lunedì 14 marzo 2022

[Recensione] RED, di Domee Shi (2022)

Paese
: USA
Anno: 2022
RegiaDomee Shi
Sceneggiatura: Domee Shi, Julia Cho
Produzione: Pixar Animation Studios
Genere: Commedia, Fantastico
Cast: Rosalie Chiang (Chiara Fabiano); Sandra Oh (Daniela Calò), Ava Morse (Nicole Damiani); Maitreyi Ramakrishnan (Sara Labidi); Hyein Park (Vittoria Bartolomei)


Premesse:
Pellicola all'estrogeno diretta e sceneggiata (a metà) da Domee Shi, che in Pixar ha contribuito fin dal 2011 nel ruolo di animatrice e storyboarder a pellicole del calibro di Inside Out (2015), Gli Incredibili 2 (2018) e Toy Story 4 (2019). Nel 2018 il suo esordio alla regia in Bao (vincitore di un premio Oscar) l'ha resa la prima donna in Pixar a dirigere un cortometraggio.
Bissa questo primato diventando la prima donna a dirigere da sola un lungometraggio quando sempre nel 2018 le viene affidato Turning Red, pellicola che impiega ben 5 anni a vedere la luce e in cui la giovane regista attraverso il filtro del fantastico racconta molto di sé e della sua esperienza di immigrata cinese in Occidente in quel periodo drammatico che è il passaggio dall'infanzia all'adolescenza.
Ed ecco il punto dolente.
Io tredicenne non lo sono da un po'. Per noi vecchietti quindi si rende necessario prima di andare su Disney+ e premere play lavorare un po' d'immaginazione e soprattutto di nostalgia per metterci nell'ottica della giovane protagonista e goderci il viaggio. Buon per noi che Domee Shi ci renda la cosa molto facile. Questo si traduce però in una pellicola godibile per tutti, con una trama solida e bei personaggi divertenti? Scopriamolo insieme in questa recensione.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Anno 2002, Toronto, Canada.
Turning Red
segue la vicenda della giovane Mei Lee (Rosalie Chiang), una 13enne di origini cinesi. Una ragazza, ormai adulta (almeno secondo i canoni dei trasporti pubblici canadesi), che si presenta come una donna sicura di sé e spigliata che fa quello che vuole quando vuole, dice quello che vuole, indossa quello che vuole, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, tutto l'anno.
Tanto per rimarcare la cosa Mei Lee guarda per tutto il tempo in camera rivolgendosi in modo sfacciato a noi spettatori e rompendo conseguentemente la quarta parete, proprio come accadeva nelle sit-com per adolescenti di di quegli anni (penso ad esempio a That's Raven, o a Lizzie McGuire).
Ovviamente ci mettiamo circa 10 secondi a bollarla come cazzara più che come donna. Quello che ci passa davanti agli occhi infatti è piuttosto una ragazzina talmente seria, coscienziosa e tenuta in riga dall'immancabile madre elicottero che già la vede segretaria ONU per una A+ in francese da risultare fastidiosa anche ai professori; che per rendere fiera sua madre Ming Lee (Sandra Oh) si sobbarca le mille incombenze quotidiane che le vengono richieste, che vanno da un curriculum scolastico impeccabile al lavoro pomeridiano al tempio di famiglia.

Un'adolescente tutta lavoro e niente divertimento che invece di prendere un'ascia e trasformarsi in Jack Torrance al risveglio delle prime passioni adolescenziali, come se non bastasse la normale pubertà, si trasforma in un gigantesco e molto commercializzabile panda rosso.
Serio, ogni volta che si vede il panda in scena riesci a sentire in sottofondo il responsabile marketing della Disney che si sega al pensiero di quanti peluche morbidosi si venderanno negli store online.

Dopo il primo e comprensibile momento di panico Mei Lee scoprirà che quella trasformazione non ha nulla di strano, ma è solo una peculiare caratteristica di famiglia: da generazioni infatti tutte le donne Lee attraversano questo periodo di trasformazione in panda rosso dall'epoca di Sun Yee, matriarca della famiglia, che chiese agli dei una benedizione che le permettesse di proteggere la sua famiglia e il suo villaggio in tempo di guerra.
Nel civilizzato mondo occidentale però questo dono non serve più.
Nulla di grave, però, non disperare Mei Lee. Basta non farlo sapere a nessuno e tenere sotto controllo la bestia (scatenata da qualsiasi emozione forte, ed è subito Arendelle) fino alla prima sera di luna rossa, quando sarà possibile esorcizzarla per sempre. 
Si ha solo un'opportunità per bandirlo, la avvertirà Ming Lee, e non si può fallire.
Ricordiamoci questa cosa, ci servirà più avanti.

Dopo una breve occhiata al calendario scopriamo che la prossima luna rossa ci sarà tra un mese.
Un mese, che culo, e che ci vuole?
Ci vuole che proprio in quel mese la boy band preferita di Mei Ling e delle sue amiche, i 4*Town, questa sporca banda occidentale di delinquenti che si drogano, sculettano e fanno rumore, suoneranno a Toronto, e per suggellare ufficialmente il loro status di giovani donne toste, indipendenti e meritevoli di fiducia le ragazze decidono di disobbedire ai genitori, guadagnare da sole i soldi del biglietto e andare ad "allargare gli orizzonti musicali". 
E quale modo migliore per le protagoniste di un film Disney-Pixar di guadagnare 800 (!!) dollari in un mese che monetizzare in modo svergognato il panda rosso tra i coetanei drogati di kawaii?

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IMPRESSIONI SPARSE


Turning Red è un film che parla di crescita.
E lo fa maledettamente bene.
Domee Shi e Julia Cho nel ruolo di co-sceneggiatrici hanno arricchito la protagonista con la propria esperienza di giovani immigrate cinesi trapiantate a Toronto, ragazze sulle cui spalle gravavano le grandi aspettative e quella severa fierezza genitoriale tipica delle famiglie di immigrati dando vita a una Mei Ling che buca letteralmente lo schermo.
Mei Mei è incredibilmente magnetica, realistica, espressiva.
Tutto di lei è sciocco e adorabile, dolcissimo, a tratti pure irritante se la si guarda con gli occhi di una persona adulta che anche se ha ancora un rapporto molto stretto con la propria parte fanciullesca tende a dimenticare di quanto si fosse tutte incredibilmente sciocche da ragazzine, quando ci si sentiva già grandi, si mentiva ai genitori per le cazzatelle, si nascondevano i segreti sotto al letto. Quando si spippolava per ore sopra al Tamagotchi, quando si ballava male con le amiche del cuore al ritmo di canzoni melense e si leggevano romanzi coi lupi mannari addominalati mentre si sospirava sul frontman della boy-band del cuoricino immaginandolo come un bad boy vampiro.

Peculiare, visto che parliamo di un film Disney-Pixar, e divertentissima è soprattutto la dimensione sessuale.
Mei-Mei e le sue amiche, da brave adolescenti in sboccio, sono perennemente arrapate e il film non si vergogna di mostrarlo nemmeno per un secondo.
Arrossiscono, strillano e si commuovono alle lacrime alla vista dei belli e sensibili che cantano parole d'amore e curano colombe ferite, restano a bocca aperta davanti a un ciuffo emo scosso dal vento e arrivano ad ululare davanti al fondoschiena tornito del ragazzo del minimarket.
Si allenano persino a disegnare addominali per inserirsi in scene sexy in compagnia dell'amato o per riprodurre un ritratto della propria cotta in versione sirenetto. E li abbiamo tutti schizzi di quella risma cui ci vergogniamo nascosti da qualche parte, non facciamo gli ipocriti.

Altro punto legato alla dimensione sessuale che permea tutto il film è rappresentato dalla metafora del diventare donna: il turning red come metafora delle mestruazioni.
E proprio di mestruazioni si parla in maniera molto esplicita a inizio pellicola, quando Ming Lee notando il comportamento bizzarro della figlia inizialmente crede che il problema non sia la maledizione di famiglia (che di solito si manifesta più tardi) ma quello che chiama lo sbocciare della peonia rossa.
E mentre il padre, da bravo uomo di mezza età degli anni 2000, indietreggia lentamente fuori inquadratura perché lui con queste cose da donne non ci vuole avere a che fare (in sua difesa, avrà poco a che fare anche con l'altro problema della figlia e in generale si imporrà poco nella vita di Mei Lee dal momento che in famiglia conta come il due di briscola), Ming Lee è pronta a venire in soccorso della piccola donna di casa con tutte le informazioni biologiche del caso, cibo e medicine per i crampi e un campionario di assorbenti degno di uno spot della Lines
Ed era anche ora nel 2022, cazzo.

Ed è proprio il rapporto tra madre e figlia un altro punto di forza del film: non c'è adolescenza senza ribellione, e per quanto paia una cazzata non c'è ribellione senza qualcuno a cui ribellarsi. In questo caso il nemico da sconfiggere è una madre benintenzionata ma fin troppo presente.
Il rapporto tra le due nel film è perfetto nel non essere perfetto.
Mei Ling e sua madre sono sempre state unite, e Mei ha sempre voluto renderla fiera, vuoi per quella devozione orientale alla famiglia, nella fattispecie agli antenati e a chi ci ha dato la vita, al punto da annullare se stessa e mentirle riguardo alla musica che lei ama e che la madre trova insopportabile, o sul fatto che le piaccia twerkare, e questa dicotomia è resa splendidamente anche dalla Mei-Panda, che mostra una disperazione e una rabbia in cui molte si possono rivedere. 
Ma entrambe devono fare i conti anche con il fatto che Mei sta crescendo, e come giovane donna deve sviluppare non solo la peonia rossa, ma anche una propria autononia come persona, autonomia che Ming non sembra intenzionata a darle.
Perché lei sa quello che è meglio per entrambe.
Perché è schiava di un pensiero tossico che lei stessa ha subito.
Ma anche e soprattutto perché ama passare il tempo con la sua bambina e non riesce ad accettare il fatto che bambina non lo è più. La bellezza del rapporto tra le due sta nel fatto che le sceneggiatrici non parteggiano mai apertamente né con l'una né con l'altra: quello che traspare è sempre una profonda empatia che va in entrambe le direzioni. Ming Lee, che è approfondita quanto la protagonista e non resta sullo sfondo come la maggior parte delle madri biologiche dei film Disney-Pixar, non appare mai totalmente come cattiva (a differenza, per fare un nome a caso, di Eleanore di The Brave che aveva dei momenti in cui la si poteva considerare ingiusta, anche se per motivazioni valide). Dietro ogni azione che la vede protagonista e che va a concorrere a rovinare la vita di Mei, anche la più cringe (e quanto lo si sente il cringe quando Ming mostra i disegni sexy della povera Mei al ragazzo che le piace accusandolo di aver plagiato una bambina e di essere un drogato), si legge sempre il fatto che sia benintenzionata, ma che i risultati siano davvero pessimi.
La loro storia ovviamente deve finire a tarallucci e vino.
Ma dopo una bella scazzottata stile shonen, divertente variazione sul tema.
Siamo comunque in un film per bambini dove alla fine per quanta carne al fuoco si metta il conflitto deve concludersi: Ming Lee alla fine deve lasciar andare Mei (la quale arriverà a comprendere meglio sua madre e ad avvertire una nuova sintonia con lei in una scena molto delicata), il che non significa smettere di passare tempo con lei o divertirsi insieme ma accettare le sue amiche, la sua musica, qualche segreto nascosto sotto al letto, e il suo desiderio di scegliere una strada diversa. E in questo caso penso sia non forzato ma un bel messaggio attualissimo (e non solo per gli immigrati cinesi del Canada), che qualche genitore occidentale che impone ai figli di fare sacrifici in nome della devozione filiale potrebbe anche trovare utile, se nel 90% dei casi non si parcheggiassero i figli davanti ai cartoni animati per farsi i fatti propri da qualche altra parte.


Se la protagonista e sua madre sono di una complessità e di un realismo straordinari e guardarle interagire è quasi sempre un piacere (tranne quando la storia diventa Dragonball), se l'ambientazione (sia quella del mondo cinese che di quello occidentale e g-g-giovane) è curata nei dettagli e non si può fare a meno di provare un senso di nostalgia se si era ragazzini in quel periodo e si guarda Mei che spippola col Tamagotchi o i ragazzini che si mandano messaggi con i vecchi Nokia con lo sfondo verde, se quel mix tra realismo e trovate grafiche ispirate agli anime è un contrasto divertente che rende molto l'idea di quegli anni pazzi, non è tutto oro quello che luccica in Turning Red.

A livello di trama, uscendo dalla tematica della crescita di Mei e del suo contrasto familiare, Turning Red manca di prendermi più di tanto, per non dire che ci sono cose che o non mi piacciono o direttamente mi sembrano forzature per mandare avanti le cose fino all'inevitabile epilogo.

Il primo problema fondamentale è legato all'essenza del film all'estrogeno.
Turning Red infatti è un film scritto da donne, diretto da donne, prodotto da donne: ovviamente per quanto la resa del mondo femminile sia realistica e per quanto molte di noi si rivedano in Mei per certi aspetti, dall'altro lato della medaglia è puntuale come il monologo emo di Batman a fine spillato che la trama dovrà ruotare intorno a glitter, boy band, occhi che brillano, amore e conflitti casalinghi con mamma per andare a divertirsi al karaoke. Perché sia mai che una protagonista donna possa vivere un'avventura nel mondo dei morti come Miguel, al massimo può farsi un giro tra le intercapedini di casa come Mirabel. L'ennesima roba da femmine che terrà lontani i maschietti da un film che qualcosa da dire potrebbe averlo anche a loro, insomma.

In sua difesa però il film a un certo punto ci prova pure a virare all'avventuroso, peccato che il risultato sia un po' una cacata dal momento che fino a quel momento si è puntato tutto sull'introspezione e la commedia teen.
A un certo punto infatti la regista passa da Sailor Moon a Dragon Ball e compare così de botto senza senso Godzilla. La madre di Mei Mei per lo shock di scoprire che sua figlia ama la musica pop e vuole andare a sentire una boy band con le amiche si incazza e diventa un panda rosso di dimensioni kingkongiane che rade al suolo mezza Toronto.
A parte essere una scena noiosissima dal momento che queste due ovviamente non possono menarsi con l'intento di farsi male (e dovrebbe essere quella più action, invece si ha l'idea che la regista l'abbia ficcata a forza per avvicinare quel paio di ragazzini più aperti mentalmente al film ma non avesse tutta questa voglia di far smazzare queste due neanche per finta), presenta diversi problemi che vale la pena elencare per punti:

1) A inizio film ci viene spiegato esplicitamente che c'è un solo tentativo di esorcizzazione del panda, nello specifico devi esorcizzare il panda entro la prima luna rossa dalla prima trasformazione altrimenti ti attacchi al cazzo.
Ripetiamo: un solo tentativo.
Ti attacchi al cazzo.
A fine film tutto questo viene convenientemente dimenticato dal momento che basta spingere a terra Ming Lee perché il ciondolo che porta al collo (e che contiene lo spirito del suo Panda) si rompa e lei torni ad essere un Panda di dimensioni mastodontiche, che in cerca di vendetta contro la figlia ribellina che è andata al concerto dei giovani drogati sfiora una strage omicida di migliaia di persone.

2) Il ciondolo evidentemente è fatto con la merda per rompersi tanto facilmente, e ci stai contenendo lo spirito dell'enneacoda.

3) Perché la madre è Godzilla?
Non è mai spiegato il motivo per cui solo il suo panda sia gigantesco (vedremo anche i panda della nonna e delle sorelle: un po' più grandi di Mei Mei, che è ancora piccola, ma in scala). 
Sappiamo che non è per la rabbia che prova in quel momento nei confronti di Mei dal momento che è il padre che 5 minuti prima ci ha detto che il panda di Ming è sempre stato molto grande, e ora ce lo rimarca. Non ha senso che con 4 sorelle con cui condividere le attenzioni materne abbia tensioni più grosse in sospeso con sua madre rispetto a Mei Mei, che è figlia unica e ha tutte le aspettative su di sé. Non ha senso che sia il senso di colpa per aver ferito la madre durante l'ennesimo litigio ad aver reso il suo panda enorme dal momento che, lo ribadiamo, era già grosso (e a questo proposito, se un bestio così ti prende in un occhio ti cava metà della testa, mica diventi Yamcha)

1b) Last but not least.
Un solo tentativo.
Ti attacchi al cazzo.
Per salvare la situa visto che Mei Ling non ha ancora sviluppato la superforza di Luisa Madrigal anche la madre (che all'inizio pareva chissà che villain e poi è una pasta) e le sorelle di Ming spaccano i rispettivi sigilli e si trasformano in panda rossi, salvo poi esorcizzarli di nuovo a caso.
Avevate un'idea sola, porco il vostro panda rosso...

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I canadesi sono tutti talmente buoni da rasentare l'imbecillità solo in questo film o questo paese ha bisogno di una scrollata per il coppino? Perché tutti, non solo le amiche di Mei che sono più che giustificate ad accettarla così com'è e a proteggerla dai mali del mondo, rappresentando per lei quella forza che l'aiuta a trattenere il lato oscuro e rabbioso del panda, sono amici, tutti sono pronti a trovare adorabile un panda rosso di due metri che con un'unghiata può eviscerarti, nessuno chiama la polizia.
Nessun adulto si accorge del via vai continuo nei cessi.
Nessuno prende provvedimenti, cerca di vendere questi cinesi magici ai federali o fa la spia (nel caso in cui gli adulti siano veramente rincoglioniti e ancora non si sono accorti della cosa) quando Mei ferisce un compagno di scuola in preda alla rabbia (ragazzino che si scoprirà essere grande fan della boy band e quindi abbracci, baci, amicizia, ti ho quasi rotto un braccio ma sticazzi), e soprattutto nessuno fa arrestare Ming-Godzilla che ha devastato uno stadio e rischiato la vita di migliaia di ragazzini e dei 4*town . E ok la sorellanza, ma che cribbio.

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Parlando di momenti WTF a un certo punto Ming Lee nel raccontarci la leggenda della maledizione di famiglia ci narra di Sun Yee Li che amava a tal punto il panda rosso che ha chiesto di essere trasformata in un panda rosso per proteggere la famiglia.
Ora, questo è un panda rosso che si difende da un nemico:
Signora, al di là del suo feticismo preoccupante verso questi adorabili animaletti, io non è che voglia dire che la scelta del panda rosso non sia delle più felici per scatenare paura nel cuore dei nemici mentre gli uomini sono alla guerra, o che sia la scelta più commercializzabile che è venuta in mente alla regista senza nemmeno provato a nasconderlo, ma insomma...

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Se il rapporto tra Ming e Mei è meraviglioso, una menzione di demerito va fatta per Jin, il padre di Mei.
Si è talmente impegnati a costruire il rapporto tra le due donne Lee (e a farci comprendere che è tutto un circolo tossico che si tramanda di generazione in generazione) che il padre, che dovrebbe essere una figura sensibile e silenziosa all'interno di una famiglia che lo tiene in considerazione come un culo senza il buco, scompare quasi totalmente dal radar fino a fine film o fa da sollievo comico come quando scappa perché alla figlia vengono le mestruazioni (che simpa!). Poi gli viene affidata di botto la parte più importante, quella di dare 
a Mei l'imput per capire che il panda non è affatto il mostro che crede sia sua madre e ha tutto il diritto di essere una ragazzina e fare la sciocca.
Per il resto è un personaggio poco chiaro, che la sera cucina da chef stellato e la mattina brucia il porridge solo per dare modo a Ming di uscire dal bagno prima di scoprire il segreto di Mei e fare un'altra scena simpa.

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IN CONCLUSIONE. . .

Turning Red è un film per bambini (o per meglio dire, per bambine, nel bene e nel male) che parla, anzi strilla, soprattutto a chi bambino lo era 20 anni fa e condizione imprescindibile per goderselo è ricordarsi almeno un pochino com'era avere 13 anni e sentirsi dentro il Panda Rosso. E' chiaro qual è il messaggio che si vuole portare avanti, e per quanto sia un messaggio bello, di una delicatezza rara, commovente e attualissimo, la regista è talmente tanto concentrata su quel messaggio che tutto il resto si perde un po' per strada.
Però a me la lacrimuccia è scappata lo stesso, quindi sticazzi.
Giudizio finale:

2 commenti:

  1. Mi piacciono i cartoni animati Disney e Pixar ora Disney Pixar, questo ultimo sembra davvero carino. Ho trovato il tuo blog grazie al tuo account su Anobii che ora seguo. Ci passi ancora su Anobii ? Spero che vorrai rendermi il follow-back per il mio account su Anobii e per il Mio Blog "Il Rifugio degli Elfi" https://ilrifugiodeglielfi.blogspot.com/ - vedo che il tuo blog non ha evidenziato un servizio di follower così per seguirti ho memorizzato il link del blog nel mio browser. Un saluto, buona domenica pomeriggio e spero di trovarti da me per una visita.

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  2. Trovato il link per seguirti, ora ti seguo davvero anche qui sul blog con google friends

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