sabato 30 maggio 2020

[Recensione] READY PLAYER ONE

recensione libro ready player one, ernest cline
Autore: Ernest Cline
Traduzione: L. Spini
Ed. italiana: DeA Planeta Libri, copertina rigida, 443 pagine
Anno (Italia): 2018
Euro: 17,00

La domanda sorge spontanea:
A che target è indirizzato questo libro?
Di solito per un processo di immedesimazione col lettore/spettatore un autore tende a dare al protagonista l’età del suo target, perché provi istantanea simpatia verso di lui e ne condivida i pensieri, le speranze, i problemi. Wade, il protagonista della nostra storia ha 17 anni, mi viene quindi da pensare che il libro sia uno Young Adult destinato agli adolescenti.
Poi mi soffermo sulla tematica: elogio nostalgico agli Anni ’80Anzi, per essere precisi elogio nostalgico, superficiale e acritico degli Anni ’80 americani con una spruzzata di Giappone qui e lì che fa esotico.
Mi faccio un rapido calcolo nella mente e concludo che la gente che condivide con Wade la stessa passione e la stessa nostalgia canaglia per quel preciso periodo storico il liceo lo abbia (si spera) superato da un pezzo, di anni ne abbia almeno 35 e possa arrivare fino ai 50. A questo punto arrivo alla conclusione niente affatto lusinghiera che Ernest Cline sia un bambinone troppo cresciuto che ha scritto questo libro per puro onanismo geek, e che Ready Player One possa venir davvero apprezzato solo da nerd altrettanto smarriti nei meandri della malinconia verso tempi “più semplici”, in cui mi inserisco io pure, con le dovute riserve.
Riserve dovute al fatto che questo libro fa schifo.

"Te la voglio fare io una domanda, Riza: come mai una persona adulta che indossa una maglietta con su scritto Genio al lavoro trascorre tutto il suo tempo a recensire roba per ragazzi?"
Perchè è un lavoro sporco, ma qualcuno deve pur farlo...

TRAMA
Nel 2045 la Terra è sull’orlo del collasso: inquinamento, crisi energetiche, malattie, carestie, guerre, iniquità sociali crescenti e chi più ne ha più ne metta hanno reso il mondo reale talmente insopportabile che la gente è fuggita in massa su OASIS, un gigantesco MMO (massively multiplayer online) creato dal genio informatico e super-geek James Halliday.
Basta un visore e un paio di guanti atpici e milioni di utenti possono vivere avventure meravigliose e diventare tutto ciò che si vuole: si può essere versioni più attraenti o del sesso opposto, cambiare etnia o addirittura specie trasformandosi in elfi, troll o alieni a tre seni.
Nel corso dei decenni Oasis è diventato non solo un trastullo d’evasione, ma anche e soprattutto il più grande contenitore di sapere condiviso del pianeta: online infatti tutti possono avere accesso gratuitamente a programmi educativi, canzoni, serie televisive, film e opere d’arte.
Ma l'arte, la letteratura o i film seri ce li possiamo pure mettere in saccoccia visto che tutte e 443 le pagine di questo inno sacro ai geek sono dedicate alle nerdate cazzare.

Ad ogni modo, OASIS così com'è potrebbe avere le ore contate: la compagnia sviluppatrice deve vedersela da anni con la Innovative Online Industries (IOI), società specializzata nelle comunicazioni globali e più grande internet provider del pianeta, che più volte ha cercato di porre rimedio alla colpevole mancanza di spirito imprenditoriale di Halliday per rendere Oasis una vera macchina cagasoldi pay-to-play, con buona pace dell’unico lusso a cui hanno accesso i meno abbienti.
Finora si è sempre riusciti a tenere Oasis relativamente al sicuro dai pericoli del libero mercato, ma l’improvvisa morte di Halliday potrebbe cambiare le carte in tavola: per fortuna il previdente creatore di Oasis ha lasciato un testamento virtuale secondo cui il controllo totale su Oasis e la sua immensa fortuna verranno concessi solo a chi riuscirà ad accedere all’Easter Egg nascosto all’interno del gioco facendosi strada tra enigmi criptici legati, sorpresa sorpresa, esclusivamente alla cultura geek mainstream degli anni ’80.

Non stupisce che la possibilità di diventare ricchi e potenti da far schifo rincoglionendosi di serie tv, film e videogiochi anni ’80 possa ingolosire chiunque, ed ecco quindi stuoli di gunters (egg hunters) pronti a divorare bramosamente biografie e diari dell’autore oltre a qualsiasi roba cagata fuori da quel decennio, per provare a risolvere il mistero dei misteri e diventare i padroni di Oasis.
Tra tutti questi gunters noi seguiremo le gesta di Wade, alias Parzival come il leggendario cavaliere arturiano che nel mito ha trovato il Graal: vedremo la sua ossessione per il ritrovamento dell’Easter Egg di Halliday, il suo amore non corrisposto per la blogger e collega gunter Art3mis, la sua amicizia di lunga data col collega nerd Aech. Insieme dovranno vedersela in una gara senza esclusione di colpi contro il perfido Nolan Sorrento, la IOI al completo e tutti gli altri gunter, ma alla fine, sorpresa sorpresa #2 che ci fa intuire l'originalità della storia, il bene trionferà grazie all’amicizia, all'onestà e al coraggio.


RECENSIONE
Ready Player One è del 2010.
La prima serie di The Big Bang Theory è del 2007.
Lo dico perché questo libro potrebbe essere nato tranquillamente da una fanfiction AU ad ambientazione sci-fi di questo telefilm visto che hanno lo stesso scopo di fondo, ovvero essere una gigantesca sega a due mani fatta ai nerd nostalgici degli anni ’80Ma perlomeno TBBT ci ricama una storia intorno alle sterili citazioni nerd.


Wade è un personaggio profondo come una pozzanghera, costruito a tavolino per scatenare le simpatie dei passatisti che non contemplano nulla di valido dopo il 1989, anche se questo non è a conti fatti un ritratto proprio lusinghiero.  
Wade infatti non è che un cazzo di geek da clichè:
- Povero sia su Oasis che fuori
- Sfigato e verginello
- Sovrappeso (ma per avere la tartaruga gli bastano 6 mesi di corsetta su tapis-roulant per un'ora al giorno prima di sfondarsi su Oasis. Bonus Eye of the Tiger +5) 
- Orfano vessato da parenti crudeli
- Il parente è una zia (Bonus Harry Potter +5)
Oasis per Wade rappresenta, letteralmente, un’ancora di salvezza: grazie a Oasis può frequentare la scuola senza venir pestato ogni giorno da bulli in carne e ossa, può imparare e acculturarsi a costi contenuti (i programmi gratuiti per bambini di Morrow gli hanno insegnato la logica, a leggere, a far di conto), può interagire con la gente, avere un amico con cui scambiarsi confidenze, trovare la tipella che gli piace, dare uno scopo alla sua esistenza attraverso la caccia all’Egg di Halliday.
Ma appena conosce Art3mis, reset.
La forza più propulsiva che lo spinge ad andare avanti è la figa.
Arriverà a distrarsi dalla competizione che potrebbe cambiare la sua vita, per lei.
Perché ovviamente, che sia ricco da schifo, borghese o povero come la merda, un nerd adolescente può pensare solo alla topa, in questo caso a una topa virtuale di cui sappiamo solo una cosa, che è nerd quanto lui e che a differenza delle altre ha un avatar normale e non una zozzeria iperrealistica da Barbie. Perché sono entrambi specialissimi e incuranti dell’apparenza, conta quello che si ha dentro, bla-bla-bla…
Basta che lei non abbia mai avuto il pisello, ma su questa cosa voglio tornarci dopo…


Wade dovrebbe essere poi nelle intenzioni di chi scrive un ragazzo intelligente, nel pratico è una pagina di memini Anni '80 vivente (roba a cui tra l'altro si è appassionato solo perchè piacevano ad Halliday).
Wade cita in maniera acritica ogni prodotto mediamente mainstream partorito in quella decade magica (come se dal 1990 al 2040 nessuno abbia creato più nulla di valido sulla Terra): bene che vada fa un bignamino dell’opera che sta citando per risparmiarci un’eventuale gitarella su Wikipedia senza uno straccio di pensiero critico che vada oltre il “wow, ganzo, lo conosco a memoria”; mal che vada ci tocca pupparci pagine e pagine di elenchi sterili, un po’ come faceva Moccia con i brand da ricche perete. 
Non abbiamo idea di quali siano effettivamente i suoi gusti al di là di quanto gli serva per conquistare l’Egg o del perché si sia appassionato a una tal opera rispetto a un’altra. Il suo amore per la cultura pop di quegli anni è artificiosa. Più che un ragazzo intelligente e appassionato di vintage sembra uno di quei tipi tristi e deprimenti che riesce a comunicare solo a meme e citazioni perché altrimenti non avrebbe nulla da dire.

Sul versante FEMMINILE le cose, se possibile, vanno peggio.
Art3mis caratterialmente parlando è un guscio vuoto che vive in funzione del suo essere la cotta del protagonista. Persino nella scelta del nick deve tutto a Wade, nel senso che narrativamente parlando non ha una motivazione davvero sua: entrambi hanno optato per una versione modificata del nome che avevano scelto, già preso da un altro utente. Alla fine resterà addirittura ad aspettarlo alla fine di un labirinto, come se fosse il tesoro che attende l’eroe alla fine di un dungeon.
L’effetto oggettificazione è completo.
Ci viene spiegato che Wade ha cominciato a seguirla e ad invaghirsi di lei perché Art3mis scrive un blog-diario molto seguito dai gunter in cui parla delle sue analisi critiche e di interessanti curiosità sui prodotti anni ‘80, dei suoi pensieri, della sua vita; che è divertente e ironica oltre che molto dotta (sempre in ambito nerd anni ’80, perché qui non si contempla nessun altro tipo di cultura), ma non ci verrà mai mostrata una riga di quello che scrive sul suo blog né dai dialoghi salterà fuori tutta questa profonda e arguta ironia, quindi tocca solo fidarsi.
Sembra poi che sia amore vero, che va oltre l’aspetto fisico.
Lei non è perfetta, è rotondetta e ha una grossa voglia sul viso che la deturpa.
A conti fatti però tutto gira comunque intorno alla sua vagina. Wade è insistente e volgare, i suoi tentativi di conquistare Art3mis rasentano lo stalking virtuale: nonostante lei a un certo punto, ragionevolmente, dopo che lui le ha confessato il suo amore gli chieda di fare un passo indietro e lasciarle spazio perché non si venga distratti dalla caccia all’Egg che potrebbe cambiare non solo le loro vite ma le sorti del mondo, Wade se ne strafunchia e continua a contattarla in continuazione tramite mail, prendendo come un buon segno il fatto che lei replichi a monosillabi.
“Risponde ai miei messaggi = Le interesso, giorno glorioso!”
Che possa provare disagio e risponda per non far degenerare la cosa rendendolo più insistente non li sfiora proprio, né Wade né soprattutto Cline, che a fine libro riduce un comprensibile desiderio di spazio (o un semplice non interesse amoroso, perché potrebbe accadere che ti piaccia una tipella che proprio non ti considera visto che le donne hanno desideri e interessi propri) al fatto che Art3mis, come tutte le altre pischelle che su Oasis si mettono l’avatar da figonza, in fondo sia solo insicura riguardo al proprio aspetto fisico, quindi al momento del loro fatale incontro basta solo rassicurarla sul fatto che è bellissima a dispetto dei chiletti di troppo e della voglia gigante che ha sulla faccia, e ogni remora di lei sul frequentarsi nella vita vera si dissolverà come neve al sole. 
Capito, ragazze geek introverse?
Aspettiamo solo che un maschietto ci dica che siamo comunque carine.


Ultimo ma non per importanza, Wade sembra ossessionato per tutto il tempo dal fatto che lei non sia né sia mai stata un pisellomunito. Il che in sé non è una cosa da biasimare: non è una colpa essere etero, e se una persona è etero è chiaro che non sarà attratto sessualmente da un uomo (magari un vecchio inquietante che potrebbe fingere di essere una ragazzina per avvicinare degli adolescenti) e questo potrebbe persino rappresentare un problema nel momento in cui dovessero incontrarsi a dispetto di tutte le belle parole sull’amare Art3mis per il suo cervello e il suo carattere, ma dirle “Sei una donna? E con questo intendo una femmina umana che non abbia mai subito un’operazione di cambio di sesso è da sprangata nei denti, sì, ma all’autore di questa merda.
Notizia flash per Ernest Cline: una trans MtF (male to female) è una donna ed è sempre stata donna a dispetto dei suoi genitali, scimmia retrograda. Per non parlare del fatto che se si è sottoposta a un’operazione di cambio di sesso la vagina lì sotto ce l’ha, imbecille.
Tanto per cambiare il nerd maschio viene dipinto come sessista, forse transfobico, dagli stessi nerd che si mettono a scrivere questa roba (lo stesso accade a più riprese in TBBT). E se questo ritratto non vi offende a morte, amici nerd lì fuori, stateci: siete parte del problema.

Aech ci fa toccare il fondo e poi ci lancia una vanga per farci cominciare a scavare nella melma puzzolente.
Aech è il migliore amico di Wade su Oasis.
Quello con cui Wade si è scambiato confidenze intime (specialmente su Art3mis), che nel corso degli anni gli ha dato sostegno e amicizia, che si è offerto più volte di aiutarlo economicamente nonostante lui stesso non navighi nell’oro. Alla fine della storia, quando si incontreranno di persona per essere condotti da Morrow in attesa dell’epica battaglia finale a suon di mazzate tra mecha, si rivelerà essere una ragazza lesbica di colore che la madre ha cacciato di casa a causa delle sue preferenze sessuali, e la prima reazione di Wade è sentirsi tradito e infuriato.
E poi lasciarsi tutto alle spalle come se non fosse importante.
Evidentemente per l’autore non è una cosa importante che il suo protagonista si domandi il motivo per cui la sua migliore amica si sia sentita costretta a vivere per tutta la vita nel tuo mondo virtuale perfetto, la tua ancora di salvezza, fingendosi un uomo bianco. Non è importante offrire a chi ti legge uno spunto di riflessione che vada oltre il fatto che i Monty Python e Pac-Man sono fichi. D’altronde se per lui una donna è solo una che non ha mai avuto il cazzo in vita sua cosa voglio aspettarmi, che sia sensibile alle problematiche affrontate dalle geek non caucasiche?

Passiamo infine a parlare di ETNIE.
Si arriva a Shoto e Daito, la quota-clichè.
Sono giapponesi, quindi Hikikomori con la passione per i vecchi programmi di samurai, gli anime mecha e l'onore guerriero.
Come era da programma ai tempi in cui ancora vive l’autore di questo libro dentro la sua testa, di questa pittoresca quota esotica uno verrà ucciso per davvero dagli sgherri bidimensionali della IOI che irromperanno a casa sua con tanto di videocamera che filmerà tutto fornendo a Wade le prove di cui aveva bisogno per incastrarli, per poi lanciarlo dal balcone simulando un suicidio (invece di rapirlo e spingere gli altri a, per dirne una, collaborare o fare marcia indietro?), mentre l'altro si suiciderà virtualmente per consentire a Wade di trionfare.

Rei Ayanami style, da bravo giapponese...
Ora, intendiamoci, il fenomeno degli Hikikomori (persone che decidono di isolarsi dal mondo reale per vivere nella loro stanza ed evitare contatti reali) è una piaga seria legata al mondo geek che ha valicato da decenni i confini del Sol Levante. Cline non sembra rendersene conto, o lo fa davvero malissimo, ma tutti i personaggi di questo libro sono Hikikomori che hanno paura del contatto con un mondo reale che li delude e spaventa. Aech arriva al punto da non poter trovare pace neppure nel mondo virtuale, e deve annullare se stessa diventando un ragazzo caucasico.
In tutti c’è una paura folle nel mettersi a nudo.
E non è un problema che si risolve nel momento in cui trovi la figa vera, non funziona così. Ma tutto il libro è permeato da questa irritante superficialità con cui vengono lasciati da parte argomenti seri per far spazio alle cazzate.

*

A livello di TRAMA le forzature abbondano.
E se posso passare sopra l’incredibile botta di culo rappresentata dal fatto che il labirinto che conduce alla prima chiave sia proprio su Ludus, il pianeta-scuola, l’unico posto in cui uno studente può teletrasportarsi gratis perché alla fine lo scopo di Halliday era proprio quello di permettere a chiunque di diventare il suo erede, già il fatto che proprio in quel momento si stia disputando una partita virtuale proprio nelle vicinanze dell’ingresso del dungeon per permettergli di teletrasportarsi gratuitamente è forzato.
Per lo stesso motivo se può essere pure logico da un certo punto di vista che la prima prova consista nel battere un Re Lich a Joust invece di battersi con lui a duello, meno logico è che guarda un po’ il caso proprio a quel gioco fosse un campione.
Però qualche anno fa, ci tiene a precisare, tanto per far finta che ci sia qualche difficoltà iniziale prima dell’immancabile vittoria al primo tentativo (laddove Art3mis ci stava provando da un mese).
Seguono avventure interattive in cui si ritrova ad impersonare attori in film che conosce a memoria come Wargames e I Monty Python e il Sacro Graal (e lui si chiama Parzival come il cavaliere che ha scoperto il Graal, che finezza!!), arcade a cui è imbattibile, soluzioni che gli piovono dal cielo mentre cazzeggia.
A un certo punto, a convenienza e senza che ci venga giustificato in maniera decente dal momento che non basta sfondarsi di Casa Keaton e MMOG dalla culla e riparare pc recuperati dal pattume per trasformarsi in Gary McKinnon, diventerà un hacker e genio dell’IT in grado di forzare il sistema di una multinazionale informatica, recuperare informazioni top secret che pare siano a portata di qualsiasi stronzolo di tecnico aziendale per condividerle col mondo affinchè tutti i gunter (e le autorità già che ci sono, bontà loro) scoprano e puniscano finalmente le nefandezze della IOI.


Come se tutto questo non bastasse l’intera caccia è pure noiosa.
Ogni volta che si presenta una sfida Wade la descrive (se si sente in vena ci spiega che è belliXXima o che a Halliday piaceva un sacco), fa finta di essere in difficoltà, ci spiega tutti i particolari più tediosi come le decriptazioni dei messaggi (spesso nate da un’epifania casuale), il modo in cui si pilota un uccello in Joust o i trucchi e bug di Pac-Man, ci descrive per filo e per segno le battaglie di Wargames, cita interi dialoghi di film per dare volume al romanzo, e in tutto questo tu non hai appreso assolutamente nulla del mondo creato da Ernest Cline o del suo protagonista.
Ti sei solo fatto una spanciata di roba anni ’80 mischiata a caso.
E alla fine hai imparato che basta trovare la figa e perdi la voglia di stare su internet. Oh, perdiana, è così facile? Presto, qualcuno avvisi tutti gli Hikikomori del mondo e regali loro delle prostitute.


Questa bella moraletta spicciola che troviamo alla fine del libro è figlia di una concezione del mondo, degli anni ’80 e soprattutto dell’internet filtrato attraverso gli occhi di (*infilo le lenti da mistress nazifem*) un maschio bianco etero nostalgico.
Una visione non sbagliata per sé ma molto limitata.
Il mondo virtuale di Ready Player One è un’oasi, anche nel nome.
Un mondo in cui gli unici cattivi sono rappresentati dalla IOI (nella persona del perfido Norman Sorrento, che ha la complessità caratteriale di un cattivo di un film con Steven Seagal e fa gli stessi errori da stronzo) e da un bulletto che si vede giusto all’inizio e sembra il Draco Malfoy dei geek, ma per tutto il resto si lotta in maniera onesta, si combatte in modo onorevole, alla bisogna si collabora e ci si aiuta, si trova l’amore vero e amicizie solide come una cotta di maglia di mithril.
Poi è vero, anche in RPO ci sono persone isolate, delle donne di colore che si sentono al sicuro solo se si fingono maschi bianchi etero, donne (e uomini) che avvertono una tale pressione sociale da rendere in continuazione il proprio avatar virtuale il più avvenente possibile mentre le loro controparti fisiche si lasciano andare, in una smania di apparire e non di essere sani per sé stessi, ma chi se ne frega, battiamoci il pugno e chiamiamoci amigo, bro… 
Se l'autore avesse voluto fare solo una storia superficiale e divertente ambientata nel mondo virtuale non ci sarebbe stato assolutamente nulla di male, ma avrebbe dovuto evitare di infilare nel calderone di RPO tutte queste problematiche serie (la crisi della terra, la povertà, i pregiudizi) per poi lasciarle lì a macerare inutilmente.

Cline infine idealizza per tutto il tempo un ambiente, quello virtuale, che per molte persone è orribile tanto quanto quello reale.
Ci sono ragazzi che si suicidano per il bullismo virtuale, che subiscono molestie e minacce di morte. Pagine razziste, omofobe e sessiste che affliggono i social e che restano impunite nel totale disinteresse delle vittime, revenge porn, donne che nella vita online devono fingersi uomini per essere rispettate come gamer, neri che devono fingersi caucasici, gente che si insulta perché non conoscono il tal fumetto o non trovano gradevole il tal videogioco, movimenti come il ComicsGate che si battono con violenza contro la “diversità forzata” imposta dalla lobby del politically correct.
La subcultura nerd, per chi l’ha frequentata assiduamente, può essere uno dei luoghi più tossici che esistano
Ready Player One sembra appoggiare una linea di pensiero non proprio figlia del volemosebbene in cui le donne sono trofei da tampinare finché non cedono, è ok nascondere chi si è davvero per evitare di essere bullizzati (perché in fondo se sei nata nera e donna è colpa tua) e molestare la tipa che ti piace nonostante lei ti abbia detto che vuole spazio, ma a parole mi sta dicendo l'esatto contrario, prendendomi forse per una babbea che non ha mai frequentato un forum di nerd su internet.

*

Alla fine dei giochi Ready Player One non mi sta raccontando nulla che meriti la mia attenzione: propone una storia banale a suon di citazioni facendo leva su un certo tipo di nostalgia.
Quella che prova gente come Ernest Cline.



Giudizio finale:
Enorme sterile e a tratti offensivo mappazzone anni '80

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