sabato 21 maggio 2022

[Recensione] LA LEGGENDA DI SCARLETT E BROWNE, di Jonathan Stroud

Titolo originale:
 The Outlaws Scarlett and Browne
Autore: Jonathan Stroud 
Traduzione: L. Troisi
Edizione: Mondadori
Pagine: 380
Anno: 2021
Euro: 17,00 | Ebook: 8,99


Premesse:
Il mio ritorno nel mondo dello young adult si conclude con una discreta delusione, acuita dal fatto di aver acquistato sulla fiducia questo volume dal momento che finora Jonathan Stroud non mi aveva mai delusa.
Per quanto fossero dichiaratamente destinate a un pubblico di preadolescenti ho adorato la saga di Lockwood e ho pianto tutte le mie lacrime con le vicissitudini di Nathaniel nella quadrilogia dedicata al demone Bartimeus. Alla fine di questo volume il sentimento contrastante è stata la confusione,  con uno spruzzo di delusione che è la morte sua.
Lo stile, ho notato, era molto sotto la media.
Infantile a dir poco, poco scorrevole e poco piacevole da leggere.
Ma già dal titolo in realtà qualcosa non mi sconfinferava, con outlaws tradotto alla buona con "leggenda" e quel ridicolo sottotitolo che nella versione originale non esiste e fa anche schifo, pare uscito da Il cavaliere oscuro. Il dubbio che quelli che mi paiono problemi di stile siano in larga parte problemi legati alla traduzione si fanno certezza nel momento in cui scopro che a questo giro Mondadori ha affidato il compito di tradurre questo romanzo a Licia Troisi, con l'ovvio risultato di aver bimbominkiato tutto con la sua prosa discutibile.
Se non altro la casa editrice non lo ha scritto a caratteri cubitali sulla copertina. Forse si sono vergognati del risultato anche loro in uno sfoggio di rara autocritica (una mossa furba dal momento che se avessi letto il suo nome non avrei comprato il libro, a fiducia). Comunque, fosse solo una questione di scrittura il problema si porrebbe il giusto dal momento che non sono una persona che valuta lo stile sopra ogni cosa e passo volentieri sopra una storia scritta in modo mediocre se i personaggi o il background riescono comunque a prendermi.
Stroud in questo non mi ha mai delusa.
Finora.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Se nella saga di Bartimeus Stroud ci ha gettato in un'Inghilterra alternativa in cui a differenza di quanto accada in Harry Potter il governo è affidato a maghi avidi e corrotti e in Lockwood&Co è la società vittoriana ad essere presa in scacco dai fantasmi, a questo giro ci si tuffa a pesce nel post-apocalittico alla Fallout. In un passato recente una catastrofe non meglio precisata ma si presume di natura atomica ha devastato il mondo.
Ora è tutto un po' far west e un po' medioevo.
La vecchia capitale, Londra, non è che un ammasso di torri divorate dal verde e paludi. Nel resto del paese cannibali resi folli dalle radiazioni e bestie deformi e letali attentano alla vita dei pochi sopravvissuti, che si barricano in pochi insediamenti tenuti insieme con le preghiere e un po' di sputo. Si va dalle poche cittadine più evolute che hanno ancora generatori di elettricità e mezzi di trasporto con cui spostarsi in relativa sicurezza a quelle più piccole e periferiche, che si sostentano col poco che riescono a recuperare dall'ambiente circostante (perlopiù pesce, alghe e canne da intrecciare) e una rudimentale economica di baratto.
Rega, è inutile che continuo, è Fallout.
In questo mondo devastato dalla piaga del plagio alla Bethesda le persone si affidano alla preghiera ma soprattutto alle conoscenze e al denaro. Ma se non hai né l'uno né l'altro, e non vuoi limitarti a sopravvivere per poi farti mangiare dalla prima cosa zannuta che capita a tiro, l'unica via che si può perseguire è quella del crimine, ed è proprio questa la strada intrapresa dalla nostra Scarlett.
E chi è Scarlett?
Dramatizaton
Sostanzialmente Aloy di Horizon Zero Dawn con un pizzico di Arya Stark in salsa crime. Scarlett è un giovane prodigio del crimine, una rapinatrice di banche che in pochi anni si è fatta una nomea di ladra così scaltra e inafferrabile che Lupin III e Doris Payne possono accompagnare solo, abile e imbattibile combattente, profonda conoscitrice delle terre selvagge e naturalmente sassy come poche.
E' una ninja, è fumo che scivola tra le dita.
A seguito di uno dei suoi colpi leggendari, mentre sfugge alle guardie nel profondo delle terre selvagge, la ninja si imbatte in un autobus di linea riverso fuori strada, col ventre sfondato da quella che sembra un'esplosione. Dal momento che non sembra esserci nessun sopravvissuto, che i suoi inseguitori sono lontani e non farà buio ancora per qualche ora, Scarlett decide di dare un'occhiata all'interno del mezzo in cerca di qualcosa di valore da rivendere. Insieme a una valigetta dall'aria interessante chiusa a chiave, nel bagno del bus Scarlett scova un sopravvissuto, Albert Browne, di un paio d'anni più giovane di lei ma molto meno fico.
Inizialmente né Scarlett né il lettore capiscono come possa aver fatto questo ragazzo a sopravvivere non solo a qualsiasi cosa abbia sfondato un bus blindato (dall'interno, sembrerebbe, e a noi lettori navigati già salta la mosca al naso a pagina 10 su quanto anche Albert in realtà sia specialissimo) e alle bestie che hanno fatto man bassa dei cadaveri dei suoi compagni di viaggio ed eventuali sopravvissuti allo schianto, ma proprio a sopravvivere ad alcunché dal momento che non solo è magro, sporco, debole, spettinato e terrorizzato dalla sua ombra, ma sembra anche totalmente privo di qualsiasi istinto di sopravvivenza. O di senso comune.
Dramatization 2
Da solo questo povero stronzo non sopravvivrebbe per più di 10 minuti.
Nella vita vera questa zavorra umana verrebbe lasciata a morire senza pensarci due secondi dal momento che in questo scenario post apocalittico, per quanto si sia religiosi al punto da tenersi al collo un dindarolo della parolaccia in cui inserire monetine ogni volta che si impreca (salvo poi scoprire che le imprecazioni sono al livello di scuola elementare), la parola d'ordine è che ognuno a conti fatti pensi per sé, specie se sei una ragazza con uno zaino zeppo di dollari rubati sul groppone che vive fuori dal mondo civilizzato (o quel che ne rimane) e deve costantemente guardarsi da nemici di ogni tipo.
Ma Scarlett no, è una tsunderina dal cuore morbido.
Parandosi dietro una sequela di imprecazioni tenerelle e finte rimostranze a cui il lettore non crede neanche per mezzo secondo, acconsente di accompagnare Albert per un po': giusto il tempo di farlo arrivare in un posto sicuro, prima che ognuno vada per la propria strada, lei a consegnare il denaro rubato a una famiglia malavitosa che pretende un pizzo per lasciarla libera di delinquere nel loro territorio, lui in delle fantomatiche, quasi mitiche terre alla foce del Tamigi). Ma ovviamente le cose non andranno tanto lisce. Ritrovatasi alle calcagna inseguitori molto più ostici del solito, scoprirà che questa gente non sta inseguendo lei per via della rapina in banca, bensì la sua scarmigliata zavorra umana. A maggior ragione a questo punto lei dovrebbe buttarlo giù da una rupe con un calcio nel culo e farsi i fatti suoi, invece no.

*

IMPRESSIONI SPARSE

La leggenda di Scarlett e Browne è una saga che in questo primo volume non è riuscito a prendermi né per quello che riguarda i personaggi, né per quanto concerne il background.
Scarlett risulta il cliché della protagonista bidimensionale del romanzo per adolescenti, la ragazzina che non ha nemmeno l'età per guidare ma è già la più furba dei furbi e la più dura dei duri, con una nomea criminale da rapinatrice di banche che travalica strade e città. Stroud non perde tempo e nella sua scena d'esordio la troviamo mentre si risveglia indolenzita, sarcastica e desiderosa di un buon caffè dopo l'attacco a sorpresa di 4 energumeni. Sembra essere ordinaria amministrazione per ninja Stark.
Subito dopo rapina con successo una banca in pieno giorno.
Poi semina le guardie e i loro segugi senza difficoltà e non paga di ciò ammazza un orso mutante con un coltello e un kitemmuort, decidendo pure di portarsi dietro quello che sul momento reputa un totale peso morto per mera carità cristiana, e tutto questo solo nella prima trentina di pagine. Ma considerando che dopo tra le altre cose arriverà ad avere la meglio pure su un'élite di sicari guidati da Clea Strange di nero vestita, l'asticella a questo punto è ancora nella media.

La sua unica profondità caratteriale al momento sembrano essere gli echi dell'immancabile passato tristanzuolo. Passato sul quale lei, essendo una tsunderina fatta e finita, per il momento non si sbottona nonostante i timidi tentativi di Albert se non a suon di bronci e mutismi. Ma noi lettori navigati sappiamo che c'è.
Se ne sta lì, acquattato nell'erba come gli Hobbit, pronto a saltar fuori nel momento più drammatico possibile, per portare chi legge a provare una profonda empatia aggiuntiva nei confronti di questa ragazza che è sì forte e coraggiosa, sì intelligente e compassionevole al punto da non uccidere se non per necessità, ma questo non basta.

Ora, visto che questo dei ragazzini scaltri col passato tristanzuolo sarebbe il problema di praticamente tutti i protagonisti degli young adult, compreso il mio adorato Kaz Brekker (che è impostato in modo da risultare addirittura più furbo dei furbi e più duro dei duri di lei dal momento che è il giovane capo di una gang criminale), si necessitano un paio di righe aggiuntive sul perché Scarlett mi procura l'orticaria e Kaz no.
Innanzitutto Kaz a differenza di Scarlett che ha come unico difetto un rapporto conflittuale col pettine ha dei difetti fisici evidenti, nella forma di una grave zoppia che porta l'avversario a sottovalutarlo quel tanto che basta da prenderlo di sorpresa e avere la meglio nel corso di più di uno scontro. Scontri che comunque difficilmente si portano sul piano fisico dal momento che Kaz il lavoro sporco nel 99% dei casi lo fa fare agli altri.
Questo perché come regola generale per non creare una cazzo di Mary Sue se sei sveglio e scaltro non puoi essere pure super forte e menare come un fabbroferraio QUATTRO (!) armadi a due ante che ti assaltano a sorpresa, specie se poi dopo mi vuoi dare a bere che hai paura che un paio di criminali del posto ti possano fare del male se non gli paghi il pizzo per lavorare. 

Secondo, se mi descrivi un personaggio come sveglio e scaltro e poi gli fai fare scelte del cazzo che vanno contro qualsiasi istinto di sopravvivenza per il solo scopo di metterlo nella luce migliore possibile e farla sembrare brava buona e splendente a dispetto del brutto carattere hai fatto un lavoro di merda nella costruzione del suddetto personaggio. Kaz è un tipo che è sopravvissuto in un mondo di stronzi crudeli diventando col tempo più stronzo e crudele di loro: coerentemente lo vediamo circondarsi di persone eccezionali in base alla loro utilità pratica e solo poi sviluppare qualcosa di simile alla fiducia e all'affetto ma sempre con riserve. Capisci quindi che la sua sopravvivenza è stata frutto di scelte oculate.
Scarlett si tira dietro un cretino pescato dal cesso di un bus. 
Cretino che ovviamente si rivelerà essere specialissimo forse più di lei.

Albert infatti ben presto nel corso del loro viaggio (nonostante Stroud ci tenga a mantenere per tutto il tempo una certa aria di mistero la cosa si intuisce più o meno dalla quarta di copertina) si rivelerà essere non un ragazzino qualunque ma un X-men potentissimo che legge nel pensiero, sposta gli oggetti e quando è stressato o ha paura spara raggi di energia dal corpo come Capitan Marvel.
Albert è il frutto di mutazioni genetiche spontanee post-apocalittiche.
E' stato tenuto prigioniero per anni in una prigione supersegreta che si occupa di togliere dalla circolazione questi scherzi di natura e torturarli per incanalare il loro potere per scopi più utili per l'umanità superstite, oppure ucciderli nel tentativo. Questo ameno luogo è gestito col pugno di ferro dall'antagonista di questo primo volume della saga e contraltare di Scarlett, la dottoressa Calloway: un figone biondo dai capelli lucidi e l'aria austera vestito tutto di nero che viene descritto dal suo ex prigioniero come una specie di Galadriel bellissima e terribile come l'alba.
C'ha i poteri pure lei, ovviamente.
Primo tra tutti uno sguardo raggelante, poi la capacità di passare metà libro a fissare il vuoto con aria truce e mantenere una briciola di dignità mentre nel momento delle grandi rivelazioni si mette a fare la bitch con una ragazzina di 16 anni e a raccontarle tutto il suo piano malvagio invece di ucciderla in due secondi come ha fatto tipo 10 pagine prima con una comprimaria, almeno finché non la finiscono letteralmente con una mazzata tirata nel coppino, alla faccia dell'anti-climax.

Albert è anche un puro.
Così tenerello che fa in fretta a darmi il vomito.
Anche perché il fatto che sia così impotente, gentile, dolce, altruista (nonostante le sevizie subite, molto realistico) e totalmente ignorante nelle faccende del mondo reale serve giusto a far fare ulteriore bella figura a Scarlett nel ruolo non solo di scaltra fabbroferraia ma anche di guida e protettrice. Perché Scarlett è buona, cazzo!
Salva pure le bambine disabili dai cannibali!
I capitoli narrati attraverso il suo punto di vista sono forse i più noiosi del libro insieme alle scene d'azione scontate in cui Scarlett trionfa contro sicari armati e più grossi e con più esperienza anche se le probabilità sono tutte contro di lei, perché lui è troppo buono e i suoi pensieri sono un lento e inesorabile susseguirsi di cagate in cui questo delicato fiorellino anela alla libertà e a un posto da poter finalmente chiamare casa. E l'orizzonte sconfinato oltre il muro dell'Istituto, e gli uccelli liberi di volare, e inserire pensiero triste cliché.

A livello di background oltre al fatto che Stroud a differenza di quanto accadeva ad esempio in Lockwood&Co non solo non riesce a creare personaggi intriganti (forse perché la protagonista a questo giro è una donna e checché se ne pensi non è facile scrivere di un buon personaggio femminile senza farlo diventare una macchietta imbarazzante) ma li fa pure muovere all'interno di uno scenario di incredibile vaghezza (in cui il punto più alto è rappresentato da un interminabile pippotto infarcito di luoghi comuni sul fatto che la religione organizzata è avida e ipocrita).
Una reticenza portata all'estremo, irritante.
Per non parlare del fatto che certe cose a livello di costruzione del worldbuilding e di intreccio sembrano solo pretesti forzati per spingere Scarlett a fare cose nel modo di Scarlet: sempre pawah ma più svelto ed efficiente.
In un'economia post apocalittica in cui ci si sposta solo in autobus, ci sono solo pochi centri abitati di medie dimensioni costellati da piccoli insediamenti che vivono di baratto e piccolo artigianato cosa minchia se ne fa la gente di banche protette da energumeni addestrati e sistemi di sicurezza all'avanguardia per cui bisogna fare i piani alla Mission Impossibile invece di avere, come accadeva nel Far west, quattro sbrotti di cemento con dentro un paio di stronzi armati di pistola?
E a proposito di tutto l'espediente che serve a mettere la protagonista in finta difficoltà per scatenare le simpatie del lettore, perché Scarlett non viene precettata a forza da qualche famiglia criminale della zona visto che è tanto brava da mettere loro i bastoni tra le ruote invece di chiederle il pizzo per agire in autonomia o ucciderla, in caso di inadempimento del pagamento? Sei criminale, ma sei pure stronzo due volte. Non che lei sia da meno, visto che riesce ad avere la meglio sugli scagnozzi della Callaway ma si angoscia perché se non paga quei tizi i loro scagnozzi la gambizzeranno.
La stessa tipa che ha buttato giù 4 energumeni a pagina uno.
Che poi è la stessa tipa che ammazza gente ma fa ammenda per le parolacce.

Come fanno a convivere a pochi chilometri di distanza pirla che mangiano le vongole crude e si vestono di alghe intrecciate e un super-laboratorio tecnologico che si occupa della gestione dei mutanti? 
Cos'è, una post apocalisse a macchia di leopardo?

*

IN CONCLUSIONE. . .


La leggenda di Scarlett e Browne è stata un'esperienza infelice.
L'autore chiaramente non è in grado di entrare nella testa di una ragazza per dar vita a un personaggio sì coraggioso e pieno di inventiva con una sua personale idea di moralità ma anche realistico e che soprattutto non fa scelte stupide a caso mosso dalle mere esigenze di trama. Per far risaltare positivamente Scarlett in questo romanzo Stroud ha dovuto rendere il co-protagonista maschile Bambi principe della foresta.
Col risultato che io personalmente ho avuto sui coglioni entrambi.

Il ritmo è lento e inesorabile come la morte non perché Stroud si prende la briga di introdurci con calma in un mondo post apocalittico complesso (anzi, si tiene tutto dentro come fanno gli scoiattoli con la scorta di noci e quel poco che ci fa scoprire non brilla per originalità né sconvolge il lettore un pelo attento), ma perché i personaggi perdono tempo a girare in tondo come le trottole: l'intreccio sembra un'accozzaglia di scene messe una dietro l'altra senza soluzione di continuità. Non servono a farci conoscere i due protagonisti o questa Inghilterra post apocalittica se non a livello superficiale, ma solo a fare volume.

Se i dialoghi e l'umorismo di Lockwood & Co. e Bartimeus erano sì abbastanza infantili ma in una certa misura intringanti e divertenti (con Stroud che sapeva quando fare il buffone e quando essere serio), qui Scarlett e la Calloway sono uscite da Mean Girls e Albert da un film polacco in bianco e nero sulle vacche di quattro ore, non so se per colpa dell'autore o della traduzione pessima, ma a questo punto è indifferente.
Pessima la scelta del doppio punto di vista.
In Bartimeus era giustificato dal fatto che Nathaniel e Bartimeus per la maggior parte del tempo si trovassero ad agire separati e difficilmente un demone e il suo evocatore si sarebbero messi attorno a un fuoco a far chiacchiere. Qui i due passano la maggior parte del tempo insieme e non c'è verso che comunichino manco per sbaglio. C'è giusto Albert che in maniera molto inquietante legge i pensieri di Scarlett.
Però non lo fa apposta quindi tutto ok.
Non aiuta neppure che entrambi i punti di vista siano ripetitivi e noiosi.

Qui e lì compaiono tematiche interessanti per il target di riferimento, come l'odio verso il povero più che verso il diverso (anche se una bella deportazione di massa verso strutture apposite non può mancare lo stesso, mentre i poveri si limitano a multarli e schiavizzarli), l'ipocrisia della religione organizzata e il modo in cui nemmeno nel corso di una fottuta apocalisse la gente riesca a collaborare in maniera disinteressata invece di prevaricare sul più debole, ma quel poco che c'è di buono si annacqua sotto un tale oceano di deja-vu e cazzate che diventa una diluizione omeopatica.

Una stellina in meno di quanto avrei dato normalmente per l'aver affidato da parte di Mondadori la traduzione a una persona che traduttrice non è e anche come scrittrice per quel che mi riguarda lascia il tempo che trova.

Giudizio finale:

Nessun commento:

Posta un commento

La tua opinione è importante anche se non sei d'accordo con quello che ho scritto e mi fa sempre piacere scambiare due parole con chi si prende la briga di leggere quello che scrivo.