mercoledì 25 maggio 2022

[Recensione] LA SOTTILE LINEA SCURA di Joe R. Lansdale

Titolo originale:
 A fine dark Line
Autore: Joe R. Landsdale 
Traduzione: L. Conti
Edizione: Oscar Moderni Mondadori, copertina flessibile
Pagine: 300
Anno: 2002
Euro: 13,00 | Ebook: 6,99 


Se si parla di La sottile Linea Scura il pensiero non può che correre automaticamente a Il buio oltre la siepe, romanzo del 1960 di Harper Lee vincitore del premio Pulitzer per la narrativa e uno dei capisaldi di quella letteratura che oggi farebbe piangere amare lagrime alle persone convinte si viva in una dittatura del politicamente corretto che non ci permette più di fare sano umorismo sulle minoranze, impiccarli per aver incrociato per sbaglio lo sguardo con una signora perbene e dar fuoco in maniera goliardica a delle croci di legno nei loro giardini.
E mannaggetta, non si può più scherzare però.

In entrambi i romanzi la vicenda è ambientata negli anni del dopoguerra, in quel momento di profondo sconvolgimento sociale che precede alle battaglie del movimento per i diritti civili guidato da Martin Luther King. In entrambi i casi ci troviamo trasportati in paesini di provincia nel mezzo di quel profondo sud degli States facente parte della Bible Belt bigotta e retrograda (Harper Lee ambienta il romanzo a Maycomb in Alabama, Landsdale a Dewmond in Texas). In entrambi i casi la narrazione è filtrata attraverso il punto di vista di due bambini che non comprendono ma anzi criticano fortemente la mentalità ingiusta profondamente razzista che li circonda (se negli anni '60 Lee affida il suo racconto a Scout, una bambina di 6-9 anni, Lansdale dà voce alla sua storia attraverso Stanley, un ragazzino di 13 anni che non si è ancora affacciato al mondo adulto e ai suoi problemi).
Ma mentre Harper Lee, complice il fatto di vivere e scrivere il suo racconto proprio in quegli anni, fa respirare a chi legge la rabbiosa tensione del tempo, l'ipocrisia, la cieca violenza e l'odio in prima persona facendo ruotare Il buio oltre la siepe attorno a un processo dal finale purtroppo scontato ai danni di un bracciante di colore (Tom Robinson) accusato ingiustamente di violenza sessuale ai danni di una donna bianca (Mayella Ewell), Landsdale guarda tutto da fuori, con una certa dose di lucido distacco. 
Persino il mistero su cui si indaga alla fine è un Cold Case.

A Lansdale interessa parlarci non dei gesti di odio e violenza e di chi li compie e nemmeno del fenomeno del razzismo di quegli anni in sé, cosa che si capisce fin dal titolo dal momento che A fine dark Line non va tanto ad indicare, come si potrebbe pensare, il limite che oltrepassa un assassino, il punto di non ritorno della sua umanità (mentre To kill a Mockingbird indicava proprio un'azione crudele e immotivata che svilisce e deumanizza chi la pratica), ma della perdita dell'innocenza. La sottile linea scura è il confine che oltrepassano i ragazzi nel momento in cui crescono e cominciano a prendere coscienza della realtà, del fatto che le donne possano fare sesso usando dei preservativi e restare incinte, che il sesso possa addirittura non essere consensuale, che si possa non amare i propri figli, che l'amore non debba essere necessariamente rivolto a persone dell'altro sesso, o che tuo padre magari ritiene Rosy Mae, la nuova negra di casa con cui hai un legame speciale e a cui confidi tutte le cose per cui temi di essere giudicato e preso in giro dagli altri, una gran brava persona, ma evidentemente non abbastanza da condividere con lei una serata con gli amici bianchi o dall'evitare di sganasciarsi dalle risate alle battute becere e razziste di un minstrel show.

*

E' il 1958.
Siamo a Dewmond, in Texas, è estate.
Sullo sfondo di quell'America da sogno tutta jukebox, fast food, code di cavallo e squali saltati per il lungo si muove il nostro protagonista, il tredicenne Stanley Mitchel Jr. Stanley lavora nel drive-in di famiglia insieme ai suoi genitori e a sua sorella maggiore Callie e nel tempo libero bighellona in giro con il suo cagnolino Nub
Proprio nel corso di una di queste scorribande Stanley si imbatte in un mistero: una vecchia villa abbandonata appartenuta a una ricca famiglia della zona, gli Stillwind, distrutta anni addietro in un incendio in cui ha trovato la morte la giovane figlia dei proprietari Jewel Ellen, fatto che sembra essere connesso a doppio filo a una scatolina di metallo ritrovata lo stesso giorno contenente la corrispondenza di privata di J e M.
Chi sono J. e M?
Cosa è successo davvero la notte dell'incendio?
Per Stanley risolvere questo mistero che coinvolge prostitute e persone ricche e influenti, gente ai margini della società e borghesi perfettamente inseriti, e che tutti nella pacifica Dewmond hanno cercato di dimenticare diventa una vera ossessione, ma è solo un ragazzo e non si può pretendere che di punto in bianco diventi Sherlock Holmes, a differenza di quello che accadrebbe in un qualunque young adult. Per questo ad aiutarlo, un po' per caso e un po' per noia, arriverà il vecchio Buster, il proiezionista del drive-in che troverà in questo mistero e nell'amicizia con questo ragazzino bianco la spinta che gli serve per tornare a vivere e superare, almeno in parte, i rimpianti e i rimorsi che lo ossessionano.

*

IMPRESSIONI SPARSE

Se nel corso di questo flusso di pensieri dovessi limitarmi a giudicare questo libro dalla trama gialla il responso sarebbe abbastanza impietoso. Dal momento che ne La sottile linea scura un vecchio nero alcolizzato e misantropo che non disdegna la compagnia femminile a pagamento e un ragazzino che fino a due giorni prima credeva che i profilattici fossero gavettoni indagano su un delitto avvenuto molti anni prima da un lato l'indagine è intiepidita dal fatto che il delitto ormai è roba vecchia (tanto più che di questa Jewel Ellen sapremo veramente poco, mancando di provare qualcosa in più del minimo sindacale di empatia nei confronti di una tizia morta male e riducendo al minimo il nostro desiderio di darle giustizia - cosa che comunque non avverrà), dall'altro questi due detective nel Texas degli anni '50 hanno la stessa credibilità del folletto Memole nel ruolo di centro dei Lakers. 
Dramatization
Non potendo mettersi a fare domande in giro su una faccenda poco chiara che coinvolge nientemeno che i Rockfeller del quartiere senza rischiare a dir bene una fracca di mazzate e a dir male una visita a casa dal KKK, all'autore tocca indulgere in tutta una serie di forzature,
 come il cugino di Buster che casualmente fa le pulizie all'ospedale e alla stazione di polizia per recuperare senza che nessuno se ne accorga le documentazioni che servono per dipanare questo mistero, la provvidenziale morte di un cane seppellito di fianco all'equivalente umano del cimitero degli elefanti del Re Leone, o la sorella di Stanley che rimorchia tutto quello che ha due gambe per arrivare ad avvicinare nientemeno che il fratello maggiore di Jewel Ellen, James Stilwind. Fortuna che anche lui pur avendo 40 anni e passa ha il vizio di rimorchiare tutto quello che si muove e che ha meno di 18 anni.
Che culo.
A questo ci aggiungiamo che i colpi di scena sono così telefonati che persino io, che sono riuscita a non capire nulla della parte mistery e a restare sconvolta come una povera stronza pure con Zootropolis della Disney, li avevo imbroccati a pagina 2. Questo se escludiamo la big rivelazione finale, che era letteralmente impossibile da imbroccare dal momento che l'autore non dà un indizio che sia uno in corso di romanzo e come se questo non bastasse Stanley lo scopre solo grazie all'ennesima casualità seguita da quella che nelle scuole di scrittura creativa si definisce gigantesca botta di culo.

Ma, come già detto, all'autore poco e nulla frega della trama gialla.
Questo è un libro che parla della perdita dell'innocenza, della scoperta della morte e del sesso, e delle ipocrisie, i dolori e le contraddizioni che si incontrano una volta che ci si affaccia nella vita adulta.

La famiglia di Stanley, che inizialmente vista attraverso gli occhi del giovane protagonista passa come moderna e illuminata dal momento che bontà loro la figlia adolescente può socializzare con i coetanei, nessuno prende a cinghiate i neri di casa o la prole fino a svenire come succede a casa del migliore amico di Stanley, Richard, e che in casa sembra essere la madre a portare i pantaloni (anche se poi a conti fatti a nulla è valsa la sua opinione quando Stanley Sr. ha deciso di far trasferire tutti così de botto senza senso in un paesello del cazzo in Texas perché non voleva più fare il meccanico), è immersa nella stessa ideologia retrograda, sessista e razzista in cui annaspano tutti gli abitanti di Dewmond (e da cui Stanley era stato tenuto al riparo dove abitava prima, a No Enterprise, giusto perché di neri ce n'erano due in croce, erano molto più poveri di loro e si tenevano a debita distanza dai bianchi com'è naturale che sia), e a volte se ne rendono conto, altre volte no, dando origine a personaggi che a conti fatti risultano molto più grigi e complessi di quanto non sembrino.
In questo racconto insomma l'ago morale non pende da nessuna parte.

Dramatization ma nemmeno troppo
Il padre di Stanley e Connie è tanto ragionevole almeno finché non pensa che sua figlia faccia sesso in casa sua e lasci in giro i preservativi, allora nonostante la ragazza giuri e spergiuri di non c'entrare niente (anche perché non sarebbe così cretina da lasciare prove in bella vista) la segrega in casa, si batte i pugni sul petto come le scimmie e lancia cacca all'indirizzo dei rivali penemuniti per il predominio. Potesse, farebbe anche la pipì addosso all'auto del filarino di Connie per acquisirne la proprietà. E' disposto ad accogliere in casa Rosy Mae quando questa si trova in difficoltà e a considerarla una presenza importante nella loro vita, ma anche se non ha nulla contro di lei resta comunque una nera che potrebbe metterli in imbarazzo se dovesse guardare un film insieme a loro e agli amici di famiglia.
"Perché quelli di colore sono diversi, figliolo. Non sono come noi. I bianchi perbene cercano di starci il meno possibile, attorno ai negri." 
Lungi dall'essere solo la macchietta di un bianco ignorante razzista però, Stanley Sr. resta sostanzialmente una brava persona figlia, con l'unico problema di essere figlia del suo tempo.
E se a livello superficiale le nuove generazioni, a differenza di quanto non faccia il capofamiglia, sembrano essere più sensibili a riguardo, se Connie a parole si batte perché il padre non usi con tanta disinvoltura termini offensivi, se non trova per nulla divertenti attori con la faccia dipinta di nero che si esibiscono in siparietti imbarazzanti e battute su quanto i neri siano pigri e stupidi, se è vero che è una brava ragazza allegra e sensibile che vuole sinceramente bene a Rosy Mae e in generale capisce che i tempi stanno cambiando, nei fatti, come confiderà a suo fratello, non ha il coraggio di frequentare compagnie di colore per timore che la sua vita sociale ne risenta.

Nemmeno la gente di colore è esente da queste profonde ambivalenze.
Ci sono due uomini di colore in questo racconto che apparentemente cascano con tutte le scarpe nel cliché del nero ubriacone burbero e violento.
Bubba Joe è il marito di fatto di Rosy Mae, un fallito e un violento che spende tutti i soldi guadagnati dalla compagna in alcol e non pago insiste perché la donna ne guadagni altri prostituendosi (cosa che spinge Rosy Mae a cercare rifugio a casa Mitchel). 
Potrebbe finire lì ma, scopriremo, c'è altro sotto al tappeto:
"Lui è un uomo adulto, Stanley. Come sarai tu quando cresci. Come tuo padre. Anche lui è un uomo adulto. Ma Bubba Joe, lo trattano come un ragazzino. Il primo bianco che passa lo chiama ragazzo e lui è un uomo adulto. Ne vedi poco, di uomini grossi quanto lui. Un metro e novanta, un quintale e mezzo. Forte come un bue. E te ne dico un'altra. Pure un eroe di guerra.
E' stato in Corea, è un eroe. La ferita che si è buscato laggiù lo fa camminare un po' strano. Ma quando è tornato a Dallas, gli hanno detto che si deve mettere in fondo all'autobus. Che non può mangiare insieme ai bianchi. E' rancoroso per via di come l'hanno trattato, Stanley, lui e la sua famiglia. 
"La gente di colore ha tutte le ragioni di essere astiosa, ma per gli uomini in particolare è ancora peggio, perché l'unico posto dove possono essere davvero uomini finisce che è solo casa loro, e allora esagerano."
Vittima di una profonda rabbia sociale che troverà sfogo a livello più organizzato nel movimento delle Pantere Nere, quindi, anche se Landsdale è ben attento a non giustificarlo totalmente.
Subito dopo infatti Rosy Mae aggiunge:
"Sono cose che poi ti pesano. Ma tutte queste storie non sono un buon motivo per comportarsi male con la gente. C'è pieno di gente che non è felice, ma certo non si diventa più felici a fare infelici gli altri. Almeno in teoria è così."
Buster, il vero detective navigato di questo duo scalcagnato, non è da meno. Apparentemente il classico vecchio sbandato che aziona il proiettore del drive-in giusto perché nessuno dei Mitchel ne è in grado. A differenza di Rosy Mae non è molto apprezzato dai suoi datori di lavoro, un po' per la sua passione per la bottiglia, un po' per il suo carattere burbero e costante che lo porta non di rado ad accesi scoppi di collera.
Ma anche lui è molto più di quanto sembri.
Dramatization
Avendo sangue Seminole nelle vene ha un passato da poliziotto, espediente che porta Stanley a fare quel passo in avanti che serviva nella risoluzione del mistero: un passato da Lighthorse, per essere più precisi, un corpo di polizia nativo che agiva nelle materie di interesse indiano all'interno della piccola Nazione facente parte del territorio delle Cinque Tribù Civilizzate (civilizzate in quanto avevano acquisito molti degli usi e costumi dei colonizzatori, ovviamente). Non solo: la sua baracca è zeppa di libri, polizieschi soprattutto, ed è un avido lettore, e nonostante l'iniziale stupore di Stanley all'idea di un nero tanto colto Buster non si sentirà in dovere di spiegare né a lui né a noi lettori com'è possibile che sappia farlo.
Ha imparato tra i Lighthorse?
Gli ha insegnato qualcuno, come farà Stanley con Rosy Mae?
Non si sa e non importa, dal momento che un uomo adulto in grado di leggere non è e non deve essere una cosa così strana da meritare spiegazioni di qualsiasi sorta. In fondo nessuno si chiede come facciano Stanley o suo padre a leggere.

*

IN CONCLUSIONE. . .

La sottile linea scura è un libro in cui a farla da padrone sono i personaggi. 
Chi legge scoprirà che a contare davvero alla fine di questo breve viaggio non è tanto la soluzione dell'enigma (che non troverà mai una vera conclusione, al più ipotesi plausibili senza risposta), che a una certa assume tinte talmente deliranti da fare il giro e diventare una parodia, ma la crescita del giovane protagonista all'interno di una realtà contraddittoria, ingiusta e ipocrita che non divide il mondo in bianchi e neri, ricchi e poveri, cattivi ed eroi. 
Dramatization ma non troppo
Quasi mai è così semplice.
Ci sono brave persone che si comportano male, cattive persone che si rivelano amici preziosi, e di contro brave persone che si comportano bene e mostri che lo sono dentro e fuori); la società dipinta da Lansdale non se la prende solo ed esclusivamente con le persone di colore facendo diventare questo libro uno spottone antirazzista bidimensionale, ma anche con le donne, coi nativi americani, o addirittura (scoprirà Stanley nel corso di una delle sue scorribande nel quartiere dei ricchi) con i bianchi di condizione inferiore.
La realtà è complessa e non sempre ha un senso.
I misteri non hanno sempre una risposta e gli assassini non vengono sempre consegnati alla giustizia, i ricordi sono immancabilmente filtrati dalla nostalgia e alla fine non c'è nulla di solido a cui aggrapparsi. E se nulla ha senso nella vita, se "carne e polvere, al tirar delle somme, finiscono per rivelarsi la stessa cosa", allora tanto vale godersi più che si può il tempo che ci è concesso.

Giudizio finale:

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