lunedì 15 febbraio 2021

[Recensione] DISINCANTO (Parte 1)

Recensione della serie tv Disincanto Parte 1 (ep. 1-10), di Matt Groening
Titolo originale
Disenchantment
Paese: Stati Uniti
Anno: 2018
Distribuzione: Netflix
Ideatore: Matt Groening, Josh Weinstein
Stagione: 1 (parte 1)
Episodi: 10
Cast: Abbi Jacobson (Rossa Caputo), Nat Faxon (Edoardo Stoppacciaro), Eric Andre (Alessandro Quarta).

Premesse:
Matt Groening nel corso della sua carriera artistica ha avuto la fortuna, o la sfortuna a seconda dei punti di vista, di creare i Simpson, una serie che ha cambiato il mondo della moderna animazione occidentale dimostrando che un prodotto d'animazione poteva essere scorretto, cinico, scritto e pensato per gli adulti.
Si potrebbe anche ribattere che i cartoni animati per adulti non siano una cosa che arrivano di punto in bianco nel 1989 e che Matt Groening non abbia inventato proprio niente (si pensi ai cartoni scollacciati di Betty Boop degli anni '20, alla serie animata di Star Trek del 1973 o a Chi ha incastrato Roger Rabbit? del 1988), ma bisogna comunque prendere atto della rivoluzione culturale che rappresentarono al tempo i Simpson.
Dopo più di 50 anni in cui era stata la Disney a fare da motore trainante nel campo dell'animazione e a dettare i canoni del genere con prodotti educativi, rassicuranti e moraleggianti destinati principalmente ai bambini, un cartone animato con dei pupazzetti gialli dalle voci buffe tornava a parlare agli adulti e fare satira pungente puntando ironicamente il dito contro il razzismo, l'ipocrisia della politica, gli abusi delle classi agiate, la religione, gli ideali di una realtà borghese in declino.
Ai Simpson segue Futurama, serie che tra alti e bassi a livello di produzione riesce a colpire più duro e a ironizzare sul presente in modo più cinico, toccando occasionalmente vette emotive di rara bellezza. 
Nonostante abbia la sua buona fetta di appassionati, Futurama non ha raggiunto il successo ad ampio raggio dei Simpson, forse a causa di riferimenti geek piuttosto oscuri se non si è proprio dei fissatoni (e al tempo stesso il geek esagitato e rompicoglioni è una figura su cui la serie, come un po' tutti i prodotti di Groening, ironizza molto) o del fatto che a una certa tenti di lasciarsi alle spalle il piglio demenziale e autoconclusivo per costruire una trama orizzontale più matura e lineare. Futurama è un tentativo di allontanarsi dai Simpson riuscito a metà, e il motivo forse ce lo dice lo stesso show nell'episodio Attacco Alieno (When Aliens Attack):
Fry: Jenny, sei pazza?! Non puoi sposarti!
Leela: E invece sì. E' una finezza ed è inaspettato.
Fry: Non è quello che vuole il pubblico televisivo! Le finezze lo fanno sentire stupido e le cose inaspettate lo spaventano! Il pubblico non vuole niente di originale, vuole vedere la stessa roba che ha visto centinaia di volte.

Arriviamo a Disincanto.
Sull'onda della Game of Thrones mania Netflix commissiona 20 episodi di fuffa fantasy a un Groening che ha perso da mo' il controllo artistico sui Simpson e ha passato anni a litigare con la Fox per tenere in vita Futurama. Groening capisce l'antifona, smette di guardare GoT, di cui fino a quel momento era un discreto fan, e costruisce qualcosa che non solo prende le distanze da un prodotto che gli avrebbe portato facili like da chi in fondo vuole sempre la stessa fanta-fuffa riscaldata e qualche citazione qui e lì ma si distacca in toto anche dai suoi lavori più famosi, dal piglio episodico e dallo humor spassoso. Disincanto è una storia che si prende i suoi tempi, retta da un umorismo molto più tiepido costruito su ribaltamenti dei luoghi comuni del fantasy e giochi di parole che fa più sorridere che altro; Disincanto sfrutta al massimo l'esperienza del binge watching offerta da Netflix con tempi dilatati da normale saga fantasy che comincia a far capire dove minchia voglia andare a parare nell'ultimo paio di episodi.

*

RECENSIONE&TRAMA
(Ora finalmente insieme)

Disincanto è ambientato nel regno di Dreamland (un luogo tutt'altro che da sogno come suggerirebbe il nome dal momento che la sua gente subisce quotidianamente i capricci di un re volitivo e sciocco, pestilenze, povertà, crimini, dove l'unico svago sano sarebbero le degenerazioni morali se non si dovesse fare i conti con una religione monoteista colpevolizzante e quindi tocca ripiegare su alcool, droga o la morte) e segue le avventure di un improbabile gruppo di reietti.
Uno di questi è la principessa Tiabeanie (Abbi Jacobson), che tutti chiamano Bean: una diciannovenne ribellina col naso a patata e grandi incisivi sporgenti che ama tutto ciò che fa incazzare suo padre e che non le sarebbe permesso fare in quanto donna come bere, giocare d'azzardo, stoccazzarsi con qualche occasionale bonazzo e fare risse nei bar. Le due cose ovviamente molto spesso coincidono.
 
Bean ricorda molto da vicino una versione più spinta delle principesse Disney che a inizio film sognano la libertà: la vita di corte le sta stretta, il suo ruolo di donna di corte e principessa le sta stretto, ma sono soprattutto le imminenti nozze con il principe Guysbert di Bentwood volute con insistenza a scopo politico da suo padre, re Zøg (John DiMaggio - Stefano Thermes), a renderla ancora più riottosa del solito. 
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Questo nonostante il fatto che dopo un po' che lo si conosce Zøg non sia crudele come lo dipinge lei e vorrebbe "solo" che sua figlia si comportasse come una donna normale, che stesse buona in un angolo senza rompere i maroni. Insomma, è stupido come una zappa ed è l'incarnazione dell'ambiente maschilista di merda su cui regna ma non è cattivo. Subito dopo la morte della madre di Bean ha sposato per convenienza politica la regina anfibia Oona (Tress MacNeille - Francesca Guadagno), nobile dama del vicino regno di Dankmire, per sedare una guerra decennale, costruire un canale (che ormai nessuno usa più) tra i due paesi e dare a Dreamland il tanto agognato erede maschio, il principe Derek (Tress MacNeille - Francesca Guadagno).

Lasciata la nostra principessa a struggersi per il suo crudele destino ci spostiamo a Elfwood per fare la conoscenza di Elfo che è... un elfo (Nat Faxon - Edoardo Stoppacciaro) a cui è la vita semplice e gioiosa ad andare stretta. 
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Elfo, proprio come Bean, non capisce il senso della vita che gli si prospetta e vi si ribella quotidianamente
: si lamenta ogni minuto del giorno e mette tutto ciò che è la sua vita in discussione, non vede perché dovrebbe essere sempre felice o perché dovrebbe cantare tutto il giorno mentre si lavora, e men che meno gli riesce di capire come mai si debba produrre dolci tutto il giorno per essere pagati in dolci (sostituite dolci con "ricchezza" e il concetto a cui vuole arrivare Groening con questa scenetta è abbastanza chiaro). 
Elfo decide di fuggire da quel mondo di dolcezze e spensieratezze (e da una condanna a morte per impiccagione dovuta all'aver condotto pure il loro re all'esasperazione - e all'avergli trombato la figlia) perché vuole sperimentare l'amaro della vita, l'aspro e il viscido, il sapore di acciughe aceto e mostarda: lasciatosi alle spalle quel villaggio gioioso verrà catapultato nel mondo reale e di disavventura in disavventura arriverà a Dreamland proprio il giorno delle nozze.
Approfittando di quel fortuito elemento di disturbo Bean si ribella al grande sì e ammazza per sbaglio il promesso sposo per diventare uccel di bosco:
 niente paura, l'alleanza politica è salva dal momento che Guysbert ha un fratello che ne prenderà volentieri il posto e forse è pure peggio del morto che almeno era solo scemo: parliamo dello spavando, arrogante ed egocentrico Merkimer che la inseguirà per mezzo regno per mettere fine alla sua fuga e conquistare l'agognata corona fanciulla!
Ma tranquilli, nulla che Bean non possa sistemare nel corso del secondo episodio (e siamo a due matrimoni finiti male, un record doppiato giusto dal padre a fine stagione) con una provvidenziale trasformazione in suino!

L'ultimo, ma non per importanza, elemento del nostro trio di amici in cerca della loro strada è Luci il demone (Eric Andre - Alessandro Quarta), recapitato a Bean come dono di nozze da due (per il momento) misteriosi figuri che vedremo a più riprese intenti ad osservare quanto accade a Dreamland attraverso una fiamma magica di un rassicurante color verde acido.
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In quanto spirito maligno (scambiato spesso per un gatto nonostante parli, fumi, beva e abbia un discreto successo con le signore della corte) lo scopo di Luci è condurre Bean sulla cattiva strada, cosa che le riuscirebbe benissimo anche da sola, ma una spintarella in più per velocizzare le cose non guasta.
Nonostante ci tenga molto ad apparire come un cinico mascalzone e si accanisca con particolare crudeltà sull'ingenuo Elfo ridicolizzando a più riprese il suo aspetto fisico, la sua bontà ma soprattutto la sua cotta non ricambiata verso Bean, finirà con l'affezionarsi sinceramente ai suoi due strani compagni di viaggio e ad agire principalmente per il loro bene.
A 'sto punto potevano farlo gatto parlante per davvero, sarebbe stato stronzo uguale in quanto felino, ma non avrebbe disatteso gli standard di malvagità che mi sarei aspettata da una creatura infernale.

*

Gli amanti delle cose che arrivano subito al dunque e pretendono che il loro cuore venga avvinto nel corso della prima mezz'ora dello spettacolo sappiano che se la possono mettere via: non solo i primi due episodi fanno da mera introduzione ai personaggi e sono dedicati esclusivamente all'incontro tra Bean e la sua gang e ai tentativi della giovane principessa di restare libera e sbevazzona, ma pure per tutto il resto della serie fino al settimo episodio non succede praticamente nulla.
Il nostro strano e improvvisato trio si ritroverà invischiato in una serie di disavventure autoconclusive e senza capo né coda in cui Bean cercherà di barcamenarsi come una teenager uscita dalle sit-com anni '90 tra la sua voglia di folleggiare e quella di crescere e trovare il proprio posto a Dreamland (un posto che non preveda essere quello che non è e sposare il primo che passa) mentre l'ingenuo Elfo e il cinico Luci le faranno letteralmente da coscienza, spingendola alternativamente verso i comportamenti retti o verso le cattive azioni.
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La ritroveremo quindi a dare una festa da paura al castello mentre il padre non c'è, con le cose che come da regola degenerano; a rapinare la tomba di famiglia per conto di una banda di tipi tosti che ovviamente si riveleranno dei traditori; tra le suore a imporre la logica e il pensiero indipendente; come apprendista boia, arrivando a vedersela per una serie di vicissitudini pure con Hansel e Gretel; come ambasciatrice a Dankmire; come cupido tra Elfo e la sua "molto vera fidanzata", la gigantessa Tess.

Questi episodi che saltano di palo in frasca riflettono la confusione di Bean, inteso sia come incapacità di trovare un ruolo che possa dire suo nel momento in cui il suo scopo come principessa e fattrice reale è venuto meno sia come una confusione morale.
Perché alla fine di questi sette episodi noi non sappiamo ancora se Bean sia buona, cattiva o neutrale dal momento che la vediamo agire in modo a dir poco contraddittorio.
La vediamo completamente disinteressata alle questioni del regno rifiutando di sposarsi per il bene politico di Dreamland ma al tempo stesso la vediamo fare le veci di Dreamland presso Dankmire con impegno e desiderosa di rendere orgoglioso suo padre (se poi le cose vanno male è a causa dell'intervento nefasto di Luci che le passa dell'alcool sottobanco).
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'Sta cosa è una stronzata
e ci ho riso un'ora.
Si droga (passando dalle polverine magiche a fumi stordenti per arrivare alla scorta segreta di scagliette allucinogene della matrigna), beve, si allea con la peggior feccia del regno ma è anche una persona che tiene in gran conto la vita altrui e si rifiuta di uccidere anche per legittima difesa (tanto poi lo fa lo stesso ma con estrema riluttanza); ama suo padre e vorrebbe guadagnarsi la sua stima (anche se non al prezzo della propria felicità) ma al tempo stesso lo odia per la sua freddezza e severità (in realtà vedremo 
Zøg comportarsi a più riprese in maniera molto più affettuosa con Bean che con Derek che è debole, tonto e fondamentalmente inutile, ma il fatto che Bean non se ne accorga fa parte del suo egocentrismo giovanile).
Anche verso Oona manifesta sentimenti abbastanza ambivalenti: si intuisce che la regina non sia esattamente amata a Dreamland (perché strana donna rettile straniera, principalmente) ma Bean nello specifico sembra odiarla più per aver preso il posto della sua vera madre che per motivi razionali dal momento che Oona non è così male per essere la matrigna di una favola: le lascia spazio e non lesina consigli, alla bisogna.

Che la natura morale di Bean resti avvolta nel mistero risulta logico nel momento in cui, allo scoccare dell'ottavo episodio, le carte in tavola cambiano totalmente, la trama acquisisce profondità e il piglio generale della serie vira verso una drammaticità inaspettata.
Verremo a scoprire infatti che Zøg è in cerca da anni dell'elisir della lunga vita (elisir ottenibile con una speciale ampolla magica e del sangue di elfo, il che spiega l'ossessione del re verso Elfo dal loro primo incontro), elisir che non gli occorre per diventare potente e immortale come credeva Bean (e insieme a lei noi spettatori) ma per riportare in vita l'amore della sua vita, la prima moglie Dagmar (Sharon Horgan - Roberta Pellini).
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Quella che credevamo essere una semplice statua commemorativa della prima moglie risulterà essere infatti la vera regina, tramutata in pietra da un veleno destinato al re ma che si è ritrovata a bere lei a causa di un pasticcio fatto da Bean.
Zøg rivelerà tutto questo a Bean, che all'epoca aveva 4 anni, più per difendersi dalle accuse della figlia che lo incolpa di aver causato la morte di un amico e giustificare la propria ossessione nei confronti dell'elisir che per colpevolizzarla di quanto accaduto. Questo va a rendere il loro rapporto ancora più complesso e ambivalente. Tra i due continuano a esserci tensioni, conflitti irrisolti e non c'è mai una comunicazione davvero sana che li porti a fidarsi l'uno dell'altra ma scopriamo anche questo profondo affetto, un desiderio di proteggere i rispettivi sentimenti e, di nuovo, tutto questo è perfettamente funzionale alla trama.

Presa dal senso di colpa e guidata dai suoi ricordi confusi di bimba Bean farà di tutto per riportare in vita l'amorevole genitrice, anche sacrificare qualcuno che la ama e per lei ha dato davvero tutto, ovvero Elfo, morto nel tentativo di difendere il suo villaggio dalle mire di Zøg che aveva bisogno di sangue di vero elfo per salvare la sua sposa.
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Dagmar tornerà in vita e reclamerà il posto che le spetta come madre e come regina di Dreamland, costringendo Oona alla fuga. Nel frattempo cose sempre più inquietanti accadono attorno a Bean ma la ragazza è così felice di recuperare tempo di qualità con sua madre da non accorgersi di nulla.
Un po' quello, e un po' è poco sveglia di suo.
E' Luci, pasticciando con una sfera del futuro-e-del-passato, a svelare l'inghippo e a renderne partecipe Zøg: un altro colpo di scena che concorre a distruggere l'incanto ci rivela che in realtà non è stato un misterioso assalitore ad avvelenare il vino destinato al re 15 anni prima ma la stessa Dagmar, che mirava a liberarsi dello scomodo consorte e prendere il potere. 
Mentre Bean resta ignara di tutto (a questo punto incomprensibilmente, attorno a lei sta succedendo la qualunque), Dagmar messa alle strette dal marito tramuta tutti gli abitanti in pietra e fugge con la figlia a bordo di una nave piena di creature inquietanti (che esteticamente ricordano molto i servi demoniaci della Malefica disneyana - quella cattiva, non quella incompresa - e manco questo riesce a farle suonare un campanello).
Meno male che la protagonista è sveglia, se no sarebbe un bel disastro... 
Dagmar e Bean (convinta che sia tutta opera della povera Oona) fuggono verso una meta ignota lasciandosi alle spalle Dreamland. Zøg, scampato alla melma pietrificante, contempla in solitudine il suo regno in rovina. Il cadavere di Elfo viaggia senza meta, tra i flutti. E Luci, che si è ritrovato ad agire per il bene di Bean invece di corromperla come era suo dovere, dovrà rendere conto delle proprie azioni a chi di dovere.
Insomma, Matt Groening se l'è presa comoda ma sul finale si vola.
Recensione della serie tv Disincanto Parte 1 (ep. 1-10), di Matt Groening
Disincanto non è un prodotto perfetto ma fa battere discretamente il mio cuoricino col suo background anche se di solito (o forse proprio per questo) non sono una grande amante del fantasy medievaleggiante alla Game of Thrones
quel tipo di fantasy che si prende talmente sul serio e si sente tanto tragico e figo che fa il giro e diventa una comica.
Ma più spesso diventa solo una gran rottura.
Disincanto parte direttamente come dissacrante e ridicolo, un prodotto che si prende continuamente per i fondelli e che solo sul finale aumenta in complessità rivelandosi abbastanza avvincente anche se magari non il fantasy più originale del creato. Uno però deve anche mettersela via e capire che il fantasy non è un genere che di per sé brilla per originalità di trama e complessità dei personaggi: è più costruito attorno alla bellezza del suo mondo e a qualche metafora politico/religiosa, dove cicci dentro un eroe improbabile che sconfigge il male contro ogni logica, una profezia e un paio di stronzi con le orecchie a punta. Però quanto è più fico se al posto dei nazisti ci metti un lord oscuro. Ci sono fan del fantasy che si fanno i seghini per cose peggiori di Disincanto, dai...

Il mondo di Disincanto riflette il percorso di crescita di Bean, andando a espandersi (e al tempo stesso, paradossalmente, a sgretolarsi) davanti ai nostri occhi man mano che Bean cresce e comprende che non può ruotare tutto attorno a lei.
Recensione della serie tv Disincanto Parte 1 (ep. 1-10), di Matt Groening
Si parte dalle mura opprimenti del castello di re Zøg da cui Bean vuole disperatamente fuggire (in parallelo con il minuscolo villaggio di Elfwood, che per Elfo è una prigione altrettanto angusta e soffocante); si continua tra i vicoli di Dreamland, città costruita lungo uno strapiombo instabile dove le casette del popolo sono tutte ammassate l'una sull'altra ma il castello svetta in solitaria a mostrare la distanza che separa il sovrano dalla gente comune, con le sue stradine di pietra, il suo servizio di controllo peste, il suo convento, il suo pub malfamato (altri posti in cui Bean non riesce mai a sentirsi davvero a casa); arriviamo all'ultima parte che va a fare da vero e proprio viaggio formativo e tour pro loco di Dreamland con Bean e lo spettatore che arrivano a toccare con mano la complessità del suo regno e delle forze che operano al suo interno. 
Bean viaggia, vede gente, fa cose, ma soprattutto tocca con mano cosa significhi dover gestire un regno e mantenere alleanze, alleanze rette spesso su quei matrimoni di convenienza (come quelli di Oona e Dagmar) che Bean ha evitato come la peste pensando solo alla propria felicità.
La fuga finale di Bean e Dagmar verso un nuovo regno ci prospetta quanto ci sia ancora da scoprire al di là dei confini di Dreamland. 

Alla fine di questa prima parte si è appena cominciata a grattare la superficie del disincanto, che sia in italiano come in inglese va ad indicare quel sentimento di tradimento misto a delusione che si prova nei confronti di qualcuno o qualcosa che precedentemente si ammirava e rispettava.
Per la fine di questa prima parte tutto quello che credevamo dato per assodato, vuoi a livello di trama vuoi per i topoi della fiaba, ci si sgretola sotto i piedi: il re non è quella figura forte e saggia né quella bestia sanguinaria che ci regala sempre la letteratura fantastica; la principessa è ribelle e sbevazzona; la matrigna è anaffettiva per indole ma gentile e incoraggiante; la vera madre non solo non è morta ma è la villain; il demone ha una morale; le fatine battono nei boschi; i maghi sono ciarlatani; le streghe sono buone; le gigantesse sensibili e intelligenti; quello che si chiama Elfo non è manco un elfo.
Tutto è allo sbando più totale.
E vista la reazione media piuttosto tiepida da parte dei fan di Groening non posso fare a meno di pensare che il disincanto del titolo sia anche una trollata d'autore che va ad indicare il pubblico che si sente tradito da quello dei Simpson che scrive una cosa diversa da Futurama, come osa?
Poi intendiamoci, lungi da me dire che questo sia un prodotto perfetto e chi non lo comprende è un fesso. Disincanto ha la sua brava dose di problemi: è senza dubbio un buon sovvertimento dei temi fiabeschi (che non vuole essere comico ma al massimo ironico e non vuole essere più originale di un qualsiasi fantasy) anche se a volte prende la tangente, non si ricorda più cosa vuole parodizzare, crede di essere Shrek e ficca a cazzo dei personaggi delle favole come Hansel e Gretel per poi tornare subito a una generica ambientazione fantastica. Di nuovo non sarà la cosa più originale mai passata davanti agli occhi di un appassionato di fantasy ma non è manco uno schifo inverecondo. 

Sul fronte personaggi ci troviamo davanti cose potenzialmente valide ma che finora peccano nella resa: se è logico, anzi molto coerente col senso stesso di Disincanto che la caratterizzazione di Bean non venga esplorata in maniera chiara e netta e non si sappia mai esattamente dove punti la sua bussola morale (perché tutto si gioca proprio sul fatto che non si sa se la protagonista si voterà al male e seguirà sua madre nel suo piano di conquista o la combatterà per il bene di Dreamland), lo stesso non si può dire per gli altri personaggi, che finiscono col ruotarle intorno come foglioline nel vento.
Co-protagonisti compresi.

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Elfo
 ci è stato introdotto come un personaggio cresciuto in una prigione dorata (come a dire allo spettatore che la vera principessa Disney è lui). 
Vive in un mondo allegro e colorato dove gli unici sentimenti consentiti sono la gioia e la felicità, conosce solo il dolce della vita e non ha idea di cosa siano il dolore, la guerra o la fame.
Eppure è questa perfezione a lasciarlo profondamente insoddisfatto. La felicità per Elfo è una trappola soffocante da cui fuggire. Elfo disprezza la vita degli elfi e afferma di voler gustare anche altri sapori meno gradevoli, e nel mondo di fuori queste esperienze negative non gli mancheranno. Peccato che tutto questo non porti né a una riflessione sul dolore e la tristezza da parte di Elfo (che nel primo episodio assiste a un massacro senza capire cosa stia succedendo e senza fare una piega: ma non era andato via proprio per sperimentare cose come quella?) né, per esempio, a una critica feroce sulle imposizioni di genere nella società
Parliamo del fantasy, notoriamente abbastanza conservatore sul tema dei ruoli di genere (e no, le tipe toste toste con l'ironia e la caratterizzazione di una fava che finiscono comunque per limonare col bonazzo di turno non valgono come sovvertimento dei ruoli sessuali, fanno schifo quanto le donzelle in difficoltà), sarebbe stata una presa di posizione davvero ironica ed efficace se portata avanti con un pelo di convinzione in più dal momento che né Elfo né Bean incarnano l'ideale dei rispettivi sessi.
Invece pare che a nessuno freghi niente di far arrivare da qualsiasi parte l'arco narrativo di Elfo. Elfo in questa prima parte vive per essere friendzonato da Bean e poi muore per permetterle di compiere una scelta etica molto difficile. 
Insomma, se ne sarebbe potuto andare dal villaggio per comprare le sigarette e non sarebbe cambiato niente.

Una finezza legata al personaggio che personalmente ho molto apprezzato è il suo nome: nel modo di Matt Groening infatti gli Elfi si chiamano come la cosa che li caratterizza maggiormente a livello caratteriale, come i Puffi o i nani di Biancaneve. Abbiamo quindi tra gli altri Shocko, Leavo/Ito, Ruleo, Examplo e Returno (espediente comico che funziona a seconda del gusto personale: a me ha fatto ridere).
Poi c'è Elfo, che non ha tratti distintivi.
Completamente anonimo e fuori posto, sembra che la sua identità inizi e finisca con il suo essere elfo... Salvo poi scoprire che è elfo solo per metà.

Recensione della serie tv Disincanto Parte 1 (ep. 1-10), di Matt Groening
Gag lunghetta.
Non tutti i tempi comici
funzionano.
Luci dal canto suo è un adorabile motore comico (anche se il mio cuore è stato rapito da Oona, la best personaggio della serie: compare per due secondi, dice due cavolate, si droga e urla come una stronza attorno a una fontana. Ci riserverà senz'altro altre cose belle, quindi amatela fortissimo) ma nonostante la trama avanzi con la scioltezza sprint di un bradipo fa troppo in fretta a passare da quello che dovrebbe essere uno spirito corruttore ad alleato.
Sembra più uno tsunderino dal cuore buono che un demone malvagio che dovrebbe portare Bean al male, al fianco di Dagmar e contro suo padre. Essendo un demone, per quanto di basso rango e per quanto risulti (con ogni probabilità volutamente) ironico che sia lui a finire con l'essere il più umano ed empatico della combriccola di Dreamland, mi sarebbe piaciuta quella marcia in più sul fattore cattiveria.
Parliamo pur sempre della turpe progenie di Satana, no de' sarcicce.

*

IN CONCLUSIONE. . .

Disincanto è una serie che comincia ad avere qualcosa da dire sul finale della prima parte, quando si gettano quelle che sembrano le basi per una saga fantasy intrigante e un po' ironica con la nascita di un villain inaspettato in grado di dare davvero del filo da torcere al nostro scalcagnato trio di amici e al regno di Dreamland, quindi è difficile tirare le somme e capire se ci si sta trovando di fronte qualcosa di valido o un gigantesco palo da infilarsi nell'orifizio anale con tanto di sabbione. 
Il potenziale c'è: buoni personaggi (anche se dalle potenzialità ancora acerbe), animazioni di qualità con buona integrazionetra 2D e 3D (frutto della Rought Draft, che si è occupata anche di Futurama), trovate simpatiche (bisogna però evitare confronti con le precedenti serie di Groening), una buona dose di mistero e colpi di scena, grande attenzione al background che si rivela di puntata in puntata ricco e in continua espansione. Si spera che il futuro mi riserverà anche un maggior approfondimento caratteriale dei personaggi e che la storia entri nel vivo.

Al momento quello che è chiaro è che Disincanto vuole distaccarsi dai precedenti prodotti nati dalle intuizioni di Matt Groening, e se qui dentro si cerca di ritrovare Futurama si resterà immancabilmente delusi: o lo si prende a sé o lo si sfancula in mezz'ora.
Nulla di rivoluzionario, almeno finora, ma ho il sospetto che in linea generale il pubblico sarebbe stato un po' più incoraggiante e positivo se Disincanto non fosse creato dal tizio dei Simpson e non ci si fosse aspettato un Futurama medievale.
Recensione della serie tv Disincanto Parte 1 (ep. 1-10), di Matt Groening
Giudizio finale:

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