Anno: 1964
Regia: Guy Hamilton
Soggetto: Ian Fleming
Sceneggiatura: Paul Dehn, Richard Maibaum
Cast: Sean Connery, Honor Blackman, Gert Fröbe, Harold Sakata, Shirley Eaton
La terza tappa del mio Project “Bond. James Bond” ci porta
dritti dritti a Goldfinger, uno dei
film più iconici e apprezzati del franchise, quello forse più citato, ricordato e parodizzato anche da chi non è esattamente fan della più celebre spia del mondo.
C’è addirittura un intero film di Austin Powers dedicato all’uomo amante
dell’oro, solo che a quel giro non è esattamente il dito ad essere dorato. E’ anche il film con cui Bond fa il colpo
grosso in America, dove fino a quel momento aveva circolato nei circuiti
secondari di distribuzione ed era stato snobbato dalle grandi masse.
Costato 3 milioni di dollari,
arriva a incassarne 125.
Vorrei davvero poter
condividere tutto questo entusiasmo, ma no…
*
Il PROLOGO
ci porta in Sudamerica, dove Bond perde la dignità nei primi secondi di
pellicola sorgendo dalle acque del molo con un terrificante gabbiano morto
attaccato al parrucchino.
La sua missione è distruggere
un laboratorio di droga con l’ausilio di una muta da sub, un rampino, un
passaggio segreto in un silos e una bella dose di C4. Dopodiché si spoglia
degli abiti neri da lavoro per rivelare sotto la muta da sub una giacca bianca
asciutta e impeccabilmente stirata con tanto di garofano fresco che può essersi
tirato fuori solo dalle mutande. Pronto a folleggiare stile Bond per un lavoro ben fatto, si reca in un locale
attiguo ad informare il suo contatto della riuscita del piano, ma
soprattutto per rimorchiare l’ennesima bellezza indigena, Bonita.
Poi rompono il cazzo a una che
si chiama Pussy Galore…
Mentre amoreggiano
appassionatamente nella stanza di Bonita entra di soppiatto un uomo che si
avvicina a Bond con intenzioni poco amichevoli. Bond si ritrova a
scorgere la sagoma dell’uomo riflesso negli occhi di Bonita e a quel punto reagisce come
qualunque gentiluomo inglese degno di questo nome: turnica di colpo e fa schiantare
qualunque oggetto contundente fosse rivolto a lui sul cranio di Bonita.
A questo punto Bonita potrebbe non essere più tanto bonita... |
Seguono i TITOLI DI TESTA,
la prima canzone (la seconda se contiamo From
Russia with love in chiusa del precedente film) creata apposta per un
lungometraggio di James Bond, Goldfinger,
cantata da Shirley Bassey che
sull’interminabile acuto finale ci ha quasi rimesso un polmone. Annovererei il
testo di questa iconica canzone tra le pubblicità fuorvianti, non solo
perché tra le immagini proiettate sulla silhouette della bella figliola dipinta d’oro compaiono
le scene del combattimento uomo v.
elicottero tratte dal precedente, ma anche e soprattutto per il testo.
Ascoltando le parole “Golden words he will pour in your ear / But
his lies can't disguise what you fear / For
a golden girl knows when he's kissed her / It's the kiss of death from Mister Goldfinger” una si
aspetta che a questo giro anche noi figliole potremo avere la nostra doverosa
quota ormonale dal momento che questo fantomatico Goldfinger viene descritto
come un seduttore mortale dalla lingua d’argento e con un amore smisurato per
l’oro.
Dopo pochi minuti ti spunta
davanti questo.
Non questo.
Ma questo.
Fortuna che i film li guardo
per la trama…
L’azione si sposta in un
lussioso albergo di Miami, dove Bond
viene contattato da Felix mentre si rilassa dopo tanto penare facendosi
massaggiare la schiena a bordo piscina da una biondina svampita di nome Dink. Sempre per il fatto di essere un
gentiluomo d’altri tempi Bond congeda Dink con un lapidario invito a togliersi
dai piedi per far parlare i grandi
coronata da una pacca sul culo.
E son passati solo 10 minuti... |
Si scopre che la MI6 non gli
ha pagato il soggiorno a Miami per fargli fare lo Spring Break ma per
pedinare di nascosto Auric Goldfinger
(Gert Fröbe), miliardario, gioielliere, trafficante in oro e scommettitore disonesto.
Proprio in quel momento infatti sta spennando a carte per l’ennesima volta un povero cristo che
ha già perso la bellezza di 10.000 dollari nelle loro partitine giornaliere di Ramino.
Bond recepisce talmente bene il
messaggio di dover fare le cose di nascosto che tempo un minuto entra in camera di Goldfinger (senza
nemmeno inventare una scusa con la cameriera a cui prende il passepartout), convince la bella
complice di Goldfinger Jill Masterson (Shirley Eaton) a disertare con la promessa di un incontro romantico e fa pure saltare la
copertura parlando tramite auricolare con Goldfinger, costringendolo a perdere apposta 15.000 dollari in
favore dello sfortunato compagno di ramino.
Goldfinger prende l’umiliante
sconfitta in modo sportivo, al punto che durante la notte d’amore tra Bond e Jill il suo braccio destro e guardia del corpo Oddjob (letteralmente: "lavoro sporco", interpretato dal giapponese Harold Sakata) entra nella loro camera, tramortisce il nostro eroe con un chop di karate mentre è chino davanti al
frigorifero a recuperare ghiaccio per il Dom Perignon e al mattino, quando si
sveglia, trova la sua bella compagna distesa nel letto, ignuda e completamente
ricoperta di vernice d’oro.
Perché non uccida pure Bond, che a conti fatti è il vero responsabile della sua umiliazione, non si sa.
La reazione del nostro eroe di fronte a una povera innocente uccisa in modo atroce è quella di mostrare la
disperazione di chi si ritrova al mercato ortofrutta e scopre che hanno finito
le mele.
E mo' chi me la prepara la apple pie? |
A questo proposito è
necessaria qualche riflessione per quella che è la scena più
iconica del film insieme a quella di Bond che rischia di vedersi grigliati al laser i
gingilli, quella che è riuscita a diventare il simbolo stesso non solo del film ma forse dell'intera saga di Bond e a
dare all’attrice Shirley Eaton un risalto che ha travalicato i decenni insieme al già citato bikini bianco della "giamaicana" Ursula Andress.
1) La morte di Jill è
inutile ed eccessiva.
Non è la prima volta che un
personaggio dei film di James Bond perde la vita, in modi anche fumettosi, sopra
le righe: si pensi ad esempio a Quarrel, la quota di colore di Licenza di
uccidere, bruciato vivo dal “drago” del Dottor No, il quale a fine pellicola muore nell’acqua
radioattiva. Ma anche se sopra le righe non sono morti insensate o gratuite, tutto
era funzionale e coerente nell’ottica di una narrazione che voleva dare risalto
alla trama thriller e spionistica, un genere in cui la gente muore male.
Qui la povera Jill (e in seguito lo stesso Goldfinger, che resterà col popò incastrato nell'oblò di un aereo prima di venir risucchiato tra gli angeli per la pressione dell'aria) è morta solo per creare una
scena visivamente d’impatto che sconvolgesse ed eccitasse lo spettatore degli anni '60.
Menzione di merito per la superspia che rincoglionisce a singhiozzo, a seconda che la trama lo richieda o meno, e non si accorge di avere un omino Lego nella stanza.
Oddjob: Caddy, assassino con bombetta e maestro dello stealth... |
2) James Bond salta lo
squalo
E’ il momento in cui capisci
che non ci proveranno nemmeno più ad essere minimamente plausibili,
e non si parla delle scene d’azione rocambolesche o delle esagerazioni come le
decine di figli di Ali Karim Bey in Dalla
Russia con Amore, ma di vere e proprie boiate tirate fuori in nome della
spettacolarità (presente anche nel romanzo, a onor di cronaca): non si può
morire perché i pori ostruiti dalla vernice dorata non respirano.
Chiedetelo ai bodypainters…
Si può essere allergici all'oro o ad altri metalli.
Ci si può avvelenare per
sostanze tossiche contenute nella vernice.
Si può venir strangolate o
percosse a morte (o trovarsi il collo spezzato da un chop dato con la stessa
forza che ha abbattuto un marcantonio come Sean Connery) e POI venir dipinte
totalmente d’oro (e quanto c’è voluto per fare un lavoro talmente di fino da ricoprirle completamente il corpo senza sporcare le lenzuola? Oddjob, il
pittore dovevi fare, non il sicaro) per lasciare un messaggio a Bond, ma la
storia che costruiscono attorno alla morte di Jill è di un inverosimile
irritante, e nemmeno la più assurda che compare in questo film.
Dopo che M fa totò sulle
manine a James per aver mandato tutto a meretrici a Miami (ma nonostante il
fatto che abbia fatto saltare la sua copertura con Goldfinger lo incarica
comunque di seguirlo), quest’ultimo viene mandato da Q (Desmond Llewelyn) a
prendere il suo nuovo armamentario da spia, e a questo giro possiamo farci gli
occhi nientemeno che con quella che diventerà per molti film a venire l’auto
più iconica di James Bond, la Aston
Martin DB5 color argento compresa di optional da spia talmente assurdi da
catapultare il franchise direttamente in un fumetto di fantascienza.
Tra avveniristici (per
l’epoca) GPS, sedili eiettabili, rampini che escono dalle ruote, carrozzeria
antiproiettile, mitragliette che
saltano fuori dai fanali, l’olio sparato dal culo della macchina, manca solo
il Bond-repellente per squali e finiamo dritti dritti in un episodio di Batman
con Adam West.
Non che i nemici siano da
meno, con armi laser e cappelli decapitanti.
La macchina è oggettivamente
fighissima, e le scene di inseguimento all’interno delle proprietà di
Goldfinger sono incredibilmente divertenti anche se a conti fatti inutili:
esattamente come il corpo nudo dipinto d’oro di Jill servono solo a meravigliare
e intrattenere il pubblico caciarone con scene buttate totalmente di fuori dal
momento che James a questo giro viene comunque catturato da Goldfinger.
Non solo: l’utilizzo del rampino alla Ben-Hur serve solo a incrociare il cammino di James con quello della povera Tilly Masterson (sorella di Jill, in cerca di vendetta contro Goldfinger), portarla troppo vicina all’azione vera e farla uccidere dai sicari del cattivo come una stronza, sempre
nel sostanziale disinteresse di Bond che a questo giro fa una mattanza di brava gente e la cosa sembra non importare a nessuno.
Rimangono a onor del vero cose
interessanti.
Gli ultimi esamini resti di
un Bond fallibile, che viene catturato da Goldfinger e fatto prigioniero
anziché ucciso facendogli friggere le parti intime col laser perché (gli dirà
Bond) anche chi gli subentrerebbe in caso di morte, 008, è a conoscenza del suo
piano segreto, e quindi ucciderlo per lui sarebbe un problema visto che si ritroverebbe qualcun altro a piede libero a mettergli i bastoni tra le ruote (a me puzza di bluff lontano due chilometri perché se l'MI6 fosse a conoscenza di questo piano avrebbe mandato rinforzi da mo', ma non essendo un dorato signore del crimine cosa vuoi che ne sappia?).
Arriviamo dunque al piano di
Goldfinger, il Grande Slam.
L’obiettivo di Auric
Goldfinger infatti è nientepopodimeno che Fort
Knox, la riserva aurea degli Stati Uniti: non vuole rubarla (anche perché per trasportare
13.000 tonnellate d’oro, ci spiega Bond, ci vorrebbero settimane) ma
renderla inutilizzabile per mettere in ginocchio le economie occidentali e
far alzare il prezzo dell’oro a proprio beneficio.
Come ha intenzione di mettere
in pratica tutto questo?
Uno squadrone di figone bionde
in tenuta da power ranger, il Pussy Galore Flying Circus (sì, davvero...) lancerà su tutta la struttura un gas soporifero per mettere fuori gioco
tutti e 40mila i soldati lì presenti (E come si fa con quelli DENTRO gli edifici? E perché non ucciderli direttamente?). Dopodiché l’armata personale di Goldfinger entrerà nel caveau e
vi posizionerà un ordigno atomico prestatogli dagli amici cinesi collegato a un
congegno a tempo, che quando
esploderà renderà radioattivo, e quindi inutilizzabile, tutto l’oro presente a
Fort Knox.
Ooookay, gold-boy... |
Non c’è bisogno di dire che
James Bond salverà la situa per la terza volta grazie alla tempestiva
redenzione amorosa della lesbica Pussy
Galore, pilota personale di Goldfinger, e anche se la cosa è meno esplicita che nel libro il suo nome
si può tradurre letteralmente come “figa in abbondanza”, direi che ci sono
pochi dubbi in merito alle sue preferenze sessuali anche se l’attrice Honor
Blackman in un’intervista del 2002 asserirà che in realtà Pussy Galore crede di essere lesbica ma solo perché
Goldfinger la maltratta. Ci vuole James a farle capire che in realtà gli
uomini le piacciono eccome. Dopo una scena in cui si prendono a mazzate a colpi
di judo e lui la spinge a forza su un mucchio di paglia per baciarla contro la
sua volontà…
Mi hai convinta, Honor, la
pezza che hai messo non è affatto peggiore del buco. Perché cercare di convincere
Pussy Galore che il suo capo che vuole rendere radioattive 13.000 tonnellate d'oro è un pazzo quando puoi stuprarla in un pagliaio?
C’è bisogno invece di dire che
il piano è talmente sopra le righe che difficilmente nella vita vera potrebbe
funzionare. Ipotizziamo per un secondo che Goldfinger avesse avuto
successo e l’oro di Fort Knox fosse diventato radioattivo.
Inizialmente, come prospettato
da Goldfinger, il valore dell’oro sarebbe aumentato, per la
gioia di chi, come lui, aveva riserve auree in quantità da vendere: ma nel
lungo periodo il sistema si sarebbe riequilibrato da sé (a meno di non
avere in gioco grandi speculatori, ma lo speculatore più grande in questa storia
è proprio Goldfinger, che ha fregola di vendere): si sarebbero riaperte miniere
abbandonate per gli eccessivi costi di recupero e tutti avrebbero venduto il
loro oro reimmettendolo nel mercato, e questo avrebbe portato a un nuovo
abbassamento di prezzo. Goldfinger avrebbe dovuto vendere tonnellate e
tonnellate d’oro nel momento esatto in cui i prezzi sarebbero stati talmente
alti da specularci ma prima di tornare ad abbassarsi.
E chi minchia sei, Lex Luthor?
Per quanto riguarda le
conseguenze economiche legate al Gold Standard che avrebbero messo in ginocchio
gli Stati Uniti (e il blocco occidentale in generale), viene da pensare che
molto semplicemente le potenze mondiali, con buona pace della Cina cattiva,
avrebbero anticipato lo Smithsonian Agreement del 1971 di qualche anno,
abbandonando il gold standard in favore di un’economia basata sugli attuali
cambi flessibili. Ma ovviamente questo il John Smith del 1964 non poteva
saperlo.
In generale però le regole economiche non sono una certezza,
e Goldfinger ci avrebbe sbattuto il muso.
*
Finora, il film di James
Bond che ho meno apprezzato. Un film che si distacca da tutto ciò che di
positivo c’era in Dalla Russia con amore:
il realismo, le finezze psicologiche, la tensione qui ce le possiamo
dimenticare in favore di una baracconata pirotecnica.
Dicevo a inizio recensione che
principalmente lo scopo di questo film è stato ingraziarsi il mercato americano,
e anche se non avessi spulciato la pagina di Wikipedia la cosa non mi
sorprenderebbe dal momento che tutto questo film è costruito per essere un’americanata paracula.
- James Bond rincoglionisce
e improvvisamente diventa un supereroe da
fumetto con la libido di in quindicenne e col rispetto nei confronti delle
sue partner pari allo zero: non solo schiaffi e strattoni ma decisamente poco
eleganti (anche per gli standard dell’epoca) pacche sul culo e profonda e
colpevole noncuranza della vita di donne innocenti.
Usa Bonita come scudo umano (ma fin lì passi dal momento che Bonita sembrava in combutta con l'assalitore misterioso),
vede morire Jill e Tilly, di cui è parzialmente responsabile, aggredisce Pussy in un fienile…
Come se non bastasse in questo film è anche una pessima spia che si immischia in faccende che non lo riguardano e fa saltare la sua copertura per motivi futili nel primo quarto d'ora, finendo in braccio all'uomo che avrebbe dovuto sorvegliare con tecniche di... non so, sembra folle, ma essendo una spia direi di spionaggio.
Da sofisticato seduttore figlio di tempi più semplici ma serio e professionale alla bisogna, Sean Connery in questo film è diventato il perfetto esempio di un volgare
e ignorante coglione americano degli anni '60, con la costruzione psicologica di uno scopino del cesso. Ma perché risulti comunque una spia leggendaria a confronto della stolta marmaglia che lo circonda hanno abbassato pure il QI di M e dei colleghi.
"Che fa Bond?" "Mah, passeggia con una strappona nella fattoria dell'uomo che dovrebbe seguire di nascosto." "Ah ok, torniamo alla macchina, se ha bisogno ci chiamerà." |
- E’ tutto eccessivo,
cafone e fumettoso.
Eccessivi i gadget di Bond,
eccessivi i cattivi (un alpino tirolese permaloso, un coreano muto dalla forza
erculea e il Pussy Galore’s Flying Circus tutto insieme è troppo), eccessivi i piani del malvagio di turno (con tanto di inutile mattanza di gangster che sapevano troppo da parte
di Goldfinger dopo che lui aveva
spiegato loro il suo progetto malvagio con tanto di diorama), e decisamente eccessiva la
quantità di gnocca che passa tra le mani di Bond.
Sul serio, amico, hai un
problema, vai a consultare qualche specialista.
- C’è una netta divisione
tra buoni e cattivi.
Sono americani, quindi non
capiscono le finezze che abbiamo già analizzato nello splendido Dalla Russia con amore, né potrebbero apprezzare anche minime critiche alla loro ideologia anticomunista in
un tempo in cui bastano sospette simpatie rosse a distruggere la carriera di un uomo, quindi tocca abbandonare qualsiasi tentativo di fare qualcosa di complesso e
intelligente per rendere tutto a prova di
fesso.
E quindi:
James = eroe pieno di figa.
Cattivo = grasso crucco che si allea coi musi gialli.
Missione = salvare il mondo da un pazzo delirante che ha in mano un’atomica.
Il tutto corredato di BOOM-BOOM,
PEM-PEM e qualche chiappa soda + scollatura generosa per portarci all’immancabile
lieto fine scoreggione: perché ritornando alla mia perplessità di prima sul gas stordente
usato al posto di un più logico gas mortale a Fort Knox, personalmente dubito che gli
americani avrebbero preso sportivamente un eroe che salva il mondo ma causa un massacro di loro soldati, anche se fatto da un
tedesco.
Mentre donne innocenti che muoiono come stronze vanno benissimo.
- Per tutto il tempo si
vola bassi su certe tematiche davvero scabrose per venire incontro alla
morale bigotta d’oltreoceano, nonostante vogliano darcela a bere con la pupa
nuda coperta di vernice d’oro e una tipa che si chiama “passera a pioggia”.
Pussy Galore nel romanzo è dichiaratamente lesbica, qui la cosa è tenuta molto tra le righe (e la seduzione-lampo di Bond non aiuta).
Goldfinger sempre nel romanzo è un malato che uccide la gente
piantando loro un proiettile nell’occhio destro con la sua pistola d’oro,
ossessionato a tal punto dal prezioso metallo da possedere libri porno con
modelle d’oro e verniciare di questo colore persino le donne con cui fa sesso
per avere l’impressione di trombarselo, l’oro. Alla controparte del film al massimo puoi dare una stecca di cioccolata
e aspettarti che per riconoscenza canti uno yodel.
Paradossalmente risulta molto più efficace la parodia di Austin Powers,
in cui il cattivo veste le donne che lo circondano di questo colore e persino le luci usare
nella prima scena in cui compare la splendida Foxxy Cleopatra (Beyoncé) danno l’impressione
di trovarsi di fronte a una bellissima statua d’oro. Un uomo che ama a tal punto questo metallo
da averci immerso dentro le parti intime, da qui il nome Goldmember.
It's solid gold, baby He's got the Midas touch but he touched it too much |
Insomma, un film che
decisamente non mi ha lasciato estasiata come i precedenti capitoli e, per quel che mi riguarda al momento, il peggior film di Bond che il franchise abbia nel suo arsenale dal
punto di vista della storia e della caratterizzazione dei personaggi.
Il che non significa che sia
orrendo o da buttar via.
La musica ad esempio è talmente
bella da esser diventata iconica.
La fotografia spacca, i personaggi sono iconici, l'eleganza di Bond raggiunge forse il suo culmine ed essere così sopra le righe rende tutto maledettamente divertente: delizioso ad esempio il timer della bomba di Goldfinger che si ferma a 007 secondi dall'esplosione, la scena in cui Pussy Galore si presenta al pubblico e a Bond viene, giustamente, da
ridere, o quella in cui Bond cerca un po' di privacy nel bagno dell'aereo di Goldfinger tampinato duro dalla sgherra Mei-Lei.
A questo giro abbiamo non solo inglesi che interpretano donne americane ma addirittura una cinese interpretata dalla cinese Mai Ling, che curiosamente è anche nel cast del film Chiamami Bwana, citato nel precedente Dalla Russia con amore). A compensare la quota stranieri di etnie sbagliate che vengono doppiati a questo giro abbiamo il tedesco Gert Fröbe che deve spacciarsi per l'inglese Goldfinger
A questo giro abbiamo non solo inglesi che interpretano donne americane ma addirittura una cinese interpretata dalla cinese Mai Ling, che curiosamente è anche nel cast del film Chiamami Bwana, citato nel precedente Dalla Russia con amore). A compensare la quota stranieri di etnie sbagliate che vengono doppiati a questo giro abbiamo il tedesco Gert Fröbe che deve spacciarsi per l'inglese Goldfinger
Pussy Galore è una donna dal fascino straordinario: occhi azzurri, gambe chilometriche e personale di tutto rispetto, è anche una donna di una certa età per gli
standard del ruolo (38 anni, la supererà solo Monica Bellucci
in Spectre, che comunque non avrà nessuna liason con Bond e quindi non conta come Bond Girl). Pilota personale di Goldfinger ed esperta di
arti marziali, resiste finché può al pene magnetico di Bond.
Poi alla fine rincoglionisce pure lei.
La vediamo nelle ultime scene del film stretta al sedile di un aereo in caduta libera coi lacrimoni agli occhi ad aspettare che l’uomo la salvi. Cioè, dopo che James Bond ti ha irretita di prepotenza nella stalla almeno provaci a tenere in mano i comandi fino all'ultimo secondo o a prendere il paracadute, dai…
Anche Tilly Masterson (Tania Mallet) regala una performance breve ma intensa: tra lei e Bond ci sarebbe stata una bella interazione se non fosse morta come una povera stronza.
Poi alla fine rincoglionisce pure lei.
La vediamo nelle ultime scene del film stretta al sedile di un aereo in caduta libera coi lacrimoni agli occhi ad aspettare che l’uomo la salvi. Cioè, dopo che James Bond ti ha irretita di prepotenza nella stalla almeno provaci a tenere in mano i comandi fino all'ultimo secondo o a prendere il paracadute, dai…
Anche Tilly Masterson (Tania Mallet) regala una performance breve ma intensa: tra lei e Bond ci sarebbe stata una bella interazione se non fosse morta come una povera stronza.
*
In conclusione, come al solito mi trovo nella
spiacevole situazione di non concordare con la maggior parte della gente (sembra che lo faccia apposta ma giuro, non è così) che ritiene Goldfinger il migliore tra i lungometraggi dedicati alle avventure di James Bond.
Pur entrando a pieno titolo, e con buona ragione, nell'immaginario popolare e avere dalla sua avventura e ironia galore, non merita lo straordinario successo di pubblico e critica, con buona pace delle chiappe dorate di Shirley Easton.
Pur entrando a pieno titolo, e con buona ragione, nell'immaginario popolare e avere dalla sua avventura e ironia galore, non merita lo straordinario successo di pubblico e critica, con buona pace delle chiappe dorate di Shirley Easton.
Giudizio finale:
Avventura dedicata più al pene di James Bond che a James Bond... |
Progetto Bond, James Bond - Licenza di Recensire
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