domenica 29 novembre 2020

[Recensione] CIAO CHARLIE (1964)

Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Titolo originale:
Goodbye Charlie
Anno: 1964
Regia: Vincente Minnelli
Soggetto: Geroge Axelrod
Sceneggiatura: Harry Kurnitz
Cast: Tony Curtis, 
Debbie Reynolds, Pat Boone, Walter Matthau

Premesse:
All'inizio degli anni '60 la carriera di Vincente Minnelli aveva incontrato una battuta d'arresto e non riusciva a trovare un progetto che lo soddisfacesse: la MGM lo aveva incoraggiato a guardarsi altrove, valutando anche offerte da altri studios, e l'occasione arrivò dalla Fox che gli propose Ciao Charlie, una commedia dai risvolti pruriginosetti, tra uomini che cambiano sesso, seduzione, ipocrisie e ingiustizie sullo sfondo di una Hollywood corrotta e decadente.
Film tratto da una commedia teatrale di modesto successo dove il ruolo di Charlie era interpretato da un'esordiente Lauren Bacall (attrice dall'indubbio fascino androgino), nelle intenzioni della produzione avrebbe dovuto essere interpretato da Marilyn Monroe, scomparsa in circostanze tragiche l'anno precedente, quindi si ripiegò su Debbie Reynolds (madre di Carrie Fisher), attrice non particolarmente amata da Minnelli che la riteneva troppo volgare e priva di fascino e di finezza.
La Fox fu però irremovibile.
A Minnelli, che aveva bisogno di lavorare, toccò abbozzare.
Il risultato, complice una sceneggiatura priva di veri guizzi di genio, è un film che il potenziale forse ce lo avrebbe pure per resistere al passare degli anni, ma che niente, non ce la fa, non decolla, e a tratti fa pure girare un po' i coglioni.

*

DUE RIGHE DI TRAMA
Charlie Sorrel (Harry Madden) è uno sceneggiatore di Hollywood nonché notorio dongiovanni che nel corso di una festa organizzata dal produttore ungherese Sir Leopold Sartori (Walter Matthau) viene ucciso a colpi di pistola proprio dal padrone di casa, a cui Charlie aveva sedotto la moglie Rusty (Laura Devon).
Intuiamo che Sir Leopold non deve essere stato l'unico nome attivo a Hollywood che Charlie si è inimicato a causa delle sue doti amatorie perché alla funzione funebre tenuta nella lussuosa villa di Malibou del morto sono presenti solo il suo agente, un paio di vecchie conoscenze e il suo migliore, nonché unico, amico, lo scrittore George Tracy (Tony Curtis), a cui viene sbolognata l'incombenza di sciorinare un paio di parole alla funzione. Tutti hanno l'aria incredibilmente devastata, specie quella che per ingannare l'attesa si mette a sferruzzare. Seguono a ruota quella che fuma e quello che ha fretta perché dopo deve presenziare a una festa.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
George, l'unico a sentire sinceramente la mancanza di quel mascalzone, scopre di essere anche l'esecutore testamentario del patrimonio di Charlie, o per essere più precisi dei suoi pochi averi semi-pignorati o ipotecati: casa, auto, qualche abito. Deve quindi rimanere per qualche tempo a casa di Charlie, a sistemare i suoi affari.
La notte, rimasto solo, qualcuno entra dalla porta a vetri del balcone.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
E' un uomo vestito tutto da fighettino, il ricco rampollo 
Bruce Minton III (Pat Boone) accompagnato a una ragazza completamente nuda e in evidente stato confusionale: afferma di averla trovata in mezzo all'autostrada mentre si stava recando al compleanno della madre e di averla condotta lì su sua richiesta, poi scappa lasciando che sia George a sobbarcarsi la bega. 
La ragazza a malapena parla, non sa chi sia nè da dove venga, sa solo che deve restare lì, in quel posto si sente al sicuro. George accetta di farle passare la notte alla villa.
Gli argomenti della Reynolds sono inattaccabili, del resto.

La mattina dopo George è svegliato da un urlo disumano: la ragazza finalmente ricorda tutto, ma quanto ha da dirgli risulta difficile da credere. Afferma infatti di essere il suo amico defunto, Charlie Sorrel, che per qualche motivo (probabilmente contrappasso data la sua natura libertina) si è reincarnato nel corpo di questa bella donna bionda: è forte la tentazione di prenderla per una pazza mitomane e cacciarla di casa a calci nel culo, ma lei oltre a conoscere il nome di George conosce talmente tanti particolari intimi su di lui e la loro amicizia da non poter essere che la verità. Charlie Sorrell è ancora vivo ed è diventato una donna.
George la prende bene.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Charlie, superato il primo momento di sconvolgimento decide di trarre vantaggio dalla cosa: da bravo ex-donnaiolo è convinto di aver fatto bingo dal momento che ora può vedersi le tette tutte le volte che vuole e ha dalla sua tutta una serie di vantaggi e armi squisitamente femminili da sfruttare a proprio vantaggio per risollevare le sue finanze.
Spacciandosi per la vedova di Charlie cercherà prima di ricattare le due ex amanti presenti al funerale, Franny Salzman (Ellen Burstyn) e Janine Highland (Joanna Barnes), per farsi dare dei soldi in cambio della promessa di non rendere pubblici i diari del marito, poi di avvicinarsi al suo assassino approfittando di uno dei suoi numerosi party mondani, e infine di sedurre il ricco Bruce Minton III per farsi sposare e avere in questo modo dei documenti d'identità che per ovvi motivi non possiede. 
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Tutti i piani di Charlie però vanno in frantumi.
Scoperto del suo tentativo di ricattare due tra le poche persone che si potevano considerare pseudo-amiche  per qualche assurdo credito che pensa di avere nei confronti delle donne George minaccia di ripudiarlo come amico e di abbandonarlo, costringendolo a dar fuoco agli assegni; quando Bruce le aprirà il suo cuore Charlie avrà pietà dei suoi sentimenti sinceri e gli restituirà l'anello di fidanzamento a cose praticamente fatte (siamo negli anni '60 e avrebbe potuto far dare di matto gli spettatori vedere un uomo, anche se diventato donna, provare sentimenti d'amore per un altro uomo); e sarà Sir Leopold a darle la caccia da buon amatore quale lui era nella vita precedente.
Ironicamente, le parti si invertono.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Charlie capisce che essere una donna è tutt'altro che un vantaggio, e che il sesso femminile non è il branco di mostri velenosi che era convinto fossero a inizio pellicola: sfuggirà a Sir Leopold che si presenta a casa sua e la insegue per tutto l'appartamento per farla sua (e non sembra intenzionato ad accettare un no come risposta), e quando sarà a un passo dal riuscirci entrerà in scena Rusty, folle di gelosia, che sparerà alla donna con la pistola del marito. 
Charlie muore di nuovo precipitando nell'oceano sotto lo sguardo impotente di George, che non solo si tufferà dietro l'amico cercando inutilmente il suo cadavere, ma dovrà sobbarcarsi la responsabilità di tutto dal momento che ufficialmente "la vedova di Charlie" non esiste e non possono coinvolgere la polizia. Sir Leopold, equivocando totalmente il gesto del povero George, gli promette eterna gratitudine.

Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
George, ormai rimasto solo, sente una voce di donna in lontananza chiamare il nome di Charlie: a questo giro sul suo terrazzo compaiono un alano di nome Charlie e una donna di nome Virginia Mason (interpretata dalla stessa Debbie Reynolds), una vicina di casa.
Vedendolo solo e visibilmente ubriaco Virginia decide di fermarsi qualche momento per prendersi cura di lui, meravigliata del fatto che il suo Charlie sembri così affezionato all'uomo. Tra la ragazza e George nasce un'istintiva simpatia mentre la telecamera segue il grosso cane che si reca verso la libreria del Charlie umano, spacca la bottiglia di vodka nascosta dietro un volume di Guerra e Pace e inizia a lappare tutto contento.

*

IMPRESSIONI SPARSE
Un film di quasi 60 anni fa che affronta la storia di un personaggio che si ritrova a dover fare i conti con un corpo che non sente suo non potrebbe diventare un manifesto della disforia di genere nemmeno impegnandosi, quindi ignorerò volutamente la questione e prenderò la trama della storia per quello che è, un uomo etero che per magia si reincarna in una donna asessuata visto che l'unico uomo che bacia è uno che n'altro po' la stupra e di baciare o interessarsi alle donne a parte una pacchetta al culo data a una commessa in segno di apprezzamento nemmeno se ne parla.
Ma anche presa senza vederci sotto chissà cosa la storia della trasformazione di un impenitente casanova che pur di andare a caccia di figa è stato crivellato di pallottole su uno yatch in una donna che capisce che trovarsi dall'altro lato e diventare la preda invece del predatore non è questa gran festa, risulta solo un superficiale, gretto e confuso pretesto comico.
Intendiamoci, la Reynolds è adorabile e fa del suo meglio.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Tanto è affascinante, elegante e seducente quando mette il naso fuori casa e deve recitare il ruolo della non-tanto-affranta vedova Sorrel tanto è grezza e volgare nell'intimità della sua casa, quando interagisce con Curtis, l'unico che conosce la sua vera identità e con cui si può comportare in modo spontaneo: le sue prime interazioni con George sono veramente deliziose
Questa nuova Charlie tiene le gambe larghe, la schiena curva, lo sguardo torvo e fisso in segno di sfida e nel suo bel pigiamone sformato tiene il tono della voce basso. Beve e fuma come un camionista, impreca (il giusto, fino al 1968 ufficialmente si deve tenere ancora conto del codice Hays), ogni parola che pronuncia è una condanna contro il sesso femminile causa della sua rovina, da bravo maschilista di merda qual è.
Mantenere questo contrasto fino alla fine sarebbe stato geniale, un modo di mostrare come l'affettazione femminile, quel modo languido e fragile di sedurre altro non fosse che qualcosa di talmente artificiale e artefatto da poter essere imitato da chiunque.
Invece il film ci tiene da subito a dirci proprio il contrario.

Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Basta che Charlie indossi un completo pantalone bello scollato e già si adagia tra i cuscini del divano come una languida panterona: 
"Che Dio mi benedica, mi sento talmente femminile... Di là ho avuto un desiderio improvviso, prepotente, di tingermi le unghie dei piedi... La mia è la mente di Charlie Sorrel, non occorre che  ti dica com'è, ma è turbatissima da un non so che di morbido e tenero e aderente" 
Quando poi va a farsi i capelli e le unghie al salone di bellezza Charlie è ormai una donna perduta: per tutto il resto del film sa cosa valorizza il suo corpo, come pettinarsi, come truccarsi, sa che ti devi mettere una vestaglia mentre mangi in cucina se no ti sporchi i vestiti (la prima preoccupazione di un uomo scapolo dell'epoca) e entro fine pellicola piange come una fontana per farsi consolare dal suo migliore amico e corre sui tacchi come un fottuto maratoneta. Come se l'essere femmine di classe fosse un pacchetto unico con le tette e l'utero. 
Fosse stato almeno un uomo di classe prima della sua trasformazione la cosa si sarebbe potuta giustificare in qualche modo, invece Charlie dovrebbe essere una scimmia grezza e violenta, un buzzurro che pensa solo alla figa e alle feste. Questo in teoria, ci dobbiamo arrivare dai dialoghi, ma per venire incontro ai gusti di Minnelli (che di fare 'sto film non aveva voglia e si vede) il suo appartamento è elegante ed opulento invece che pacchiano e volgare, sembra una cazzo di galleria d'arte.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Si avverte un flebile sprazzo di vita, qualcosa dell'antico piglio alla Minnelli, giusto nei pochi momenti in cui invece di concentrarsi sulle noiose paturnie di un uomo etero che non riesce a diventare nemmeno una donna lesbica la storia preferisce occuparsi dello sporco e decadente mondo di Hollywood, con i suoi scandali, i pettegolezzi e le ipocrisie di un mondo amorale che promuove la moralità.
Curiosità: Le modalità dell'omicidio di Charlie a inizio film, ucciso sullo yatch di Sir Leopold "nell'adempimento del dovere" richiamano a quelle dello scandalo Ince (1924) che coinvolse il magnate della stampa William Randolph Hearst, la sua amante Marion Davies, Charlie Chaplin che pare avesse una storia con lei e il regista Thomas H. Ince, che si vocifera si beccò un proiettile destinato al famoso comico (ma sulla storia non venne mai fatta piena luce)Che il presunto colpevole fosse il capo di quelli che dovevano dare la notizia non aiutò.
Sir Leopold Sartori invece parrebbe ispirato a Sir Alexander Korda, famoso produttore inglese-ungherese dell'epoca. 
Sir Leopold, che domina la scena col suo ironico gigioneggiare e quel piglio da mafioncello russo dei film di James Bond, è il personaggio che più ci fa immergere in questo marciume: ha ucciso un uomo per motivi futili, un non meglio specificato onore di una moglie che scalda abitualmente i letti altrui, nonostante lui per primo ipocritamente corteggi tutti i bei visini che vede e la moglie Rusty, altrettanto ipocritamente, faccia la gelosilla per onore piantando un proiettile nella schiena di una donna che il marito sta aggredendo.
Sir Leopold se l'è cavata con una cauzione di 50.000 dollari, un totò sulle manine e pubblicità gratuita: se il funerale di Charlie era un deserto, dall'incidente le sue feste sono un'esplosione di vivacità mai vista e figa e lavoro gli piovono addosso come non mai. E' il vero cattivo della storia e non solo non viene punito, ma è addirittura premiato.
Lui la farà franca impunemente.
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Je suis l'ispettor Closeau!
L'omicidio della moglie verrà addirittura insabbiato, ma visto come sono andate le cose prima sarebbe stato comunque inutile coinvolgere la polizia, che o è corrotta o completamente deficiente: l'unico rappresentante delle forze dell'ordine che vediamo in corso di pellicola è un tipo che interroga e pedina George per aggiungere inutile tensione nei momenti morti visto che non si capisce perché lo dovrebbero sospettare di alcunché: 
1) Sartori ha confessato il suo crimine
2) George era in Francia al momento dell'omicidio
3) Charlie ha tutte le proprietà ipotecate o pignorate, era sul lastrico
A fine film 'sto detective, che non è servito a nulla finora, continua a non servire a nulla e scompare proprio: nonostante gli stesse sempre attaccato al culo fino a 10 minuti prima non lo vediamo più quando George torna alla villa di Charlie per assistere al suo secondo omicidio, tanto per rendere l'insabbiamento meno complicato e non distrarci dall'entrata in scena della bella Virginia.
Sarebbe stato imbarazzante...

Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
"L'incidente" di Charlie è per Sartori qualcosa di cui ridere con gli amici a un party (e su cui ironizzare persino con quella che crede la sua vedova, per corteggiarla), così come l'omicidio compiuto da sua moglie ai danni di una donna verso cui sembrava provare perlomeno del desiderio sessuale è minimizzato, trattato come qualcosa che accade fin troppo spesso. 
C'è una generale assenza di morale che a confronto fa sembrare Charlie uno stinco di santo (santo al punto da farsi perdonare per aver rubato la donna che amava al suo migliore amico quando ancora era uomo - ma solo perché non era la donna giusta per lui, s'intende - da reincarnarsi in un cane per fargli conoscere una brava ragazza con cui accasarsi). Insomma il film sembra suggerire che visto che lui fa schifo ma gli altri di più Charlie alla fine dei giochi non faceva poi così schifo nemmeno a inizio pellicola ma era semplicemente un prodotto di quel mondo.

*

IN CONCLUSIONE...
Ciao Charlie è un film profondo come una pozzanghera.
Vuole dichiaratamente solo offrire un paio d'ore di puro divertimento, ma con tematiche invecchiate molto male e molto in fretta. E' anche abbastanza carino, offre qualche sporadico spunto di riflessione ma non riesce ad essere davvero ironico, non è caustico, e non riesce nemmeno a spiccare con la vivacità dei suoi dialoghi o l'erotismo.
Non fa schifo, ma non è memorabile.

La Reynolds sembra andare avanti col freno a mano tirato (sembra che Minnelli la tenesse continuamente a guinzaglio corto sul set), Curtis non è male ma per metà del tempo fa delle faccette stranite per portare avanti la linea comica e si fa pure fregare il ruolo da Walter Matthau che ruba la scena a chiunque non appena mette piede nell'inquadratura.
Chiude in bellezza la carrellata Pat Boone, che nel ruolo di spasimante di Charlie è chiaramente un omosessuale non dichiarato, con quell'ossessione malsana per la madre e il fatto che cominci a interessarsi davvero a Charlie solo quando lei comincia a parlare di motori come un vecchio bro del vicolo.

La storia non decolla mai e il finale è un mix di confusione e cringe, tra lo stupro comico e l'arrivo a caso di una sosia di Charlie con cui Curtis può finalmente limonare senza che il pubblico pensi ad eventuali ripercussioni gay, e quella spruzzata di moralismo spicciolo che non guasta mai.
Minnelli era alla frutta, e penso se ne siano accorti anche i contemporanei.
Recensione del film "Ciao Charlie" (1964) di Vincent Minnelli con Tony Curtis e Debbie Reynolds
Giudizio Finale:
Un brutto film di Minnelli è comunque
un film che la sufficienza la raggiunge.

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