venerdì 2 ottobre 2020

[Recensione] MISS AUSTEN

Autore: Gill Hornby
Traduzione: A. Zabini
Ed. Italiana: Beat, copertina flessibile, 304 pagine,
Anno (Italia): 2020
Euro: 18,00 (9,99 ebook)

Premesse:
Purtroppo può capitare di leggere un libro di appena 304 pagine avvertendo la sensazione spiacevole di averne davanti almeno il triplo. E può allo stesso tempo capitare di amare profondamente i romanzi di Jane Austen non tanto per le trame romantiche e i lieti fine quanto per la loro sferzante critica sociale, apprezzare lo studio e l'impegno che l'autrice di questo romanzo deve averci messo in corso di stesura, eppure continuare ad avere la fastidiosa impressione di trovarsi davanti solo a un vuoto esercizio di stile che scimmiotta il materiale originale e ha da dire poco di nuovo e interessante.
Anzi, ha da dire proprio pochino in generale.
Perché non bastano gonnelloni, passeggiate leziose e sferzate sassy contro le donne sposate che si sentono stocazzo per dar vita a un buon romanzo alla Jane Austen.
One does not simply write a Jane Austen novel...
DUE RIGHE DI TRAMA
Non appena nel titolo si legge di una Miss Austen il pensiero corre immediatamente a Jane (autrice di "Orgoglio e Pregiudizio", "Emma" "Ragione e sentimento", tanto per far accendere una lampadina ai pochi lì fuori che non la conoscono), ma la Hornby decide di non seguire la strada più comoda regalandoci l'ennesimo romanzo sulla famosa scrittrice ma di concentrare la narrazione attorno alla figura della decisamente meno conosciuta Cassandra Austen.
Sorella maggiore, amica e confidente di Jane, ne curò la memoria anche dopo la morte diventandone l'esecutore testamentario e il censore: arrivò ad esercitare un rigido controllo sui suoi aneddoti biografici e a dare alle fiamme gran parte della sua corrispondenza privata perché la gente non speculasse su Jane né sporcasse la sua memoria con squallidi pettegolezzi. Proprio questa sua attività fa da nucleo narrativo all'intera vicenda.

Il libro comincia nel 1840, quando Cassandra si reca nel vicariato di Kintbury nel Berkshire in un momento poco delicato verso la padrona di casa Isabella, vale a dire alla morte del reverendo Fulwar Craven Fowle, suo padre. In via ufficiale è lì per portare non solo conforto, ma per aiutare la figlia di un'amica di vecchia data e la sua domestica Dinah a liberare la casa in attesa del nuovo vicario, un certo Mr Dundas, dal momento che Isabella è senza marito e priva di figli maschi quindi non ha alcun diritto di ereditare la proprietà e restare in quella casa. In realtà il suo scopo è andare in cerca della corrispondenza privata della madre di Isabella, Eliza, buona amica della famiglia Austen in gioventù: nello specifico Cassandra cerca le lettere scritte da Jane o che contengano riferimenti poco lusinghieri nei confronti della memoria degli Austen. Ma non riesce a resistere alla tentazione di leggerle e perdersi nei ricordi...

Una volta che la nostalgia si fa strada nei pensieri di Cassandra la narrazione si fa duplice, alternandosi tra 1795 e 1840, tra un passato di giovinezza, sorellanza, sogni d'amore infranti e necessità di trovare la propria strada senza la sicurezza determinata dallo status di moglie e un presente più cupo e triste forse, ma pieno di serena dignità. 
E' il cuore di Cassandra il vero protagonista della storia: leggeremo della perdita del fidanzato Tom Fowle, l'uomo al cui ricordo la protagonista resterà ancorata a vita al punto da rifiutare un altro giovane di buoni propositi e che sarebbe stato in grado di donarle, proprio come nei romanzi della sorella, amore e sicurezza economica, e del modo in cui privata dello status di moglie debba reinventarsi e trovare il suo posto nell'implacabile società inglese del tempo. La risposta che trova come alternativa al matrimonio è diventare indispensabile alle altre femmine ammogliate della sua specie, farsi persona utile e volenterosa e dedicarsi agli altri per evitare di farsi compatire.
IMPRESSIONI SPARSE
Miss Austen non è un brutto libro e apprezzo molto il tentativo della Hornby di non fracassarci le palle con il solito romanzetto del piffero che coinvolge Jane Austen o i suoi personaggi più famosi in storie pseudo-noir o simil-erotiche gay, o coi vampiri o ambientate nel futuro, optando per la scelta più coraggiosa a livello editoriale di concentrarsi su un personaggio più ritirato e meno memorabile come Cassandra. Tra l'altro si tratta di costruire tutta l'impalcatura del romanzo su una donna anziana e pacata, dotata di un'indole anche in gioventù poco propensa a forti slanci passionali. Che è un po' come incentrare tutta la saga di Piccole donne su Beth per intendersi.
Intenzione lodevole, ma il romanzo è lento.
Lento e inesorabile come la morte che ha colpito il povero signor Fowle, il giovane Tom e Jane, che colpirà a breve Cassandra (che morirà nel 1845, pochi anni dopo gli accadimenti qui riportati) e che ha bussato più volte alla mia spalla in certi passaggi in cui la palpebra non mi reggeva in modo particolare. Ho letto dei discreti mattoni, sia per piacere che per imposizione, ma raramente mi è capitato di interrompermi così tante volte e faticare ad andare ogni volta oltre il pugno di pagine. Per farvi capire il livello, una volta ho mollato il libro perché mi è venuto in mente che era più urgente disinfettare lo scopino del water. Intendiamoci, di romanzi in cui di cose ne accadono poche e non hanno una trama avvincente ne ho letti a iosa e ne ho apprezzati altrettanti: gli stessi romanzi di Jane Austen non sono quest'inno alla movida, alla fine si parla per tutto il tempo di balli di campagna, pettegolezzi e gare tra mamme a chi tra le figlie impalmerà il partito migliore, ma è la vita impressa in dialoghi incalzanti e vividi e l'ironia che traspare nei confronti di quel mondo a rendere quelle letture memorabili e rinfrancanti come una coca ghiacciata ad agosto.

Qui nulla accade.
La sensazione di avere di fronte il Nulla di Fantasia si fa più forte quando la narrazione torna al tempo presente visto che non c'è spazio di manovra per far visitare luoghi, accadere cose e vedere gente.
La protagonista è un'anziana signora che è ospite non molto gradita in una casa in lutto: aleggia lo spettro della morte e dell'incertezza per il futuro dal momento che Isabella, che mentre si occupava del padre nel corso della sua lunga malattia non è stata molto aiutata dalle sorelle in altre faccende affaccendate, non sa quale sarà il suo destino, né se sarà davvero gradita in alcun luogo in particolare.
L'unica occasione di avere una conversazione più vivida e far accadere qualcosa sarebbe stato l'arrivo della cognata di Cassandra, Mary Fowle Austen, una donnetta sposata quindi per i canoni del romanzo automaticamente arrogante e stupida come una zappa che non legge nulla che non siano le "poesie" del marito (in realtà meri appunti buttati giù in fretta e furia su un taccuino) e, raccapriccio orrore e vilipendio, aborrisce i romanzi di Jane Austen.
Per Cassandra non amare i romanzi della sorella è un crimine di lesa maestà: in un romanzo normale con queste premesse sarebbe seguita una violenta cat-fight tra attempate signore, o perlomeno uno scambio caustico e sagace di battute per mettere al suo posto con eleganza la vecchia ignorante, ma che la Hornby non sia la Austen e che Cassandra non sia Elizabeth Bennet ormai s'è capito. La protagonista, che non pensa, dice o fa mai nulla di scortese (ma riesce lo stesso ad essere una donna di un'antipatia rara: più fangirl di Jane che giudica le persone in base al fatto che apprezzino o meno le opere della grande romanziera che affezionata custode della sua memoria; più impuntata nel diventare eroina tragica in lutto perenne che a perseguire la propria indipendenza alla morte dell'amato Tom), si limita ad abbandonare il salotto e ad andare a letto in preda a un generico malore. 
Wow, che pathos...
Le cose migliorano un po' nei flashback ambientati nel corso della giovinezza di Cassandra, ma grazie al piffero mi viene da aggiungere: accadono più cose, si vede gente, ma soprattutto si scambiano due parole vivaci con personaggi a cui non è appena morto il padre di malattia, come sua sorella Jane o quel povero pezzo di pane di Mr. Hobday. L'impressione generale però è sempre che l'autrice stia solo scimmiottando lo stile della Austen, che manchi il cuore e quell'ironia sferzante che caratterizza i suoi romanzi. Sostanzialmente i personaggi sembrano tutti pupazzi che si muovono in un determinato modo perché "nei romanzi di Jane era così".

Infine, nonostante il tentativo della Hornby di convincerci per tutto il tempo di avere di fronte una storia profonda mettendo sul fuoco delle tematiche sociali legate al ruolo della donna, nella fattispecie quella non maritata, e alla sua ricerca di un posto nel mondo (tema molto sentito non solo dalle signore dell'Ottocento inglese ma anche nella realtà contemporanea), la resa è di un'inconsistenza rara. Miss Austen è in soldoni l'elogio della zitella acida.
Cassandra è una donna ormai anziana e sola, ma non perché gliene sia mancata la possibilità. Era fidanzata con un uomo morto in circostanze disgraziate a cui si è sentita legata in virtù di non meglio precisate promesse (promesse a cui nessuno, nemmeno la famiglia di lui, si sarebbe sentito di legarla vista la situazione), ha rifiutato un altro uomo che avrebbe potuto renderla felice e fare della sua vita un sentiero sicuro (economicamente e sentimentalmente), e non perché non lo amasse ma sempre con lo spettro di un altro uomo sul groppone o usando ipocritamente la sorella Jane come scusa con pagine e pagine di rottura di coglioni sulla falsariga di:
"Il signor Hobday sembra proprio un bravo guaglione, Cassandra."
"Sì."
"Anche tu non sembri indifferente al suo fascino"
*Meh uhm piripì skafraz ma il morto burupupu...* 😐
"Potrebbe renderti molto felice e io approverei la vostra unione."
"Ma io non ti voglio lasciare sola, Jane, non posso sposarmi"
"Ma smettila, cazzara Non preoccuparti per me cara sorella."
*Meh uhm piripì skafraz ma il voto fatto al morto burupupu...* 😐
Mi accodo a Jane: piantala, 'a cazzara.
Cassandra ha anche ricevuto da Tom in lascito una rendita di 1000 sterline che le avrebbe permesso di mantenere anche da sola una dignitosa stabilità, eppure lei stessa ha deciso di passare la sua vita rendendosi utile, nello specifico accudendo i figli degli altri e diventando un aiuto indispensabile per quelle donne maritate come Mary che mostra a più riprese di disprezzare con uscite del calibro di:
"Ah! La tirannia della donna maritata, persino quando è vedova e senza figli"
Il libro è zeppo di queste frecciatine contro il matrimonio, forse per dare al tomo quell'aria di "modernità a la Sex&the City" che in fondo piace alle fan di Jane Austen. Ma sono frecciatine che lasciano il tempo che trovano, e che possono andar bene se a dirle è una ragazza come Elizabeth Bennet o come la stessa Jane Austen, persone che ridicolizzavano sinceramente la pratica del matrimonio per interesse e le sue accese sostenitrici e non sentivano alcun bisogno di entrare a forza nel club delle "tiranne".
Finché una delle due non ci ha sbattuto il muso.
Ma in bocca a una donna come Cassandra, che da ragazzetta non era così critica a riguardo di questa istituzione ma anzi quando stava capitando a lei pareva più che felice di seguire la via tracciata per le brave donzelle, e che ha passato per sua scelta la vita a fare da balia ai figli altrui, puzza solo di ipocrisia.
Cassandra, sei un fottuto meme di Alpha Woman.
IN CONCLUSIONE...
Il libro in sé non è da buttar via e vista anche la pletora di recensioni entusiastiche in quel del web sono certa che molte fan di Jane Austen possano trovarlo una finestra interessante sulla vita privata della loro autrice del cuoricino. Ma dal canto mio non mi ha fatto provare nulla se non noia e irritazione, e non mi ha fatto entrare come avrei sperato né nel mondo intimo di Jane né in quello della sorella che più le è rimasta accanto.
Sostanzialmente ho letto la storia inutile di una vecchia zitella ipocrita e senza carattere a cui piacevano i romanzi di Jane Austen e che si è ritrovata in mano delle lettere della sua eroina in un vecchio baule: si fosse chiamata Cassandra Smith sarebbe cambiato poco.

Giudizio finale:
🎵 Se sei fan della Austen la sorella ti tira le pietre,
Se non sei fan della Austen la sorella ti tira le pietre:
qualunque cosa fai, dovunque te ne vai
sempre pietre in faccia prenderai! 🎵 

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