domenica 31 gennaio 2021

[Recensione] LA SPADA NELLA ROCCIA

Recensione del libro "La spada nella Roccia" di Terence H. White (Re in eterno #1)
Titolo originale:
 The sword in the Stone (The once and future King #1)
Autore: Terence H. White
Traduttore: R. Prinzhofer
Edizione: Mursia, copertina flessibile, 240 pagine
Anno: 2001
Euro: 13,30

Premesse:
La spada nella roccia nasce dalla penna e dalla fantasia dello scrittore Terence H. White come libro unico, e rappresenta una rilettura del mito arturiano a misura di ragazzi che affronta un periodo (al tempo) poco affrontato della leggenda, vale a dire la fanciullezza umile di Artù fino all'estrazione della famosa spada dalla roccia.
Il film Disney lo conosciamo tutti.
Scritto nel 1938, il romanzo può essere comunque considerato un'opera post-bellica dal momento che la forma riveduta e corretta, che si trova all'interno della tetralogia Re in eterno (Once and Future King, 1958), incorpora episodi appartenenti originariamente al Book of Merlin (pubblicato postumo) come quello delle oche e quello delle formiche. Gli altri tre volumi che compongono questa saga sono The Queen of Air and Darkness (1939), conosciuto anche come The Witch in the Wood; The Ill-made King (1940), incentrato principalmente su Lancillotto e sul suo apporto alla coppia Artù-Ginevra; The candle in the Wind (1958).
Considerato universalmente un classico imprescindibile della letteratura fantasy, viene citato non solo nei romanzi di autori del calibro di Lev Grossman e Cassandra Clare (uao!) ma anche nei comics (viene citato più volte come il libro preferito del professor Xavier), ed è l'opera che forse è riuscita a plasmare con più forza l'immaginario arturiano fino ai giorni nostri, dando vita non solo al già citato film Disney ma ispirando anche serial del calibro di Merlin (uao! 2). Insomma, non ci troviamo davanti esattamente il più fesso dei romanzi per ragazzi.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Art, chiamato da tutti Wart (porro, verruca) è un giovane orfano che viene cresciuto dal buon Sir Ector ed educato come cavaliere insieme a Kay, il figlio naturale. Naturalmente le origini di Wart (White non lo dice esplicitamente ma più che un orfano Wart sembra un figlio illegittimo, o un bastardo che dir si voglia) non gli consentono di seguire esattamente le orme del suo quasi-fratello, perché mentre Kay per le sue nobili origini è destinato a diventare cavaliere, l'educazione di Wart lo porterà a diventare al massimo il suo scudiero. La cosa però non è che lo turbi più di tanto. Kay è irruento, egocentrico, arrogante e facile all'ira ma in fondo non è cattivo e Wart, che è un discepolo nato col culto dell'eroe, ritiene che servirlo sarà un onore e un piacere.
Contento lui...
E' proprio uno dei colpi di testa di Kay, che nonostante i consigli di Wart decide di fare di testa propria e fa innervosire il falco Cully fino a farlo scappar via, a dare il via all'azione: Wart, nel tentativo di recuperare l'animale, si perde nel folto del bosco: qui viene inseguito da un arciere senza nome, incontra uno scalcagnato cavaliere errante di nome Re Pellinore, la cui missione è vagare per la selva in cerca della Bestia Errante, e infine il suo girovagare senza meta lo porta a una casetta in cui abita un vecchio mago di nome Merlino.
Merlino si rivela da subito un personaggio decisamente peculiare.
"Dannato questo, dannato quello" aggiunse il vecchio, sollevando il secchio del pozzo con uno sguardo malevolo. "Perché non possono farci avere la luce elettrica e l'acqua dell'acquedotto?"
Indossava un'ampia veste lunga, con quattro stole ricamate con i segni dello zodiaco e vari segni cabalitici, come triangoli con occhi dentro, strane croci, foglie di alberi, ossa di uccelli e altri animali nonché un planetario con stelle che brillavano come pezzi di uno specchio quando il sole vi batte sopra. Portava un cappello a punta simile a quello che si mette in testa agli scolari negligenti o al copricapo usato dalle dame dell'epoca, solo che le dame avevano anche un pezzo di velo fluttuante alla sommità. Possedeva anche una bacchetta magica di lignum vitae, che aveva posato sull'erba davanti a sé, e un paio di occhiali con montatura di corno come quelli di Re Pellinore. Erano occhiali fuori dal comune, perché mancavano delle stanghette, con una forma che ricordava più quella delle forbici o delle antenne della vespa pepsis.
Come si scoprirà ben presto, Merlino non solo ha straordinari poteri magici, mostardiere senzienti e un gufo parlante di nome Archimede per amico, ma ha anche il dono della retroveggenza:
"Purtroppo nacqui all'estremità sbagliata del tempo e devo vivere all'indietro rispetto alla parte anteriore, mentre sono circondato da gente che vive in avanti rispetto alla parte posteriore. Alcuni chiamano ciò avere una seconda vista." Fece una pausa e lanciò a Wart uno sguardo ansioso. "Te lo avevo già detto prima?"
"No. Ci siamo conosciuti solo mezz'ora fa"
"E' passato così poco tempo?" disse Merlino, mentre una grossa lacrima gli scorreva lungo il naso, fino alla punta. Se l'asciugò col pigiama e soggiunse con ansia: "Te lo dirò ancora?"
"Non lo so." rispose Wart. "A meno che non abbiate ancora finito di dirmelo"
"Lo vedi, ci si confonde sempre con il Tempo, quando è così."
Grande Giove...
Merlino, una volta aiutato il ragazzo a recuperare il falco smarrito, si offre di riaccompagnare Wart al castello di Sir Ector e di restare come precettore dei due ragazzi dal momento che il posto è vacante.
Merlino si occuperà principalmente dell'educazione di Wart dal momento che la sua retrovisione gli ha rivelato le grandi gesta a cui questo giovane sarà destinato, un'educazione basata sull'esperienza che mirerà a fargli comprendere la natura del potere e a metterlo in guardia dagli abusi in cui è facile incorrere di fronte a un eccessivo accentramento di autorità (quale è la monarchia o, per usare un esempio un pelo più contemporaneo, una dittatura fascista).
L'anziano stregone, tra una lezione canonica e l'altra, farà vivere a Wart incredibili avventure, userà su di lui le arti magiche fornitegli in via temporanea da una non meglio precisata autorità divina per trasformarlo in pesce, in falco, in formica, in tasso o in oca, o per fargli conoscere figure della leggenda come Robin Hood Wood e Lady Marian.
"Lei deve essere Robin Hood"
"No, si pronuncia Wood"
"Ma mi avevano detto che era Hood"
"Beh, avevano torto, le pare?"
Passano gli anni.
Mentre il giovane protagonista diventa adulto muore, senza eredi, il re Uther Pendragon (segnatevelo, ci tornerà utile) e il cammino di Wart e Kay si divide com'era necessario che accadesse: Kay inizia l'educazione da cavaliere, Wart quello da scudiero. Nel frattempo Merlino, terminato il suo compito di precettore, li abbandona.
Tanto, dice, non sarà un addio.
Passa il tempo e Kay viene investito cavaliere.
I nuovi cavalieri necessitano di partecipare a una giostra e Kay decide di recarsi a Londra, dove i più forti cavalieri del paese stanno facendo a gara a chi ce l'ha più lungo per decidere chi debba ereditare il trono di Pendragon, dal momento che nessuno è riuscito ad estrarre la spada nella roccia che dovrebbe decretare il legittimo erede del defunto re (segnatevelo 2). Ma una volta giunto all'arena del torneo Kay si rende conto di aver dimenticato la spada alla locanda: ordina a Wart di andargliela a prendere, in cambio di uno scellino sonante. Wart sta quasi per dirgli dove può ficcarsi il suo scellino ma si ricorda di avere l'indole dello scudiero e che Kay non è uno stronzo arrogante, anche se fa comunque un'ottima imitazione, e si affretta ad eseguire il compito. 
Il problema è che tutti, compresi i proprietari della locanda, sono corsi ad assistere al torneo e non c'è modo per Wart di entrare nelle loro stanze per recuperare l'arma del suo cavaliere. Ma quando si dice il culo a due passi, nel cortile di una chiesa, c'è una vecchia spada infilzata in una roccia.
Recensione del libro "La spada nella Roccia" di Terence H. White (Re in eterno #1)
Wart si adopera per estrarla: senza successo da principio, ma dopo l'arrivo di tutti i suoi amici animali che gli rammenteranno le lezioni apprese da Merlino fino a quel momento, riuscirà ad estrarla e a portarla a Kay. 
Kay, che non è stronzo arrogante manco per niente, riconosce la spada di Pendragon e dice al padre di averla estratta lui (con la forza del pensiero, ho pensato io, visto che non si è mai mosso da lì).
Sir Ector, che non è scemo, non ci casca.
Sa che in qualche modo il responsabile è Wart, ma al tempo stesso fatica a credere che Wart sia destinato a diventare il re di tutta l'Inghilterra. Lanciato al figlio uno sguardo di paziente e pietosa sopportazione alla "madonna, quanto ti ho cresciuto scemo", porta i due ragazzi alla chiesa e chiede a Kay di "ripetere il miracolo". Kay non riesce e ammette che la spada l'ha estratta Wart.
Ci potevi anche pensare prima di fare questa figura di merda.
Wart dal canto suo fa un po' lo sborone e per buona misura la estrae quattro o cinque volte come se fosse piantata nel burro, nel caso in cui qualcuno ancora non si fidasse: questo lo decreta senza dubbio come erede di Pendragon. Sir Ector e Kay si inginocchiano per rendergli omaggio e Wart, giustamente ha un attacco di panico.

Wart è incoronato re.
Riceve doni da tutti i sovrani della zona, dai potenti del mondo, persino dai suoi amici animali. Ma è un cappello a punta regalatogli da Sir Ector a colpire la sua attenzione: questo si trasforma in Merlino che rivela a Wart il segreto delle sue origini. Wart non è un orfano qualunque ma l'unico figlio di Uther Pendragon: è quindi destinato alla corona per diritto di nascita, non perché ha tirato fuori un pezzaccio di ferro vecchio da una pietra, e il suo vero nome è Arthur.

IMPRESSIONI SPARSE

La spada nella roccia, ma in generale la tetralogia di The Once and future king, nasconde (ma neanche troppo bene) un'allegoria politica sulla natura del potere, allegoria tutt'altro che ottimistica possiamo aggiungere dal momento che nei volumi successivi il regno di Artù sarà tutt'altro che pacifico e illuminato, per quanto Wart sia stato instradato sulla via del buon governo nel modo migliore possibile, e da forze superiori. 
Questo perché se da un lato è il mito stesso di Artù a incarnare la fine di un'età retta e l'inizio di un'epoca incerta di sgretolamento di antichi valori e saggezza (è più o meno la stessa roba che ciccia fuori la Bradley nella saga di Avalon), dall'altro White, come altri intellettuali dell'epoca, di fiducia nel futuro ne aveva rimasta ben poca dopo la seconda guerra mondiale, nello specifico dopo che governi malgestiti da sovrani sanguinari assetati di potere avevano squassato l'Europa nelle fondamenta.
E' un po' quello che abbiamo già visto nel più famoso Signore degli Anelli, dove l'happy ending, se così lo si vuole chiamare, è a dir poco amaro, con le creature antiche che abbandonano in massa la Terra di Mezzo perché si possa dar vita all'Era degli Uomini e l'ultimo re Numenoreano che, seppur più lentamente dei comuni mortali, invecchia e muore.
► Il re del fossato, o Vecchio jack, il luccio che Wart incontra nel corso della sua prima avventura magica in sembianze di pesce, rappresenta il potere nella sua forma più pura (come esplicitato chiaramente dalla prosa), e il ritratto fin dalle prime righe non è lusinghiero o affascinante: 
"Il grosso corpo, in ombra e quasi invisibile tra gli steli, terminava con un viso segnato da tutte le passioni della monarchia assoluta, dalla crudeltà, dal dolore, dall'età, dall'orgoglio, dall'egoismo, dalla solitudine e da pensieri troppo forti per un solo cervello. Se ne stava là sospeso, l'enorme bocca ironica con gli angoli costantemente ripieqati all'ingiù in una specie di malinconia, le mascelle perfettamente rasate che gli davano un'aria americana, da zio Sam. Era senza rimorsi, disincantato, logico, predatore, feroce e spietato... Ma il suo occhio, simile a un grosso gioiello, era quello di un cervo ferito, grande, impaurito, sensibile e colmo di angosce."
Il re dei pesci è in ombra, letargico ma crudele, pronto ad affondare i denti alla prima distrazione di Wart (che alla fine di una breve udienza sfugge per un soffio alle sue numerose file di denti), spaventoso ma anche spaventato, fiero del potere acquisito (l'unica cosa che conta a suo dire, conquistare e mantenere il potere) ma colmo di angosce. Ci viene offerto il ritratto impietoso di un vecchio re crudele che ha nella forza (nella fattispecie forza fisica) l'unica ragione di vita, quello che potrebbe diventare Wart se si lasciasse corrompere da esso (ed è interessante il paragone con lo Zio Sam, che proprio in quel periodo si apprestava a diventare superpotenza mondiale): nel frattempo Merlino molla la lezione (e Wart) per curare un pesciolino malato, a mostrargli che non è il potere ma la compassione che dovrebbe guidare il buon monarca.

► Dopo aver assistito a un duello ridicolo tra Re Pellinore e Sir Grummore Grummursum, in cui i due si  lanciano insulti in lingua aulica seguendo alla lettera quello che si rivelerà essere un copione e finiscono a scraniarsi contro gli alberi per svenire insieme (cosa che ridimensionerà di molto la futura devozione di Wart nei confronti del neo cavaliere Kay), Merlino trasformerà Wart in uno smeriglio per fargli trascorrere la notte nella falconiera di Sir Ector. Wart a questo giro si ritroverà davanti non delle burlette ridicole ma una vera e propria società spartana, di stampo militarista.
Di nuovo però il ritratto non è lusinghiero:
"Raccontano come sono stati catturati, quello che riescono a ricordare di casa loro: parlano del loro albero genealogico e delle gesta compiute dai loro avi, dell'addestramento e di ciò che hanno imparato e che impareranno. E' una conversazione da militari, in realtà quale si potrebbe udire nella mensa di un reggimento scelto di cavalleria: tattica, armi leggere, scommesse, cacce famose, vino, donne e canzoni."
"Un altro argomento", proseguì. "è il cibo. E' un pensiero deprimente, ma sono addestrati soprattutto per mezzo della fame. Sono un gruppo di affamati, poveracci, che pensano ai migliori ristoranti dove solevano recarsi, con champagne, caviale e musica zigana. Naturalmente tutti sono di sangue nobile"
"E' una vergogna che vengano tenuti prigionieri e affamati!"
"Be, in realtà non capiscono di essere prigionieri, non più di quanto non lo comprendano gli ufficiali di cavalleria. Si considerano dedicati alla loro professione, come un ordine cavalleresco o qualcosa del genere. Vedi, l'appartenenza alla falconara, in fondo, è limitata ai rapaci... E questo aiuta molto. Essi sanno che nessuna delle classi inferiori potrebbe esserci ammesso. I loro posatoi non portano merli o meschinità simili. E poi, in quanto all'essere affamati, sono lungi dal morire di fame o cose del genere. Sono in addestramento, capisci, e come tutti coloro che si sottopongono a un addestramento severo pensano al cibo."
A caratterizzare i rapaci sono ossessione per i gradi, per i natali e la cieca obbedienza a chi sta più in alto di grado (anche se un superiore si dovesse rivelare un falcone mezzo pazzo che la notte viene rinchiuso in una gabbia isolata, arriva ad attaccare anche i suoi stessi compagni e impreca contro fantomatici bolscevichi).
Ma ogni buona società militare necessita di una prova di coraggio.
A Wart verrà quindi chiesto di restare accanto a Cully, col rischio di venir assalito, per un certo periodo di tempo. Nonostante all'inizio sia Wart a temere la furia di Cully, in realtà si scoprirà che è proprio Cully ad essere terrorizzato da lui, ed è la paura a spingerlo ad attaccarlo nonostante il ragazzo non sia una minaccia e addirittura faccia parte del suo "reggimento di eletti". Riuscito nell'impresa con inaspettata bravura e mostrando un sangue freddo che non sapeva di possedere, sarà acclamato dagli altri falchi come un eroe.
Le lezioni da imparare per il futuro re (e per il lettore) qui sono molteplici:
 Le società militaristiche sono pericolose, specie se in mano a un pazzo.
● I sovrani più aggressivi sono segretamente dei codardi.
● Il coraggio è la virtù di un buon sovrano.

► Segue a una parabola molto delicata e per nulla irritante e stronza in cui Merlino racconta a Wart della benevolenza di Dio, che nella sua generosa imperscrutabilità ringrazia una coppia di poveri che sono stati ospiti squisiti per un rabbi che si trovava in viaggio col profeta Elia facendogli morire la mucca, l'unica fonte di sostentamento che hanno, perché era programmato che morisse la moglie invece così è morta solo la mucca.
Così giustamente senza mucca si muore di fame in due, sei sveglio.

► La lezione successiva ce la insegnano le formiche, e per quanto sembri impossibile White riesce ad essere ancora più esplicito nella sua critica ai totalitarismi (in questo caso, lo dice esplicitamente, comunista) di quanto sia stato finora.
Davanti all'ingresso del formicaio campeggia un cartello che recita: "TUTTO CIO' CHE NON E' PROIBITO E' OBBLIGATORIO"; nella testa di Wart continua a ronzare una sorta di fastidioso segnale radio connesso a tutte le creature del formicaio che scandisce le giornate, l'organizzazione e persino i loro pensieri, perché siano un'unica entità obbediente; le formiche sono pericolose, belligeranti al punto da attaccare a vista qualunque essere non abbia il loro odore (ma finché il sangue che gronda è degli altri, va tutto bene), ma anche pazienti al punto da ripetere un compito sgradevole all'infinito, meccanicamente, fino a raggiungere il risultato sperato.
In più, non pensano e non comunicano.
"Wart aveva voglia di domandare alla formica perché non riflettesse prima su ciò che doveva fare e provava l'irritazione che si prova vedendo eseguire male un lavoro. In seguito desiderò poter porre parecchie altre domande, quali ad esempio "Ti piace fare il becchino?", oppure "Sei uno schiavo?", o ancora "Sei felice?"
Lo straordinario era che non poteva fare queste domande. Per farlo, avrebbe dovuto tradurle nel linguaggio delle formiche attraverso le antenne e ora scopriva, con una sensazione di impotenza, che non esistevano vocaboli per le cose che voleva dire. Non vi erano parole per felicità, libertà, piacere e neppure per i loro opposti. Si sentiva come un uomo muto che cercasse di gridare "Al fuoco!". Il modo di accostarsi maggiormente a "giusto" o "sbagliato" era dire "fatto" o "non fatto".
Ascoltando le loro trasmissioni Wart imparerà comunque qualcosa in più sul paese delle formiche nel breve tempo trascorso tra loro, cosa che lo porterà a capire il valore della libertà individuale, del libero pensiero, del rispetto, della pace e blablabla... 
In soldoni: ci sono due nidi di formiche.
In entrambi i nidi le formiche sono troppe e muoiono di fame.
La soluzione logica è far nascere più formiche perché ci siano più formiche affamate e incazzate che possano appropriarsi a pieno diritto delle scorte altrui. A quel punto ai due gruppi di formiche incazzate e affamate non resterà altro da fare che massacrarsi a vicenda per difendersi dalla controparte, che è diventata troppo numerosa e aggressiva e va attaccata prima che attacchi per prima. Wart a questo punto viene salvato da Merlino poco prima che li due gruppi comincino a massacrarsi a vicenda. Manco a dirlo, sono le creature che trova più disgustose.

► L'ultima lezione di Merlino permette a Wart di entrare finalmente in contatto con un modello politico positivo e non autoritario: Wart si trasforma in oca e può sperimentare il magico mondo dell'individualismo capitalista.
Era ora, stavo in pensiero.
Su cos'altro poteva farsi i seghini un inglese del Novecento, del resto?
Gli uccelli, scoprirà Wart attraverso la sua nuova amica Lyok-Lyok, non hanno re né capi a meno che non saltino fuori spontaneamente (ad esempio cicciando fuori una spada da una roccia); sono liberi ma sono comunque soggetti alla legge dal momento che hanno una specie di sistema parlamentare; non si fanno la guerra e non si uccidono tra loro come le formiche, al massimo si azzuffano per la figa ma niente di serio; volano talmente in alto e migrano talmente lontano che i confini nazionali spariscono, ma hanno un rigido concetto della proprietà privata per quanto riguarda i semini. E' stato l'individualismo a permettere loro di vivere in maniera tutto sommato pacifica, perché collaborare è una cosa da sporchi comunisti.

Questa è una lezione, quella più importante per White (e per i contemporanei), che Wart mancherà di mettere a frutto del tutto. Per quanto ben intenzionato, per quanto nei libri successivi si adoperi ad essere un monarca retto e giusto, per quanto  usi la forza e il coraggio appresi nel corso delle sue esperienze animali a fin di bene e tenti, attraverso la famosa tavola rotonda, gli ideali di cavalleria, gli ideali religiosi o introducendo un sistema di leggi civili, di incanalare la cieca e decadente violenza guerriera dei suoi uomini e limare le differenze tra lui e i suoi cavalieri, opterà comunque per un sistema monarchico, un sistema di accentramento del potere che i suoi sottoposti (e la sua stessa famiglia) cercheranno di sovvertire con ogni mezzo.
Artù in quanto re è quindi destinato al fallimento.
Con buona pace del film Disney dove 'sto stronzo andava in giro al massimo ad arrapare le scoiattole.

IN CONCLUSIONE

La spada nella roccia può essere classico quanto vuole, intelligente quanto vuole (gli anacronismi che molti hanno trovato irritanti io li ho trovati geniali e arguti, perché perfettamente inseriti nel concetto di retroveggenza di Merlino), profondo quanto vuole, importante quanto vuole nel panorama della letteratura fantastica, ma non sono riuscita proprio a farmelo andar giù. Erano 240 pagine e mi son sembrate 2000.
Pensare di arrivare a leggere l'intera quadrilogia è utopistico.

Lo stile mi risulta nella maggior parte del libro indigesto (riesco a salvare solo le poche parti non allegoriche, quando deeograzie non compaiono tutti quei maledetti animaletti parlanti e qualcosa di vago sembra accadere), la morale stantia anche senza voler tirare in ballo i personaggi femminili inutili e imbarazzanti (Marian che, la prosa ci tiene a specificarlo, non sa mai fare nulla meglio di Robin, o la nutrice che serve solo a piangere e rompere i coglioni. Rabbrividisco al pensiero di quello che saranno Ginevra o Morgana nei capitoli successivi) o i riferimenti etnici offensivi dal momento che, essendo un libro figlio del suo tempo, presenta giocoforza cose che oggi farebbero rabbrividire.

Sostanzialmente poi preferisco quando un libro riesce a mettere sul fuoco le sue metafore e le sue morali in maniera un pelo più sottile e meglio inserite nella parte fantasy della trama di modo che possa andarmele a tirar fuori da sola senza farmi fare la lezioncina dall'animaletto di turno come accade al protagonista (che sottolinea addirittura sotto quali totalitarismi dovrei sentirmi più indignata). Non mi piace farmi tirare i messaggi in faccia a ceffoni con dei siparietti infantili, e possibilmente preferisco che nel mezzo di una favola medievale con gli animaletti che parlano e Robin Hood-che-qui-è-wood-a-caso non salti fuori a caso un rabbino che interroga un profeta per capire la divinità che dovrebbe essere buona perché ti ammazza la vacca invece della moglie.

Insomma, con tutta la consapevolezza e il rispetto per il messaggio di fondo (relativamente parlando, il fatto che per l'autore esistano totalitarismi peggiori di altri mi sta proprio in culo, e la storia dell'individualismo degli uccelli come chiave per la pace universale non mi riesce proprio ad andar giù) e per l'importanza di White all'interno del panorama fantasy e con la piena consapevolezza che un amante del genere in questo momento sta per avere un malore, per me La spada nella roccia è un grosso NO.
Recensione del libro "La spada nella Roccia" di Terence H. White (Re in eterno #1)
Giudizio Finale:

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