lunedì 15 giugno 2020

[Recensione] CUORE OSCURO

Autore: Naomi Novik
Traduzione: M.Carozzi
Ed. italiana: Mondadori, copertina rigida, 432 pagine
Anno (Italia): 2017
Euro: 19,50

Capita raramente, ma capita, di ritrovarsi davanti a un libro scritto davvero bene da un’autrice, Naomi Novik, che ama il mondo che ha creato e i suoi personaggi, che resta ancorata al folklore dell’est Europa (la Novik è americana di nascita, ma di discendenza lituano-polacca ed ebraica quindi ha fatto i compiti) senza che chi non ha molta dimestichezza con le storie di quei luoghi  come la sottoscritta debba rompersi i coglioni su Wikipedia a ogni pagina (forse giusto il folklore legato alla strega Baba Jaga merita un approfondimento in più, ma l’ha sdoganata pure Lara Croft in un DLC quindi non credo che sia una figura così oscura in Occidente…); un romanzo in cui a farla da padrona è la favola dark vecchio stile che ci riporta col pensiero ai fratelli Grimm, ma che al tempo stesso sovverte qui e lì certi cliché del genere.
Capita che la storia sia complessa e intrigante.
Capita anche, però, che nonostante tutto questo non scatti la scintilla.

Qui si riesce a vedere l'esatto momento in cui il cuore di chi mi aveva consigliato il romanzo e di tutte le amanti del buon fantasy classico si spezza a metà

DUE RIGHE DI TRAMA (e qualche postilla):
Il romanzo segue le gesta di Agnieszka , la figlia di un taglialegna che vive nel villaggio di Dvernik, situato nel regno di Polnya, e visto che l’andazzo dei nomi è questo diamo per scontato che nel corso di questa recensione ne cannerò parecchi nonostante la buona volontà e la pagina di wikipedia del romanzo sotto al naso.
A Dvernik e nei villaggi limitrofi ogni 10 anni una ragazza di 17 anni nata in autunno viene scelta dal Drago, un potente mago che vive in una torre non troppo distante dal villaggio, per tenerla a servizio per l'appunto per una decade salvo poi lasciarla libera non solo senza che le sia stato torto un capello ma anche con un discreto conquibus: questo avviene in cambio della protezione offerta dal Drago contro il Bosco, che come da tradizione classica si tratta di un’entità primordiale, malevola, minacciosa e apparentemente inarrestabile che terrorizza l’intero regno, figurarsi un villaggio di contadini.

La vita garrula e spensierata di un abitante di Dvernik
Agnieszka è nata proprio in autunno, e compie 17 anni proprio l’anno in cui il Drago arriverà nel villaggio a scegliere la sua prossima coinquilina, ma nessuno si preoccupa del fatto che possa essere scelta dal signore della Torre visto che, e quando te sbagli, "A diciassette anni ero ancora una ragazzetta molto magra, con i piedi sproporzionati e i capelli castano sporco tutti arruffati, e il mio unico talento, se così lo si poteva definire, era il fatto che strappavo, macchiavo o perdevo nel giro di una giornata qualsiasi cosa mi mettessero addosso"

Tutti sanno che la prescelta sarà la sua amica Kasia, che è (*prendo fiato*) “BELLA INTELLIGENTE AFFASCINANTE SIMPATICA MODESTA TALENTUOSA EMPATICA SICURA DI SE’ ELEGANTE POLIEDRICA OBIETTIVA ATLETICA COMPRENSIVA PERSUASIVA GENTILDONNA AUTOCRITICA SOGNATRICE AMMIREVOLE E RISPETTOSA CON FAMIGLIA PERFETTA”. ©
Così ma con più tette e meno sguardo psicopatico
Sorpresa sorpresa, all’arrivo del Drago viene scelta Agnieszka, la perfetta Kasia se la prende in saccoccia come tutti i personaggi troppo perfetti per essere veri e la ragazza viene portata alla Torre senza nemmeno il tempo di dire addio ai suoi genitori o metabolizzare davvero il fatto che trascorrerà 10 anni con il Drago.

A questo punto necessitiamo di una piccola analisi della situa, che è molto meno banale di quanto l'abbia messa giù, il che ci porta subito a capire come questo libro sotto la scorza della favola classica in realtà cerchi di scrollarsi di dosso qualche cliché e dar vita a qualcosa di diverso e intrigante: abbiamo un drago che però non è un drago che tiene prigioniera una ragazza in una torre.
Tutto molto classico, persino Shrek perculava questo topos.
A differenza di quanto accadrebbe in una normale fiaba però la ragazza non ha alcun bisogno di essere salvata perché il Drago, come hanno confermato tutte le fanciulle che hanno preceduto la protagonista, e come vedrà la stessa Agnieszka fin dal suo arrivo alla Torre, non è crudele ma distante e terribile. Non minaccia queste ragazze, non le seduce forzatamente, a malapena interagisce con loro (ti insulta se ti vesti male, però, perché è Enzo Miccio con la passione per il piccolo chimico). Non manca però di incutere (e giustamente) una certa dose di timore e reverenza negli abitanti del villaggio, e la protagonista lo odia proprio visto che è vissuta con la certezza che le avrebbe portato via l'amata Kasia. 
Vedremo poi come lo odia, ci torneremo...

Comunque, ad Agnieszka basterebbe evitarlo e servirgli dei pasti decenti combinata come una persona civile, ma ovviamente non ci riesce perché, come abbiamo già visto nelle prime righe che la descrivono, è tonta e in più non è mai passato per l'anticamera del cervello a nessuno l'idea di poter essere scelta dal Drago quando c'era Kasia, quindi per tenerci svegli bisogna elencare la lunga sequela di vicissitudini di Agnieszka la tontolina
Non sa cucinare, si sporca in continuazione e il Drago, che scopriamo ben presto essere un tizio che vive con un pilone del ponte di Brooklin piantato nel buco del culo, non sa più dove mettere le sopracciglia: quando non le alza basito le aggrotta disgustato per ogni cosa che fa e ogni parola che dice questa ragazza, che tanto per cominciare manco ci voleva venire quindi hai poco da rompere i maroni. E visto che il Drago maltollera la sciatteria come prima cosa le insegna un incantesimo per mettersi in tiro e uno per non servirgli letame di vacca per pranzo, più altri piccoli incantesimi per fare le faccende quotidiane.
Incantesimi che le riescono male, portandola a fare altri danni.
Di nuovo, la cosa è un po’ più complessa e meno banale di come l’ho messa giù, ecco quindi una doverosa

Postilla sul sistema magico e la tonteria di Agnieszka: In Cuore Oscuro, si scopre nel corso di narrazione, non esiste un modo giusto e un modo sbagliato per praticare la magia, e le regole che valgono per un mago possono non valere per un altro, anche se nel corso dei secoli si è creata una sorta di consuetudine pilotata a livello centrale (verrà detto che a Corte si scremano i testi magici in base all'utilità): questo ha portato a formule e ritualità specifiche in cui una persona metodica come il Drago prospera.
Agnieszka invece, che scoprirà ben presto possedere attitudine magica (skill base se arrivi a 17 anni con il Bosco maledetto a due passi da casa), è sempre stata una ragazza più prona all’improvvisazione e al seguire l’istinto fin da quando si avventurava nel bosco in cerca di frutti o funghi per cena: nulla di tutto quello che cerca di insegnarle il Drago sembra giusto, le appare anzi forzato e sfibrante, e si ritrova incapace di ottenere risultati validi anche con gli incantesimi più semplici non perché sia deficiente ma perché:

1) Preferisce fare a mano le piccole incombenze quotidiane come cucinare, perché è un modo di ricordare casa sua
2) I vestiti che le fa mettere addosso il Drago le fanno cacare e sono soffocanti e scomodi, chiaro che ci inciampi e li sporchi se deve fare Cenerella col corsetto di stecche di balena e ottanta sottogonne di tulle
3) Oltre a non essere allenata, per lei quel modo di praticare incantesimi non va bene.

A comprendere questo, e a farla uscire un po’ dalla fase protagonista tonta, la aiuterà il diario di Baba Jaga, un antico testo conservato nella biblioteca del Drago che nessun mago prima di lei è mai riuscito a decifrare fino a quel momento (*sospiro*), perché composto non da formule precise ma da vaghe indicazioni, filastrocche, canzoni, parole da ripetere in un ordine casuale che però ad Agnieszka risultano molto più naturali di tutto quello che ha appreso fino a quel momento.
La magia del mondo di Cuore Oscuro può essere imbrigliata anche con formule precise e gesti rituali, ma il suo nucleo risiede in qualcosa di più primordiale che fa parte dell’essenza stessa del mago: non a caso due magie, come una melodia, possono entrare in sintonia per creare qualcosa di più complesso o al contrario indebolirsi a vicenda nel caso manchi l’armonia; un mago può strappare l’energia a un altro mago per usarla a proprio vantaggio, o produrre insieme qualcosa di esponenzialmente più potente.
Il cuore della magia, il suo nucleo primordiale (cose che gli uomini hanno dimenticato, ricordando solo le cose sbagliate come il rancore e la guerra, verrà detto a più riprese), risiede nella creazione della vita, nella compassione e nella concordia.
Anche se questo non significa che all’occorrenza Agnieszka non ti possa piallare come una pressa industriale, spaccare la terra con un incantesimo o reagire a un tentato stupro con una vassoiata nel muso. Un simpatico cambiamento rispetto alla classica scena in cui il tentato stupro serve solo come pretesto per far intervenire l'addominalato del cuore. A questo proposito una postilla: non sapremo mai nulla degli addominali scolpiti del Drago.


Mentre il Drago si trova lontano dalla Torre per occuparsi di una Chimera, una creatura corrotta uscita dal Bosco per seminare il panico tra i villici, ad Agnieszka giunge notizia che proprio al suo villaggio il Bosco ha sferrato un attacco, corrompendo gran parte delle vacche di Dvernik e già che aveva tempo qualche compaesano.
Un po’ modello esorcista e un po’ The Walking Dead.
Da brava protagonista che se le dici di star ferma in un posto dà retta, contravviene all’ordine di non lasciare la torre e riempitasi la bisaccia di pozioni a caso parte alla volta di casa, dove riesce a dar fuoco alle mandrie di un villaggio tutto sommato povero, far arrivare un branco di lupi incazzati, pietrificare un povero cristo, far ferire mortalmente il Drago (corso lì per salvarla) e non paga (dopo il suo ritorno alla Torre) a far rapire la Kasia dalle creature del Bosco. Agnieszka salva il Drago da morte certa grazie al diario di Baba Jaga (vedi sopra).


A questo punto le sarà permesso (di malavoglia) di imparare la magia che le è più congeniale e la fase tontolina sarà un poco poco superata, ma non la voglia di questo stronzo di rivolgersi a lei con carinerie sulla falsariga di "Quanto sei riuscita a renderti sciatta oggi?" e "Figlia di citrulli sventola-ascia". Non pago di ciò, Agnieszka ci fa sapere che "I miei successi lo infastidivano sempre, non per gelosia ma per principio: il fatto che le mie pratiche maldestre funzionassero davvero offendeva la sua concezione del giusto ordine delle cose e mi guardava male sia che stessi facendo bene sia che avessi commesso un errore evidente."
Non vedevo un terreno così fertile per l'amore dai tempi dell'happy ending tra Frollo ed Esmeralda...


Appreso della cattura di Kasia, e non essendoci verso di farle cambiare idea, Agnieszka e il Drago si recano nel bosco alla sua ricerca. 
La trovano ed è viva ma è come se fosse l’ombra di sé stessa, completamente avvinta dalla corruzione del Bosco. Agnieszka si rifiuta di considerare perduta una persona a cui vuole tanto bene senza lottare e il Drago le consente di portarla alla Torre, dove con la tenerezza del padre di Bambi che spiega al figlio che la madre non tornerà mai più spera che accontentandola si renda conto che non c’è speranza, gliela faccia ammazzare per porre fine alle sue sofferenze e la smetta di rompergli i coglioni e fare sempre di testa sua.
Ovviamente Kasia viene salvata grazie all’unione delle loro magie.

*Ammicco ammicco*
Altra piccola analisi della situa a questo punto: devo dire che all’inizio della lettura di questo libro (anche se ammetto che la mia personale antipatia per questo specifico tipo di personaggio travalica le motivazioni valide che può tirar fuori una brava autrice quale è la Novik per giustificarmi il fatto di essere tonta e specialissima) ho sbuffato non poco per il fatto che come al solito la ragazza che nella vita reale sarebbe stata preferibile sotto ogni punto di vista (Kasia) venga accantonata in favore della protagonista tonta e sciatta in cui le lettrici possono vedersi.
Vabbè, ‘fanculo
Comunque a questo punto, col salvataggio di Kasia, la ragazza diventerà parte integrante del racconto arrivando ad acquisire capacità che non ti aspetteresti dalla bella scartata di uno Young Adult (vale a dire che diventa una Wonder Woman di legno), e non è una mossa per nulla stronza, anzi, personalmente ho gradito parecchio questa svolta.
Così come ho gradito la presenza di Kasia in generale.
Innanzitutto perché è interessante e perfettamente integrato nell’andazzo generale che la protagonista non si lasci da parte in toto la vecchia vita nonostante la violenza con cui è stata strappata alla sua famiglia dal Drago ma che questa la segua, visto che tutto questo romanzo parla di mettere e togliere radici al punto che il nemico è un cazzo di agglomerato di alberi (in originale infatti il titolo è Uprooted, cioè Sradicato); in secondo luogo perché il salvataggio di Kasia ci permette di porre l’accento su una cosa che onestamente mi ha incuriosita dalle prime pagine e che è stato bello vedere nero su bianco perchè vuol dire che ci ha pensato anche l'autrice, ovvero: ma il fatto che Kasia sia stata preparata per 17 anni ad essere sradicata dal suo villaggio e a sognare più in grande dei confini del suo villaggio per poi ritrovarsi scartata come una vecchia pezzuola da bagno in favore dell’amica tontolina, non ha causato strascichi e rancori sopiti?
Spoiler: altrochè, e ci mancherebbe altro.

*

Si può considerare conclusa a in questo punto, col salvataggio di Kasia e il primo di molti "incantesimi interconnessi" dei due protagonisti, la prima parte di questo romanzo, che sembra costruito in tre atti come un’opera teatrale. Nella prima parte i due protagonisti (e Kasia) hanno interagito nel microcosmo del villaggio di Dvernik e nella Torre.

In questa seconda parte il mondo esterno fa capolino nel piccolo universo di Agnieszka, fino ad allora limitato al suo villaggio e allo spauracchio della Torre bianca, e le cose si fanno parecchio più complicate di quanto siano state finora (salvo poi tornare a richiudersi da dove erano cominciate nella terza).
La notizia del recupero e presunto salvataggio di Kasia infatti fa il giro del regno per l'ingenuità di Agnieszka, e questo non provoca alte grida di giubilo al pensiero di una giovane e leggiadra contadina liberata da male e di una speranza per il futuro della Polnya come si potrebbe pensare. 
Grazie Naomi Novik per non prendere mai la via più scontata e stronza.

Arrivano infatti alla torre il principe Marek (lo stupratore che si è preso una vassoiata in muso) e l'infoiatissimo mago di corte, il Falco, perché il Drago renda conto di quanto fatto e perché la sopravvissuta, sicuramente corrotta, sia sottoposta a giudizio e condannata a morte perché non diffonda il contagio del Bosco.
Oppure, aggiungono casualmente senza essere per nulla sgamabili (non per niente arrivano dalla Corte quindi, come vederemo, sono svegli), potrebbero essere più bendisposti a perorare la sua causa e ad aiutarli a distruggere il bosco se il Drago e Agnieszka si offrissero di accompagnarli assieme a un gruppo di soldati scelti all’interno del Bosco per recuperare la regina Hannah, madre di Marek e regina di Polnya, fuggita insieme a un principe della rivale Rosnya e scomparsa tra le fratte vent’anni prima.
Nulla può andare storto nel mandare trentaquattro stronzi in un bosco che da secoli terrorizza regni interi.
Tranne un massacro, inganni su inganni che fanno sprofondare sempre più la Polnya nel caos, morti, pestilenze, guerre, invidie e antichi rancori mentre il Drago e di Agnieszka ogni tanto limonano a caso, ma a questo punto stoppo la parte trama perchè altrimenti che cacchio dovreste leggerlo a fare e vi lascio con la curiosità di continuare da voi, assicurandovi colpi di scena, scene pruriginosette e una storia incredibilmente carina.
La Novik è brava, fidatevi.

Le impressioni che seguiranno sono decisamente spoilerine, quindi proseguite solo se non vi importa.
A chi è rimasto...



IMPRESSIONI SPARSE

Cuore Oscuro, o Uprooted che dir si voglia (e che forse è un titolo anche più sensato e meno young adult di quello scelto da Mondadori, ma vabbè, non è nemmeno così peregrino come la media dei titoli italiani fantasy e ha un suo senso) è stato un libro bello ma per nulla facile da affrontare e più volte mi sono ritrovata a stoppare la lettura o a rileggere più volte certi paragrafi per ritrovare il filo della narrazione. Questo non perché il libro fosse scritto male o ci fossero cose che a livello di trama non tornavano (direi più l'opposto, si vede che dietro c'è un lavoro certosino), ma:

1) E' un libro davvero pregno di avvenimenti, in cui a volte l’impressione è che tutto scorra più veloce di quanto dovrebbe e gli avvenimenti di botto si accalchino l'uno sull'altro. Logico in un volume fantasy monografico che non può fisicamente raccontarti la qualunque, non sto insinuando sia segno di sciatteria.

2) La traduzione pur non arrivando ai leggendari svarioni a cui ci ha abituato la Mondadori nella letteratura riservata ai fanciulli in certi punti è davvero pesante, inadeguata o comunque non suonava bene a più riprese.
Segnalo a questo proposito l'incomprensibile accusa di Sarkan il Drago nel momento in cui crede che Agnieszka sia una spia, e mentre l'afferra per il collo (sempre più dolci, fermateli o morirò di diabete) le dice: "La tua famiglia può anche credere di ricordarsi di te, ma non possiede tutte le cose della vita di un bambino. Un paio di guanti senza dita o un berretto consumato, una collezione di giocattoli rotti... A casa tua non li troverei, vero?"
Qualsiasi cosa volesse intendere era molto spaventosa.
E poco più avanti uno strano "il mio morbido consumato letnik" che non è che sia proprio uno scazzo di traduzione, ma l'ordine degli aggettivi mi suona male e pesante, tradotto nello stesso identico ordine del corrispettivo inglese.

Poi basta fermarsi un attimo per riprendere il filo del discorso, ma di base preferirei che le mie letture d’evasione non portino a far sembrare 432 pagine 800, specie se poi alla fine di questo capolavoro della traduzione tra le altre cose mi devo trovare una figlia di boscaioli che dà del tu a dei nobili o al suo maestro fin dal primo giorno perché si travisa totalmente il registro linguistico originale o il poliedrico YOU inglese. Mi confermano dalla regia che chi può, meglio che lo legga in inglese. 
Anche se con padre Ballo ho riso un'ora e mi sono tenuta sveglia perché l'ho immaginato non solo come un solerte bibliotecario reale, ma anche come il più grande ballerino del mondo:


E’ un libro che lascia molto spazio alla parte iniziale e non ingrana subito, ma non annoia un attimo: questo accade perchè non è che all’autrice piaccia parlare per due ore del boschetto e del villaggetto pieno di simpatici contadini che a differenza dei ricchi non hanno perso il contatto con la natura e le loro radici (anche se l’andazzo è quello: A Dvernik siamo tutti volemosebbene e anche se litighiamo poi facciamo pace e ci si aiuta, a corte sono ricchi e stronzi e si sparlano dietro e non ci sono veri amici. Oookay...), ma perché parlare del Bosco e di Dvernik ha un senso.
Serve parlarne a lungo perché sono il punto focale del racconto, ciò che per Agnieszka è casa, il luogo in cui ha messo radici. Ma quello che nella prima parte (e nell’ultima) è un punto di forza, vale a dire la voce narrante filtrata attraverso la protagonista che fa da tramite tra due mondi, quello del popolo del Bosco e quello umano, nella breve parte in cui il mondo di questa ragazza si allarga e la nostra neomaga viene sbattuta tra gli intrighi e le falsità e la corruzione della corte di Polnya questo risulta un limite e personalmente mi ha rotto non poco i maroni.
E quanto è integra Agnieszka, e quanto è pawah Agnieszka, e quanto accantona il buonsenso e l'istinto di sopravvivenza in nome di alti ideali Agnieszka. Ma anche no. Ora, parliamoci chiaro, la Novik dà delle motivazioni valide alla sua protagonista per non farla buttare a culo per aria di fronte al primo nobile che passa a chiedere aiuto:

1) Ha già interagito “da pari” (poi vedremo come) con il Drago
2) Ha scoperto una sua magia che le ha dato nuova consapevolezza
3) Ha già sperimentato sulla propria pelle il fatto che i regnanti sono dei porci egoisti o inutili pettegoli, che pensano esclusivamente al proprio interesse a scapito di quello del regno
4) E’ comunque diventata una maga di corte al suo arrivo a Polnya, quindi ha raggiunto uno status che le dovrebbe garantire da parte degli altri una certa dose di deferenza rispetto all’essere l’umile figlia di un taglialegna o la servetta del Drago
5) Ha questioni più importanti per la testa, c’è in gioco il destino dell’intero regno e forse dell’intera umanità e intorno a lei chi avrebbe il potere di fare qualcosa perde tempo in cazzate, come stuprare le serve di un mago di cui ti serve l’alleanza o trattare con condiscendenza una persona che con una parola può farti un mazzo così.

In soldoni, al posto di Agnieszka girerebbero le palle pure a me e anche io non sarei così prona a entrare negli intrighi di palazzo, però nel contesto mi risulta comunque una parte indigesta.

1) Partiamo dal presupposto che già l’interazione con il Drago non mi ha fatta impazzire, ma ci voglio tornare dopo: nonostante tu abbia scoperto che lui non ha intenzione di farti male fisicamente e che tu hai dei poteri magici e che quindi tu possa tecnicamente interagire da pari con lui hai comunque di fronte lo spauracchio del tuo villaggio, una figura quasi mitologica con cui nessuno interagisce mai e di cui si ha comunque timore perché preleva le vostre ragazze, vivete letteralmente nella paura che una delle vostre figlie, sorelle o amiche del cuore venga portata via.
Per quanto poi Agnieszka, una volta arrivata alla torre, venga rassicurata sul fatto che la realtà non è così spaventosa e che il Drago non è intenzionato a farle alcun male (fisico perlomeno), mi risulta veramente irritante e forzato che ben presto nulla di questo odio e questa paura le rimanga a livello perlomeno inconscio. Questa sensazione è acuita dal fatto che in italiano i due si danno del TU (vedi sopra, i problemi di traduzione). 
Parliamo comunque di una persona che non fa che insultarla e sminuirla, magari non la picchia ma è uno stronzo misantropo e abusante che la sbatte in giro laddove non la soffoca in vestiti di merda o la insulta.
E cosa meglio di questo potrebbe far nascere l’immancabile love story?
Poi però devo farmi andar bene che non se le tenga quando è una nobile scema di Polnya a trattarla con condiscendenza (scena inutile che non avrà assolutamente nessuna conseguenza), o getta sguardi torvi quando qualcuno osa chiamarla con un nomignolo (... ma hai 6 anni?), mentre quando a farlo è il penemunito del cuore scatta il sentimento.
Maaaaa... tutto ok?

2) Per lo stesso motivo, pur con tutte le motivazioni di cui sopra, mal tollero che una figlia di taglialegna che vive in un villaggio sperduto che pratica la magia da nemmeno un anno sbattuta in una corte reale in mezzo a persone di cui ha sentito narrare le gesta solo attraverso le canzoni dei bardi non le causino neppure un po’ di timore.
Non dico che debba andare in giro pallida e tremante a dire signorsì a chiunque le rivolga la parola (anche perché a inizio romanzo ha tirato un vassoio nel naso a un principe), ma un po’ meno di atteggiamento “so che dovrei perorare la mia causa ma sticazzi”, e un po’ più di diplomazia almeno all’inizio della sua permanenza non sarebbero guastati. Anche perché, ribadiamolo, c’erano in gioco cose un pelo più importanti dell'orgoglio personale, come la vita della tua amica, il tuo villaggio e il mondo intero. Ma fai la sassy ancora prima di scoprire quanto la corruzione sia endemica e quanto nessuno di quelle persone che ti circondano ha intenzione di alzare un dito per aiutarti, dai, non mi irrita per nulla…

Sono la definizione stessa di calma dignità e classe
Sul sistema magico nulla da dire: non è originale ma è intrigante e l’autrice ci tiene a descrivercelo bene, anche se sul fattore romance entra in gioco pure il modo in cui ha trattato la magia a crearmi qualche problema.
Personalmente ho molto apprezzato anche se non sempre mi ha tenuta sveglia il modo in cui spesso Agnieszka si ritrova a descrivere quello che prova e il modo in cui la magia agisce attraverso lei: sono sempre metafore e similitudini prese dalla natura, e i suoi incantesimi sono sempre melodie o filastrocche dell’infanzia, o comunque seguono un ritmo istintivo e naturale che può adattarsi o meno alla magia di un altro mago, a seconda della sintonia che prova.
Come a dire che il legame istintivo ma anche profondamente pragmatico (da brava contadina quale è) di Agnieszka con la natura e il Bosco, che esplorava sempre da bambina non è una cosa spuntata dal nulla, una velleità alata che la rende la prescelta specialissima dello YA medio, ma ha sempre fatto parte di lei in un modo o nell’altro.
Una finezza in mezzo a mille altre finezze.

Molto apprezzato anche il nemico, che in realtà non è un nemico quanto la natura umana, con cui la stessa Agnieszka dovrà fare i conti.
La Novik rende bene l’ambivalenza del Bosco, cosa che mi ha portato subito alla mente lavori moderni del calibro di Il segreto del Bosco Vecchio di Buzzati e Over the Garden Wall, oltre che le favole classiche: segue il leit-motiv vecchio quanto la letteratura del bosco considerato sia spauracchio, luogo oscuro in cui albergano pericoli senza nome e in cui si può smarrire (vedi Dante) o sparire senza lasciar traccia, che idillio ancestrale solo poi corrotto dall’uomo, e persino madre, dispensatrice generosa che dona a chi ha bisogno cibo e legna per costruire abitazioni e scaldarle d’inverno.
Il Bosco di Cuore Oscuro riprende la tradizione classica e favolistica di sorta di luogo di mezzo tra il mondo nostro e un mondo Altro, in cui si muore senza morire, in cui si trova la pace o un tormento senza fine, e in cui il sogno o il desiderio può farsi realtà. Un luogo selvaggio in cui non vi sono costruzioni artificiali (la stessa casetta di Agnieszka a fine romanzo sarà ricavata da un albero di quercia, non casuale la scelta di quest’albero) né buono né malvagio di cui la stessa protagonista è destinata a far parte: proprio Agnieszka infatti affermerà alla fine della storia di non voler ancora diventare un albero, legando in questo modo indissolubilmente il suo destino al Bosco nel momento in cui nella terza e ultima parte di questo romanzo tutto torna a chiudersi nel micromondo di Agnieszka, ed esplicitando in questo modo la natura intrinsecamente non malvagia (ma ancora lungi dall’essere davvero purificato) di questo luogo.
Il bosco della Novik recupera inoltre una componente mistica legata a diverse tradizioni antiche tra cui la celtica, germanica, romana e greca (si pensi ad esempio alla foresta di Dodona in Epiro, consacrata anticamente a un culto della Dea Madre e poi a Dione, forma femminile di Zeus – e quando te sbagli coi greci a trasformare tutto in una sagra della salsiccia?), in cui l’albero (di cui il bosco è gremito), nello specifico l’Albero Fulcro, si fa centro di vita e di morte, e in cui come tra tradizione fiabesca il viandante con la giusta predisposizione d’animo che si ritrovi a uscirne si ritrova mutato, spesso in meglio.
Si pensi ad Hansel e Gretel, A Wirt del succitato Over the Garden Wall, o nel caso di questo libro a Kasia che deve letteralmente uscire dal Bosco che ha dentro per eliminare la corruzione, o ad Agnieszka e al Drago durante la loro ultima “battaglia” contro la Regina del Bosco.

Sul fronte personaggi secondari c’è poco da dire: la Novik scrive una fiaba e nelle fiabe i personaggi secondari non brillano per introspezione psicologica. Se non si rompono i maroni a Tolkien per non aver approfondito i suoi personaggi all’interno di un racconto che voleva attingere a piene mani all’epica non vedo perché dovrei criticare la scelta della Novik di non rendere particolarmente memorabili personaggi della risma di Marek, del Falco o di Kasia.
Dispiace visto le capacità dell'autrice che certi siano proprio tagliati con l’accetta e che quindi il principe corrotto debba stuprare (o tentare di) le serve a caso o che il mago di corte cerchi di contrarre unioni di convenienza con chiunque gli capiti a tiro, ma nel contesto non è una cosa che vedo come negativa, nel senso che non va a influenzare il voto finale.
Questa è una precisa scelta della Novik, non un difetto.

Se vogliamo invece parlare di una cosa negativa che mi ha fatto non solo cadere i maroni ma incazzare come una biscia, ci siamo tenuti il meglio per ultimo e tiriamo fuori finalmente il benedetto Romance. Poteva mancare il Romance in un libro scritto da una donna? Poteva una protagonista specialissima e tontolina non innamorarsi perdutamente di un magico coglione incel che lei cambierà con la forza dell’ammore (*sospiro 2*), ma non troppo, che per tutto il tempo la tratta con un paternalismo insopportabile (forte della sua età e del suo essere un palo in culo) le dà della stupida, le riserva solo rimbrotti, brontola, sbuffa, critica il suo modo di vestire al punto da forzarla in corsetti soffocanti e a una certa le dà pure della faccia da cavallo?

Agnieszka la prende bene...
Ora, intendiamoci, ci tengo a fare una premessa doverosa: l’idea che si ha alla fine della lettura di questo libro è che l’autrice stesse benissimo anche senza ficcarcela dentro la storia d’amore tra Agnieszka e il Drago e che la cosa sia stata imposta a livello di casa editrice che contava di vendere di più, perché a conti fatti si vede che è appiccicata lì con lo scotch e non serve assolutamente a nulla: ogni tanto spunta fuori una scena-limone tra i due o una trombata a caso seguita da pagine e pagine in cui a malapena i due si parlano, e tutto dovrebbe essere giustificato dal fatto che viene a crearsi tra le loro magie un’unione mistica specialissima.
Però visto che ce l’ha messa io la giudico nel contesto, e nel contesto dico che la Romance in Cuore Oscuro è una porcata da Young Adult: senza, il romanzo ne avrebbe grandemente giovato.

Il fatto di scrivere bene non rende l’interazione tra Agnieszka e il Drago portata avanti dalla Novik meno tossica, e se posso capire che una persona possa cambiare ed eventualmente migliorare grazie all’amore senza snaturare se stessa (ci si fosse limitati alla sola scena finale in cui il Draco nonostante resti cupo e cacacazzi si forza a prender parte alla vita del villaggio per vedere Agnieszka sarebbe stata tutta un’altra cosa e personalmente lo avrei apprezzato molto) posso capire meno il fatto che sia lei a cominciare a provare qualcosa per lui prima di vedere un gesto non dico educato ma perlomeno rispettoso nei suoi confronti. Al di là degli insulti, dello sminuirla in continuazione per non essere all’altezza di certi standard estetici, del fatto che i loro interludi “romantici” siano sempre fatti sull’orlo di un vaffanculo, c’è una cosa che in particolare mi ha triggerata male, nel contesto, vale a dire la scena in cui il Drago forza Agnieszka a pronunciare un incantesimo per vestirsi bene lasciandola priva di forze e non pago la insulta perché non le riesce nemmeno un incantesimo semplice.
Ora, detta così è una scena normalissima, un maestro severo che pretende molto da un’allieva che non ha ancora tirato fuori il suo potenziale, e senza il romance l'avrei presa come tale, ma mettiamoci in mezzo il fatto che in lei nasca dopo poche settimane una connessione romantica intensa, ricordiamoci del legame intimo e profondo di un mago con la sua forza magica e soprattutto del potere fortemente istintivo, intimo e primordiale che la protagonista arriverà a padroneggiare. Nel contesto specifico del romanzo quella che pratica il Drago su di lei è una vera e propria violenza intima, e sappiamo tutti che una violenza non deve per forza prevedere introdursi in camera di qualcuno di soppiatto e calarsi le mutande. E creare insieme un cespuglietto di rose qualche pagina più tardi non lo rende romantico o accettabile.


Di nuovo:  avrei compreso e apprezzato molto che il Drago fosse cambiato dopo averne passate tante assieme a lei, che poi fosse nato qualcosa tra loro a seguito del suo gesto di scuse e buona volontà di recarsi a Dvernik per vedere una Agniezska ormai donna e strega matura con cui interagire alla pari nonostante non sia un fanatico della vita sociale. Che lei accetti abusi e insulti e se lo limoni da subito fa schifo.

2) E’ onestamente seccante e avete rotto il cazzo che per l’ennesima volta si  identifichi la profonda e intima connessione con un altro essere umano con l'amore romantico.
Nel libro si capisce chiaramente che Agnieszka non ha bisogno di essere innamorata di qualcuno per produrre magia in sintonia con qualcun’alto, che la Verità è un incantesimo che ha bisogno di due persone in sintonia e non di due persone innamorate: addirittura afferma di potersi forzare ad adeguarsi alla magia altrui in caso di bisogno, anche se sarebbe più difficile e meno efficace, tuttavia potrebbe, e il relegare il legame magico più forte che riesce ad allacciare Agnieszka con la cotta per il master sadomaso della torre è svilente da morire e stona come un peto in chiesa in un romanzo che in soldoni vuole porre l’accento su una magia molto più antica addirittura della nascita del regno di Polnya, figurarsi della loro storiellina d’amore. Poi considerando come sono andate tutte le altre storie d’amore del romanzo, io non mi adagerei sugli allori, protagonisti…
Seriamente, sarebbe stato molto più interessante, originale e complesso veder mettere in pratica questa cosa senza bisogno di limoni a caso, e magari veder nascere solo dopo l’amore (se proprio la casa editrice ci teneva), dal rispetto reciproco e dopo un percorso di maturazione (e rinascita) da parte di entrambi all’uscita del Bosco.
A quel punto anche la questione al punto 1 poteva risultarsi cancellata.
Non solo il Bosco ma anche mettere i paletti a un’autrice per motivi stupidi qual è il ficcare romance a martellate perché i libri scritti da donne devono essere romanticucci, produce mostri.

*

In conclusione, che dire di Cuore Oscuro di Naomi Novik?
Al di là delle mie critiche feroci sulla parte romance, al di là di quelle che sono mie antipatie personali per il protagonista Chosen one, si tratta di una ventata di aria fresca nel panorama fantasy, che riesce a unire bene tradizione e folklore dell’est Europa a un qualcosa di più moderno e occidentalizzato, e penso che Mondadori avrebbe dovuto trattare con più rispetto e amore questo volume, invece di far pagare la bellezza di 20 euro (un deterrente non da poco visto che in Italia la Novik se la cacano in 3) una cosa tradotta in modo assolutamente non efficace e con tanto di riferimento a Cassandra Clare, autrice che c'entra con la Novik come Fusaro c'entra con la filosofia, in copertina. 
Sbagliata la traduzione che ha aggiunto pesantezza a un testo altrimenti scorrevole e creato dei pastrocchi a livello di costruzione caratteriale, sbagliato il titolo che rimanda più a un Harmony che a una favola dell'Est Europa, sbagliato il target di riferimento se si è voluto puntare alle fan della Clare.

La Novik ha uno stile veramente impeccabile e nulla nella trama e nella costruzione dei protagonisti è lasciato al caso, per questo mi saltano tanto i nervi quando qui e lì vedo delle evidenti forzature richieste dalla casa editrice americana per vendere più libri perché si ha ancora la mentalità vecchia e stronza secondo cui i libri scritte dalle donne sono scritti per le donne, e alle donne interessa solo la componente love-love.
La parte più interessante del romanzo riguarda il Bosco.
E il viaggio di Agnieszka al suo interno, che è prima di tutto un viaggio all'interno di sè stessa, per rinascere (senza bisogno di correre dietro al maschio), acquisire consapevolezza di sé e trovare il suo posto nel mondo, che non è il piccolo villaggio ai confini del Bosco, ma nemmeno una torre in cui rinchiudersi senza mai mettere radici come Sarkan il Drago o un paese lontano da cui non fare più ritorno come Kasia
Il destino di Agnieszka é, alla fine, restare nel bosco.
E in tutto questo ancora una volta il romance non c'entra un piffero.

Giudizio finale:
Le case editrici sono il male in terra

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