Titolo
originale: Shibou to Iu Na no Fuku o Kite (Dentro a un vestito chiamato grasso)
Genere:
Josei
Testi
e Disegni:
Moyoco Anno
Volumi: 1 (completo)
Edizione
italiana:
Kappa Edizioni – Collana MANGA SAN
Anno: 2006
CONFESSIONE
Al momento di dare un voto a questo Josei
(tipologia di manga rivolta alle donne adulte) io che di solito ho le idee così
chiare e non mi pongo problemi nello stroncare persino opere stra-osannate che
parlano di tematiche importanti nel momento in cui lo facciano in maniera
irrispettosa o banale, mi sono trovata in grande difficoltà.
Non credo sia un’opera facile da giudicare.
Non è
perfetta, non ha un finale, non contiene percorsi di crescita.
Ma dato il tema, e soprattutto il modo in cui
lo affronta alla fine dei giochi si rivela comunque un pugno allo stomaco che
lascia in un modo o nell’altro l’amaro in bocca. Alla fine mentre sto scrivendo
non ho ancora le idee chiarissime, quindi a questo giro più che una recensione il
mio sarà un libero flusso di coscienza.
TRAMA:
Questo non è il mio corpo è la storia di Noko Hanazawa, una giovane office lady
giapponese con qualche chilo di troppo addosso. Chiunque abbia un minimo di
dimestichezza con l’adorabile serie animata Aggretsuko
sa a grandi linee chi sono le Office
Ladies.
Ragazze che hanno terminato gli studi ma ancora
non maritate, spesso single, che lavorano negli uffici delle grandi aziende
giapponesi. Sottopagate, sfruttate all’inverosimile, relegate a compiti noiosi
e poco soddisfacenti quando non addirittura semplici pallette antistress di
capiufficio isterici, con possibilità di carriera nulle.
Non stupisce quindi che il sogno di molte di
queste ragazze sia sposarsi con un buon partito e lasciare il lavoro.
Si può immaginare il livello di stress cui
sono sottoposte, quanto sia spietata la concorrenza, quanta poca
comprensione e amicizia si possa trovare tra quelle scrivanie, specie se si è
insicure e in sovrappeso.
Eppure all’inizio
di questo racconto sembra non esserci nulla che non vada nella vita di Noko,
la sua vita scorre in modo abbastanza placido, per certi versi addirittura
invidiabile: Noko ha un lavoro, colleghe con cui ha rapporti abbastanza
cortesi, da nove anni è fidanzata con Saito,
un ragazzo che la ama anche se cicciottella.
Quindi va tutto bene in fondo, no?
No, perché quei chili di troppo che Noko si
porta addosso non sono un simpatico vezzo, non sono dettati da pigrizia o noia,
ma rappresentano uno “spesso vestito di
carne” con la quale questa ragazza si difende dal mondo.
Noko si
ritrova incastrata in una spirale da cui non riesce uscire: mangiando si sente
felice ma già alla fine del pasto quando vede la quantità di piatti vuoti e
comprende l’entità delle calorie assimilate si sente infelice e angosciata al
pensiero di mettere su altri chili, chili che la rendono una persona da
disprezzare, un’indesiderabile nel mondo esterno.
Noko è un’invisibile nella crudele e
competitiva società giapponese, una persona molto sola, il caprio espiatorio
dei colleghi maschi e dei superiori (anche in virtù del suo carattere molto
remissivo) e l’oggetto preferito di lazzi e battute crudeli da parte delle
colleghe più magre e carine. In particolare una sembra averla presa di mira per
tirarsi dietro tutte le altre, la bella (almeno esteriormente) Mayumi.
Mayumi sembra avere come unico scopo quello
di rovinarle la vita per dispetto, arrivando al punto da cominciare una
relazione proprio con Saito e facendo in modo che lei lo sappia.
Noko, come al solito, è grata anche solo del
fatto che Saito si degni ogni tanto di andare a casa sua e le conceda le
briciole del suo affetto e non ha la forza di imporsi, ma dà la colpa al suo peso.
Se
fosse bella e magra come Mayumi, tutto si risolverebbe.
Quando la vita di Noko comincia ad andare
davvero a scatafascio, perché non solo sentirà Saito sfuggirle tra le dita ma
sarà anche oggetto di mobbing sempre a causa di Mayuko (e verrà ridicolizzata e
disprezzata anche dagli altri “sfigati” dell’ufficio), a un certo punto si
rivolgerà a un costoso centro dimagrante per diventare magra, ma ecco il punto
focale, non lo farà per piacere a sé stessa
o abbracciare uno stile di vita più sano e volersi più bene ma perché la
società ti vuole magra (quindi bella) e ti tratta meglio se lo sei, e perché
crede che siano i chili di troppo a spingere Saito tra le braccia di Mayumi.
Ancora una volta Noko identifica l’essere magra con l’essere felice.
Perdere peso però è molto più difficile di
quanto sembri.
Specie se ti fai solo qualche massaggino e a
casa continui a ingozzarti.
E Noko, che continua a identificare ogni suo problema con il grasso che le
ricopre il corpo, troverà la soluzione nel continuare a mangiare senza ritegno
per poi procurarsi il vomito.
Le cose però non vanno come sperava.
La sua vita tutto fa fuorchè rimettersi in
carreggiata.
E quindi Noko continua a dimagrire, e
dimagrire, fino a che non basterà.
Nel rendersi conto che Noko sta perdendo peso
Saito perde la testa e arriva a
ingozzarla a forza perché recuperi i chili persi, perché lo stesso Saito è vittima (e carnefice) di una società che impone
standard crudeli. E’ un uomo debole e meschino a cui va di lusso solo perché
fortunatamente per lui vive in una società maschilista e ha qualcuno sotto su
cui rivalersi, un fallito che vuole accanto Noko solo perché è una ragazza
timida e sottomessa che non lo contraddice mai, a differenza di quanto fa sua
madre a casa, o le colleghe al lavoro. Nel corso degli anni non ha mai
presentato Noko agli amici, di fatto isolandola completamente.
Non tenta mai di giustificarsi o negare la
relazione con Mayuko, che non manca di umiliarlo anche sessualmente e dargli
del fallito.
Del resto è proprio Noko la prima a non
chiedergli nulla in merito.
Almeno fino al momento in cui l’idea che Noko
possa prendere in mano la propria vita e raggiungere un obiettivo per sé stessa
lo fa fuggire a gambe levate per trovare un’altra ragazza in sovrappeso e
timida quanto lei a sostituirla.
Mayuko
viene cacciata dal lavoro perché viene scoperto un suo tentativo di truffare l’azienda
incolpando Noko, ma sempre in virtù delle loro differenza sociale Mayuko cade
in piedi e ha già uno stuolo di amanti e amici pronti ad aiutarla, mentre Noko
viene cortesemente invitata a presentare le dimissioni perché il fatto di aver
subito false accuse mette l’azienda in imbarazzo.
Di chilo in chilo, Noko arriva a perderne fin
troppi e in troppo poco tempo.
A livello grafico la differenza con quanto
visto fino a quel momento è inquietante: anche se è magra esattamente come le
sue colleghe, anche se ora può permettersi begli abiti che a detta delle
commesse “le donano molto” e tagli alla moda, se Mayuko e le altre ragazze dell’ufficio
sono dipinte con tratti tipici da shojo manga (ciglia lunghe, gambe sottili,
riccioli lucidi e occhioni brillanti) Noko ha le occhiaie, caviglie e polsi ossuti
su cui la Anno si sofferma crudelmente a più riprese.
Eppure
tutti i problemi che Noko aveva all’inizio di questa storia sono in un modo o
nell’altro scomparsi:
Saito ha sposato un’altra povera infelice, Mayuko starà sfarfalleggiando
altrove, via il lavoro di merda, via il grasso.
Noko però continua a non essere felice.
Perché il problema è dentro di lei.
Il problema è lei.
Alla fine, dopo aver fatto raggiungere al suo
corpo il massimo della soglia di sopportazione, Noko deciderà di tornare a
indossare la sua corazza di sempre, il suo abito di grasso. Moyoco Anno decide
di non dare alla sua protagonista alcun percorso di crescita, nessun lieto fine,
nessuna risoluzione dei problemi che si porta dentro.
Noko può solo continuare a vivere.
*
IMPRESSIONI SPARSE
Questo
non è il mio corpo
è un manga frustrante.
Vuole e non vuole essere realistico.
E’ altalenante.
Ed è pure un po’ pubblicizzato male in realtà
visto che nelle varie sinossi trovate sul web ci si concentrava sui problemi
alimentari quando in realtà il disturbo
alimentare di Noko è un punto d’arrivo (tant’è che non lo si analizzerà mai
nel dettaglio), la fine di un percorso a cui si è giunti per tutta una serie di
fattori molto complessi: una relazione
tossica, un lavoro frustrante, una generale mancanza di autostima che la
porta a scomparire (si noti che i capitoli sono scanditi da nudi femminili che
non sono Noko. Praticamente anche in una storia che parla di lei Noko tende a
scomparire), una società crudele,
competitiva e disumanizzante.
Forse Noko è depressa.
Di sicuro non si vuole bene.
Ma la Anno non si prende mai la briga di
essere chiara in merito, né di metterci di fronte a uno sviluppo del suo
personaggio. Alla fine della storia forse Noko è più incasinata di quanto non
fosse all’inizio.
Il che non è un problema, non per forza deve
esserci un percorso di crescita.
Dei personaggi
secondari ne avrei fatto volentieri a meno, invece, perché le pagine sono
troppo poche per approfondire decentemente questioni psicologiche tanto
complesse. Se si fosse deciso concentrare tutta la narrazione sulla figura
della protagonista senza siparietti sulla mamma di Saito cattiva e lamentona o
sui soliloqui da Queen Bitch malvagia odia-ciccioni della mistress sadomaso
Mayuko l’opera ne avrebbe giovato non poco.
A mettermi maggiormente in crisi su come giudicare
questo manga è il fatto che non capisca se alla fine dei giochi voglia essere
tutto un viaggio metaforico nella mente di una persona ossessionata dal
proprio aspetto fisico come Noko, e allora i personaggi bidimensionali e a
tratti macchiettistici che la attorniano (il vecchio zozzone ricco e la
dietologa lesbica uber alles, ma anche le due ragazze bruttine contro cui si
scaglia una magrissima e incattivissima Noko ritratte con tratti veramente
deformi, quasi delle caricature) e che vivono la loro vita in funzione del
fatto che Noko perda o prenda peso hanno un senso, o la Anno vuole fare una
cosa realista e nichilista in cui vuole dirmi che al mondo tutti sono persone
che combattono battaglie personali che li rendono stronzi e cattivi quindi alla
fine nessuno lo è per davvero e allora questa è una storia che così breve e
sbrigativa è da buttare nel water.
Nel dubbio, a ‘sto giro mi tengo nella media.
Giudizio finale:
Lettura non facile, angosciante ma non perfetta. |
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