Autore: Rick Riordan
Traduzione: L. Melosi, L. Baldinucci
Ed. italiana: Mondadori, copertina flessibile,
444 pagine
Anno (Italia): 2018
Euro: 13,00
Innanzitutto un dubbio si
insinua nella mia mente: ma se il titolo originale è The Ship of The Dead, se
per tutto il romanzo, anche nella traduzione italiana, questa Naglfar viene definita una nave dei
morti, fatta con le unghie dei morti, con un equipaggio composto in larga parte
da (non)morti, perché il titolo italiano diventa “La nave degli scomparsi?” E’ una manovra alla Mediaset per
proteggere i nostri teneri virgulti dai mali del mondo incarnati dalla parola con
la M? Sto rivivendo gli episodi di Detective Conan che guardavo da bambina,
quando di fronte a un tizio brutalmente assassinato si affermava seraficamente
che la vittima era stata “eliminata”?
Ma lasciando da parte l’arida
semantica e le discutibili scelte di Mondadori, passiamo a parlare delle mie
impressioni alla fine di questa trilogia dedicata a Magnus Chase che come al
solito vanno controcorrente. In un mare di recensioni entusiastiche arrivo io a fare la
guastafeste, perché essere sempre la bastian contraria è un lavoro duro ma
qualcuno deve pur farlo. Voglio comunque cercare di essere severa ma giusta.
Nei limiti, visto che son mie impressioni personali…
*
Loki è libero, il Ragnarok si appropinqua.
Manca solo da completare la
nave Naglfar, attraccata al confine
tra Helheim e Jotunheim, stiparla di giganti e nonmorti, aspettare qualche mese
affinché i ghiacci si sciolgano quel tanto che basta da lasciare il punto di
attracco e poi viaaa, verso l’inevitabile distruzione del mondo.
Magnus, che ha ricevuto in dono
dal padre una barca giallo acceso ribattezzata in maniera per nulla ambigua Big
banana (e vi ponete il problema di scrivere “nave dei morti” - o “nave
dei trapassati”, che suona meglio - nel titolo?), deve aspettare che a nord i
ghiacci comincino a sciogliersi se vuole sperare di raggiungerlo e
sconfiggerlo, e nel frattempo decide di chiedere aiuto a una persona che
l’acqua la domina, vale a dire (come avevamo già capito alla scorsa recensione grazie al nostro intuito da detective) Percy.
Percy vuole insegnargli a entrare in sintonia con l’acqua tuffandosi di testa
dal pennone di una nave tenendo strette
le chiappe (sic!).
Magnus si ammazza malissimo e
si umilia a ripetizione.
Percy, che è intelligente come lo ricordavo, arriva alla conclusione
che forse è perché Magnus non è figlio di un dio dell’acqua. Sempre perché Percy è sveglio,
e lo amiamo proprio per questo, dopo aver fatto scraniare male il cugino della
sua bella arriva alla seguente rivelazione: “Ho provato a
insegnarti come comportarti in mare. Ma quello che conta di più è usare
qualunque cosa tu abbia a portata di mano: la tua squadra, il tuo ingegno, gli
oggetti magici del nemico.”
“Ed
è una cosa impossibile da pianificare.”
“Esatto!”,
confermò Percy. “Il mio lavoro qui è finito!”
"Ma tu non hai fatto niente..." "Non l'ho fatto, Magnus? Non l'ho fatto? ... Ehi, aspetta un momento, non l'ho fatto!" |
Evocando lo spirito del
succitato Milord, una volta dato vita a questo siparietto inutile ma divertente
(lo ammetto, l’ho adorato, Percy mi fa sempre morire dal ridere) il nostro
figlio di Poseidone e Annabeth piroettano leggiadramente fuori dalla
storia, nonostante potrebbero essere discretamente utili visti l’intelligenza
di lei e il talento per le robe marine di lui che le Big banana le mangia a colazione (ma pare che esista un principio
di non ingerenza tra le divinità dei
diversi pantheon, e nonostante nella stessa famiglia possano convivere una
figlia di Atena e un figlio di Freyr diamogliela comunque buona). Spariranno fino
a dopo l’inevitabile lieto fine, momento in cui compariranno per pubblicizzare
il terzo libro di Riordan della saga di Apollo con l’ultimo ennesimo momento di
suspense inutile.
Annabeth: “Percy sta male, non può venire al telefono!”
Magnus (tra sé e sé): “Mhm, sembra che Annabeth abbia pianto.”
Fan: “Oooooh, Riordan, vecchio diavolo talentuoso, l’hai fatto di
nuovo! Tieni, prendi i miei soldi, il mio cane, e se ancora non ti basta il mio primogenito.”
Non siamo nemmeno a pagina 30,
abbiamo appena appurato quale sia la missione di Magnus e della sua gang del
Valhalla, e già mi domando:
1) Perché Magnus deve
seguire Loki via Mare?
Nel libro a onor del vero viene spiegato da Samirah che ci sono certi luoghi che si possono raggiungere
solo via mare, come Helheim: ci sono proprio dei passaggi marini che
conducono lì, e fino a lì capisco, devi attraversare quelle
porte via mare.
Ma nel momento in cui sai in
che punto del mare si trova questo passaggio perché hai la necessità di farti tutta
la traversata via mare, visto che nessuno di voi imbecilli è figlio di una divinità marina e avete addirittura una valchiria che sa
pilotare gli aerei?
- Avete una nave che si può trasformare in fazzoletto.
- State lavorando per conto di dei che possono quasi letteralmente cagare
oro.
- Avete una pletora di divinità
marine incazzate che potrebbero rovesciare la vostra Big Banana con una manata
(ok, Magnus è imparentato con Njord, ma anche se offrirà loro protezione non sembra molto affidabile visto che lui è la divinità che si occupa solo di
parte delle attività legate all’oceano, quelle pacifiche e benefiche).
- Loki si sa dov’è attraccato: non sta navigando senza meta in punti
non precisati dell’oceano come faceva Luke a bordo della Princess Andromeda,
cosa che rendeva necessario il viaggio per mare insieme al fatto che Percy non
potesse fisicamente viaggiare per aria anche se era più veloce, pena un fulmine
nel culo da parte di Zeus che mal tollera invasioni di campo.
Affittatevi un idrovolante
(tanto se lo sfondate pagate la caparra in oro rosso), fatelo pilotare
a Samirah, arrivate abbastanza vicini al passaggio succitato, tirate fuori il
fazzoletto-nave, saltate a bordo della Big Banana e via, verso nuove
mirabolanti avventure.
No? No, poi il viaggio
durava troppo poco e Riordan non poteva costruire il suo solito GDR in cui
Tizio deve arrivare al punto B, affrontare la prova X, passare al punto C,
incontrare una difficoltà Y, deviare per il punto D e trovare l’oggetto
salcazzo, e dopo tutta una serie di mirabolanti imprese arrivare finalmente al
punto Z, dove nel frattempo in un mondo normale sorretto dalla logica Loki
avrebbe avuto il tempo di scatenare il Ragnarok e tostarsi a mano i chicci di
caffè per la colazione.
Succede di dover allungare la
broda, quando non sai gestire un personaggio che non combatte.
2) Perché Loki è così
smanioso di dare il via al Ragnarok?
Nei primi due libri potevi
pensare che lo scopo di Loki fosse sostanzialmente quello di liberarsi da un supplizio intollerabile, e che
una volta liberato si sarebbero scatenate automaticamente tutta una serie di
condizioni alla fine delle quali, come profetizzato, si sarebbe arrivati al Ragnarok.
Era logico che un “poveraccio”
legato per secoli a una roccia con del veleno corrosivo che gli colava in faccia volesse
tirare un sospiro di sollievo, anche se questo significava scatenare
un’apocalisse che sarebbe terminata con la sua morte per mano di Heimdall, il
dio dei selfie.
Invece no.
Loki si libera,
potrebbe farsi i fatti suoi e continuare a fare scherzoni ma
decide comunque di dar vita a un avvenimento che, profezia alla mano,
inevitabilmente lo ucciderà. Come Dio degli inganni e delle astute menzogne si
sta rivelando sempre meno credibile.
3) A cosa serve la presenza
di Percy al di là del mero fanservice?
Perché anche solo per un
secondo si è convinti che il figlio del dio dell’estate e dell’abbondanza possa
in qualche modo tuffasi di testa dal pennone di una nave, e che pure se ci
riuscisse gli servirebbe a qualcosa nel corso della missione che si sta
accingendo a compiere?
Conta di fare la vedetta del
Big Banana?
4) Perché nessun dio
norreno li aiuta a parte il padre e, limitatamente, il nonno di Magnus?
Magnus e la sua gang stanno
agendo per conto degli dei norreni, che non vogliono che il Ragnarok arrivi
prima del tempo.
Nello specifico, Odino sembra
molto convinto della cosa.
Di contro, Freyr sembrava
essere più del partito “se una cosa deve
arrivare arriva, inutile combatterla”…
Se mandi un gruppo di eroi
alla ventura in una missione ufficiale per la salvezza del mondo
(ricordiamo che è dal primo libro che ci dicono che senza un “permesso
ufficiale” o una “profezia” gli Einerjar non possono schiodare dal Valhalla, anche se poi sembra che questo posto abbia le porte girevoli nel pratico) il
minimo sindacale sarebbe ricevere aiuto e assistenza dalle persone che ti ci mandano in loro vece.
In Percy Jackson questo,
nei limiti, accadeva: tra le divinità greche c’erano
faide interne, ma chi era dalla parte di Percy faceva di tutto per fornirgli
aiuto in corso di missione.
Qui al limite non li si
ammazza.
O si festeggia con un
banchetto a cose fatte. Ma andiamo avanti.
Non solo gli dei sembrano
essere completamente disinteressati a dare sostegno fisico ai loro eroi in una
faccenda che riguarda più loro che gli Einerjar volendo fare i pignoli (e no,
che Magnus lo stia facendo per Annabeth, Percy e la sua nuova sorellina, gente
vista per 10 pagine a dir tanto, non mi convince del contrario), ma addirittura gli indizi se
li devono cercare loro da soli. Sarà a casa del defunto zio Randolph infatti
che Magnus e Alex troveranno delle note in cui compare una fantomatica Cote di Bolverk.
E il motivo per cui quella che
nel secondo libro era una pietra per affilare, quella che accompagnava la spada
Skofnung, qui improvvisamente diventi una cote
rimarrà nel cervello di chi ha tradotto. Ma ho imparato una parola nuova, il
che è sempre positivo.
Dopo aver raggiunto il
Valhalla e radunata la sua squadra-Benetton (Mallory Keen, Halfborn Gunderson, Thomas Jefferson Jr., la nostra
sempre più esotica Samirah al-Abbas
in pieno digiuno da Ramadan che si fa addirittura accompagnare al molo da Amir
a cui ancora non è maritata, la sporcacciona, e Alex… Mancano Blitzen e
Hearth ma non per molto, non temete) e approntata la Big Banana i nostri eroi partono alla volta dell’oceano per farsi
catturare tipo 30 secondi dopo da una famiglia di giganti marini, le figlie di Aegir (marito della rincoglionita Ran
pescatrice di rifiuti che abbiamo già avuto modo di conoscere nel primo
capitolo della saga).
Lì trovano Blitzen e Hearth,
precedentemente catturati.
Pensando di essere scaltri e
non essere stati riconosciuti (cosa vera ma per poco) si appellano al diritto
di ospitalità e siedono alla tavola di Aegir, dove apprendono (sempre
casualmente, ci fosse uno stronzo che dà loro un indicazione, sembra Harry
Potter che cerca gli Horcrux nel settimo libro della saga) che il padrone di casa nutre
un profondo risentimento nei confronti di Loki, che in passato lo ha umiliato
in una gara di insulti: di questo si parla nella Lokasenna, o Disputa di Loki, un poema dell’Edda poetica dove
Aegir è l’ospite di un convivio in cui Loki insulta tutti finchè agli altri non
gira il cazzo e non lo destinano alla punizione che ben conosciamo. Per aver
salva la vita Magnus promette di vendicare anche il suo onore sfidando e
battendo Loki in una gara di insulti, ed è subito 8 Miles.
Per avere una qualche
possibilità contro quello che dovrebbe essere il dio dalla parlata melliflua e letale però, come gli dirà
il nonno Njord che lo salva dall’ira delle figlie di Aegir, è prima necessario
recuperare il magico Idromele di Kvasir,
che serve a BOH. Tecnicamente a rendere poeta chiunque lo beva, ma che minchia
se ne dovrebbe fare un semidio figlio dell’estate in una gara di insulti lo sa
solo l’autore.
A questo punto la gang si
separa: Blitz e Heart vanno in cerca della Cote di Bolverk, Magnus e gli altri
si recano a York, che si poteva
anche raggiungere in aereo e treno risparmiando una serie di complicazioni
inutili ma lasciamo stare.
Qui abbiamo l’occasione di saperne
di più sulla squadra Benetton e l’impressione è come al solito quella di un
autore che magari ci tiene pure tanto e sinceramente ad essere inclusivo, ma il
risultato è stronzo e superficiale:
- L’irlandese Mallory, veniamo a sapere, è morta nel
corso del Bloody Friday del 1972,
giorno in cui a Belfast l’IRA (Irish Republican Army, di cui nel libro non si
farà mai esplicitamente cenno ma voglio dire, non è che Riordan sia esattamente
sottile) ha fatto esplodere una ventina di congegni esplosivi nel giro di
mezz’ora, provocando la morte di 9 persone e 130 feriti.
Loki al tempo, ci racconterà
la stessa Mallory, ha insinuato nella mente sua e dei suoi compagni che sarebbe
stato fico mettere delle cariche esplosive su uno scuolabus (convincendoli che
a bordo ci sarebbero stati dei soldati e non dei bambini) e che poi, fingendosi
una vecchia, le avrebbe consegnato due pugnali e convinta a salire sullo
scuolabus a disinnescare l’ordigno.
Quindi:
▶ Tutta la complessa concatenazione di eventi economici e
politici che hanno insanguinato Irlanda e Inghilterra per trent’anni si riduce
a Loki mi fa fare le cose cattive perché altrimenti vorrebbe dire che Mallory è pazza,
con buona pace del Magnus che dovrebbe essere empatico, non vedere tutto bianco
o nero ed è così sensibile che per difendere i diritti degli emarginati non
binary usava l’espressione non eteronormativo.
▶ Il fatto che, come poi si scoprirà, la megera non è
affatto Loki come credeva Mallory ma Frigg,
la moglie di Odino e sua madre divina, dovrebbe essere una gran sorpresa per
noi che leggiamo. Perché giustamente questo Loki è già così scemo che non
sembra per nulla strano che prima spinga una semidea a fare una strage di
minori e poi le consenta di avere una morte onorevole per diventare una
Einerji, donandole pure delle armi straordinarie.
Ok, girl…
- Halfborn, scopriremo non appena
arriveranno dalle parti della Norvegia, è morto nei pressi di Jorvik, e ci
regala un momento inizialmente di collera e vergogna e alla fine di virile commozione nel ritrovarsi a casa. Poco incisiva, sembra una cosa messa lì giusto perché
Riordan non sapeva cosa inventarsi riguardo a un Berserker.
- Thomas Jefferson Jr., il nostro figlio di Tyr e veterano della
guerra civile dalla pelle scura, ci rivelerà di essere stato ucciso durante
l’assalto a Fort Wagner in South
Carolina nel 1863. Non è una battaglia casuale quella citata da Riordan dal
momento che nella seconda battaglia di Fort Wagner a guidare l’attacco dal lato
dell’Unione c’era il corpo di fanteria volontario del 54esimo Massachussets,
composto unicamente da soldati di colore.
La storia in breve.
Un soldato confederato,
Jeffrey Toussaint, sfida TJ a un combattimento corpo a corpo. Essendo
un figlio di Tyr non può rifiutare una sfida così diretta, quindi accetta. TJ
riesce a uccidere Toussaint ma altri soldati confederati lo crivellano di
colpi.
TJ e Toussard si guadagnano
entrambi il Valhalla con una morte onorevole, e qui continuano ad ammazzarsi un
giorno sì e l’altro pure per circa 50 anni, salvo poi stufarsi (in realtà è la
morale dell’intera saga. Coerentemente, TJ ha lasciato perdere la vendetta e
l’odio, si è lasciato alle spalle il passato ed è diventato una persona
migliore)… Onestamente fatico a capire perché TJ si sia guadagnato il Valhalla
dal momento che è il suo sangue divino ad averlo praticamente obbligato ad
accettare quella sfida e non un atto di
coraggio disinteressato e spontaneo.
Cosa che Samirah dice a Magnus
al loro primo incontro.
A questo giro poi TJ
rappresenta poi quello che ti rompe talmente i coglioni su quanto la schiavitù
sia sbagliata senza se e senza ma dall’alto del suo essere un ricco e bianco
romanziere americano un coraggioso soldato di colore che ha lottato per gli
ideali di Lincoln (vabbè…) da farti rimpiangere seriamente Via col Vento.
Perché passi che Riordan ti voglia insegnare che la schiavitù è brutta (grazie
per questa preziosa lezione, a proposito), così come ci sta che TJ sia per
ovvie ragioni sensibile all’argomento, ma sentirlo rompere i coglioni perché
Mallory ha fatto uccidere tra loro un gruppo di giganti schiavi di un gigante, nemici che avevano promesso loro di ucciderli anche
una volta liberati è una cosa talmente stronza che non si può sentire.
E Mallory gli dà pure corda
invece di mandarlo a cagare.
Ma fossero stati giganti
liberi o confederati quindi secondo TJ potevano morire?
In tutto questo Samirah tiene banco sul Ramadan e
l’ateo Magnus non può far altro che invidiare la sua fede, ancora una volta.
Un va a cagare molto ateo a te, Riordan.
All’inizio del loro viaggio
infatti ci tengono a farci sapere che Amir e Samirah stanno digiunando da due
settimane per via del Ramadan, periodo in cui tra le altre cose si mangia solo
nelle ore in cui il sole non solca il cielo, non si pratica violenza (utile,
dovendo andare a combattere contro Loki) e a detta di Amir manco ci si lava.
Cosa che non mi risulta.
Non sono questa gran
conoscitrice del mondo musulmano ma penso di ricordare che non ci sia alcun
divieto di lavarsi durante il Ramadan: anzi, il musulmano è tenuto a rigide
norme igieniche giornaliere che lo purifichino prima delle preghiere, e nel
mese più santo dell’anno mi
parrebbe decisamente strano, per non dire stupido, vietare al fedele di lavarsi.
Mi risulta anche che sia
consentito farsi il bagno al mare, purchè pudicamente…
Essendo Samirah una brava ragazza musulmana
(espressione che tornerà in maniera fastidiosamente ricorrente all’interno
della saga, come se ci fossero cattive ragazze musulmane che non si sposano a
18 anni precisi col filarino combinato, abbracciano gli amici se ne hanno voglia e scoprono i capelli)
rifiuta anche di interrompere il digiuno nonostante, lo dice lo stesso Amir,
sia concesso in caso di forza maggiore, e a questa atea schifosa che sono io
pare che la salvezza del mondo sia un motivo abbastanza valido per restare in
salute e riempire la pancia quando ce n’è bisogno.
Per cui ce la pupperemo per
tutto il tempo debole per la fame durante allenamenti fisici (?) massacranti per ribellarsi alla volontà di Loki che al
momento opportuno, proprio come quelli di Percy, servirano a ‘sta sega visto che basta l'ok di Allah, e poi la becchiamo a mangiare i datteri secchi dopo il tramonto con la stessa compostezza di Meg
Ryan in Harry ti presento Sally.
A questo punto arrivano
Blitz e Hearth a interrompere questa sequenza di eventi al cardiopalma:
hanno trovato la Cote di Bolverk, si trova nel mondo degli elfi ma hanno
bisogno che Magnus li segua perché ci sarà bisogno del suo aiuto e di quello di Jack per permettere
a Hearth di concludere la parabola con suo padre e recuperare la Cote dal
signor Alderman che ora si è trasformato nel…
MOMENTO SUSPENCE A CASO
Come al solito, non voglio imboccarvi la soluzione ma vi aiuterò a risolvere questo nuovo insondabile mistero con l'aiuto di qualche immagine e un paio di indizi.
Pronti? Via!
Abbiamo un anello maledetto... |
... che nel libro precedente aveva corrotto l'anima di un avido accumulatore di ricchezze... |
... la cui magione ora è in rovina, bruciata fino alle fondamenta. |
I nostri amici devono recarsi in una tana poco distante scavata nella roccia... |
... da cui provengono un gran calore umido e una ributtante puzza di rane morte... |
... e in cui l'avido accumulatore di tesori misterioso di cui sopra ha portato tutto il suo oro e i suoi cimeli antichi, tra cui la Cote. |
Carramba che sorpresa!
Il signor Alderman è diventato un
drago.
Un drago che parla a se stesso
in terza persona come Gollum.
E per dircelo Riordan ci ha solo
martellato lo scroto per due capitoli.
Nota doverosa:
Sto insistendo su tutta questa
inutile suspense a ‘sto giro perché per la voglia di fare il misterioso sul
niente e far sparare a Magnus e a Jack un altro paio di battute orribili delle loro, Riordan manda completamente in vacca una scena
che trattata con maggior dignità sarebbe stata veramente commovente, vale a
dire la conclusione della parabola narrativa di Hearthstone.
Hearthstone che è costretto a
uccidere suo padre. Che deve fare i conti col
senso di colpa che prova per aver fatto morire il fratello Andiron, che proprio come Magnus deve lasciarsi alle spalle
il passato e recuperare la runa othala
(l’erede) perché la sua magia sia completa e al massimo della potenza.
Lo ammetto, questa parte mi ha
particolarmente toccata, e per questo mi dà tanto ai nervi che l’autore abbia
sentito il bisogno di ficcarci nel mezzo i
soliti intermezzi stronzi, tra cui Magnus che mentre sta cucinando il cuore
del drago perché Hearthstone lo mangi e purifichi l’anima del defunto se lo fa
scivolare nel fuoco e si lecca sovrappensiero il grasso che gli era colato
sulle dita nel tentativo di acchiapparlo. Cosa che gli darà il potere di
parlare con gli animaletti del bosco e del cielo.
Altra cosa che a conti fatti non servirà.
Magnus è solo diventato ufficialmente una principessa Disney.
Recuperato ciò che resta
dell’Idromele di Kvasir a Jorvik (in Norvegia), arrivati da lì nel gelido
mondo del Nord in cui è solo la relativamente generosa ospitalità della gigantessa Skadi a salvar loro la pelle nel
momento in cui stanno per diventare parte del background…
… arrivano finalmente alla RAP BATTLE con Loki.
Qui come al solito, con una
mossa molto coerente visto l’andazzo della saga e che francamente ho apprezzato, Magnus riuscirà a vincere contro il dio norreno non insultandolo e
sminuendolo (campo in cui non potrebbe mai vincere, anche se gli insulti di
Loki sono veramente da bulletto delle medie), ma al contrario lodando il
coraggio e le imprese dei suoi amici, dal momento che come va ripetendo fin
dall’inizio non è un combattente ma un guaritore.
Loki viene rinchiuso in una
noce magica con un rumore di risucchio,
tipo water.
I giganti e i non morti sono sconfitti, e il Ragnarok viene temporaneamente sventato, rendendo doveroso un festeggiamento (a cui Samirah non partecipa perché finito il Ramadan ha il suo cenone musulmano dove sfondarsi) in cui libagioni e cervogia scorrono a fiumi.
IMPRESSIONI SPARSE
Quello che mi fa veramente
incazzare di questa trilogia a fine lettura è il potenziale buttato ai
maiali, il numero di belle tematiche tirate fuori da Riordan in una saga
destinata ai giovani rese con una superficialità irritante.
▶ L’idea di rendere protagonista un ragazzo
fondamentalmente pacifico, che a combattere è buono un cazzo perché il suo
potere è guarire le persone e dare supporto ai suoi amici è splendida: abbiamo
un modello maschile dalle caratteristiche solitamente legate al mondo
femminile.
Magnus è sensibile, empatico, gentile.
A differenza di quanto accada
con Percy, Magnus è un protagonista che tutto sembra fuorché un protagonista:
si fa da parte e lascia che siano gli altri a combattere le proprie battaglie,
non si impone sul prossimo né ha tutta questa voglia di stare sotto ai
riflettori. In un mondo dove quello vichingo che è duro e spietato, Magnus opta
sempre per la gentilezza. Nei momenti in cui il suo potere si manifesta al suo massimo
disarma i nemici e porta (temporaneamente) la pace.
Persino alla fine vince non
imponendosi sul prossimo ma lodando il coraggio e la forza di chi ha intorno.
“In una diatriba poetica bisogna ferire l’avversario, sminuirlo,
insultarlo fino a farlo rimpicciolire nel nulla. Ma io ero un guaritore. Non
ferivo gli altri, non li distruggevo. Li rimettevo in sesto. Non potevo giocare
in base alle regole di Loki e sperare di vincere. Dovevo giocare in base alle
mie regole.”
Eppure non riesco a togliermi
dalla testa l’idea che Magnus non riesca ad emergere come personaggio
tridimensionale, non mi dà l’idea di essere davvero qualcuno che nella vita ha
sofferto tanto, ha subito perdite orribili ma non ha perso la sua umanità, ma
sia solo l’emanazione di uno scrittore americano di mezza età che vuole imporre un moralismo paternalistico
laddove non proprio ipocrita.
La guerra è brutta.
Il denaro ti rende cattivo.
Sii te stesso, volemosebbene.
Riordan ha troppa voglia di
farci vedere quanto questa saga sia moderna e diversa, magari con tutte le migliori intenzioni di questo mondo, ma il risultato è
un gigantesco gattino appeso allo scroto e un personaggio che non riesce
davvero a diventare memorabile, e non perché il senso del suo personaggio è
proprio quello di restare in disparte. Per far capire quello che intendo si prenda
Melania di Via col vento: alla voce
“tappezzeria” si trova la sua foto. E’ una donna mite, buona, caritatevole, una
cara amica e una moglie devota, eppure resta comunque impressa dal suo angolino
in ultima fila.
E come Magnus, il fatto che sia
buona non significa che sia una povera imbecille.
Altro problema è che per dargli
del carattere in più (e dare spazio a un seguito, probabilmente) a un certo punto Riordan
prende e ne snatura un tratto fondamentale, facendogli sentire, tra le lande
gelate di Helheim, le voci dei suoi cari defunti, compresa la madre.
Cosa che lo spinge per un
secondo a recarsi verso quella voce, anche se il punto focale del personaggio è che si lascia alle spalle il
passato senza guardarsi indietro perché la perdita è parte integrante della vita.
▶ Allo stesso modo l’idea di lasciare in secondo piano la
battaglia finale (che è comunque una battaglia verbale) in favore di una sequenza
di epiloghi finali mi è piaciuta (se escludiamo lo spottone pubblicitario
al terzo libro della Saga di Apollo), anche se non posso dire mi abbia
esaltata, ma lo scopo era esattamente quello.
In un libro che promuove la pace, è giusto che venga dato spazio alla
pace.
Ed ecco quindi gli dei e gli
eroi di questa avventura pranzare insieme come una famiglia, tranne Samirah che come al solito è speciale e non una stronza che regredisce mentalmente e smolla gli amici appena si ritrova davanti il filarino. Partecipano anche Blitz e
Hearth, a cui verrà concesso di entrare e uscire dal Vahlalla a piacere come
ricompensa per il loro valore (Il fatto che siano partiti come scagnozzi di
Mimir sembra non importare più nulla, si vede che per Riordan chiudere le
sottotrame è deprimente), e i genitori meno inclini alle visite
tra parenti di Freyr fanno finalmente la loro comparsa; Magnus che chiede come
ricompensa a Odino non qualcosa per sé o per quelli che conosce ma per la
comunità, ovvero che la villa dello zio Randolph sia trasformata in un ricovero per
senzatetto. E non è un caso che, proprio come accade all’inizio del libro, il
cerchio si chiuda con Alex e Magnus seduti l’uno accanto all’altro sul tetto di
villa Chase, ma a questo giro si tengono per mano.
Puccetti... |
Che riesce comunque a rompere
i coglioni perché “Mamma li gender!!”
In questo terzo (e al momento
ultimo, per il futuro non ci è dato sapere anche se il finale aperto lascia
temere ulteriori sviluppi che onestamente non mi sembrano necessari se non per
rimpinguare il conto in banca di Riordan) volume, assistiamo a nuovi retroscena
sulla triste vita di Alex. Scopriamo che la sua passione per la ceramica arriva
dal nonno, un artigiano di un certo talento, molto apprezzato per la sua arte.
Il padre di Alex manca della
stessa sensibilità artistica del padre e della progenie, ma compensa col
talento imprenditoriale, facendo il big money con delle ceramiche industriali
che vendono come il pane grazie alla nomea del Fierro senior. Ma visto che in
questa saga tutti i ricchi sono pezzi di merda, il padre di Alex non fa
eccezione e lo vediamo in un flashback, intento a picchiare il figlio,
scaraventarlo dalle scale e minacciarlo di diseredarlo se non la smette di
essere se stesso.
Eppure il talento per il mestiere di famiglia non gli manca.
Ma visto che il denaro per
Riordan sembra essere lo sterco del dimonio,
Alex non vuole farne un mestiere ma un’arte, proprio come faceva suo nonno. Il
padre, come sappiamo, la prende bene e Alex, proprio come Magnus, finisce per
strada fino alla sua tragica dipartita per salvare un collega senzatetto.
Però, ed è un però grosso come
una casa, nemmeno Alex riesce a decollare come potrebbe.
Riordan mette in gioco un
personaggio genderfluid, un personaggio che può letteralmente trasformarsi in
donna o uomo a seconda di come si sente appena scende dal letto o esce dalla
doccia. Anche il suo carattere rispecchia questa irrequietezza: non riesce a
legarsi, non riesce a essere chiaro né con se stesso né soprattutto con Magnus.
Questo si riflette anche su
Magnus.
Magnus che deve interagire con
una persona in continuo mutamento, sia fisico che caratteriale e la cosa non
sembra turbarlo nemmeno un pochino, come se l’autore avesse paura di farlo
apparire (e apparire lui stesso) insensibile. Sarebbe umano da
parte di Magnus avere un piccolo dubbio, superare un pregiudizio, riflettere
sulla natura del suo rapporto con Alex, invece è sempre incredibilmente
passivo. Al massimo si concede, in dirittura d’arrivo: “Sarò sincero. Una piccola parte del mio cervello pensò ‘Alex è un
maschio adesso. Sono appena stato baciato da un ragazzo. Come mi fa sentire
questa cosa?’ Il resto del mio cervello rispose: ‘Sono appena stato baciato da
Alex. Sono strafelice.”
Fine del profondo dissidio
interiore.
Possibilità di avere una coppia davvero diversa e interessante buttata ai porci.
Magnus aspetta che Alex lo
baci (da donna e poi da uomo), che lo prenda per mano, ma non prende mai l’iniziativa
(legittimo) né tantomeno si fa domande su eventuali complicanze che
salterebbero fuori in un loro rapporto (meno legittimo). Magari semplicemente
Magnus potrebbe essere pansessuale (decisamente improbabile visto che a differenza di quanto accaduto quando Alex
era donna un problema seppur piccolo se lo pone al loro secondo bacio gay), e nel
caso sarebbe comodo visto che non gli fregherebbe di quello che Alex ha nelle
mutande, e forse sarebbe stato meglio fargli confessare questo esplicitamente in
corso di narrazione piuttosto che l’ateismo, che in questo specifico contesto c’entra
come il tofu alla casa della bistecca.
Forse sarebbe stato più
interessante anche vedere qualcosa dal punto di vista di Alex.
Il fatto che abbia la facoltà
di cambiare il proprio corpo perché segua il modo in cui la sua mente
percepisce se stesso è da un lato una
cosa molto comoda, ma dall’altro è un bel cazzo nel culo. Se un genderfluid
del mondo reale vive un disagio interiore a causa del fatto di non sentirsi
sempre in sintonia con quanto vede nello specchio, è anche vero che come
meccanismo di protezione se si ritrova in un ambiente ostile può, nei limiti,
nascondere quello che è.
Non ha tatuato in fronte genderfluid.
Alex sì.
Alex sì.
Alex non può (né vuole)
nascondere quello che è, e abbiamo già visto quali problemi le abbia causato l’essere
fatta in questo modo a partire dalla sua stessa famiglia. Gli stessi Einerjar
all’inizio, prima di riconoscerne il valore in battaglia, la chiamano Argr in senso
spregiativo. Anche per questo motivo Alex è un riccio, si chiude al mondo, e questo è un problema perché la nostra finestra del mondo è Magnus, e dal suo punto di vista Alex resta per tutto il tempo un mistero.
Per esempio, quando alla fine dice a Magnus: “Ho riflettuto sulla tua dichiarazione di amore eterno o quel che era” a me sarebbe piaciuto vedere l’entità dei suoi ragionamenti. Per esempio, Alex si sente a suo agio al pensiero di iniziare una relazione potenzialmente eterna, lui che è in continuo mutamento, con un ragazzo? Ha paura del giudizio che lui potrebbe avere di quello che è, e fino a che punto questo causa preoccupazione?
Per esempio, quando alla fine dice a Magnus: “Ho riflettuto sulla tua dichiarazione di amore eterno o quel che era” a me sarebbe piaciuto vedere l’entità dei suoi ragionamenti. Per esempio, Alex si sente a suo agio al pensiero di iniziare una relazione potenzialmente eterna, lui che è in continuo mutamento, con un ragazzo? Ha paura del giudizio che lui potrebbe avere di quello che è, e fino a che punto questo causa preoccupazione?
E poi, viene più naturale essere uomo o donna accanto a
Magnus?
Sarebbe stata una finezza, una
cosa molto carina da scoprire e una sfumatura intrigante da tenere in
considerazione. Ma visto che Riordan evidentemente l’intenzione di andare fino
in fondo col personaggio genderfluid non ce l’ha, li fa baciare una volta da
maschio e una volta da femmina e bon. Pari e patta.
▶ A conti fatti un po’ mi dispiace e un po’ non mi dispiace
che la loro relazione si risolva in qualcosa di così tenero e indefinito come
una stretta di mano che viene naturale in un momento di pace, perché a questo
giro Riordan fa una cosa che personalmente apprezzo molto, ovvero smontare il leit motiv del “vivere per sempre felici e contenti con
il filarino del cuore.”
Qui questo non accade, nemmeno
alle coppie di ferro come Halfborn e Mallory.
In quanto potenzialmente
immortali, gli Einerjar che comincino una relazione hanno davanti a sé un
periodo molto lungo per conoscersi, annoiarsi, litigare, ritrovarsi. I loro
rapporti amorosi hanno alti e bassi, i loro rapporti di amicizia possono
mutare, come accaduto a TJ e Halfborn che inizialmente si odiavano e diventano amici solo dopo, grazie all’intercessione di Mallory (cosa non casuale, in quanto lei è figlia di Frigg) e alla presenza di quel tenerone di Magnus. Lo vediamo con la
stessa Alex, che inizialmente a causa di quello che è non è esattamente l’anima
del 19esimo piano, ci vuole tempo perché l’opinione che gli altri hanno di lei
cambi e che per esempio Halfborn la smetta di considerare Alex inferiore come
combattente in quanto argr; nello stesso rapporto con Magnus non c’è questa
fregola di diventare qualcosa di solido, tanto il tempo non gli manca.
In questo sono gli anti-Percy e Annabeth, i pucci pucci incollati col Bostik che hanno una sola vita da passare insieme, e potrebbero anche morire domani quindi non me la sento di giudicarli per voler stare insieme più che possono.
L'unica eccezione a questo andazzo romantico poco idealizzato è come al solito la
nostra quota etnica con matrimonio combinato del cuoricino, che
ancora una volta si rivela essere un vero dito nel culo.
▶ Samirah a
questo proposito resta la mia personalissima incudine appesa ai coglioni, in un
contesto in cui Riordan cerca di giustificare un universo in cui possono
potenzialmente convivere (nei soli Stati Uniti) non solo diversi pantheon di
divinità pagane ma addirittura le divinità monoteiste (eppure il protagonista
rimane ateo. Vabbè…) con risultati assurdi.
A questo giro il Ramadan
diventa davvero troppo…
Intendiamoci, la questione religiosa
era già saltata fuori in Percy Jackson, in un dialogo tra
Chirone e Percy.
“Quello che forse non sai è che nella tua vita operano grandi
potenze. Gli dei, le forze che tu chiami dei dell’Olimpo, sono reali e
presenti.”
“Aspetti un momento… Mi sta dicendo che Dio esiste?”
“Beh, ecco… Dio con la lettera maiuscola è tutta un’altra cosa. Non
entriamo nel metafisico.”
“Metafisico? Ma se stava parlando di…”
“Di dei, al plurale. Grandi esseri che controllano le forze della
natura e le imprese degli uomini: gli dei immortali dell’Olimpo.”
E finiva lì, senza che ci si andasse a tuffare a pubenda in bella mostra in un cespuglio di ortiche tirando fuori questioni sulle divinità monoteiste: anche perché va detto che gli dei greci se la legano molto più al dito, son permalosetti a differenza di Heimdall e i suoi compari.
Però io fino alla valchiria musulmana ci arrivo, e per quanto paia assurdo posso addirittura trovarlo
credibile.
In fondo tu Allah non lo vedi
in corso di narrazione, non arriva come il Deus ex machina del medioriente a
salvare la situa coi suoi magici poteri monoteistici, vedi solo una ragazza
molto devota che cerca di non impazzire e razionalizza come può cercando di unire quello che vede
e quello in cui le hanno sempre detto di credere. Certo, gli dei norreni per
venire incontro a questa visione astrusa sono stati trasformati in deficienti
scoreggioni sposati a donne oggetto, ma è un prezzo minimo da pagare per avere
tutta questa esotica diversità.
Il problema vero è che in
questo libro Samirah un po’ è la parodia di una musulmana e un po’ è musulmana a intermittenza, nonostante
si faccia riferimento a lei più volte come una brava ragazza musulmana (che non sa che durante il Ramadan il bagno
lo puoi fare, perché non è un problema se mentre fai la doccia ti entra un po' di acqua in bocca se non l'hai fatto apposta), dando a intendere tra le righe che chi non si comporta
come lei è una cattiva ragazza musulmana?
Una brava ragazza musulmana
che tra parentesi non rinuncia al Ramadan nemmeno se è in gioco il destino dell’universo,
che non può abbracciare un amico o il ragazzo che ama nemmeno in un momento di
sincera felicità ma a un certo punto si toglierà il velo sulla Big Banana perché per lei lo
squadrone Benetton sono come una famiglia.
Molto tenero, ciccia, ma non funziona
così.
Non lo decide una brava ragazza
musulmana chi è famiglia.
E soprattutto a fine storia non smolli la tua famiglia per andare via con Amir.
E soprattutto a fine storia non smolli la tua famiglia per andare via con Amir.
Eppure tutte le persone che ha
intorno, che manco sono musulmani e alcuni manco dovrebbero sapere cos'è la
religione musulmana (a meno che non abbiano un dottorato in religioni comparate,
che nel caso di Halfborn è probabile), diventano inspiegabilmente più fissati
di lei, gli atei invidiano la sua fede, e ci aggiungiamo sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme, masse isteriche
per chi è bravo e coglie la citazione!
Alla fine della sua avventura,
davanti all’adorato Amir, invasa da una gioia incontrollabile infatti Samirah gli
dirà: “Ho una gran voglia di
abbracciarti!”
Alex (maschio) però non sembra
essere tanto d’accordo.
“Meglio di no. Dato che tutti qui facciamo parte della tua famiglia
allargata, ci sono diverse migliaia di maschi pesantemente armati che ti fanno
da chaperon”
Che bella presentazione del
mondo musulmano parte #27.
Viene poi tirato fuori a un
certo punto il Laylat al-Qadr, la Notte
del destino, che tecnicamente (wiki alla mano) sarebbe una
notte speciale del Ramadan, che cade in uno degli ultimi 10 giorni del mese di
digiuno: una notte considerata benedetta in cui si avverte con più forza la
presenza della divinità e si prega con più foga.
Riordan, per favore basta o appena trovo una moschea mi converto. |
Nel libro possiamo riassumerla
così.
Samirah: “Stasera è la 27esima notte del Ramadan, la Notte del destino.
Però non è per forza la ventisettesima notte, è uno degli ultimi 10 giorni di
digiuno ma nessuno sa esattamente quando. Io però dico che è stasera perché sì,
ho avvertito un fremito nella Forza.”
Io dentro di me: “Ma nel libro
precedente non mi hai rotto i coglioni un’ora sul fatto che Allah era più potente
di Odino proprio perché non faceva niente? Com’è che mo’ si manifesta e te lo
senti dentro e hai bisogno che ti metta il like sul facebook della tua anima
proprio la sera prima dello scontro contro Loki, che tu hai deciso essere di tua iniziativa sto fantomatico giorno
musulmano de Mazinga?”
Magnus: Uh che fico, vinceremo di certo.
Io: *facepalm*
Io: *facepalm*
L'Allah compagnone è con noi! |
A una certa Loki dirà a
Magnus:
“Io sono un gigante! Ma ecco il punto, Magnus. Gli Asi sono soltano
una generazione divesa di giganti. Quindi anche loro sono giganti! Tutta questa
faccenda degli dei contro i giganti è ridicola. Siamo una grande famiglia infelice. E’ una cosa che dovresti
capire, piccolo umano disfunzionale che non sei altro. Dici di avere un nuovo
gruppo di fratelli e sorelle nel Vahlalla, non è una cosa carina? Smettila di
mentire a te stesso.
Non sei mai libero dal tuo sangue.
Tu sei esattamente come la tua famiglia. Debole e ubriaco d’amore
come Freyr. Disperato e senza spina dorsale come il vecchio zio Randoph. E stupidamente
ottimista e morto come tua madre.”
Il punto in questa saga è
sempre quello, a conti fatti, la famiglia, il gruppo.
Non tutte le famiglie sono
quelle del Mulino Bianco.
Lo dimostrano praticamente tutti
i protagonisti di questo libro: Magnus ha un padre assente (a cui però ha
deciso di perdonare tutto perché, come dice Loki facendolo passare per un
difetto, è una persona che ama invece di perdersi nel rancore) e uno zio che per amore della sua famiglia, perché
ancorato al passato invece che a chi è ancora qui e gli vuole bene, lo ha
tradito e si è alleato con Loki. Alex ha
un padre avido e violento, Mallory un ubriacone. I genitori morti sono i
migliori ma, per l’appunto, sono morti e hanno lasciato soli dei ragazzi molto
giovani.
Ma questo non è
necessariamente un difetto, non è detto che da avvenimenti terribili non
possano nascere cose buone e che avere dei trascorsi terribili non possa
consentirci di trovare la forza di scegliercela da noi, la famiglia.
La famiglia è anche quella che
sa perdonare, quella che non sempre è legata dal sangue (ma continua ad essere
ridicolo che la musulmana decida da sola quando è lecito togliersi il velo: questa non gliela passo, è una stronzata) e a cui puoi appoggiarti nel momento
del bisogno, che si condivida il sangue o meno. E’ chi non ti abbandona a
dispetto dei difetti, chi ti accetta come sei e ti rispetta nonostante le
differenze culturali, religiose o ideologiche.
Loki invece è convinto che
tutto sia legato dal sangue. Che la famiglia sia una catena che opprime, da cui non ci si libera. E' questo a renderlo solo e debole,
al punto da perdere qualsiasi controllo avesse sulle figlie e persino la fedele moglie
Sigyn lo abbandonerà, alla fine, decretandone ufficialmente la sconfitta e l'esilio nella noce-water.
*
In conclusione di questo lungo
e accidentato viaggio cosa dire della trilogia di Magnus Chase? Che è stata un’occasione
abbastanza buttata ai maiali, ma non una totale ciofecona.
Riordan porta alla luce personaggi e tematiche molto interessanti rispetto a quello a cui ci ha abituati: in
particolare colpisce un protagonista molto meno virile del solito, qualcuno che
non vede mai la lotta e la prevaricazione come soluzione (che non a caso al momento dello scontro
finale avrà accanto una persona che per suoi personali limiti religiosi non può
fisicamente usare violenza sul prossimo se non per difendersi, e una spada che
funziona meglio quando lui non la impugna), che pensa agli altri prima che a se stesso e che troverà nell’amicizia, nella famiglia e nel
dialogo la via per ritardare, ma non
evitare, il Ragnarok.
In questo non capisco chi si è ritrovato deluso dal finale, dal momento che a mio avviso questa storia non poteva concludersi in
nessun altro modo. Motivo per cui rivolgerò le mie preghiere al cielo affinchè Riordan molli le avventure di Magnus Chase e non ci torni mai più.
Persino nella mitologia norrena aleggia sempre lo spettro della fine. Ce lo dice lo stesso Magnus, nell'ultimo paragrafo di questa lunga avventura:
Persino nella mitologia norrena aleggia sempre lo spettro della fine. Ce lo dice lo stesso Magnus, nell'ultimo paragrafo di questa lunga avventura:
“Il mondo finirà. Ma, nel frattempo, come ha detto una volta Loki,
possiamo scegliere di modificare i dettagli. E’ così che assumiamo il controllo
del nostro destino.
A volte anche Loki ha
ragione.”
Giudizio finale:
Un viaggio magari non perfetto quello di Magnus, ma coerente e adatto al suo target |
RICK RIORDAN - Magnus Chase e Gli dei di Asgard:
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