domenica 20 dicembre 2020

[Recensione] SULLE SPONDE DEL SILVER LAKE (LA CASA NELLA PRATERIA #3)

Recensione del libro "Sulle sponde del Silver Lake" di Laura Elizabeth Ingalls Wilder (La casa nella prateria)
Titolo originale:
 By the shores of Silver Lake (Little House on the Prairie #5)
Autore: Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Traduttore: P. Mazzarelli
Edizione: Gallucci, copertina flessibile, 200 pagine
Anno: 2018
Euro: 13,90 | Ebook: 8,99

Premesse:
Che la Ingalls e figlia abbiano scientemente studiato questa serie di libri in modo che avesse un gusto autobiografico e si romanticizzasse la dura vita di frontiera restando sempre a misura di bambino ci eravamo già arrivati.
Per chi si fosse sintonizzato con noi solo in questo momento a questo proposito invito a leggere:


Che dal secondo al terzo libro si arrivi ad un incomprensibile stacco di  anni in cui nella prima pagina scopriamo che, nell'ordine:

1) Pa Ingalls non è riuscito a fare un raccolto decente (ma dai), riuscendo a malapena a garantire alla sua famiglia il minimo indispensabile per la sussistenza (ma dai 2);
2) Laura ha 13 anni;
3) Esiste una quarta figlia di nome Grace;
4) Tutti hanno avuto la scarlattina;
5) Santa Mary è cieca ma la prende sportivamente;

Fa raggiungere alla serie nuove vette di imbarazzo narrativo (che fa il paio coln la bruttezza del cavallo dalle zampe di gomma che produce ombre verde smeraldo della copertina). La prossima volta che criticherò la Alcott o la Burnett siete autorizzati a ricordarmi che esiste di molto peggio tra le big nella narrativa anglo-americana.

DUE RIGHE DI TRAMA
Nonostante alla fine del precedente episodio regnasse l'ottimismo, non c'è futuro in quel di Plum Creek per gli Ingalls: 3 o 4 anni di raccolti scarsi hanno inciso pesantemente sulle finanze della famiglia, e ora come se non bastasse ci sono anche le spese del dottore.
Ma l'ennesimo deus ex machina è in agguato.
La sorella di Charles, zia Docia, arriva a spron battuto a bordo del suo calesse: sta raggiungendo da sola il marito Hi, un impresario ferroviario, a Silver Lake in South Dakota e vuole assolutamente che sia il fratello ad aiutare il suo sposo occupandosi delle buste paga degli operai impiegati dell'edificazione dei binari che andranno a civilizzare il selvaggio Ovest. 
Per orientarsi:
In arancio, il Minnesota, in verde il South Dakota.
Caroline non è tanto convinta di questo ennesimo spostamento visto che ora c'è anche una figlia cieca a cui badare, ma visto che è una femmina la sua opinione è inutile e Charles non ha intenzione di farsi sfuggire l'ennesima grande occasione: guadagnerebbe 50 dollari al mese per tutta l'estate e potrebbe guardarsi in giro in cerca di un buon lotto di terreno da prendere in concessione prima ancora che il paese attorno alla ferrovia sia edificato, quando cioè la corsa alla terra diventerebbe un Hunger game tra disperati. In fondo basta muoversi prima dell'autunno, dice Charles.
Come diceva anche James Bond:
E sappiamo com'è andata a finire...
Convenientemente (da un punto di vista narrativo) la sera prima di mettersi in viaggio il povero cane Jack ci lascia, morendo pacificamente nel sonno come la vecchia di Titanic. Con una metafora molto fine e per nulla scorreggiona la morte del cane rappresenterà per Laura la fine del periodo felice dell'infanzia, quello delle faccende domestiche quotidiane, dell'accudire le sorelle, della contemplazione estatica della natura che la circonda; con l'età adulta arriveranno le faccende domestiche quotidiane, l'accudire le sorelle, e la contemplazione estatica della natura che la circonda.

In South Dakota la famiglia Ingalls affronterà cose molto interessanti che non faranno assolutamente sembrare queste 200 pagine scarse l'equivalente a misura di ragazzo di Alla ricerca del tempo perduto di Proust:
 Ladri di cavalli che non fanno nulla
 Operai violenti e ubriaconi che non fanno nulla
 La procrastinazione criminale di Charles
 Il razzismo di merda di Caroline
 Un fottio di canzoni folk
Lupi giganti che non fanno nulla
► Coloni usurpatori di proprietà privata che non fanno nulla
► La sparizione di Grace, la sorella totalmente inutile, per circa sei secondi
IMPRESSIONI SPARSE
Le problematiche figlie di una narrazione costruita troppo a tavolino per risultare fresca e vivace condita di quel bell'afrore di liberismo anti New Deal che si trascinano dai libri precedenti rimangono ben piantate lì con le aggravanti della confusione generata nel lettore dallo sbrigativo balzo temporale iniziale e della ripetitività: abbiamo di nuovo la famiglia che fa armi e bagagli diretta verso l'ennesima destinazione provvisoria mentre il padre giura che finalmente le cose stanno per svoltare; l'ennesima pletora di deus ex machina a caso; l'ennesimo volemosebbene con umiltà e lavoriamo sodo che tutto si risolve; l'ennesimo segone a due mani al lavoro duro e onesto di una famiglia di pionieri che si è fatta da sola senza l'aiuto di nessuno. Nessuno se escludiamo quel governo federale cattivo che ti ha permesso di insediarti nella terra di qualcun altro e ti ha regalato acri di terra gratis.

► A questo punto non può più negarlo nemmeno il fan più sfegatato della saga, Charles Ingalls è utile come un culo senza il buco.
Per l'ennesima volta molla tutto e si trascina dietro alla ventura la famiglia dopo un paio di raccolti miseri, segno che fare il contadino non è la vocazione di Pa Ingalls. La soluzione però è andare a Ovest in cerca di altra terra da coltivare.
Ma allora sei scemo.
Arriva a Silver Lake in primavera, in netto anticipo rispetto ai coloni in cerca di concessioni governative: i lotti di terra disponibili al momento sono tutti liberi e Charles avrebbe tempo in abbondanza per esplorare la zona, trovare il migliore, arrivare al centro abitato più vicino e registrare l'appezzamento.
Invece procrastina fino all'ultimo perché una volta è impegnato, l'altra volta fa freddo, poi piove, poi in casa c'è troppa gente, e quell'appezzamento è troppo acerbo... Insomma, per farla breve fa passare un anno e alla fine gli tocca prendersi a sberle con altri disperati per conquistare l'agognato fazzolettino di terra in un posto infestato dalle zanzare.
Avere una figlia cieca non gli basta, Pa Ingalls non sarà soddisfatto finché ognuna delle sue figlie non perirà o resterà menomata a vita: quindi a Laura non è permesso guidare il suo carro perché è pericoloso ma può andare a correre sul calesse della cugina trainato da due pony riottosi; può cavalcare a pelo ruzzolando a più riprese nell'erba e rischiando di prendere calci; può andare a pattinare di notte con la sorella minore vicino alla tana di un lupo dei bisonti.

► Il razzismo di Ma Ingalls sta raggiungendo vette macchiettistiche: questa donna dovrebbe essere il fulcro etico e morale della famiglia, il collante degli Ingalls, la sposa silenziosa e rispettosa, la madre premurosa, caritatevole e cristiana.
Mette sempre i suoi desideri per ultimi, presta la casa a una nostra vecchia conoscenza, il reverendo itinerante Alden (guest star che fa scoprire agli Ingalls l'esistenza di università per ciechi), perché ci serva messa, offre rifugio a perfetti estranei stanchi per il troppo viaggiare.
A patto che si mantengano certe sfumature di bianco-rosé nel suo raggio visivo (nel libro successivo rincarerà la dose anche contro le donne straniere che lavorano nei campi come gli uomini mentre le vere americane no, quando Laura vuole aiutare il padre a raccogliere i covoni di grano), se no le parte il momento David Duke.
"Ho sempre sentito dire che non ci si può fidare di un mezzosangue." disse mamma. Non le piacevano gli indiani e non le piacevano nemmeno i mezzi indiani.
"Ci avrebbero scalpati tutti, sul Verdigris, se non fosse stato per un mezzosangue" disse papà.
"Non ci sarebbe stato nessun pericolo di essere scalpati, non fosse stato per quei selvaggi urlanti" disse mamma "con il gonnellino di pelli di puzzola non conciate che avevano addosso!"
Dopodiché si indigna perché Hi permette che sotto il suo naso gli operai bevano e giochino d'azzardo, e più in là rimprovererà Laura perché si preoccupa dei sentimenti degli animali selvatici e crede alle fate quando i problemi veri sono BEN ALTRI.
► Mary è la sua degna erede, non a caso prima di diventare cieca avrebbe dovuto seguire le sue orme e diventare insegnante (incombenza che ora passa a Laura). Ora che non può vedere più niente è Laura a sobbarcarsi l'incombenza di diventare i suoi occhi e renderla partecipe delle meraviglie che riserva la prateria di Silver Lake. 
Mary la ringrazia per la gentilezza (gentilezza che si traduce in un espediente narrativo noioso e stupido) diventando l'equivalente di un grammarnazi dei social, vale a dire un inutile e gigantesco dito nel culo.
"La strada si apre un varco in mezzo all'erba e dopo un po' finisce. E non c'è più niente" disse Laura.
"Non può essere così." disse Mary. "La strada arriva fino a Silver Lake"
"Sì, lo so." rispose Laura.
"E allora non devi dire così" disse Mary con calma. "Bisogna sempre cercare di dire esattamente quello che vogliamo dire"
[...]
"Oh, Mary! Un cavallo bianco come la neve e un uomo alto, scuro di pelle, con i capelli nerissimi e la camicia rosso fuoco! E tutto intorno la prateria marroncina e... Si sono infilati dritti dentro il sole, che tramontava proprio in quel momento. Andranno col sole fin dall'altra parte del mondo!"
Mary ci pensò un momento. Poi disse: "Laura, lo sai che non può essersi infilato nel sole. Sta andando da qualche parte, qui sulla terra, come tutti noi."
"... Grazie per avermi corretto, Mary..."
► Laura, che è la vera santa dal momento che non manda affanculo la sorella né la molla nel mezzo del nulla per vedere se emula Gli Aristogatti e riesce a tornare a casa, ha 13 anni e tra una corsa gioiosa nella prateria e delle sparate sulla falsariga di "Io credo negli ideali dell'America capitalista e non avrei mai ceduto alle minacce di un gruppo di operai rozzi, sbronzi, biscazzieri, poveri a merda e dall'impiccagione facile che pretendono la paga anticipata, gli avrei detto il fatto loro" comincia a interrogarsi sul suo futuro, ma non troppo se no i piccoli lettori della Ingalls potrebbero cominciare a pensare di avere tra le mani dei libri seri.
● Si intristisce più per il cane morto che per la sorella cieca, per come la morte di Jack vada a simboleggiare la fine della sua infanzia spensierata e a scavare un vuoto enorme nel suo cuore.
Non ne parlerà mai più.
● Il pensiero che una sua coetanea, Lizzie, si sia sposata a 14 anni la fa giungere alle seguenti conclusioni: è vero che questa ragazza dovrà smettere di fare cose divertenti, ma non lavorerà più di quanto non lavorasse da signorina e avrà il beneficio di essere la padrona di casa, ma le responsabilità sono brutte e Laura vuole lasciare che per un altro po' sia la madre a fare la mamma. 
● Con la cecità di Mary le toccherà ereditare il testimone della sfolgorante carriera della madre e diventare insegnante, cosa che la vedrà entusiasta quasi quanto Caroline è entusiasta di sentir nominare il mezzo indiano Big Jerry: del resto la massima ambizione di Laura, spirito selvaggio e irrequieto come quello del padre, è sempre stata quella di vivere nuda come un'indiana. Tempo due pagine e accetta il suo destino col fatalismo di una Jean D'Arc. Che nel contesto è coerente vista la mentalità dell'epoca (ai genitori non è che si poteva disobbedire), ma almeno le altre eroine vittime del destino avverso della letteratura Ottocentesca avevano modo di regalarci un ricco mondo interiore fatto di dubbi e angosce che andavano oltre "uff, che sbatti ma tocca".
Non stai andando a mungere la vacca.

 Carrie e Grace fanno numero e non c'è niente da dire su di loro (nemmeno la Ingalls aveva nulla da dire su Grace visto che la fa spuntare dal nulla come un fungo prataiolo), anche se la scomparsa della quartogenita raggiunge inaspettate vette comiche nel momento in cui si allontana da casa in modalità stealth in cerca di fiorellini e nessuno se ne accorge perché tutti erano convinti che la bambina la stesse tenendo d'occhio qualcun altro.
Ormai il mio approccio con questa serie è diventato scorrere velocemente le pagine ogni volta che l'attenzione si sposta sulle innumerevoli canzoni (a questo giro particolarmente numerose, anche perché in questo libro l'inverno è lungo e da fare non ce n'è) o sulle avventure di questa famiglia di scemi e concentrarmi sul lato prettamente storico e sulle curiosità dell'epoca coloniale che spuntano qui e lì (cosa che però non sembra premere particolarmente all'autrice, la quale puntualmente glissa sulle parti potenzialmente più interessanti, tipo come ha fatto Big Jerry a diventare così influente tra la malavita della zona da impedire ai ladri di cavalli di colpire al sito ferroviario).
E' interessante che con la crescita di Laura anche il paese cresca con lei, e che a questo giro si arrivi a Silver Lake a bordo nientemeno che di un treno (non mancherà un lungo capitolo molto interessante in cui Charles spiega a Laura come viene costruito il binario di un treno), così come alla fine anche se la mia sensibilità moderna inorridisce è interessante toccare con mano un libro che riporti con brutale onestà, nel bene e nel male (a differenza di quanto accada a Don Rosa, autore della vignetta qui presente, che ci mostra solo il coraggio e l'ardimento dell'onesto giovane immigrato scozzese Paperone, lasciando per strada tutta una serie di cose spiacevoli tipiche dell'epoca, Ma Ingalls insegna, che l'America di oggi preferisce lasciare sotto al tappeto), e un certo autocompiacimento da parte dell'autrice le dottrine del Destino Manifesto e del self-made man.
E allora leggendo tra le righe ci si ritrova davanti:

 Sessismo
 Razzismo
 I lupi dei bisonti che vanno spingendosi sempre più a Ovest con l'arrivo dei pionieri, i sentieri lasciati da bufali e indiani che vanno a plasmare la prateria al pari dei binari della ferrovia, quell'insana voglia di Ovest selvaggio che prendeva ogni tanto il colono
► L'esistenza di università fatte appositamente per i ciechi
 Operai sfruttati, incazzati e malpagati che si ritrovano a giocarsi la paga in alcool e gioco d'azzardo e comunque a restituire quei quattro spiccioli che guadagnano (o vincono) ogni due settimane all'azienda ferroviaria, che possiede lo spaccio in cui questa gente deve giocoforza rifornirsi per acquistare liquore, cibo e altri generi di prima necessità nel loro viaggio sfiancante verso Ovest.
In pratica, lavorare gratis ma non chiamarlo schiavismo perché suona male.
Spicca tra questi operai la figura di un vecchio curvo e debole, che essendosi sempre distinto per la serietà e l'etica lavorativa viene premiato dall'azienda che lo tiene caritatevolmente a distribuire l'acqua agli operai.
 Meticci franco-indiani come Big Jerry (probabilmente frutto di stupri ai danni delle native, anche se la Ingalls ovviamente non ne parla) che possono essere o meno delle brave persone, difendere a più riprese degli onesti lavoratori e gli interessi dell'azienda ferroviaria e del capitalismo ma si ritroveranno sempre ad agire un po' in una zona grigia, troppo indiani per fare un lavoro onesto senza essere giudicati dalla prima stronza bigotta onesta madre di famiglia della zona, troppo bianchi per trovare un loro posto tra le tribù del Sud.
IN CONCLUSIONE...
Le avventure di questa famiglia di disagiati della prateria continuano a non prendermi neanche un po' (neanche il breve cameo di Almanzo, futuro marito della Ingalls, desta il mio interesse non essendo una fanatica delle trovate da telenovela argentina) e non posso neanche sperare che in uno dei libri futuri arrivi un uragano a portarseli tutti nella terra di Oz dal momento che almeno Laura sopravvivrebbe abbastanza da dare alle stampe questi libri, e non ci sarebbe scampo. 
L'ambientazione ferroviaria a questo giro ci ha permesso di toccare con mano quell'America disperata e speranzosa che stava trasformando un'asse di legno alla volta il volto di quel Selvaggio Ovest che avrebbe fatto da sfondo a uno dei miei generi cinematografici preferiti, il western: nel farlo la Ingalls non si limita a proiettarsi con fiducia verso il futuro come ogni brava Americana del New Deal ma contempla con malinconia ciò che ci si è inevitabilmente lasciati alle spalle: il cane Jack, la propria infanzia, ma soprattutto la bellezza selvaggia della prateria che deve far posto ai binari del treno e alle baracche edificate dai coloni.

Continuo a pensare che La casa nella Prateria abbia più valore da un punto di vista storico che narrativo e, di nuovo, un bambino del 2020 dovrebbe leggerlo solo come spunto per riflessione sui bei tempi andati in compagnia di un genitore o un insegnante.

Giudizio finale:

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