi o non è piuttosto l’odio e la diffidenza
dei normali a scatenare il loro lato peggiore?
Nel film Chloe e suo padre non
hanno fatto nulla di male.
Semplicemente, si nascondono
dalle persone normali e agiscono solo per difesa.
Si sa anche che gli americani
sono notoriamente più propensi a sparare che a creare occasioni per dialogare, e
non sono proprio propriamente dei fanatici della coesistenza pacifica (né brillano
per intelligenza visto che la loro risposta a questa crisi è cancellare il
problema scatenando una risposta violenta o strappare dei bambini ai genitori,
addestrarli come supersoldati e sperare che da grandi non li inceneriscano come
poveri stronzi per vendicarsi), ma
vediamo anche (nei telegiornali o nei racconti di vari personaggi del cast) sprazzi di
quello che sono riusciti a compiere questi mutanti. Sappiamo della distruzione di
Detroit, vediamo interi grattacieli di cui resta solo lo scheletro,
sappiamo che in qualche modo deve c’entrare anche la madre di Chloe, ma non
vengono mai spiegate le cause di questa tragedia, tanto per cambiare (grazie mille, cliché...).
Di contro, se dal lato
puramente emotivo sembra inumano incarcerare o uccidere dei bambini si vede a
più riprese quello che è in grado di fare Chloe al suo stesso padre quando è
fuori controllo per la rabbia o la paura.
Il film non arriva a dare una
risposta.
Non c’è una risposta.
Non c’è una risposta.
Perché la vita in fondo non è
altro che una complessa scala di grigi: spesso, come in questo caso, nemmeno c’è
un cattivo vero e proprio ma a conti fatti sono tutti, senza distinzioni,
colpevoli.
L’altra tematica centrale in
questo film è quello della famiglia.
Una famiglia disastrata,
divisa, decisamente disfunzionale, che non lesina veri e propri episodi
abusanti di natura sia fisica che psicologica nei confronti di una bambina
piccola. Chloe infatti viene sistematicamente terrorizzata da suo padre più che messa in
guardia dal mondo esterno, ed è con la paura e la violenza che infatti reagisce
quando scoprirà di avere i mezzi per difendersi. Da bullizzata diventa bulla.
Ma una bulla armata di bomba atomica.
Nessuno le spiega mai cosa
stia accadendo attorno a lei.
Le dicono solo di provare paura o
di fare come le si dice, ma mai il perché.
E se, proprio non capendo il perché certe regole siano necessarie disobbedisce la
soluzione da padre dell’anno (che dovrebbe essere il buono, spacciato addirittura per il martire visto che alla fine è vero che fa tutto questo per proteggere sua figlia) è
chiuderla in un armadio di cui lei ha paura perché buio, sporco e abitato da un fantasma, ma è
“per il suo bene” (e quando te
sbagli?). Poi ci si dovrebbe sorprendere se SPOILER quando a fine film lui cerca di murarcela dentro viva la sua risposta è cercare di ficcargli il trapano in gola . FINE SPOILER.
Vien più da darle ragione.
Vien più da darle ragione.
Se il film si fosse
concentrato di più su questa questione, se avesse calcato la mano in maniera più
esplicita e critica sui danni psicologici provocati a Chloe (che alla fine della pellicola sembra quasi provare
godimento nel costringere qualcuno a ficcare una penna nell’occhio di una donna
bastarda quanto si vuole ma sempre di un essere umano si tratta, senza dimenticare che questa
bambina ha 7 anni), invece di giocarsela
col banale: “Noi, soli contro il mondo
che ci opprime”, ne sarebbe uscito qualcosa di più memorabile.
E perlomeno Chloe non sarebbe
diventata il mostro che il mondo credeva fosse, dando ragione a chi la teme alla fine.
La mia idea è che
sia mancata da parte di chi questo film l’ha pensato e messo in scena la sensibilità per comprendere (e quindi condannare apertamente) i meccanismi traumatici
che si stavano mettendo in atto tra un padre e una figlia, non ottenendo altro
che lo spreco di un’ottima occasione di uscire da un sentiero battuto mille
volte (si pensi ad esempio al recente Brightburn,
dove la questione è parecchio più sottile visto che da parte dei genitori non
ci sono abusi di sorta quanto una sottile ma radicata sfiducia nei confronti
del loro figlio adottivo in quanto diverso).
*
Freaks è un film che avrebbe
potuto dare molto di più, che non ha il coraggio di spingere al massimo sul
pedale dell’acceleratore, rendendo poco efficaci le morali di fondo, che non decolla
e che non riesce ad entrare nello spirito e nella sensibilità del XXI secolo,
ma in qualche modo tiene comunque incollati allo schermo per quella buona ora e
mezza, complice anche la bella interpretazione della piccola protagonista.
E il fatto che perlomeno ti racconta una storia.
Giudizio finale:
Bella occasione sprecata, ma film comunque godibile. Peccato. |
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