Pagine: 298
Anno: 2022
Euro: 17,00 | Ebook: 9,99
Piccole premesse iniziali...
Nel 2018 la neozelandese Rachel Smythe comincia a pubblicare sulla piattaforma coreana Webtoon una serie destinata a diventare una delle più lette e apprezzate del web (al punto da ricevere una nomination agli Eisner Award 2019 e vincere un Harvey Award nel 2021), Lore Olympus, una decostruzione/rivisitazione in chiave moderna del mito di Ade e Persefone che dal 2021 può vantare, per chi fosse interessato, anche una pubblicazione cartacea da parte della casa editrice Penguin (tradotta in Italia da J-Pop), grazie alla quale è arrivata a scalare le vette della classifica dei fumetti best seller stilata dal NY Times.
Nel 2022 il nostrano Daniele Coluzzi, professore di lettere e divulgatore culturale online, pubblica con Rizzoli Io sono Persefone, che è più o meno la stessa roba (d'altronde il mito di Persefone quello è) ma al ribasso, cosa che risulta non una mancanza specifica dell'autore ma una triste consuetudine nostrana, dove i prodotti italiani per ragazzi sembrano sempre cose che all'estero hanno scritto a dir bene 15 anni prima.
Laddove però il webtoon della Smythe aveva il coraggio di attuare una vera e proria ritrasposizione, anche estetica, del mito (con gli dei greci che abbandonate le toghe e le barbe folte operano da uffici ultramoderni con tanto di smartphone e computer, modello Percy Jackson), Coluzzi sceglie la via della tradizione, studiando attentamente le fonti di riferimento, facendo indossare ai suoi personaggi le tradizionali tunichette da Animal House e riportando in modo fedele la struttura dell'oltretomba.
Ora, almeno qui non voglio sindacare sulla scelta di Coluzzi dal momento che:
- Un autore costruisce il background che più gli aggrada e più funzionale alla storia che ha in mente.
- Se il suo scopo è avvicinare i giovani al mito e alla letteratura greca originale è più sensato mostrare le cose come stanno che far girare Ares in Jaguar al grido di It's good to be bad.
Il problema vero per quel che mi riguarda sta nella parte cosiddetta attualizzata del mito, che di attuale non ha proprio una sega (se non per i canoni di un fedelissimo dei Family Day). E' anzi, una favola dalle tinte molto tradizionaliste. Da Core a Persefone poco cambia: persino nel 2022 una potente regina dell'oltretomba in quanto femmina non può che governare il regno della morte e i suoi abitanti come complementare ovarico del divino consorte: severo ma giusto lui, caritatevole, pietosa e volemosebbene lei. E nel 2022 da un romanzo di formazione e crescita per ragazz* scritto tra l'altro da un professore di liceo io questo piglio reazionario non lo accetto mica tanto.La trama è risaputa, ma spendiamoci comunque su due righe.
Demetra e Core sono dee benevole, madre e figlia, che sovraintendono all'agricoltura e alle messi ben conscie delle loro responsabilità non solo nei confronti degli uomini ma nei confronti della stessa terra. Ora, siamo a pagina 5 e a me già girano i coglioni:
1. Core nel mito non è solo figlia di Demetra ma di fatto sua incarnazione vivente, parte di un'unica entità composta da Dea Madre e Dea Figlia. Non è un caso che nel suo ruolo di Core i suoi poteri di fatto si sovrappongano a quelli della madre e ne rappresenti una sorta di emanazione.
Qui nel romanzo di Coluzzi io posso anche capire che si sia deciso, visto il target giovane a cui è rivolto, di farla meno complicata di quanto non fosse (anche se ci sono riusciti con Sailor Moon negli anni '90 senza tutte queste pippe), ma questa scelta nel corso della storia andrà a snaturare non solo la natura del mito originale ma anche quella del romanzo di formazione.
Cosa che Io sono Persefone in teoria vorrebbe essere.
Mi spiego meglio: il libro (e il mito) al di là di Ade, del rapimento di questa scema e tutti 'sti cazzi che mettono in mezzo, parla di una ragazza che parte letteralmente come una fanciulla (Kore, in greco) e in corso d'opera diventa una donna (Persefone). Questa maturazione sessuale coincide non a caso con Core che (di sua volontà o ingannata, il mito in merito non è chiaro e Coluzzi opta per il gesto consapevole e pawah) addenta un melograno (frutto tradizionalmente legato a divinità della famiglia e dell'eros come Era e Afrodite, simbolo di femminilità e fertilità).
Ora, si diventa donne una volta sola.
Coluzzi decide invece di mostrare Core che in quanto figlia di una madre amorevole ma apprensiva con cui la giovane lettrice possa empatizzare meglio "si evolve" due volte, come un Pichu. La prima quando mentre si trova a curiosare nei pressi di una tavola di contadini gioiosi e puzzolenti (sic!) sviluppa gli stessi poteri di Demetra e riesce a moltiplicare vino, cereali e focacce tipo Gesù Cristo (segue scena di corsa tra i prati che sotto il suo tocco diventano super rigogliosi che mi ha riportata volando ai tempi di Massimo Decimo Meridio), la seconda nel momento clou in cui assume il ruolo di Persefone con tutte le responsabilità e le rinunce che il ruolo porta con sé per il bene dell'umanità.
Ma se hai già avuto prima il momento "ora sei grande figghia" per far empatizzare le giovinette che comprano il libro (e tra l'altro devo vedere 'sto cliché della madre che è fiera della figlia che diventa grande incarnato dal personaggio che vorrebbe incatenare Core al suo ruolo di eterna fanciulla. Bah), il secondo perde la sua importanza.
Il primo non lo si doveva proprio mettere.
Core proprio in quanto Core dovrebbe essere cristallizzata nel suo ruolo di fanciulla innocente fino al suo risveglio come Persefone, farla "crescere" di botto tra le mani di Demetra (o farle guardare famelica un melograno a pagina 2, quando l'oltretomba non lo ha visto nemmeno in pergamena, giusto per dare di gomito al lettore e fargli ricordare che nel mito c'è un melograno) è una stronzata che manda a ramengo praticamente tutto il romanzo.
2. Il ruolo di Demetra e Core come dee dell'agricoltura offre all'autore lo spunto per inserire dei predicozzi ambientalisti pure condivisibili ma retorici e didascalici rivolti direttamente al lettore del 2022, tipo:
"La terra è un dono che non durerà per sempre...""Esatto, Core. Quando non crederanno più in noi, gli uomini si dimenticheranno anche della terra."
Sgrano gli occhi, voglio che sappia che sono preoccupata quanto lei (Quindi più che sincera preoccupazione è tipo la recitazione di Di Caprio, che quando deve interpretare un'emozione esaspera tutta la mimica facciale per farti vedere quanto è intenso NdI). "E che cosa faranno?""La maltratteranno. Nuvole di polvere nera oscureranno i cieli, la pioggia che cadrà al suolo sarà veleno. Gli animali soffriranno, sfruttati e intrappolati dentro gabbie strettissime, mentre gli uomini scaricheranno le colpe l'uno sull'altro."Mi sdraio sull'erba e punto gli occhi nella buia profondità che si apre sopra di noi. Le costellazioni, silenziose, incoronano il cielo; gli uomini le guarderanno ancora? O saranno troppo presi dai loro conflitti? Perché perdono così tanto tempo a farsi del malequando potrebbero semplicemente guardare in alto?
A leggere qui secondo Coluzzi smettere di credere negli dei (o in un Dio, perché tanto l'andazzo è quello) rende automaticamente l'uomo incapace di prendersi cura dell'ambiente o essere empatico verso il prossimo, portandolo a pensare solo alla guerra e alla prevaricazione.
Ma anche meno, via...
Veniamo a sapere subito dopo questo preambolo che Core è la fighina più ambita di tutto l'Olimpo (nonché l'unica) e lei e la madre devono cacciare a pedate uno stuolo di divini pretendenti accorsi da ogni parte del pantheon pagano per chiedere la sua mano nonostante il suo voto di eterna castità. E per capire il livello un secondo dopo essersi rabbuiata alla prospettiva della sua bambina che diventa donna Demetra ci racconta ghignando di come ha dovuto rifiutare una proposta di Ade solo pochi giorni prima mentre Core rabbrividisce al solo pensiero non perché eeew che schifo i maschi (che avrebbe pure più senso nel contesto del vederla arrossire e arraparsi per due contadini che si scambiano un bacio) ma perché è Ade: dal momento che è il re dei morti, pensa, deve essere per forza un cesso a pedali.
(Tranquille, non sarà così)
"Che cosa vuole da me?" dice inorridita.
Bella, anche meno, guarda che non è l'ultimo degli stronzi eh...
Subito dopo alle due tocca (perché se poi non devono per forza sceglierne uno, a quanto pare? Lo sa Zeus...) fare una specie di selezione di pretendenti che non hanno alcuna intenzione di valutare seriamente.
Anzi, li sfottono a più riprese.
Signori Ares e Apollo, per noi è NO |
Non letteralmente ma quasi.
Demetra e Atena controllano lo svolgersi leale della tenzone e fanno commenti sassy come una coppia coordinatissima di Maria de Filippi, mentre sullo sfondo troviamo una inedita Afrodite che tiene banco tra le ragazze con racconti spintarelli (e di nuovo Core vergine di ferro è quella più interessata, quando te sbagli) e tiene il muso perché il suo amante Ares vuole sposare Core nel ruolo di Tina Cipollari.
E' tutto veramente molto bello.
E non siamo nemmeno entrati nel vivo dell'azione.
A questo punto Ade, infuocato d'amore, rapisce Persefone caricandola sul suo carro trainato da cavalli neri mentre questa se ne sta a raccogliere fiori in un prato (Coluzzi ovviamente opta patriotticamente per la versione che vuole che il fatto accada in Sicilia, mentre altre versioni del mito parlano di Creta o dell'Attica come luogo del rapimento) e la imprigiona nel suo regno, mentre la madre disperata vaga per la terra alla sua ricerca.
E anche a questo proposito un paio di cose le devo dire.
Coluzzi, forse nel tentativo di non rendere la storia d'amore non consensuale nata da un rapimento troppo negativa per i giovani lettori romantici del 2022 oppure solo perché è dura lasciar andare i cliché della romanticizzazione di un rapporto tossico che tanto piace al genere young adult, passa il tempo a sollevare Ade da ogni colpa riguardo il rapimento di Core di modo da rendelo sotto ogni aspetto un bravo guaglione.
Prima è Eros che gli scaglia addosso una freccia per volere di Afrodite gelosa delle attenzioni di Ares nei confronti di Core a causare la fregola di rapire la ragazza. Poi non è colpa sua se Core è prigioniera nel suo regno perché lei sembra destinata a regnare sui morti per un volere del fato (Per quale motivo proprio lei e come funziona la cosa al di là di questo fantomatico piano della Provvidenza a cui con piglio manzoniano non ci si può opporre? Lo sa il budiulo di Crono...).
Insomma, comunque te la giri e a qualsiasi versione si voglia dar retta non è mai colpa sua, pora stella incompresa che tutti trattano male perché sono superficiali e cattivi quando in realtà lì in mezzo è il meglio: le dà una stanza comoda dove riposare; le concede spazio senza imporre la sua presenza; la fa girare dove vuole nel castello invece di incatenarla a un muro; le fa conoscere delle simpatiche amichette e spalle comiche (quelle Mean girls delle Erinni) perché manco l'autore lo reggeva un romanzo tutto costruito sui pensieri di Core; la difende quando fa delle cazzate invece di farle pagare le conseguenze delle sue azioni e responsabilizzarla, poiché essa non è soltanto la donna che ama con passione bruciante ma anche la regina che può salvare l'Ade da se stesso con la sua pietas cristiana.
Anche se mo' mi devono spiegare a Ade che cazzo gliene dovrebbe fregare di come sono trattate ombre senza coscienza né percezione del loro status di non vita nel suo regno e perché gli dovrebbero venire scrupoli di sorta.
E se pure gliene fregasse e si fosse mai posto sinceramente il problema nei millenni che ha trascorso a regnare su quelle lande desolate (anche se a questo punto visto l'andazzo penso che così come Core aveva bisogno di far vedere alla madre quanto si preoccupava per le sorti ambientali sgranando gli occhi all'inverosimile ora sia Ade a fare il Di Caprio della situa mostrandosi più sensibile possibile alle sorti delle ombre solo per andare a segno con lei), ha bisogno che arrivi questa scema per cambiare le cose?
Ultimo ma non ultimo, Ade è ovviamente bono da mori', e meno male visto che i suoi metodi di corteggiamento fanno cacare. Se ne accorge subito anche Core, anche se per tutto il romanzo cerca di convincerci del fatto che no, lei ha consacrato la sua vita alla verginità, no, che schifo questo inquietante carceriere... Il tutto mentre studia di sottecchi la linea virile della sua mascella (che si nota anche sotto la barba, ci tiene a farci sapere la ritrosa vergine di ferro) o gli scruta di nascosto i polpacci torniti che spuntano a tradimento da sotto la lunga tunica nera.
La scena nella mia testa |
Il problema di fondo è che Coluzzi è un uomo adulto che proprio non riesce ad addentrarsi nella psicologia complessa di una giovinetta in procinto di sbocciare e quindi si ferma ai cliché da teen movie dove un secondo prima Core è una principessa Disney che si abbandona sul letto in singhiozzi drammatici mentre quello dopo assume l'aria spavaldina alla "fanculo nonna ho già 12 anni", senza mai vie di mezzo.
E' un personaggio cliché tagliato con l'accetta.
Ma è la sua crescita ad essermi risultata più indigesta in corso di lettura, o per meglio dire la totale mancanza di essa. Core dovrebbe essere una prigioniera (non solo di Ade e del Fato ma anche della stessa Demetra, l'amata madre che la vuole eterna bambina contro cui però non si scaglia mai il furiosissimo sdegno della regina della morte - perché le mamme so' piezz 'e Core - ba-dum psss) in cerca non tanto della libertà ma di se stessa.
Il cammino da Core a Persefone dovrebbe essere quello della crescita e della consapevolezza di sé, un cammino formativo verso l'età adulta, ma alla fine mi ritrovo una protagonista non proprio sveglissima che dopo averci messo una vita a capire l'ovvio, ovvero che la gente scendeva a frotte nell'Ade magra da far spavento da mezzo libro perché sulla Terra non mangiavano (e comunque glielo deve dire un morto perché non è che lo intuisca in qualche modo), decide così de botto senza senso che ora vuole essere Persefone, andare in culo a tutti, mangiarsi il melograno che fino a due secondi prima Ade doveva ficcarsi dove non batte il sole e diventare una regina dell'oltretomba terribile come l'alba ma tenera come un cucciolo di labrador.
Viene però a mancare del tutto il percorso interiore che dovrebbe portarla a cambiare, a maturare, a diventare Persefone un pelo prima di imitare Aragorn sulla roccia di Erech, ed è grave visto che il romanzo si chiamerebbe Io sono Persefone e non Come ti divento a caso una dolce psico patonza della morte per salvare il mondo.
Tra l'altro anche la sua marcia di liberazione in sé è miserella.
"Sono io a dettare ritmo e direzione, soltanto io. Guardami, Ares: volevi che fossi la tua sposa ma ora sono una guerriera più forte di te. Guardami, Apollo: sono di ispirazione per gli uomini più dei versi che i poeti compongono in tuo onore. Guardami, Zeus: finalmente ora ti accorgerai di me, tua figlia."
Il famoso momento di autorealizzazione personale in cui mentre detti ritmo e direzione e comandi un esercito di morti perfargli fare non si è capito cosa i tuoi pensieri sono rivolti ai maschietti, tutti ti ignorano e continuano a litigare come se non ci fossi, svieni come una povera scema subito dopo aver addentato il melograno con tutta la buccia (tipo Biancaneve) e poi in chiusa dopo tutto questo bordello diventi talmente matura da chiedere alla tua compagna di trecce Atena di intercedere presso Zeus al posto tuo perché tu con lui non ci parli. Mancava giusto gnegnegne.
*
Ruotando su un personaggio così piatto la trama risulta indigesta, bloccata, come avviluppata su se stessa.
Coluzzi prova a riempire il vuoto pneumatico dei pensieri della protagonista dandole delle amiche dell'aldilà con cui parlare (proprio come sulla terra parlava con le sue besties oceanine), riempiendo la trama di guest star mitiche (che non fanno altro che bloccare la narrazione, fino all'anticlimax ignobile della comparsata di Orfeo in un momento in cui Persefone starebbe diventando consapevole delle carestie causate sulla terra da sua madre e forse dovrebbe analizzare un po' la cosa invece di commuoversi per l'ennesimo amore infelice buttato dentro ad mentula) e facendole fare la Pro loco dei luoghi più pittoreschi del suo nuovo regno, ma con scarso successo visto che resta comunque un romanzo di formazione in cui manca la formazione.
Trovo inoltre incredibilmente fastidioso che la cosiddetta attualizzazione del mito si traduca a conti fatti in un continuo, martellante e stronzo strizzare d'occhi alla morale cristiana che smette ben presto di essere un modo di semplificare a un pubblico giovane e a digiuno di mitologia classica concetti troppo complessi per farsi pura e semplice lezione di catechismo. Almeno Hercules della Disney (1997), che soffre dello stesso problema di fondo, non era questa continua martellata alle parti basse.
1) Tutta la crescita di Persefone da bimba a regina degli Inferi "protettiva e giusta" si muove sui binari della morale cattolica, sul concetto di giustizia di stampo cattolico, sulla pietosa gentilezza verso il defunto uscitto dritto dal libro di catechismo delle elementari.
Persefone ricorda non una bella, giusta e terribile signora degli inferi ma una Madonna, che non a caso resta vergine anche una volta smessi i panni di Core (e tanti saluti al tema della crescita - praticamente Persefone passa direttamente per l'essere madre - dei morti - senza diventare donna. Come Maria).
2) Nel romanzo compare a più riprese la parola "peccatori" per riferirsi a chi nell'Ade viene punito per l'eternità a causa di colpe terrene, dando a intendere che queste colpe rientrino in qualche modo nella sfera morale.
Ora, non esiste il peccato e non esistono i peccatori nell'antica Grecia, così come non esiste un concetto di colpa legata a una mancanza morale o all'aver contravvenuto a leggi divine di sorta. Esiste la hybris, la tracotanza, dove praticamente un dio ti va nel culo perché non sei stato al posto che ti compete, e leggi più antiche degli stessi dei a cui persino gli immortali devono obbedire. Sulla stessa falsariga l'Ade non è un luogo in cui si puniscono i peccati né quello in cui si sente tutto questo bisogno di prendersi cura dei morti, rimediare ai torti e trionfare la giustiZZia, ma il regno in cui si riversano le ombre (e non le anime) dei defunti senza distinzioni tra buoni e cattivi, escludendo il valore guerriero, il nepotismo o un capriccio divino che ti spediscono per direttissima a gozzovigliare per l'eternità nei Campi Elisi.
3) Dice Persefone più o meno a metà romanzo:
"Gli uomini passano tutta la vita a invocare i nostri nomi ma non sanno nulla di noi. Non ci vedono, non sentono le nostre voci, non hanno dimostrazioni concrete del nostro passaggio. Credono in noi ma noi non facciamo parte delle loro vite."
No. L'età mitica, in cui sarebbe ambientato questo libro, è caratterizzata proprio dal fatto che uomini e dei possono fisicamente interagire, conversare e godere della reciproca compagnia. Questo concetto della divinità invisibile a cui affidarsi per fede è, ancora una volta, cristiano fino al midollo.
4) "Ade, con il tuo egoismo hai scatenato l'ira di mia madre, provocato la carestia e, non ultimo, trasformato le mie amiche in mostri spietati. MALEDETTO DIAVOLO INFERNALE, è tutta colpa tua."
Esulando dal fatto che siamo quasi a fine libro e questa sta ancora al punto da incolpare Ade pure del futuro buco nell'ozono (a proposito di mancata crescita del personaggio), da notare che a questo punto l'autore non ci prova manco più a far finta che questa sia la Grecia degli dei pagani.
*
IN CONCLUSIONE. . .
Io sono Persefone è un libro che dovrebbe parlare di Persefone, o perlomeno della sua nascita, e in cui invece a mancare è proprio la parte in cui Persefone si svela in tutto il suo splendore.
E' un libro di formazione senza formazione.
E' un libro che parla di paganesimo dal punto di vista di un catechista e un romanzo che ondeggia senza soluzione di continuità dagli editoriali sul make up delle W.I.T.C.H a pippozzi fusariani sul senso della vita e dell'amore (purché sia amore sfigato e infelice, perché i lieti fine ci fanno cagare). Un romanzo scritto da una persona che ha studiato il materiale originale e che a volte antepone il suo umanissimo desiderio di professore e divulgatore di condividere le nozioni in suo possesso per incuriosire chi legge alla narrazione. Ma come nota positiva alla fine di questa lettura mi è tornata voglia di sfogliarmi i volumi di Lore Olympus.
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