martedì 17 maggio 2022

[Recensione] PASTORALE AMERICANA, di Philip Roth

Titolo originale:
 American Pastoral
Autore: Philip Roth 
Traduzione: V. Mantovani
Edizione: Einaudi tascabile, copertina flessibile
Pagine: 462
Anno: 2013
Euro: 14,00 | Ebook: 7,99 

Pastorale americana è un romanzo scritto nel 1997 che è valso al suo autore il premio Pulitzer per la narrativa, riuscendo in questo modo nel doppio miracolo di farmi amare non solo un libro premiato da una cricca di intellettuali della Columbia ma un libro premiato da una cricca di intellettuali in cui per 400 e rotte pagine non succede proprio nulla.
Letteralmente.

A fare da cornice alla vicenda principale è il ritrovo degli ex alunni di un liceo di Newark a 45 anni dal diploma, nel corso del quale l'alter ego dell'autore, lo scrittore Nathan Zuckerman, incontra il suo vecchio amico Jerry, fratello minore di Seymour "Lo Svedese" Levov. Proprio Seymour, incontrato di recente da Zuckerman in due diverse occasioni, diventa il principale argomento di conversazione tra i due.
In un lungo excursus introduttivo scopriamo che Seymour è stato l'eroe d'infanzia non solo di Nathan ma di tutta Newark, un ragazzo semplice e onesto, intelligente, patriottico, di sani principi e dalle eccezionali doti atletiche destinato a fare grandi cose.
Terribili sì, ma grandi...
Immigrato di terza generazione, fin da ragazzo Seymour ha brillato sia negli studi che negli sport più americani che ci siano (baseball, football e basket), ha servito il suo paese non appena gli è stato permesso come un vero yankee, e sempre come un vero americano ha creduto nel culto capitalista del self made man e, succeduto a suo padre Lou nella piccola azienda di famiglia, la Newark Maid, si è dedicato anima e corpo al lavoro di guantaio facendo prosperare l'attività con l'impegno e il duro lavoro arrivando ad aprire nuove succursali a Portorico, dove la manodopera costa meno ma è comunque in America, mica come quegli imprenditori brutti e cattivi che la produzione la spostano all'estero nelle Filippine per pagare gli operai due spicci.
Perché Seymour ama profondamente l'America.
Poco ci manca che si faccia i seghini sulla bandiera a stelle e strisce.
Anche a me sale il crimine di fronte a
questa stucchevolezza, ti capisco
Merry
Non pago del suo successo professionale anche la vita privata di Seymour sembra il coronamento di un sogno, con tre figli di cui va molto orgoglioso e una bella moglie di 30 anni più giovane di lui con una bella carriera nella pubblicità.
E' Jerry a rivelarci che non tutto è così idilliaco e irritante come sembra: dal primo matrimonio dello Svedese con Dawn Dwyer, una cattolica di origini irlandesi ex Miss New Jersey, è nata una figlia di nome Merry, che nel febbraio del 1968 ha fatto esplodere l'ufficio postale del suo paese uccidendo una persona.
Risolto il problema della guerra in Vietnam e dei diritti civili con questo ardimentoso atto di coraggio la piccola pantera bianca si dà alla fuga, lasciando a chi resta il compito di raccogliere i cocci.

Il racconto di Jerry finisce qui, ma le rivelazioni sullo Svedese lasciano una profonda impressione su Zuckerman, che basandosi sui suoi ricordi, sul racconto di Jerry, i due brevi incontri avuti con Seymour e qualche vecchio ritaglio di giornale decide di scrivere una biografia immaginaria del suo eroe d'infanzia, biografia che va a ricoprire l'arco di tempo del matrimonio con Dawn (nel corso di quegli anni Sessanta sconvolti dalle tensioni razziali e dalla guerra in Vietnam) e si interrompe bruscamente nel 1974, quando in America infuria la bufera dello scandalo Watergate e il primo matrimonio di Seymour va definitivamente in pezzi nel corso di una cena tra amici.
Per quanto plausibile e frutto di una ricerca rigorosa, quindi, nulla di quanto si legge qui riguardo la vita dello Svedese e la sua famiglia è reale ma parto della fantasia di uno scrittore di professione: lo stesso Seymour non può né confermare né confutare quello che leggiamo, dal momento che al momento della stesura del romanzo è morto e suo fratello Jerry non offrirebbe comunque un feedback obiettivo.
Tocca fidarsi, insomma.

*

IMPRESSIONI SPARSE

Pastorale americana, con la sua profonda critica al mito del sogno americano (qui inteso addirittura in senso idilliaco, come una pastorale) e della vulgata dell'uomo che si fa da sé e può trionfare sulle avversità con l'impegno, l'intuizione e il duro lavoro è un pugno allo stomaco per me che non sono nemmeno figlia dello zio Sam, figurarsi per chi tutte le mattine a scuola deve alzarsi in piedi per prestare giuramento alla bandiera nella speranza che in aula non irrompa un pazzo armato di fucile.
Perché Seymour nel sogno americano ci ha creduto.
Ha costruito la sua intera vita e il suo intero modo di pensare attorno all'onorare con un fervore quasi religioso il paese che ha accolto la sua famiglia da tre generazioni, e vivere in prima persona quello che gli avevano detto essere il coronamento di un sogno: e infatti vista da fuori la vita dello Svedese è un'utopia che richiama ai tempi più semplici e onesti delle cittadine di provincia (proprio come nelle poesie pastorali il tema portante era l'idealizzazione della vita bucolica): una genetica WASP che ha cancellato totalmente le origini ebraiche dai suoi lineamenti, un passato da sportivo e pure eccellenza accademica per accontentare anche la sua comunità (a cui dei meriti sportivi frega il giusto), l'impegno militare, imprenditore di successo, una moglie ex reginetta di bellezza con cui costruire la famiglia dei sogni. 
Dramatization
Per arrivare a ciò (lui come molti altri immigrati) ha ripudiato se stesso, le sue origini, le sue abitudini, la sua stessa identità al punto che noi di Seymour non sappiamo davvero nulla di concreto. Un po' perché a parlare non è lui ma Zuckerman, che ne sta scrivendo delle memorie romanzate, un po' perché, come insinuerà anche suo fratello, Lo svedese è una maschera.
"Contrariamente a tutti i nostri sogni a occhi aperti sull'effetto di un'adulazione così assoluta, acritica e idolatra, pareva che l'amore prodigato per lo Svedese in realtà lo svuotasse di ogni sentimento. In questo ragazzo abbracciato  da tanta gente come simbolo di speranza - come l'incarnazione della forza, della decisione e del valore baldanzoso che alla fine avrebbero avuto la meglio, permettendo ai ragazzi della nostra scuola che erano sotto le armi di tornare a casa illesi - pareva non esistere una goccia di spirito o d'ironia che interferisse col dono prezioso della sua responsabilità.
Ma lo spirito o l'ironia, per un ragazzo come lo Svedese, sono solo intoppi al suo passo spedito: l'ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio."
Seymour è il promotore di un melting pot da pro loco di Newark.
Una persona solida e quadrata come l'attrezzo ginnico che porta il suo nome che ha organizzato la propria esistenza in modo da rendere omaggio nella maniera che per una vita gli hanno detto essere più corretta con un amore cieco e totalizzante che ha travalicato persino quello per la sua famiglia e per i suoi conoscenti. 
L'America gli ha dato tutto, e lui ha dato tutto all'America.
Per tutta risposta l'America gli ha ficcato nel sedere un palo di due metri.

E che succede quando una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile?
Che l'oggetto inamovibile dai e dai si scheggia.
Lo Svedese quasi settantenne che incontriamo per caso a inizio racconto, nel 1995, è un guscio vuoto che snocciola banalità sui successi dei suoi tre figli adolescenti e della sua bella e giovane moglie che lavora come responsabile marketing di un settimanale.
Zuckerman però non resta impressionato:
"Rimasi colpito, mentre mangiavamo, da come sembrava sicuro di tutti i luoghi comuni che diceva e da come tutto quello che diceva fosse pieno di buon cuore. Continuavo ad aspettare che dicesse qualcosa in più di queste ineccepibili banalità ma tutte quelle che venivano a galla erano altre superficialità. Al posto dell'anima, pensavo, ha l'affabilità: quest'uomo la irradia da ogni poro. Per se stesso ha ideato un incognito, e l'incognito è diventato lui. [...] Finché cominciai a domandarmi se il problema non fosse un altro: non era in incognito, era pazzo.
Sopra di lui c'era qualcosa che gli aveva intimato l'alt. Qualcosa lo aveva trasformato in un'insulsaggine umana. Qualcosa lo aveva messo in guardia: non opporti a nulla."
Quel qualcosa lo scopriremo in corso di lettura.
Ma non si tratta solo della figlia bombarola, della moglie depressa, delle corna o di questi maledetti diritti civili che hanno reso i lavoratori neri e portoricani costosi, pigri e svogliati.
E' l'America ad averlo tradito mettendogli contro sia gli affetti più cari che quei dipendenti (in larga parte di colore) a cui per anni la sua famiglia ha dato caritatevolmente un lavoro, si presume a prezzi inferiori rispetto a quanto avrebbe pagato manodopera caucasica anche se questa informazione resterà un segreto tra Levov, il buon deeo e il suo commercialista. Ma lo svedese, educato alla piattezza e costruito per il conformismo, non sa come rispondere a questi colpi crudeli se non facendo quello che ha fatto per tutta la vita. Incassare, abbozzare, rassegnarsi, nascondere lo sporco sotto al tappeto relegando quanto subito a un vago shock senza nome che si perde nel tempo, per poi ricominciare daccapo nell'unico modo che conosce.
Con un'altra moglie bella, giovane e realizzata.
Con altri figli dal futuro brillante che possano incarnare il sogno americano.

A livello tematico il romanzo si muove non su un doppio binario in cui micro e macrostoria si fondono con eleganza rara e costruito su un lavoro di ricerca certosino (Roth arriva addirittura a recarsi a Gloversville, New York, a informarsi sull'industria dei guanti e a fare lunghe chiacchierate con Yolande Fox, miss America 1951, per il personaggio di Dawn): Roth affronta la caduta intima e personale di un uomo e la disgregazione della sua famiglia, che diventa metafora degli sconvolgimenti politici e ideologici che a partire dagli anni '60 del secolo scorso vanno a infrangere nelle fondamenta il mito americano, proprio come Merry ha distrutto la sua famiglia con il suo agire violento.
Ed ecco spuntar fuori le rivolte razziali di Newark del luglio 1967, i movimenti terroristici di sinistra radicale (I Weathermen, le Black Panther, Angela Davis) e quelli pacifisti, l'acceso dibattito attorno all'intervento in Vietnam, lo scandalo Watergate, il decadimento morale, l'avvento di questa imperscrutabile e impaziente generazione dei teenager rabbiosi, avvenimenti che portano al progressivo e inevitabile abbandono di quel compromesso intergenerazionale che ha fatto grande il paese proprio perché ognuno conosceva e accettava obbedientemente il proprio posto nel mondo. Ma una vita obbediente ha un costo altissimo, come sa bene lo Svedese, un costo che chi sta ai margini non è più disposto a pagare per il benessere di pochi.
Ora tutto intorno c'è solo caos, futilità e follia.

*

Pastorale americana non ha un finale soddisfacente, men che meno consolatorio. Soprattutto non ha un finale chiaro, tanto che se ne potrebbe restare addirittura delusi. Lasciamo l'America sul baratro dello scandalo Watergate mentre il primo matrimonio dello Svedese crolla definitivamente su se stesso, il giorno stesso in cui la figlia rientra improvvisamente nella sua vita come fantasma di se stessa dopo anni di latitanza, riversa su un pavimento lurido a pochi chilometri dalla casa natia, la rabbia contro il mondo accantonata per lasciare posto a una filosofia ascetica di stampo naturalista, il giainismo.
Dramatization
Merry nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza ha odiato qualsiasi figura d'autorità che le impedisse di essere libera, ha riversato questa rabbia contro il padre e il mondo in senso distruttivo avvertendolo come l'unico modo di farsi ascoltare e dar voce al suo malessere, ma poi non ha saputo cosa farci, con questa libertà.
Quindi si è rifugiata in una fede che pratica la pace assoluta. Ma, come dirà la stessa Merry a suo padre, poiché la natura è di per sé prevaricazione e sopraffazione, questo atteggiamento portato alla sua forma più pura non può che portare alla morte di chi la pratica. Di lei non sapremo più nulla, se non che non c'è più da anni. Seymour non riuscirà mai a capire perché li ha tanto odiati se per lei hanno voluto solo il meglio.
Perché ha odiato un paese che ha fatto tanto per i Levov.
Ma soprattutto che senso abbia avuto tutto quel rancore, alla fine dei giochi.

*

IN CONCLUSIONE. . .

Ci sono poche cose che alla fine della lettura di Pastorale americana acquisiranno un senso, ma questo senso di straniamento e profonda inutilità fa parte del suo fascino. Non sapremo nulla della fine del matrimonio di Seymour e Dawn, niente sulla nascita del suo secondo matrimonio o di eventuali zone d'ombra (anche ci fossero, lo Svedese non le lascerebbe certo trasparire). Non c'è un singolo personaggio che il lettore arrivi a comprendere anche solo per sbaglio per quanti fiumi di parole si sprechino su ognuno di essi, perché ogni volta che ci sembra di afferrarne le motivazioni o la psicologia ecco che arriva il capitolo successivo a mescolare le carte in tavola e a metterci di fronte al fatto di avere di fronte un narratore decisamente inattendibile.
Dawn è una donna forte e infelice che passa la vita a combattere contro i pregiudizi legati alla sua bellezza o una ex reginetta piena di rimpianti proiettati sull'unica figlia angosciata dall'idea di invecchiare e imbruttire? Merry è una delle tante vittime del sogno americano o una manipolatrice dalla forza irresistibile? E fino a che punto Seymour Levov può considerarsi meritevole della nostra compassione?
"Volevi Miss America? Beh, l'hai avuta, altroché: è tua figlia! Volevi essere un vero campione americano, un vero marine americano, un vero magnate americano con una bella pupattola cristiana appesa al braccio? Volevi appartenere come tutti gli altri agli Stati Uniti d'America? Beh, ora gli appartieni, ragazzone, grazie a tua figlia. Ce l'hai nel culo, adesso, la realtà di questo paese."
Jerry best personaggio.
Alla fine Roth lascia al lettore il compito ingrato di trovare un senso alla storia e trarre tutte le conclusioni da quello che ha letto, mentre Zuckerman svela esplicitamente la sua finzione dando al finale un piglio teatrale alla Dio del Massacro: una cena tra amici nel 1973 che si trasforma in una tragicommedia quando molti nodi vengono al pettine e la realtà delle cose viene svelata in tutte le sue buffe e crudeli ipocrisie.
Sembra che tutto sia sul punto di collassare, almeno finché non ci ricordiamo che 20 anni dopo questa scena da circo, col padre di Seymour che si prende una forchettata nell'occhio da una tizia alcolizzata, lo spettro emaciato di Merry che potrebbe varcare la soglia di quella casa da un momento all'altro, la miracolosa rinascita della moglie dopo anni di depressione dovuta non alla vicinanza del marito ma a una relazione adulterina e l'amara scoperta che ad aiutare la figlia nella sua lunga latitanza al tempo fu la sua amante, Sheila, non è cambiato assolutamente un piffero.
L'America resta un paese incazzato e ingiusto.
I privilegiati e i corrotti fanno ancora il bello e il cattivo tempo.
E lo Svedese ha semplicemente deciso di ricominciare daccapo nella speranza che facendo le stesse identiche cose per la seconda volta con una donna diversa e in un luogo diverso la sua pastorale americana avrebbe finalmente trovato la degna conclusione.
Un romanzo inutile, insomma?
Di nuovo, Roth preferisce che sia il lettore a deciderlo in autonomia.

Per quel che mi riguarda, avrei potuto semplicemente scrivere che Pastorale Americana è una figata e Roth il solito motherf'ckin' genius, e invece ho voluto farla complicata.

Giudizio finale:

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