giovedì 17 dicembre 2020

[Recensione] SULLE RIVE DEL PLUM CREEK (LA CASA NELLA PRATERIA #2)

Recensione del romanzo La casa nella prateria 2, Sulle rive del Plum Creek, di Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Titolo originale:
 On the Banks of Plum Creek (Little House on the Prairie #4)
Autore: Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Traduttore: C. Porta
Edizione: Gallucci, copertina flessibile, 210 pagine
Anno: 2016
Euro: 13,50 | Ebook: 8,99

Secondo episodio dedicato ai romanzi della serie La casa della prateria (da cui venne tratto l'omonimo telefilm negli anni '70) su questi lidi e quarto tomo delle avventure di Laura Elizabeth Ingalls Wilder secondo la numerazione americana. 
Ho passato più tempo a cercare di capire che razza di bestia fosse quel coso inquietante in copertina che ghigna al fianco di Laura che a leggere il romanzo, un po' perché il libro ancora una volta è davvero corto e lo centellinavo, un po' perché per indole riesco a sopportare solo un determinano numero di cazzate ripetitive e noiose, quindi ogni tot di pagine mi dovevo fermare a contemplare l'orrido bestio. Sono arrivata alla conclusione che fosse un tasso.

*

DUE RIGHE DI TRAMA
Abbiamo lasciato gli Ingalls in balia di quegli stronzi di Washington, costretti dopo un anno di fatiche e privazioni in terra indiana ad abbandonare la loro bella casetta in Kansas e i loro amorevoli vicini (e quelli meno amichevoli ma più tosti, sexy e abbronzati) per cercare un nuovo posto in cui vivere il sogno liberista di frontiera americano.
Questo posto si rivela essere il Minnesota.
Perché? Ah, boh. Charles non ritiene opportuno spiegarlo né a quel pupazzo della moglie né alle inutili figlie, quindi non lo sapremo mai: sappiamo solo che di fatto il governo non ha regalato agli indiani tutto il Kansas, quindi avrebbero potuto spostarsi di qualche centinaio di miglia e andare in cerca di un altro posto in un territorio che dopo un anno aveva imparato a conoscere nel bene e nel male. Invece no, meglio andare a nord dove le estati sono umide e soffocanti e gli inverni rigidi, a due passi dalla casetta di tronchi del Wisconsin che un anno fa gli faceva schifo ma comunque troppo lontani dalla famiglia della moglie per ricevere aiuto e assistenza. La loro destinazione è Walnut Grovelocalità che i fan del telefilm conosceranno bene dal momento che è lì che è ambientata buona parte della storia (ma nel caso dei romanzi non affezionatevi), nei pressi del fiume Plum.
Per capirsi...
In rosa il Kansas, in rosso il Minnesota
Si sta praticamente in culo al Canada e a nessuno viene in mente di comprare dei cappotti finché non hanno la neve che gli arriva al culo. L'ennesima dimostrazione della lungimiranza di Pa Ingalls.
Qui Charles scambia i due cavallini Pet e Patty e buona parte dei loro miseri aver in cambio di una casa che è praticamente un buco in terra con un tetto di erba, due buoi e (ci tiene a specificare il capofamiglia come se fosse la parte migliore dell'accordo) il terreno coltivato di un tizio che volevo proprio vedere come se li portava dietro visto che ha intenzione di spostarsi a Ovest, il signor Hanson, che non rivedremo mai più e quindi non merita nemmeno la dignità del nome in grassetto. 
Gli Ingalls iniziano la loro vita da Hobbit.
Per il lettore invece comincia la solita sega a due mani alla dura ma onesta e mai eccessivamente disperata vita di frontiera
Laura nonostante i ripetuti divieti cerca di tuffarsi di testa nei punti dove l'acqua del fiume è più profonda e la corrente è forte ma una volta viene dissuasa da un tasso che si pianta a caso sulla sua strada e un'altra riesce a tirarsi su da sola a dispetto della forte corrente, le gonne pesanti e la stanchezza. Poi nel libro successivo si dirà che il padre non le fa guidare il carro perché ha paura che non riesca a trattenere i cavalli se si agitano.
Questa i cavalli te li solleva proprio a mani nude, altro che trattenerli.
Charles, lungimirante come sempre, ha come aspirazione della vita quella di fare il contadino ma forse non gli è chiaro che spostarsi da uno stato all'altro ogni 2 anni e chiedere in prestito l'aratro ai vicini invece di comprartelo non è il modo ideale di intraprendere questa carriera: la storia non è esattamente piena di tribù nomadi dedite alla coltivazione.
● A Natale veniamo investiti dalla solita dose di super bontà natalizia di quarto livello, in quanto le bambine decidono di rinunciare "spontaneamente" ai loro regali per chiedere tutti insieme a Babbo Natale un paio di cavalli da tiro per il padre, che verranno poi ribattezzati Sam e David, ma avanzano comunque i soldi per qualche caramellina e tutti sono felici.
Tutti sono sempre felici.
Charles si fa anticipare legna e chiodi per costruire una casa vera in cambio dei proventi del prossimo raccolto. Nel frattempo non si fa minimamente insospettire dal fatto che i suoi vicini norvegesi chiamino l'inverno mite che stanno affrontando "tempo da cavallette", prendendolo per un simpatico vezzo linguistico straniero. Spoiler: non lo è.
● In primavera, visto che il tempo lo permette e non sono troppo lontani dal centro abitato, le bambine riescono a frequentare la scuola, e nonostante la Ingalls ci tenga a martellare il cuore del lettore parlando dei vestiti troppo corti e semplici che valgono loro parecchie prese in giro da parte degli altri bambini  sofisticati di città le cose non vanno poi così male visto che possono usare gratis i vecchi libri della madre (che prima di conoscere il padre e fare la bella vita della contadina nomade insegnava), comprare una lavagnetta e frequentare con profitto finché il tempo lo permette: qui incontreranno delle vecchie conoscenze del telefilm, la signorina Eva Beadle (che a differenza di quanto accade nella controparte live action non lesina righellate sul culo, ma non ci preoccupa perché ovviamente Laura è brava e giudiziosa e Mary ormai è in lizza per la canonizzazione) ma soprattutto Nellie Oleson, la figlia stronza, viziata e classista del droghiere.
● Nellie Oleson è cattiva perché è vanitosa e invita le amiche a casa sua solo per far vedere loro tutte le belle cose che ha, ma alla fine Laura l'ha sempre vinta e conquista il cuore delle compagne perché da che mondo e mondo i bambini ricchi e stronzi non piacciono a nessuno.
● Tocca rompersi i maroni divertirsi con la chiesa e il catechismo: veniamo a sapere che il buon reverendo Alden è un prete itinerante che serve in più di una congrega (questo è un aspetto interessante della vita di frontiera, ammetto di non averci mai pensato) e quindi non tutte le domeniche c'è la messa. 
Però tratta gli Ingalls come il Papa i coniugi Trump.
Ma che ha di speciale 'sta famiglia?
● Ingalls il lungimirante scopre a proprie spese che quando un norvegese ti dice che quello è un "tempo da cavallette" lo devi prendere alla lettera. Ai primi caldi infatti una pioggia di cavallette arriva e distrugge tutto il raccolto.
A questo punto comincia per i nostri eroi il primo periodo di privazioni-a-misura-di-bambino: certo la mucca è molto magra, l'acqua del fiume schiumosa e stagnante (welcome colera!), papà è lontano perché deve lavorare nei campi altrui per guadagnare qualche soldino (e nessun creditore alla porta che dopo mesi di insolvenza minaccia di cacciarti a calci nel culo nel tuo buco terroso, no no: aspettano pazientemente che tu ti faccia 500 chilometri, ti compri gli stivali nuovi e poi con calma, se t'avanza qualcosa...) e il tempo ci mette il carico da novanta sparando addosso agli Ingalls delle palle di fuoco (sic!), ma alla fine tutto si risolve.
Fortuna che Dio li ama, pensa se ce li aveva sui maroni... 
Con l'inverno arriva una tempesta di neve devastante e con essa il secondo periodo di privazioni-a-misura-di-bambino: fa freddo ma hanno legna in abbondanza e il loro amore a scaldarli, il latte ghiaccia o viene soffiato via dal vento ma hanno rape, fagioli e una stufa calda (vista la precedente esperienza con la canna fumaria costruita da Charles, giustamente, si è optato per la stufa), che a una certa sparerà dentro casa le palle di fuoco 2 (sic!); nevica per tutto il tempo ma hanno sempre da bere per gli animali e la porta della stalla non viene mai ostruita costringendo gli Ingalls a spalare per ore sotto il vento e il gelo; il padre in tutto questo sta di nuovo lontano per giorni, perché di ritorno dalla città ha cominciato a nevicare forte e lui si è perso a 50 metri da casaQuesto perché Egli è il punto di riferimento della famiglia, mica un cretino qualunque.
Col freddo però arriva anche, immancabile come le tasse e la morte, Natale2 dove Laura e i piccoli lettori impareranno che se sei povero come la merda ma onesto buono e umile una volta all'anno qualcuno ti regalerà manicotti e colletti di pelliccia che saranno più belli di quelli della stronza del paese, anche se di seconda mano, e finalmente in culo allo spirito cristiano potrai fare un po' la sciantosa* anche tu.
Sciantosa: termine rubato al dialetto napoletano che a cavallo tra Otto e Novecento indicava l'artista (chanteuse) dei cafè-chantant parigini e oggi va ad indicare una ragazza vestita in modo appariscente, fascinosa e vanerella.
Grazie a tutta questa neve però le uova di cavallette muoiono e Pa Ingalls (che nel frattempo ha capito che forse a dicembre in Minnesota gli serviva una pelliccia e per fortuna il droghiere ne ha giusto una in offerta - perché ormai lo conoscono e credito non gliene fanno più) è certo che ora le cose cominceranno a girare nel verso giusto. E se a questo punto abbiamo imparato qualcosa è che quando Charles Ingalls se ne esce con queste affermazioni pure i gatti neri si devono toccare i maroni.

*

RIFLESSIONI SPARSE
Se La casa nella prateria riportava (molto tra le righe) il difficile rapporto tra i coloni bianchi dell'epoca e le popolazioni indigene, condendo il tutto di quel bel razzismo vecchio stile che intenerisce sempre i nostalgici (nonché il disprezzo malcelato di Pa Ingalls nei confronti della sua famiglia viste tutte le volte che tenta di ucciderli in meno di 200 pagine), a farla da padrone a questo giro è lo spettro del disastro economico e naturale che incombeva continuamente sulla testa dei coraggiosi pionieri.
In questo libro infatti vediamo quanto sia facile per la famiglia Ingalls indebitarsi fino al collo: è bastato acquistare beni di prima necessità in cambio di un raccolto sparito nell'arco di un pomeriggio a causa dei capricci della natura (che prima regala un inverno mite, poi ti scarica addosso una pioggia biblica di locuste, e hai ancora il coraggio di non). Per fortuna siamo in un libro che non può permettersi di deprimere i giovani lettori e nemmeno i genitori dell'epoca della Grande Depressione, un romanzo in cui i protagonisti hanno più culo che anima e non perdono mai l'ottimismo né affrontano mai la fame vera, quindi il piatto di fagioli è sempre sulla stufa e i creditori non vanno a bussare alla loro porta pretendendo anche le mutande ma aspettano pazientemente che a Ingalls avanzino dei soldi.
A questo proposito, nella serie tv a mettere in crisi le velleità contadine degli Ingalls nella prima stagione è "solo" un forte acquazzone che rischia di far marcire le piante: questo non solo negli anni '70 è stato un espediente più fattibile ed economico (nonché meno disgustoso) del far recitare la gente in mezzo alle cavallette ma ha permesso anche di optare per un lieto fine dal sapore quasi femminista, dal momento che la signora Ingalls e le altre tipelle di Walnut Grove si rimboccano le maniche e da sole riescono a salvare il grano dall'acqua mentre i mariti sono lontani.
Recensione del romanzo La casa nella prateria 2, Sulle rive del Plum Creek, di Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Perché alla donna di frontiera, come al cavaliere nero, nun je devi cagà er cazzo.
La TRAMA resta la solita sequela di episodini brevi che vanno a coprire un anno e mezzo di avvenimenti in quel di Walnut Grove (ritroviamo a questo giro diverse cose riportate in maniera più o meno fedele in molti episodi del telefilm: l'arrivo delle bambine a scuola, i dispetti di Nellie Oleson ai danni delle "campagnole" Mary e Laura, l'acquisto di lavagna e gessetto, la festa di Nellie, quella successiva organizzata da Caroline a Plum Creek. Cose che per un'assidua spettatrice della serie ha reso la lettura un po' più piacevole). 
Lo stile è sempre semplice e scorrevole, come ci si aspetta dalla storia raccontata da una bambina piccola, e quel poco di trama che traspare dalle pagine è ancora una volta subordinato a moralette cristiane spicciole o a mettere gli Ingalls nella miglior luce possibileIn buona luce secondo canoni del tempo, cioè, in quanto a livello di PERSONAGGI ritroviamo anche qui quella bella divisione di generi vecchio stampo. Ovvero:

 Pater familias che trascina la famiglia in giro a caso per il paese per diventare il primo contadino nomade della storia ma resta comunque il Superman di casa, sempre accolto dalle sue donne come Re Riccardo di ritorno dalle crociate alla fine di un film su Robin Hood.
Già nel primo capitolo di questa saga lo abbiamo visto fare una cazzata dietro l'altra e anche a questo giro il grosso dei problemi sorge per un  suo errore di valutazione. 
In soldoni questo cretino che non vuole mai sentirsi in debito con nessuno perché gnegne siamo poveri ma orgogliosi si fa consegnare a credito legna, vetro e chiodi per costruire una casa che non è così necessaria come si potrebbe pensare di primo acchito.
Se è vero infatti che a inizio racconto gli Ingalls vivono in un buco nel terreno è anche vero che per secoli in Islanda e altri paesi del Nord Europa simili Turf houses - le case di torba costruite di pietra, legno e ricoperte di erba e terriccio con funzione isolante - hanno rappresentato un'efficiente protezione anche di fronte agli inverni più rigidi.  
Considerando che il tizio da cui hanno comprato la casa era norvegese e che non era ancora morto dopo aver trascorso lì dentro parecchi inverni mi sento di ipotizzare che come architetto della frontiera sapesse il fatto suo. Ma vuoi mettere scarpe, pellicce e cappotti quando puoi farti una cascina di legno con la stufa di ghisa che all'occorrenza spara palle di fuoco per affrontare i gelidi inverni del Minnesota?

 Pupa Mulier, la moglie fantoccio con l'hobby della carità cristiana nei confronti di tutti tranne che degli indiani, che sono incivili, puzzano e ti rubano il pane di mais.
La sua catchphrase è "Oh, Charles!"
Faceva la maestra una volta, ma chi se ne frega. E' sempre silenziosa, umile e obbediente, rimessa alla volontà di un coglione che non può far altro che idolatrare; sempre pronta al sacrificio (suo e delle figlie), tira fuori dalla cuffietta la tanto decantata forza delle donne di frontiera solo in assenza del suo uomo, quando ha addirittura il coraggio di mettere il naso fuori nella tormenta per prendere della legna o il latte dalla stalla. Non ha desideri o ambizioni proprie, ma tanto si eccita con la qualunque ed è felice di tutto, come un Labrador.

 Sorella maggiore Semper Sancta che non a caso si chiama Mary, in quanto anela al ruolo di controfigura della madre di Cristo; sorella di mezzo che secondo la mentalità del tempo sarebbe considerata posseduta da Satana che passa metà del tempo a invidiare la gente ricca e l'altra metà a cercare di uccidersi nel fiume; sorella minore che fa numero.

E il nostro rassicurante sessismo di merda
è bello che servito.
*
A sua difesa però andrebbe detto che questo libro non solo va contestualizzato in quanto figlio del suo tempo, ma è anche rivolto ai bambini: è quindi giustificato nel suo (relativo) happy ending, nel suo non essere mai crudo o pessimista nelle descrizioni della vita di frontiera in cui le bambine si eccitano per una scopa comprata al negozio o per delle scarpe nuove. O sarebbe giustificato, se non fosse che non è più il 1937 e oggigiorno a un bambino queste cazzate demodé coi bambini che devono essere visti ma non sentiti e che a 8 anni non possono nemmeno versare una lacrima perché hanno paura che il padre non torni a casa non gliele puoi far leggere da solo, senza fornirgli degli strumenti critici che lo aiutino a capire quello che ha in mano.
Anche perché arrivato alla scena in cui Laura deve rinunciare alla sua adorata bambola Charlotte per regalarla alla figlia dei vicini (una scena orribile in cui lei sta per piangere al pensiero di separarsi dal suo unico giocattolo serio, un ricordo del periodo passato in Wisconsin, e la madre la rimbrotta pure per la sua mancanza di generosità), figlia dei vicini che nella scena successiva butterà con noncuranza quel regalo nell'aia, in una pozzanghera ghiacciata, questo ipotetico bambino del 2020 o si mette a ridere come un cretino o aspetta che ti addormenti per percuoterti a morte con il blu-ray di Detective Pikachu.

Al secondo volume di questa saga della Prateria arrivo a pensare che questi libri forse sarebbe più utile leggerli in modo critico da adulti, ma a quel punto a meno che non si sia americani di nascita (quindi si ha un padre o un nonno che quei tempi li ha vissuti e amati quanto la piccola Laura) o dei nostalgici generici dei bei tempi andati ci si fa due palle come un cocomero.

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IN CONCLUSIONE...
Il fattore nostalgia in certi casi è come la Sindrome di Stoccolma.
Intesa sia come nostalgia dell'autrice che la porta a romanticizzare un po' troppo la sua famiglia perfetta e il duro lavoro di frontiera (quando non è stato il lavoro di frontiera ma il lavoro borghese e redditizio di scrittrice di successo a tirare fuori Laura Ingalls dalla merda, diciamo le cose come stanno), che come nostalgia del lettore che lo porta a valutare questi libri con gli occhi del bambino di un tempo. 
La vita di frontiera faceva schifo.
Molto più schifo di quanto venga dipinta in questi libri.
La tanto decantata assenza di uno Stato centrale che piaceva tanto ai liberals americani benestanti come la Ingalls (che fu democratica ma solo finché non cominciò a guadagnare i soldi veri) portava quotidianamente nella vita dei pionieri miseria e fame che nessuna canzoncina suonata al violino poteva compensare, ingiustizie sociali e lutti (lutti che andarono a colpire la stessa famiglia Ingalls, anche se qui ovviamente nulla è riportato e addirittura Pa Ingalls riesce a sopravvivere per giorni steso nella neve avvolgendosi in una pelliccia e mangiando caramelle. Ma vaffanculo).

Comunque a questo giro è risultata una lettura appena appena più piacevole del libro precedente e raggiunge la sufficienza, in quanto è stato simpatico ritrovare in queste pagine molte situazioni e personaggi del telefilm omonimo.

Giudizio finale:

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