giovedì 24 settembre 2020

[Recensione] LUPIN III: THE FIRST (2019)

Titolo originale
ルパン三世 THE FIRST
Anno: 2019
Regia e sceneggiatura: Takashi Yamazaki
Tratto dal manga di: Monkey Punch
Cast (voci IT): Stefano Onofri, Alessandra Korompay, Alessandro Maria D'Errico, Antonio Palumbo, Rodolfo Bianchi, Joy Saltarelli

Premesse:
Film dalla distribuzione nostrana sfortunata: avrebbe dovuto essere trasmesso nelle sale dal 27 febbraio 2020 (comunque in poche sale e per lo sparuto pugno di giorni riservato solitamente alle pellicole provenienti dal Sol Levante, non illudiamoci che la pur brava Koch - la casa di distribuzione a cui dobbiamo anche l'arrivo dei nuovi deliziosi film di Asterix - avrebbe potuto compiere un miracolo in questo paese provinciale), poi rimandato e infine cancellato causa Covid.
Ma grazie a Amazon Prime dal 15 settembre si è potuto godere della fruizione in streaming di questo film, e dal 29 ottobre 2020 sarà disponibile anche in DVD e Blu-ray.
Yippiii.

In breve: che dire di questa nuova avventura di Lupin III in CGI? Sostanzialmente che è in CGI: non a livello di certe produzioni occidentali ma comunque una CGI fluida e gradevole, di molto superiore a quella vista in altre recenti produzioni nipponiche (una su tutte, quel cesso di pixel del film dei Cavalieri dello Zodiaco). Si può dire poco d'altro degno di nota,  e non perché sia un brutto film (tutt'altro), ma perché che tutto il resto della pellicola viaggia sui binari molto sicuri di una trama già vista mille volte incentrata intorno all'incontro di Lupin con un fighino in difficoltà, caratterizzazioni classiche, musiche classiche, doppiaggio classico. Ma coi nazisti.
Il professor Jones approva.

DUE RIGHE DI TRAMA
Prologo: Parigi, anni '40.
Nella Parigi occupata dai Nazisti il professor Bresson, archeologo di fama internazionale, affida il suo diario, frutto delle ricerche di una vita e che si dice possa condurre a un inestimabile tesoro di nome Eclipse, alla sua famiglia, poco prima di venir raggiunto e ucciso dai tedeschi.
Anche la famiglia di Bresson viene inseguita e uccisa nel corso di un rocambolesco inseguimento in auto: l'unica sopravvissuta è la nipote di Bresson e l'unico oggetto ad essere ritrovato dopo il terribile schianto è un amuleto che funge da chiave. Del diario però non v'è traccia.

Dopo una sigla fighissima che ci mostra da subito il potenziale del 3D su note inconfondibili (🎵Lupin Lupiiiiin.... PAPPARAPPAA'🎵) ci ritroviamo sempre a Parigi ma negli anni '60, dove nel corso di una commemorazione in onore del famoso archeologo viene rivelato al pubblico il prezioso diario di Bresson. Approfittando della ghiotta occasione Lupin (S. Onofri), Fujiko (A. Korompay) e una giovane ragazza travestita da guardia di sicurezza di nome Laetitia (J. Saltarelli) se ne contenderanno il possesso, ma alla fine è Fujiko a spuntarla.
Sfuggito al solito Zenigata e alla sua pletora di poliziotti grazie all'intervento dei suoi amici Jigen (A. M. D'Errico) e Goemon (A. Palumbo) che però almeno inizialmente si rifiutano di seguirlo nell'ennesima avventura senza conquibus, Lupin si reca a casa della ragazza: vuole vederci chiaro dal momento che per lui la questione è personale.
Dopo aver mostrato a Laetitia, una wannabe archeologa di indubbio talento (e che inspiegabilmente pur vivendo in Europa vuole andare a studiare in quel covo di scimmie urlatrici che sono i college negli States) affascinata dalla storia del diario e dai misteri che esso racchiude, un medaglione identico a quello visto nel prologo lasciatogli in eredità dal nonno Arsène Lupin I i due decidono di collaborare. Ma da parte di Laetitia, almeno inizialmente, questa unione è un mero pretesto per spingere Lupin a portare l'altra metà della chiave al professor Lambert, suo nonno adottivo e archeologo membro della Ahnenerbe, un gruppo di nazisti scampati alla giustizia postbellica guidati da Gerard, la più grande fangirl del Fuhrer, che vogliono mettere le mani sul diario, e su Eclipse, per dominare il mondo.
Non lo si sarebbe mai detto.

Insomma, questa avventura in CGI che nella successiva ora e mezza trascinerà i nostri amici dalla vecchia Europa, al Messico fino al Brasile e che contemplerà diari, archeologi, nazisti, prove mortali da superare per dimostrare di essere degni di un tesoro ultraterreno non puzza assolutamente di deja vu.
"Però almeno si sono ispirati a una bella storia, vero Junior?"

IMPRESSIONI SPARSE
Lupin III - The First sostanzialmente è un film furbo che batte per tutto il tempo piste sicure per quel che riguarda la trama e i personaggi (anche e soprattutto quelli originali, nello specifico la figura di Laetitia, donzella in difficoltà ma piena di risorse e di buon cuore che entro la fine della pellicola si farà rapire il cuore dal protagonista), che poi è il modo migliore per farsi apprezzare dai fan di vecchia data. Già storcono il naso di fronte al minimo cambiamento, già la CGI li lede nell'onore per il solo fatto di esistere e fosse per loro si tornerebbe alle animazioni coi flipbook, non si poteva chiedere anche una trama originale e uno sviluppo dei personaggi in senso più moderno.
Non a caso la trama non solo è molto classica (Lupin che deve recuperare l'ennesimo tesoro ma deve vedersela sia con l'avidità di Fujiko che con l'ennesimo gruppo di cattivoni che vorrebbe usare il tesoro per scopi malvagi) ma anche ispirata a un caposaldo del cinema anni '90, a dimostrazione del fatto che strigni strigni, al di là del 3D, è sempre alle vecchie leve che si strizza l'occhio.
Non se ne esce.
La storia è classica, dicevamo, piena dei soliti telefonatissimi colpi di scena, deus ex machina a turbotrattore e personaggi che a seconda di quello che richiede la sceneggiatura sono intelligentissimi o stupidissimi (Laetitia che passa agilmente da una lingua morta all'altra ma non riesce a capire che la password del diario è il suo nome, e chissà cosa vorrà dire, o Gerart che è sfuggito alla legge e ai nazis hunters per due decenni buoni ma poi si fa fregare da una foto di un Hitler vecchio in carrozzella che ha ancora il ciuffetto leccato e gli iconici baffetti, per farsi sgamare meglio dai suoi fanboy).

► Le parti migliori del film sono indubbiamente le sequenze d'azione, anche perché la roba di concetto non ha mai rappresentato il fulcro di questa serie, stiamoci.
Quando ci ritroviamo davanti a un biplano che esegue una manovra in verticale per recuperare i protagonisti che stanno precipitando nel vuoto senza paracadute, gente che con la spada taglia a metà un bus corazzato della polizia come fosse burro o piroette spettacolari all'interno di un tubo costruito da un'antica civiltà che spara laser stiamo dando un bel bacio d'addio a qualsiasi presunto realismo si volesse raggiungere nelle intenzioni grazie alla tecnica 3D, ma quanto è divertente!
D'altronde il regista Takashi Yamazaki non è l'ultimo degli stronzi in quanto a esperienza con scene movimentatelle: ha comunque diretto pellicole come Eien No Zero (2013) e il live action Space Battleship Yamato (2010).
► Carina anche la scelta di questa ambientazione retrò. Si noti che il Lupin di questo film indossa la giacca Rossa e questo lo lega indissolubilmente alla seconda serie del franchise, quella targata 1977 in cui si sono limati quegli aspetti più squisitamente noir del personaggio e Lupin si è incamminato ufficialmente verso la strada che lo avrebbe fatto diventare il moderno ladro gentiluomo: la storia di questo film è ambientata all'incirca negli anni '60 ma non si sa esattamente quando, il che permette ai personaggi di muoversi senza essere legati a un preciso accadimento storico, ma anche di lasciare da parte le diavolerie moderne come social e aggeggi avveniristici (come accade nella quinta e sesta stagione, quelle dalla "giacca blu", dove finiscono però per stonare nel contesto generale) per concentrarsi esclusivamente sui trucchi più vintage ma d'impatto.
Una scelta molto intelligente nel contesto.
Sempre a misura di vecchio.

► Le animazioni in CGI sono deliziose: non solo i modelli in 3D sono incredibilmente dettagliati e accurati (le pieghe dei vestiti, la differenza che si percepisce a livello visivo dei vari materiali, il modo in cui sono resi i capelli e le ombre, i giri di camera...), ma si riesce persino nell'impresa titanica di dare al tutto un'aria più realistica e tridimensionale senza perdere in fluidità. Lupin insomma riesce a restare quel meraviglioso pezzo di gomma dei cartoni in 2D (che esegue balzi impossibili da un tetto all'altro di Parigi, una citazione a Il castello di Cagliostro). 
Se uno volesse trovarci proprio il pelo nell'uovo (e siam qui apposta), troverei due difetti nell'animazione:
Fujiko in certe sequenze sembra veramente troppo finta, rigida, giovane e piallata, oltre che relegata alla linea comica in situazioni che davvero non sarebbe opportuno rendere divertenti (so che notoriamente Fujiko non brilla per acume, ma nel 2019 mi aspetto un minimo di caratterizzazione in più e non che la serietà e l'intelligenza siano come sempre concentrate sul fighino OC facendola passare per la solita scemetta dalle tette grosse e il grilletto facile): un po' troppo loli e un po' poco fascinosa e sensuale donna fatta che se la cava in un mondo di uomini, come dovrebbe essere.
I modelli di alcuni personaggi originali (con menzione di demerito a quell'Hitler immondo che puzza di maschera di gomma lontano un chilometro) sembrano decisamente fuori contesto in un film di Lupin.
Rimane il fatto che questa roba qui in 2D
giusto in sogno potevamo vederla

► Si tratta infine di un'opera che al di là di tutto mostra di provare amore e rispetto nei confronti del materiale originale, e di non essere una mera operazione di sfruttamento commerciale mentre il cadavere dell'autore ancora non si è raffreddato nella tomba.
Nell'aprile del 2019 infatti, poco prima dell'uscita in sala in Giappone, ci ha lasciati Kazuhiko "Monkey Punch" Kato, da sempre un convinto sostenitore dell'animazione e colorazione digitale, e il film lo ricorda in chiusa con una sua citazione targata 2017, sorta di lascito testamentario alle nuove generazioni che hanno preso in consegna la sua eredità: 
"Voglio far conoscere Lupin nel mondo, e fargli vivere ancora tante avventure in futuro"
Te ne auguro mille di avventure, Lupin, ma un po' meno paracule di questa, dove ti attirano con i rimandi a Lupin I e poi vedi solo un cappello e un bastone da stronzo in una scena...
IN CONCLUSIONE...
Un'avventura classica, nel bene e nel male.
Abbiamo un tesoro misterioso, cattivi tagliati con l'accetta che non rappresentano mai un vero pericolo da sconfiggere, fighina dalla lacrima strappa-storie da salvare, Fujiko che si allea coi cattivi ma poi appena non le conviene cambia bandiera, Jigen spara, Goemon spada, Zenigata che non si scolla manco a pagarlo (ma a questo giro finisce anche per farsi irretire dai begli occhi azzurri di Laetitia, vecchio marpione 💙), deus ex machina a pioggia, MA IN 3D.

Si arriva però alla situazione paradossale di essere un film rivolto alle vecchie generazioni con continue riproposizioni di gag e situazioni classiche, ma che allo stesso tempo ha abbassato il target e limato le parti più dark e sensuali della serie classica per venire incontro a una giovane generazione di fan.
Questo si nota in special modo quando Lupin interagisce con le due ragazze del film, Fujiko e Laetitia.
Con Fujiko ci si fa i dispetti e si battibecca come due fratelli anche se alla fine ci si aiuta e ci si vuole bene (e quando te sbagli?).
Hai a disposizione una tuta da
aviatore con la zip e non ne
approfitti per far vedere le poppe:
sei fuffa, Fujiko!

Tra loro manca quell'erotismo e quella bramosia di fondo che a dispetto delle divergenze di vedute li univa e che giustificava la loro collaborazione (altrimenti perché Lupin dovrebbe continuare a volere intorno una che ti deruba e tradisce in continuazione? Sei scemo?), e in generale Fujiko è molto più castigata del solito, più Loli birbante che femme fatale. Con Laetitia invece si comporta direttamente come un vecchio zio gentiluomo: manco finge di volerle rubare un bacio o di starci a provare (nonostante lei dichiaratamente gradisca ma lui niente, è libero e selvaggio come il vento), le spedisce pure la tesi all'università di Boston per farla accettare al college dei sogni perché lei porella parla tutte le lingue morte del mondo ma è timida.
Poco poco cliché, Laetitia...
Insomma, alla fine dei giochi un film semplice e leggero fatto con amore ma che non si applica: poco chiaro negli intenti, poco memorabile nella resa (ma ben infiocchettato in un 3D piacevolissimo); con una trama che più lineare non si può ma con un buon PUM PUM SBOOOM a compensare. Fa passare quell'ora e mezza senza farti venire voglia di morire, e non è poco.
Una bella esperienza per i fan storici a cui la formula classica fa sempre il suo effetto e per loro figli, a cui far conoscere le cose che guardavano da piccoli mamma e papà. Al ribasso però, per non turbarli troppo, 'sti ragazzini fragili.

Giudizio finale:
Aridatece le tette di Fujiko, 'nfami!

Nessun commento:

Posta un commento

La tua opinione è importante anche se non sei d'accordo con quello che ho scritto e mi fa sempre piacere scambiare due parole con chi si prende la briga di leggere quello che scrivo.