lunedì 17 gennaio 2022

[Recensione] FAVOLA DI NEW YORK di Victor LaValle

Recensione del romanzo "Favola di New York" (The Changeling) di Victor LaValle
Titolo originale:
 The Changeling
Autore: Victor LaValle
Genere: Fantastico delirante
Traduzione: S. Terziani
Edizione: Fazi, copertina flessibile
Pagine: 510
Anno: 2019
Euro: 20,00 | Ebook: 13,99


Premesse
Io non è che ci goda a fare per forza la bastian contraria e a trovare delle grosse prese per i fondelli i libri che vincono i premioni o appaiono tra i migliori dell'anno per il New York Times. Eppure, ancora una volta, tocca constatare che quella che viene dipinta come "una favola commovente ambientata nell’America di Trump, che racconta il coraggio richiesto per essere genitori ai giorni nostri fondendo il fiabesco dei Grimm, l’orrifico di Poe e il distopico di Black Mirror" per quel che mi riguarda si rivela una troiaia senza capo né coda.
Ma andiamo a vedere il perché.

TRAMA

La storia segue le vicende di Apollo Kagwa, immigrato di seconda generazione. Cresciuto con la sola madre Lillian dopo la scomparsa del padre, scopre fin da giovane un certo talento per la compravendita di riviste, libri rari e di seconda mano.
Questo lo porta in età adulta ad avviare una propria attività di smercio, Improbabilia (amara autoironia dell'autore col senno di poi dal momento che tutto quello che accadrà sarà a dir poco improbabile), cosa che lo conduce tra scantinati e svendite di fondi di magazzino fino all'incontro con quella che diventerà la  donna della sua vita, la bibliotecaria paXXerella Emma. L'incontro con Emma fa ticchettare l'orologio biologico di Apollo, che avverte il bisogno improvviso di metter su famiglia, talmente improvviso da confidarlo alla ragazza al loro primo appuntamento.
Lei è talmente entusiasta della cosa che fugge in Brasile per un anno.
Al suo ritorno i due si sposano e coronano il loro sogno familiare con un bambino, che Apollo decide di chiamare Brian come il padre. A questo punto l'autore decide di buttarla totalmente di fuori e di dare al suo romanzo un piglio deliranteCosì il lettore si confonde e per non sentirsi idiota visto che il New York Times lo annovera tra le migliori letture dell'anno conclude che no, è stupido lui se qualcosa non torna, quella che ha di fronte è senz'altro una genialata complessa e fiabesca.

Dramatization
Apollo è un padre elicottero molto orgoglioso e presente nella vita del figlio neonato, che sa conciliare famiglia e un lavoro impegnativo che lo porta a trascorrere giornate intere a bazzicare scantinati muffiti in cerca di tesori perduti, legge per lui, lo porta al parco per socializzare con gli altri bambini e parlare con altri papà decenti moderni, posta decine di foto sui social, conserva video nel cellulare e così via.
Per capire il livello di disagio:
"Scattò undici foto e le inviò tutte - anche quelle mosse - al cellulare di Emma. Non sopportava l'idea di cancellarne nemmeno una. Poi entrò su Facebook e le postò per Lillian, che aveva aperto l'account il giorno della nascita di Brian ed era sempre affamata di immagini del bimbo. Giustificava così le sue azioni pur sapendo che tipo di genitore era diventato: uno di quelli che soltanto due mesi prima gli avrebbe dato il voltastomaco; quelli che supponevano allegramente che gli amici volessero essere torturati da centinaia di foto di bebè."
Apollo, siamo a pagina 80 e già ti odio.

Emma di contro vive la maternità con molto meno entusiasmo.
In un climax crescente di spossatezza e paranoia, sintomi che si potrebbero logicamente ricondurre a una lieve depressione post-partum a cui il bravo papà reagisce con un mix di bonario paternalismo e irritazione crescente quando lei osa chiamare il figlio lui, Emma comincia a ricevere foto di Apollo e del figlio sul suo cellulare scattate da chissà chi, foto che spariscono misteriosamente quando Emma cerca di farle vedere al marito per mostrargli che non è pazza. Talmente non pazza che una sera lega Apollo con delle catene, lo prende a martellate e entra in camera a uccidere il piccolo Brian (che ormai per lei "non è suo figlio") per poi sparire nella notte.
Dramatization 2
Apollo una volta uscito dall'ospedale a seguito delle ferite riportate entra nella libreria dove lavorava Emma e minaccia le ex colleghe con un fucile per farsi dire dove si trova la moglie, facendosi pure un paio di mesi di galera.

"L'FBI e il NYPD erano sulle sue tracce. La polizia mi aveva già interrogato, alla ricerca di informazioni che li aiutasse a stanarla. Forse avevano già parlato con le tre bibliotecarie, senza ricavarne nulla ovviamente. Ero convinto che le tre sapessero dove si trovava Emma: con  chi altri poteva essersi confidata?"

La domanda è di una stupidità rara.
Perché questo imbecille vada a minacciare delle bibliotecarie armato di fucile invece di andare dritto filato a prendere a schiaffoni Kim, la sorella di Emma che vive a Chinatown e praticamente l'ha cresciuta come una madre dopo la morte dei genitori, domandandosi anche con chi possa essersi confidata la moglie, non si sa. Perché se no poi il libro non arrivava a 500 pagine, mi rispondo.
E non è nemmeno la cosa più assurda di questo libro.

Obbligato dal giudice a frequentare a scadenza settimanale dei gruppi di sostegno psicologico per persone sopravvissute a catastrofi, delitti o incidenti, proprio quando sta per abbandonare ogni speranza di ritrovare questa Medea color caramello, Apollo conoscerà una persona che saprà condurlo nella direzione giusta, un tal William Wheeler, un informatico e sviluppatore di app per l'Uber delle barche (sic!) che è stato abbandonato dalla moglie dopo aver perso una delle loro bambine. 
Wheeler si avvicina ad Apollo per un motivo duplice: spera di riconquistare la moglie crudele che ama ancora tantissimo comprando tramite la società di Apollo una rara edizione autografata di Il buio oltre la siepe di Harper Lee per la somma did 70.000 dollari, e di aiutarlo a trovare Emma grazie ai miracoli della moderna tecnologia informatica.
Dramatization 3
Triplice, se consideriamo che in realtà il suo interesse nei confronti di Emma andrà molto oltre la semplice voglia di aiutare un padre in lutto e invaso dallo spirito di John Wick. 
Wheeler infatti col trascorrere del tempo si rivelerà una persona molto diversa da quanto appare, anche se il suo interesse per Apollo e la sua voglia di aiutare un perfetto estraneo che a quanto dice conoscerebbe solo tramite una pagina Facebook dedicata al piccolo Brian sono talmente telefonati che il sospetto a un lettore mediamente attento viene subito, con buona pace dei colponi di scena.

Per forza poi l'autore per fare volume e dare al lettore intellettuale qualcosa su cui elucubrare deve buttarla nel favolistico e tirare fuori dal cilindro i rapimenti di bambini per mano dei troll provenienti dal nord Europa e dei loro avidi scagnozzi scandinavi, che in cambio ottengono non si sa come ricchezza e benessere: brutti stranieri del Nord Europa cattivi e mal integrati che mangiano disgustoso cibo etnico e che si arricchiscono con i patti con forze oscure e non per merito personale come vuole il capitalismo buono portato avanti da Apollo e da Emma.
Ebbene sì, Emma non era pazza.
Il bambino morto non era un bambino.
Il vero Brian è ancora vivo ed è stato rapito proprio da Wheeler per essere allevato da un troll con vaghe velleità paterne giunto in America coi primi immigrati scandinavi e che dimora da secoli a Central Park, troll che verrà sconfitto in due pagine scarse proprio da Apollo e da Emma grazie a una (non sto scherzando) App di Apple che fa luce. Io boh.

*

IMPRESSIONI SPARSE

Ormai nella narrativa contemporanea basta inserire immagini metaforiche e favolistiche a caso, decostruire una fiaba e la critica ti applaude come le foche come se avesse davanti il nuovo Furore di Steinbeck con i lettori che giocoforza corrono dietro all'entusiasmo generale degli addetti ai lavori per non passare da imbecilli.
Io non ho problemi a passare da imbecille.
Quindi dico tranquillamente che questo libro è un'accozzaglia di idee scartate precedentemente da LaValle e incollate insieme con lo sputo per dare una vaga idea di trama unica.
Trama che comunque fa schifo al cazzo nel suo passare continuamente di palo in frasca per tenere desta l'attenzione del lettore e nel suo inserire scene che col senno di poi sanno solo di riempitivo, come l'isola abitata dalle Brave Donne, che a conti fatti è una parentesi inutile, un espediente per dare ad Apollo informazioni che avrebbe potuto ottenere in ottocento modi meno complicati.

L'elemento mistery manca di sorpresa dal momento che praticamente tutti i colpi di scena li capisci a pagina 2, tranne quelli che non si possono umanamente prevedere, come la svolta paranormal, perché l'autore non si è degnato di fornirci un indizio che fosse uno fino al momento in cui ha tirato fuori sti cazzo di troll. Si arriva a parti che sono mistery giusto perché incomprensibili, come la verità sulla sparizione del padre di Apollo e degli incubi che lo tormentano da una vita perché, onestamente, la buttano giù talmente male che non si capisce niente. A una certa mi era parso addirittura che il padre di Apollo fosse il Troll.
L'elemento realistico è l'unica cosa davvero fiabesca, dal momento che dovrei ritenere attendibile un professore della Columbia cresciuto in quartiere borghese di fighettini che mi vuole raccontare con piglio fiabesco la storia di un tizio cresciuto da una madre single di origini ugandesi a cui basta studiare un po' la sera e sopportare con gioviale buonumore delle innocue molestie di un superiore per trovare un buon lavoro da segretaria nella terra dei liberi (quindi alla fine rapire bambini per ingraziarsi i troll non serve). Un tizio che crescendo abbandonerà gli studi per vivere passando al setaccio scatoloni di libri in attesa della grande occasione e del libro raro che aspetta giusto lui, sposato a una bibliotecaria che ringrazia dio di lavorare part time per mantenere una parvenza di copertura sanitaria.
Un'esistenza precaria, difficile, che potrebbe effettivamente portare una neomamma lasciata sola a macerare nella propria depressione e nell'inadeguatezza come madre ma che per LaValle assume le tinte di una simpatica avventura del proletariato urbano.
Tanto alla fine Emma mica era davvero depressa, è colpa del troll.
L'elemento fiabesco si riduce a un uomo cattivo di nome Kinder Garten che si rivela essere un troll dell'internet che è anche il galoppino/alleato di un vero troll che si nasconde in un parco pubblico e fa man bassa di bambini a cui basta la luce di una app del telefono per andare in crisi.
Finissimo.
Da qualche parte l'autore ci infila pure le streghe, o qualcosa che ci somiglia. A un certo punto vedremo Emma irradiare una specie di luce che serve a boh, a non inciampare nel bosco la notte, perché a livello di utilità in battaglia conta come un culo senza il buco. Tra le migliori letture del suo anno per il NY Times, signori. Figurarsi quelle brutte.

Pure il maschilismo, che a volte si degna (bontà sua) di essere solo paternalista e benevolo, regna sovrano. 
Le femmine (Emma in primis) hanno questa luccicanza speciale da fantasma Jedi dovuta al loro essere femmine, questa forza di persuasione stregonesca con cui invadono i sogni dei loro nemici e riescono persino a disvelare le illusioni magiche dei troll, ma niente di tutto questo serve a un cazzo nei momenti clou, come dare del filo da torcere alla bestia che ha in ostaggio tuo figlio o per far perdere le proprie tracce a un ex marito pazzo.
Apollo nella sua fregola di paragonarsi al dio del sole riesce a essere talmente egocentrico, stupido e lagnoso che si infastidisce per certi atteggiamenti poco amorevoli di Emma nei confronti di quello che non riconosce come suo figlio, atteggiamenti che sarebbero comunque espressione di un disagio psicologico ma tanto ad Apollo cosa frega?
E cosa frega a noi?
In fondo alla fine è colpa del Troll.
Non pago di questo siparietto che già basterebbe a farmi dare fuoco al libro se lo avessi davanti in cartaceo, in una scena di rara idiozia arriverà a colpevolizzare la madre per aver lasciato che un padre assente, pigro, poco attento, un uomo che non amava più e che stava rendendo la vita difficile persino a una tipa scappata dall'Uganda, uscisse dalla loro vita.
"Sapeva essere veramente romantico, e per un po' è stato divertente. Ma quando avevi due mesi ti mandai al nido per tornare al lavoro. Tutti i giorni uscivo dal lavoro stanchissima e venivo a prenderti; tornavamo a casa e trovavo tuo padre che guardava la TV sul divano e mi chiedeva quando sarebbe stata pronta la cena. Stessa storia a colazione. Tutti i santi giorni. Poi perse il lavoro e le cose peggiorarono. Ciondolava per casa tutto il giorno e neppure dava una mano. Era come avere due bambini. Per quello ero venuta in America? Per fare la serva?"
"Allora era colpa mia. Vi ho reso impossibile la vita insieme."
"Invece sei il motivo per cui siamo stati insieme così a lungo, e sei il più bel risultato di quell'amore. Ma dovevo scegliere, e lasciare Brian era necessario per rimanere a galla."
"E io? Avevo bisogno di entrambi."
"Lo so..."
"Ho sempre cercato di capire come si fa a essere un brav'uomo, e ora mi vieni a dire che ne avevi uno e l'hai lasciato andare. Quando è stato il momento di essere padre non avevo nessun esempio da seguire, nessun modello da cui imparare, a cui paragonarmi. Ho dovuto inventarmi il ruolo strada facendo, sempre con l'impressione di sbagliare tutto, e per colpa di una scelta che hai fatto più di 30 anni fa."
Bohoo...
A parte il fatto che dovresti solo ringraziare qualunque dio dei troll esistente che ti ha permesso di non imparare da un individuo del genere a fare un cazzo tutto il giorno mentre tua moglie si spacca la schiena per due spiccioli, anche basta con la cazzo di retorica stantia della madre che deve sacrificare se stessa e il proprio benessere fisico e mentale per tenere incollato con lo sputo qualcosa che si è rotto da tempo.
Sulla questione del modello paterno mancato poi a
 meno che Apollo non abbia trascorso tutta l'infanzia e l'adolescenza serrato in camera a doppia mandata privo di qualsiasi contatto con il mondo, si suppone che abbia avuto modo di incontrare (o leggere, o guardare alla tv) modelli maschili da cui prendere ispirazione alla nascita di Brian. 
Quindi falla meno tragica, buffone.
L'inevitabile lieto fine per madre e figlio arriva quando Apollo realizzerà non che anche la madre è un essere umano che ha diritto alla serenità mentale ma che il padre non è scomparso dalle loro vite per volere della genitrice crudele. Lillian ha infatti ucciso Brian che, reso folle dal divorzio, ha cercato di togliere la vita al proprio bambino affogandolo in una vasca da bagno piena di acqua bollente. Al di là della stupidità del metodo, ma vaffanculo, va'.

Personalmente avverto all'interno di tutto il romanzo (persino nei confronti di Wheeler) questo sottile senso di giustificazione per qualsiasi porcata compiuta da squallidi omuncoli assenti, crudeli e avidi a meno che non facciano cose veramente turpi e ingiustificabili come dare tua figlia in pasto a un troll o cercare di affogarlo nel cesso.
E questa cosa non mi piace neanche un po'.

Non manca un'immancabile critica alla tecnologia per far leccare le orecchie ai boomer, agli alternativi, al New York Times e ai finanziatori della Columbia: i social sono pericolosi, i telefonini e i computer sono porte d'ingresso con cui si può far accedere chiunque nella propria vita, basta qualche nozione di informatica e qualsiasi pazzoide può invadere la tua privacy per scopi turpi spiandoti di nascosto dalla telecamera del laptop.
Anche se con tutte le buone intenzioni del mondo, meglio non inzeppare i social di foto dei vostri bambini, perché chissà quale disturbato può usarle per qualcosa di poco lecito, o peggio.
E fin qui potrei anche essere d'accordo nei limiti (basterebbe usare la tecnologia in modo consapevole, senza inutili isterismi), peccato che LaValle non riesca nemmeno a tenersi in carreggiata in modo coerente.
Il nemico è la tecnologia ma Apollo riesce a sconfiggere una creatura del mito scaricando una app che fa luce dall'iPhoneForse perché per LaValle sei cattivo solo se sei affiliato a Bill Gates.
Si commenta da sola la scena in cui Apollo "compra" la app al suo amico per la modica cifra di 70.000 dollari rubati a Wheeler (che a sua volta aveva rubato dal conto della moglie grazie alla tecnologia malvagia) senza pensare mezzo secondo alla possibilità di darli alla figlia superstite del bastardo, che poco prima ha pure perso la madre per colpa sua che ha portato lì quel pazzo del padre (una scena ridicola in cui un edificio viene buttato giù da un sasso gigante schiacciando solo lei di decine di persone presenti). Forse perché è una femmina, in più adolescente. 
Si arrangerà da sola in qualche modo.
Le femmine in fondo hanno la luccicanza, ed evidentemente vivono d'aria.
Il suo antagonista, Kinder Garten, è un hacker malato che potrebbe potenzialmente spiarlo ovunque. Lo spia ovunque, in effetti, persino dal computer dell'amico. Ad Apollo viene detto a più riprese di fare attenzione alla tecnologia e per mezzo libro questo scemo telefona alla madre, agli amici, al giornalaio per farsi mettere da parte il Topolino della settimana, e riesce a girare impunemente per la città in cerca di vendetta arrivando persino a casa del padre di Wheeler senza che lui sospetti nulla e senza che nessuno gli metta i bastoni tra le ruote, neppure mentre passa la notte in un cimitero assieme al suo amico a riesumare un cadavere. Gli avessero almeno fatto comprare un telefono usa e getta o fatto cambiare una cazzo di scheda...
Però tanto alla fine è tutto una favola, o una metafora, o una sottigliezza filosofica, o qualsiasi cosa profonda su cui avrà ragionato un intellettuale liberal che si fa le seghe sulle vignette del New Yorker, quindi è tutto bellissimo anche se niente nella trama ha un senso a pagarlo e metà dei personaggi viene smarrita per strada.

*

IN CONCLUSIONE. . .

Favola di New York è una porcata patinata che sembra scritta da uno studente di scrittura creativa, uno di quei lavori pigri che si parano furbescamente il culo dietro l'idea della fiaba moderna per coprire la totale mancanza di senso dell'intreccio e la piattezza dei personaggi. Un ammucchio di roba a caso che fa sentire intelligente giusto il lettore che si diverte a fare tutto il lavoro di analisi al posto dell'autore e passa le ore ad arrovellarsi sul niente per unire i puntini e dare un significato al delirio.
Romanzo paternalistico e stronzo come pochi.
L'unica favola che ho visto nel corso di questo mezzo migliaio di pagine è quella che porta scrittori come LaValle ad essere apprezzati da critica e grande pubblico, e che porta la nostrana Fazi a far pagare un cazzo di ebook 14 euro.

Giudizio finale:

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