martedì 22 marzo 2022

[Recensione] Lolly Willowes o L'amoroso cacciatore, di Sylvia Townsend Warner

Recensione del romanzo Lolly Willowes, o L'Amoroso cacciatore, di Sylvia Townsend Warner
Titolo originale:
 Lolly Willowes, or The loving huntsman
Autore: Sylvia Townsend Warner 
Traduzione: G. Gatti
Edizione: Adelphi, copertina flessibile
Pagine: 159
Anno: 2016
Euro: 11,00 | Ebook: 6,99

Premesse:
Lolly Willowes è un romanzo scritto dalla scrittrice, poetessa e musicologa femminista (e comunista) Sylvia Townsend Warner nel 1926, che è una cosa che andrebbe tenuta in conto nel momento di approcciarsi a questo volume nel 2022.
Insomma, qualche minimo accenno storico, come sempre nel momento in cui mi scapoccio ad affrontare qualche romanzo più classico, ci vuole, se non altro per risparmiare ai più pigri la fuga su Wikipedia.
Non c'è di che.

Siamo in Inghilterra nel corso della Prima ondata Femminista: l'inizio dell'età edoardiana e la Prima Guerra Mondiale sono state un'occasione per spalancare alle donne le porte della vita sociale, dell'impegno politico e patriottico (nel ruolo di missionarie e crocerossine) ma soprattutto del lavoro, percepito in tempo di guerra come un male necessario vista la forte penuria di manodopera maschile giovane e sana.
Finita la guerra e finito il bisogno alle donne viene richiesto di tornare a dedicarsi alle mura domestiche, essendoci tra l'altro l'esigenza di tornare a politiche pro natalità a causa della moria di soldati nel corso del conflitto, anche se viene offerto sia un contentino morale come il riconoscimento dell'importanza femminile nello sforzo bellico da parte del primo ministro David Lloyd George che un contentino giuridico al ribasso, nella forma di concessione del suffragio universale a tutte le donne di età superiore ai 30 anni nel 1918 (in concomitanza con la concessione del suffragio universale maschile). Per ottenere il suffragio universale femminile occorrerà aspettare il 1928.

"Dopo quattro anni finisce così?
Addio? Buona fortuna?"
"Io non ho detto buona fortuna..."
Ma questa evoluzione politica ignorava totalmente le nuove problematiche sociali, i costumi più moderni (negli anni '20 fanno la loro apparizione le disinibite flapper) e le richieste di queste donne a cui il ruolo di angelo del focolare ormai non bastava più.
Le femministe del dopoguerra non chiedono più uguaglianza nella sola cabina elettorale ma anche in ambito economico e sociale: parità sul lavoro e nell'istruzione, e abolizione dei doppi standard di genere.

Il termine Prima Ondata viene coniato in maniera retroattiva per distinguerlo dalla Seconda ondata che avrà origine negli Stati Uniti a partire dal secondo dopoguerra per poi estendersi in Europa, e che si batterà per le diseguaglianze culturali, oltre che politiche, economiche e sociali (diritto all'aborto, libertà sessuale, contraccezione, rifiuto della concezione tradizionale della maternità). Nel mezzo si muove la Towsend Warner e il suo Lolly Willowes.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Il romanzo è ambientato nel primo Novecento in Inghilterra e racconta una storia di autodeterminazione, con quel tocco fantasy che è la morte sua.
Dopo la morte del padre la poco appariscente e interessante Laura Willowes, ventottenne nubile, deve lasciare l'amata Lady Place per trasferirsi a Londra a casa del fratello maggiore Henry e della sua famiglia dove diventerà in via semi ufficiale "zia Lolly". Sembrerebbe di primo acchito il più classico degli incipit alla Jane Austen, se non fosse che fin da subito avvertiamo neanche tanto tra le righe una voce narrante molto più critica e moderna nei confronti della passività della nostra protagonista:
Un giorno Fancy Willowes, che si era sposata, aveva perso il marito in guerra, aveva guidato il camion per il governo e si era risposata per ragioni patriottiche, disse a Owen Wolf-Saunders, il suo secondo marito:
"Com'erano prive di iniziative le donne di una volta! Prendi zia Lolly: il nonno le aveva lasciato una rendita di cinquecento sterline l'anno, e lei aveva quasi trent'anni quando è morto, eppure non ha trovato niente di meglio da fare che sistemarsi con mamma e papà e restarci".
"Vent'anni fa la posizione di una donna sola era molto diversa" rispose mr. Wolf-Saunders. "Sai, il sesso debole che andava tutelato, e tutte quelle stupidaggini."
Ma già nel 1902 c'erano persone di mentalità aperta che si chiedevano perché quella Miss Willowes, piuttosto benestante e con tutta probabilità destinata a non sposarsi, non avesse messo su casa per conto suo, dedicandosi a un'attività artistica o a qualche causa progressista. Eppure, a nessuno dei parenti di Laura passò mai per la testa un'idea simile.
Falliti gli ultimi disperati tentativi di trovarle marito (tentativi a cui Laura sarà cieca e sorda, totalmente disinteressata all'amore) per vent'anni zia Lolly ricoprirà il ruolo della cognata/sorella assertiva e docile, della zia zitella paziente e amorevole che frequenta insieme ai parenti funzioni religiose che non le muovono l'anima e località vacanziere che non la appagano. Insomma, fa tutto quello che ci si aspetta da una donna nelle sue condizioni e anche di più, tutto pur di non diventare un peso per i Willowes.
Tutto, tranne che perseguire la propria felicità.
Schiava com'è delle convenzioni sociali a cui sono riservate le donne rispettabili passano vent'anni: la giovinezza sfiorisce, i suoi nipoti si fanno grandi e trovano la loro strada mentre il mondo è scosso da una guerra mondiale. Solo per lei tutto sembra scorrere sempre uguale: la vita cittadina monotona e tranquilla che ha condotto fino a quel momento ha aumentato al punto di non ritorno quei sentimenti a cui non riesce a dare un nome che la tormentano da quando ha dovuto abbandonare Lady Place.
"A volte Laura cercava di spiegarsi il proprio malessere dicendosi che stava invecchiando, e che l'anno che moriva le rammentava la sua stessa morte. Si paragonava a una ghianda che matura, e nei giorni e nelle notti autunnali e senza vento sente la terra attirarla a sé con forza sempre maggiore. L'immagine era molto poetica e appropriata ma non spiegava quello che sentiva. Non era smodatamente ansiosa né di vivere né di morire: perché allora l'ansia la straziava?
In quel periodo andava soggetta a strane fantasie, così vivide da rasentare l'allucinazione: si vedeva in campagna, al crepuscolo, da sola e in uno stato d'animo stranamente sereno."
Finalmente, seguendo un istinto improvviso e irresistibile, Laura prende il coraggio a due mani e affronta forse per la prima volta l'autorità (nella persona del suo volitivo fratello) per smettere una volta per tutte i panni della zia Lolly e fare finalmente qualcosa per Laura, ovvero prendere la sua eredità (o ciò che ne resta dopo una serie di investimenti poco accorti) e prendere in affitto un posticino in campagna. La sua scelta ricade su un paesino di 227 abitanti sulle Chiltern Hills di nome Great Mop.

Qui la Townsend-Warner deve aver passato gli scritti alla sua nipotina satanista, perché la storia comincia a buttare totalmente di fuori, e in mezzo a questa caterva di personaggi pittoreschi di campagna, passeggiate nei boschi, esperienze che sembravano portare a una sottotrama romance frustrata sul nascere con ex banchieri allevatori di polli e invece no, ma soprattutto ritorni stile Carramba che sorpresa di parenti che ora improvvisamente si odiano perché hanno invaso la tua prossemica, Lolly riuscirà a trovare il suo posto nel mondo solo nel momento in cui il diavolo le rivelerà la sua natura di strega (streghe di cui Great Mop pullula), natura che va ricondotta alla totale liberazione da ogni restrizione e convenzione sociale.
Non male considerando che fino a quel momento come indizio avevamo solo il fatto che il padre le avesse permesso di acculturarsi sui tomi che più le garbavano, che le piacesse il té alle erbe e che un gatto di nome Aceto abbia deciso di prendere possesso della sua camera da letto.
Profondo, zi'...

IMPRESSIONI SPARSE

Non metto in dubbio il grado di sconvolgimento che Lolly Willowes deve aver provocato nel cuore degli inglesi del 1926, col suo sovvertimento ironico delle regole e dei cliché dei romanzi ottocenteschi e soprattutto il profondo messaggio di liberazione dalle catene del quotidiano dell'epoca ad opera nientemeno che del diavolo, ma per me, atea di ferro che leggo questo romanzo nel 2022, soprattutto l'arrivo sul finale di questo Amoroso cacciatore è stato un po' un'incudine appesa ai coglioni.
Sarà che di solito prendo poco bene cambi di rotta così repentini.
O forse il fatto che vendere l'anima al diavolo per farti lasciare in pace da tuo nipote Titus, un parente che si sta solo godendo paesaggio e compagnia in modo diverso mentre cerca l'ispirazione per scrivere un libro e non credo abbia come scopo nella vita condividere l'esistenza con la zia zitella di quasi 50 anni sia fondamentalmente una cazzata (ma non sarà nemmeno la strega con la richiesta al diavolo più idiota, come scopriremo). Così come è sostanzialmente una cazzata che le cose più diaboliche che vediamo fare a questo cretino sarà cagliare del latte, provocare un attacco di vespe e far fidanzare Titus. Principalmente a farmi storcere il naso non è il desiderio di Laura di essere lasciata legittimamente in pace nel suo piccolo angolo di mondo dopo 20 anni di sacrifici, ma il modo in cui avviene questa liberazione.

Principalmente nella prima parte del romanzo abbiamo davanti una donna magari non originalissima e piuttosto banale per i canoni odierni ma coraggiosa che nonostante il biasimo delle generazioni a venire, della voce narrante, della famiglia, dei conoscenti, a un certo punto si ribella e decide di cercare, lasciandosi guidare dall'istinto e lottando sia contro un malessere senza nome che contro un fratello abituato a dettar legge senza contraddittorio, il suo piccolo posto nel mondo, un luogo in cui possa essere se stessa.
A Great Mop Laura non è una voce convenzionale e nemmeno particolarmente simpatica (anzi, in certi punti la tentazione di mollare il romanzo per il nervoso è stata fortissima): non riesce a godere della natura e della compagnia come forse immaginavamo sarebbe accaduto, ma pagina dopo pagina vediamo comunque sbocciare una persona che in barba a tutti quei romanzi di impostazione più classica impara a bastare a se stessa, a cercare lei compagnia e alle proprie condizioni, e ad amare ciò che la circonda a modo suo.
Harry Potter ha reso Laura
una strega libera!
Poi scopriamo che la vera libertà (ovvero essere se stessa, non dover render conto a nessuno e fare quello che le pare con la rendita del padre se no si attaccava al cazzo) Laura non può raggiungerla se non affidandosi a un altro uomo, per quanto paranormale egli sia. 
Insomma, strigni strigni in questo romanzo femminista la nostra protagonista liberata passa per direttissima dal padre a Satana.
Senza Satana, questa entità millenaria che nel corso del romanzo vediamo attuare gesta da far tremare i polsi come cagliare del latte, scatenare uno sciame di vespe e far fidanzare Titus così de botto senza senso, pare che Laura nonostante tutte le sue letture, tutto il coraggio dimostrato, tutta la sua crescita come persona autonoma, non sarebbe riuscita ad amare nel modo giusto Great Mop e nemmeno ad affrontare a muso duro il nipote, nonostante la si sia vista fare proprio quello con suo fratello maggiore (che aveva anche in mano il suo patrimonio) poche pagine prima. Lo stesso astio (che poi si tramuterà in indifferenza) contro Titus che entra di prepotenza nel suo spazio intimo smette di essere un grido di libertà per trasformarsi nel capriccio di un bambino che deve condividere il giocattolo preferito col cugino piccolo:
"Il fatto che lui potesse amare quei posti così bene ed esprimere il suo sentimento con tanta facilità quasi la estraniava da Great Mop. Titus amava la campagna come se fosse un corpo.
Per lei era diverso. Per giorni e giorni era rimasta ignara del suo aspetto, perché l'aveva amata e benedetta molto prima di vederla. Con nessun'altra garanzia se non un ramo di faggio, un nome, poche righe e qualche lettera su una cartina si era fidata di quel posto e sulla fiducia aveva puntato tutto. E per arrivarci aveva lottato mentre Titus non aveva dovuto lottare affatto. Per lui lasciare Bloomsbury per le Chiltern Hills era stato facile come per un gatto saltare da una sedia a una poltrona."
Pagine e pagine di cagate.
Praticamente questa scema gli scatena contro Satana perché Titus in quanto maschio benestante ha la vita più semplice, come se i suoi guai e la sua condizione svantaggiata fossero colpa di questo ragazzo. Fortuna che in questo romanzo del 1926 il diavolo è uno scherziere e i sabba sono una sagra del tortello di zucca, che paradossalmente è uno dei punti che ho più apprezzato nel romanzo.
C'è infatti in Lolly Willowes un certo gusto per la dissacrazione religiosa che permea un po' tutto il romanzo tra le righe ma si scatena sul finale, con questi sabba improbabili, il sacerdote di Great Mop che appartiene alla file dei seguaci del diabolico scherziere, il quale riveste i panni oltre che di giardiniere di liberatore e ironico e consolatorio confidente delle anime smarrite.

*

IN CONCLUSIONE. . .

Per quanto questo Lolly Willowes sia un classico importante nel panorama della letteratura femminista di quasi un secolo fa che va necessariamente contestualizzato per essere compreso appieno, è anche un romanzo per quel che mi riguarda invecchiato male che mi è risultato indigesto e poco soddisfacente man mano che la lettura avanzava e la liberazione di Laura si concretizzava, ma con punti altissimi.

Giudizio finale:

Nessun commento:

Posta un commento

La tua opinione è importante anche se non sei d'accordo con quello che ho scritto e mi fa sempre piacere scambiare due parole con chi si prende la briga di leggere quello che scrivo.