giovedì 15 dicembre 2022

[Recensione] COME PER DISINCANTO - E VISSERO INFELICI E SCONTENTI (2022)

Titolo originale: Disenchanted
Anno: 2022
Regia: Adam Shankman
Soggetto:  Bill Kelly
Sceneggiatura:  Brigitte Hales

Cast: Amy Adams, Patrick Dempsey, Gabriella Baldacchino, Maya Rudolf, Idina Menzel, James Marsden

Premesse:
Trascorsi 15 anni dal primo "Come d'Incanto" (Enchanted) e dall'arrivo della dolce e svampita principessa Giselle di Andalasia nel magico regno di New York, dove essere felici e contenti sembra essere un'utopia (spoiler: non lo sarà), la Disney decide di riesumare il progetto ad uso e consumo esclusivo degli abbonati Disney+. 

Al tempo Come d'Incanto entrò nel cuore di una consistente schera di appassionati del genere, non solo in quanto in tempi non sospetti (cioè prima di quelle imbarazzanti frozenate che relegano la figura della principessa a una piagnona che sposa il primo che passa) fu un'interessante decostruzione della principessa Disney classica ma anche perché negli anni del boom del digitale questo film risultò un piccolo miracolo di commistione di scene in live action, quelle ambientate nella grigia New York, e animazione "tradizionale" che caratterizza le scene che si svolgono ad Andalasia. 

A dar vita a questo miracolo ebbe un ruolo fondamentale non solo la presenza di Alan Menken, storico "musichiere" di casa Disney (manco ha senso citarla la roba che ha prodotto quest'uomo), ma anche la mano sapiente di Kevin Lima, che poteva vantare una lunga esperienza nel mondo dell'animazione e all'interno della stessa Disney come sceneggiatore (Aladdin, Oliver & Company) animatore (La sirenetta, La bella e la Bestia) e regista (Tarzan, In viaggio con Pippo, La carica dei 102). Insomma, uno che sapeva dove mettere le mani.
Per questo il passaggio di testimone nelle mani di Adam Shankman risulta per forza di cose traumatico: Shankman sa sicuramente il fatto suo per quanto riguarda il musical ("Hairspry") e, per chi apprezza il genere, le commedie romantiche ("Se scappi ti sposo"), ma dal lato animazione la mancanza di esperienza si sente e in generale tutte le parti ambientate ad Andalasia hanno un retrogusto cheap, e giusto l'uso del digitale lo salva dall'effetto "prodotto per il mercato home video". 
A un certo punto poi in barba alle più basilari regole dell'animazione disneyana decide che sì, è ok attuare una deformazione plastica da Looney Toones della principessa protagonista. Spoiler: non è ok.
E' cringe.👇
Questa cosa, per quanto a conti fatti sia una minuzia che un bambino non noterà mai, rende anche esplicita la totale mancanza di serietà e impegno dietro il progetto.
Davvero, Disney, basta fare le cose così fieramente a cazzo di cane perché tanto la roba finisce online e l'importante è che la gente paghi l'abbonamento per tenere buoni i bambini davanti al tablet.
Qui Alan Menken resta, fiero e solitario come il capitano del Titanic, ma non è che possa fare i miracoli se da un lato ha un regista che non ha mai diretto un film d'animazione e dall'altro Brigitte Hales, sceneggiatrice ricordata principalmente per le ultime deliranti stagioni di Once Upon a Time.

Ritroviamo nei ruoli di Giselle e Robert una sempre entusiastica Amy Adams (qui più talentuosa che mai in una sorta di doppio ruolo, qualità espressa principalmente attraverso dei sottili mutamenti di registri vocali che nel doppiaggio italiano vanno a perdersi, nonostante la doppiatrice faccia un buon lavoro. Quindi anche se non sono una persona che demonizza il doppiaggio tout court, in questo caso il film sarebbe meglio guardarlo in originale) e Patrick Dempsey (che in questo sequel conferisce al personaggio una sorta di malinconica amarezza che, lo ammetto, ho adorato), ma la giovane Morgan viene sostituita per ovvie motivazioni anagrafiche da Gabriella Baldacchino, che fa un buon lavoro. La Morgan originale però farà una breve comparsata all'interno della pellicola, per la gioia dei fan del primo film: sarà la ragazza che ricorderà a Giselle del ballo di Monroeville.

DUE RIGHE DI TRAMA

Giselle e Robert sono sposati da anni e hanno, cito, "accresciuto la loro progenie": accanto a Morgan, ormai adolescente, è arrivata la piccola Sofia a coronare il loro sogno d'amore.
Ma a differenza di quanto accade nelle favole, ci viene detto (ma ci era stato detto anche nel film precedente se è per quello), nel mondo reale nulla è "per sempre felici e contenti": solo che poi in realtà non è che si capisca quale diamine sia il problema, dal momento che da quello che raccontano pare che l'unico intoppo alla felicità sia abitare in una casa troppo piccola e di avere in giro per casa un neonato che ha bisogno di cure e una teenager, categoria che nei film Disney rappresenta immancabilmente il Kraken, con quella loro tendenza a mettere il muso e a fare i ribellini sarcastici.
Che paura, il sarcasmo!
Comunque, i presunti problemi sono roba basic a cui si potrebbe porre rimedio in 5 minuti trasferendosi in una casa un pelo più grande e assumendo una cazzo di baby sitter.
Lui fa pure l'avvocato, penso possa permetterselo.
Io avverto vibes alla Fallout, comunque...
Giselle no, Giselle viene da Andalasia e lì risolvere i problemi quotidiani in modo semplice fa schifo: Giselle, da brava andalasiana, guarda dalla finestra di casa e vede un cartello con uno slogan cringe e una grafica da mio cugino che sa usare paint che invita a trasferirsi in un posto in culo ai lupi. La scena dopo via, tutti all'avventura con gioviale buonumore.
Tutti tranne Morgan, cioè.
Diamine, che stronza a non prendere per buono il cartello cringe che ci trascina in un posto che non conoscono nemmeno i traslocatori, è proprio incomprensibile questa maledetta teenager...

Siamo a 5 minuti dall'inizio del film, non sono ancora arrivati a Monroeville, praticamente finora a parte i problemi familiari di Giselle mi sono sorbita solo dell'animazione legnosa (più da sequel Disney per l'home video che da Classico) e della regia turnicante alla Michael Bay che si è concentrata attorno a uno scorcio di Andalasia e a degli scoiattolini pucciosi che si fanno raccontare come favola della buonanotte il primo film della saga, e già la mia sospensione di incredulità è andata a lanciare i coriandoli per strada al pensiero che Robert, che nel primo film era uno di quegli irriducibili newyorkesi che togligli lo smog, i kitemmuort e gli scarrafoni e soffre fisicamente, improvvisamente aneli alla vita bucolica? Non si è discusso mezzo secondo con Giselle?
Non ha valutato pro e contro, lui che è così logico e per questo con quello spirito libero di Giselle andavano a formare un equilibrio perfetto, a la Dharma e Greg? Morgan deve passare veramente per la stronza riottosa di turno quando è l'unica che si pone delle problematiche sensate prima di partire verso una casa che quando l'hai comprata non aveva manco i muri, ma la torre con le piante attorno come quella di Rapunzel era fica (la sensatezza poi: se a inizio racconto mi dicevano che Giselle era stanca a prendersi cura di un appartamentino, pensa la gioia di stare appresso a un maniero)?
Ma andate a cagare.
Io qui ho avvertito delle potenti vibes da How I met your Mother
nel modo in cui a questi scoiattolini viene ossessivamente raccontata la storia della vita di Giselle.
Pip, c'è qualcosa che non ci hai detto sui tuoi trascorsi con Giselle?
La vita a Monroeville inizia con qualche intoppo: ci sono scatole ovunque, operai che stanno ancora ristrutturando (ma avevano già rimandato 3 volte, dice Robert che è quello sveglio della coppia, per cui perché non trasferirsi subito, stare in mezzo ai maroni agli operai che maneggiano e lasciano in giro a disposizione di un bebè attrezzi pericolosi e rischiare la vita in una casa pericolante?) e il sistema elettrico, che forse si doveva sistemare prima di restaurare le pareti, manda letteralmente a fuoco la camera di Morgan, eppure vediamo i protagonisti che continuano imperterriti a utilizzare gli elettrodomestici e poi si sorprendono quando il latte va a male in frigo o il toast si brucia.
Magiaaaa...

A risollevare le sorti del film entra in scena l'immancabile Karen capobranco del luogo, Malvina Monroe (
Maya Rudolf) e i suoi minions Ruby (Jayma Mays) e Rosaline (Yvette Nicole Brown, che se avete già visto da qualche parte e non vi ricordate dove ve lo ricordo io, era in quella perla rara di Community) a fare gli onori di casa con dei cesti regalo preparati da lei e si offre di far fare ai nuovi arrivati un giro del posto per farli ambientare.
Malvina è la regina di Monroeville, viene spiegato.
E Giselle ovviamente è entusiasta, perché ogni città dovrebbe avere una regina. Pure Malvina a questo punto per un secondo gli scocca un'occhiata alla "bella, ma che cazz...?" Malvina, sei passata su schermo due secondi e già hai fatto breccia nel mio cuore.

Mentre Robert deve scappare in stazione perché ora è un pendolare (esperienza che dopo un giorno lo traumatizza per la vita, e non deve nemmeno avere a che fare con un regionale italiano) da Andalasia giunge la cosa più bella mai creata dall'uomo dopo il latte al cioccolato, ovvero i sovrani Edward (James Marsden) e Nancy (Idina Menzel), padrini di Sofia, giunti con un dono che porta un pelo avanti la trama (e in fondo siamo solo a un terzo abbondante del film): una bacchetta dei desideri di Andalasia.
"Una bacchetta che?" replica Morgan.
Morgan, porca miseria, è spiegato letteralmente nel nome.
Poi ti lamenti se questi due approfittano dell'occasione per cantare le istruzioni.
Vi si vuole bene lo stesso anche se cantate.
I giorni passano, i problemi della città sembrano averli seguiti anche a Monroeville (strano, quando il problema principale era avere un neonato che ti succhiava la vita e una casa scomoda e la risposta è stata trasferirsi in una casa in ristrutturazione. E ancora non vi siete premurati di assumere un cazzo di aiuto con la bambina), con l'aggiunta dei nuovi immancabili problemi legati all'arrivo in un posto nuovo: ambientarsi, trovare nuove abitudini, venire a patti con un nuovo stile di vita, trovare un ritmo e un equilibrio. Robert è ancora traumatizzato all'idea di fare il pendolare (posso capirti, Robert), Morgan non riesce a socializzare nella nuova scuola (anche se così de botto senza senso, mentre è vestita da abat-jour di casa di vecchi, attira l'interesse del bello intelligente affascinante simpatico "principe" di Monroeville, Tyson, il figlio di Malvina). La stessa Giselle fatica a integrarsi con il Karen way of life e proprio non si capacita del motivo per cui portandosi dietro i vecchi problemi e aggiungendone di nuovi le cose non migliorino per lei e per la sua famiglia e nessuno sia entusiasta.
Che mistero insondabile, Giselle...

Così quella che ha fatto trasferire tutti fino a lì, che fino a due secondi prima andava cianciando della necessità di vivere questa nuova avventura con spirito ardimentoso e cuore aperto, e che di fatto nel film precedente era riuscita a trovare il bello e il magico pure nei piccioni scagazzoni e negli sfiati delle fogne, nel sentirsi chiamare matrigna decide che basta, quando è troppo è troppo: prende la bacchetta della figlia ed esprime il desiderio di vivere in una favola perfetta.
Il desiderio si avvera e il giorno dopo Giselle si sveglia a Monrolasia (ci pensano molto ai nomi nei regni delle favole), un luogo simil medievale con i carretti della frutta e le botteghe artigiane ma con l'elettricità e senza colera in cui Malvina è letteralmente una regina magica, la casa si è sistemata da sola, gli elettrodomestici prendono vita (e nessuno mi toglierà dalla testa che in quegli elettrodomestici sono intrappolati gli spiriti degli operai che stavano ristrutturando casa, se no non mi spiego che fine facciano), si gorgheggia, si organizzano danze in abito da sera e Patrick Dempsey balla leggiadro.
Adoro.
E' un mondo in cui Giselle può sentirsi finalmente a casa, perché conosce le regole dei mondi delle favole: quello che ha dimenticato è che sono passati 15 anni da quando ha lasciato Andalasia e che non è più la fanciulla da salvare e che deve trovare l'amore, bensì una matrigna.
Ma soprattutto nella sua foga di scegliere la via più facile e breve per raggiungere la felicità sembra aver dimenticato che la magia ha sempre un prezzo.

IMPRESSIONI SPARSE

Come per Disincanto è un film semplice e arcobalenoso, una coccola tradizionale in mezzo a tutta una serie di prodotti per giovani dall'aria finto trasgry, e a conti fatti meglio una roba candidamente stucchevole che ritrovarsi davanti le stesse identiche cagate ma con la fotografia virata al cyano e i vampiri. 
In questo la Disney non manca mai di essere una garanzia e se si cerca esclusivamente una storia semplice, positiva e un po' ingenua (come Giselle, che cerca nostalgicamente qualcosa che non c'è più, ovvero il suo passato da fanciulla delle favole e il suo vecchio per sempre felici e contenti, che ovviamente deve fare i conti con il fatto che la sua famiglia sta cambiando) il film non delude: per quel che mi riguarda però come al solito il fatto di essere un film Disney per famiglie e debba per forza di cose scadere nello scontato e nel lieto fine (che va pure bene, la lacrimuccia mi scappa lo stesso anche se lo so che alla fine si sistema tutto) e metterci dentro un fottio di animaletti canterini non lo giustifica dall'essere un prodotto fondamentalmente pigro, costruito su forzature, retcon e quei cliché del cazzo che si volevano prendere in giro e sovvertire nel primo Come d'Incanto.

La questione della Matrigna, per dirne una, che poi è anche la merda più grossa nella stanza, quindi tanto vale togliersela subito dalla suola.
Praticamente tutto il film ruota attorno al desiderio di Giselle di vivere in una fiaba perfetta, cosa che finisce col ritorcersi inevitabilmente contro di lei: se è una vita da favola quella che vuole allora deve per forza di cose essere una matrigna cattiva, perché è nella natura delle matrigne essere crudeli, vanitose e ambiziose
Qui l'estetica di Malvina mi ha ricordato
un po' quella di Narissa, la regina
cattiva del primo film.
Come idea di fondo non è nemmeno malvagia, anche perché la resa di Amy Adams spacca, a fronte di un espediente sì inflazionato per rendere tangibile allo spettatore lo sdoppiamento di personalità ma sempre bello da vedere dai tempi del Goblin di Sam Raimi e qui molto ben reso da sottili cambi di espressione e da leggeri mutamenti di luce.
A questo giro infatti è stato bello ritrovarsi di fronte non solo la solita Giselle tutta happy come l'avevamo lasciata nel 2013 ma in primis una persona più adulta, più reale, arricchita da tutta una sfera di fragilità emotive legate al fatto di non avvertire più la gioia attorno a sé (purtroppo una parte che vedremo poco nel corso del film, che su tutta la sfera intima, che poi è la più intrigante, sorvola con un'incuria più unica che rara, anche per la media dei prodotti Disney), ma anche una Giselle che dà sfogo a un lato più oscuro e risorge dalle ceneri glitterose come un'oscura signora del male non appena gliene viene data l'occasione.

Questo espediente da fanfiction della Giselle cattiva, che su carta scatena l'hype nella ragazzetta di 12 anni che sguazza nelle ff trash e dark che ho dentro, presenta però nel pratico tutta una serie di problematiche legate alla lore interna del franchise e alla trama.

1) Perché improvvisamente è nella natura della matrigna essere crudele?
Quando nel primo film era Nancy (che non era esattamente una persona da bambini, e continua a non esserlo visto che pare che Edward e Nancy non abbiano eredi - che da un lato buono perché mantiene la coerenza col personaggio del primo film, dall'altro non so se un regno che è ancora, a dire di Nancy, scosso dalle ribellioni interne, possa permettersi di non avere eredi legittimi) a rischiare di diventare la matrigna di Morgan e la piccola, proprio memore dei cliché delle fiabe, esprimeva a una principessa vera i suoi timori, certa che lei li avrebbe capiti, Giselle risponde testualmente: "Non è vero che le matrigne sono cattive. Io conosco un sacco di matrigne buone"
Lei stessa dimostrerà di essere una matrigna amorevole, andando contro questo cliché del cazzo della madre biologica brava e bella vs matrigna stronza e psicopatica su cui la Disney ci ha costruito un impero.
Ora, o Giselle è una cazzara o questo film è letteralmente costruito su un retcon ideato da una persona che del primo film non ha manco visto il trailer. Improvvisamente essere definita una matrigna diventa l'insulto massimo, da matrigne si può essere solo delle stronze fatte e finite e la soluzione a tutti i problemi è diventare (sic!) delle mamme. Praticamente è la storia che voleva perculare i cliché che fa il giro e diventa un cliché.

2) A livello di espediente sarebbe risultato molto più interessante, e soprattutto in linea con la prima parte della storia, far saltare fuori quel lato profondamente malvagio di Giselle non da un maleficio (tranquille bimbe, Giselle è sempre bella brava e buona, è la magia che la fa diventare psycho) ma dall'espressione più viscerale e liberatoria delle paure, dei sentimenti e dei desideri della normale Giselle. Perché inutile girarci attorno, in questo film l'unica vera cattiva dall'inizio alla fine è Giselle.
La tipica situazione in cui prima dell'arrivo
del maleficio è tutto ok.
E' Giselle che con l'arrivo di Sofia mette da parte (senza volerlo, cionondimeno lo fa) Morgan, e della cosa non si parlerà mai anche se è una cosa grave che potrebbe porre l'attenzione su una tematica delicata e interessante, anche perché magari è una situazione in cui qualche spettatore si può rivedere.
Ma dopotutto perché portare questo film in una dimensione sensata quando alla fine puoi decidere semplicemente che Morgan è figlia di Andalasia alla pari con Sofia e che quindi Giselle non è matrigna ma mamma di tutte e due?
Pensavo che nel 2022 anche la Disney fosse passata oltre al fatto che si può amare qualcosa con tutto il cuore anche se non ti esce dall'utero, visto che è esattamente quello che accadeva alla fine del primo film.

E' Giselle che prende e in preda all'insoddisfazione trascina tutti in culo ai lupi senza curarsi dell'impatto che avrà sulle loro vite (sappiamo che Morgan e infelice ma di questo sembra non importare nulla a nessuno visto che è una teenager, ma di Robert non ci è dato modo di sapere nulla. Offre a Giselle tutto il suo sostegno, ma non riusciamo a comprendere cosa provi della situazione, se non che fare il pendolare gli fa schifo, e che non è che sia proprio infelice però non sa manco rispondere quando Giselle gli chiede se ricorda l'ultima volta in cui è stato felice. Il suo arco narrativo è talmente singhiozzante che alla fine tocca farci andar bene il fatto che sia tutto risolto con lui che smette di fare il pendolare e apre un piccolo studio legale a Monroeville.
Ma quindi era infelice a New York?
Gli pesava fare l'avvocato in una grande città?
Ok lo ammetto, qui mi sono sciolta...
O il suo modo di essere un eroe è stato sacrificarsi per l'ennesima volta per la sua famiglia? Non lo sapremo mai, perché Robert in questo secondo capitolo della saga pur avendo delle scene da strappare davvero il cuore (come quando interagisce con Edward che in maniera del tutto gratuita sminuisce il suo ruolo, come avvocato e come capofamiglia) fondamentalmente serve solo da sollievo comico. E intendiamoci, vedere Dampsey che fa l'idiota in calzamaglia è il mio sogno bagnato, ma sarebbe stato carino vedere anche un arco narrativo coerente visto che si tratta di un personaggio importante.

E' poi sempre Giselle che egoisticamente esprime un desiderio solo per sé, convinta che quello che vuole lei sia meglio per tutti (come una classica cattiva Disney), e non si rende nemmeno conto (nonostante appartenga al regno delle favole quindi certi comportamenti per lei dovrebbero essere una totale red flag) che la prima cosa che fa la figliastra (vestita in maniera umile e dimessa) non appena entra in scena in questo mondo da fiaba è pensare alle pulizie e a tenergli la bambina.

In soldoni, già prima di vedere la Evil!Giselle abbiamo davanti una persona infelice, forse arrabbiata (non lo sapremo mai, in fondo è tutta colpa del maleficio), ma soprattutto profondamente presa da se stessa che ignora i bisogni e i sentimenti altrui e non impara mai ad affrontare davvero la cosa e a comunicare in modo sano.
Le cose anzi si risolvono, è il caso di dirlo, come per magia.
Morgan alla fine ha l'interesse del principe della scuola e quindi chi se ne frega di tutti i problemi che aveva con le compagne che la guardavano dall'alto in basso o la prendevano in giro per i suoi vestiti, della nostalgia della vecchia vita e dei vecchi amici. Bontà loro presumo le abbiano comprato anche qualche vestito nuovo a un certo punto.
Robert smette di fare il pendolare quando il suo disagio di fondo andava molto oltre ed era molto più di "minchia devo prendere il treno tutti i giorni, che sbatta", perché a New York il treno non lo prendeva e alla fine questo senso di oppressione doveva avvertirlo in qualche modo se si lascia convincere da Giselle a trasferirsi in Culolandia.
E Giselle è mamma e basta.

Sarebbe stato bello invece vederla affrontare i suoi demoni.
"C'è di più... Non canto più
la canzone giusta ormai...
E anche quando faccio i cupcake
è un disastro... Tutto mi riusciva bene una volta..."
Ah no, scusa, il problema vero è che ero
una matrigna
e invece dovevo essere una mamma. Tutto appost.
 
Rendere quei tre principi che secondo il film caratterizzano le matrigne delle favole (vanità, crudeltà e ambizione) delle caratteristiche che già dimoravano a livello inconscio in Giselle, però in senso più positivo essendo Giselle una persona profondamente buona di fondo che attraversa solo un momento di profondo scoramento personale e non va condannata per questo.

- Al posto della vanità porre l'attenzione sul suo bel guardaroba floreale (guardaroba che finisce col mettere profondamente in imbarazzo Morgan nel disinteresse generale della madre a cui quel vestito lì sembra bellissimo allora è bellissimo, punto)

- Al posto della cattiveria esagerata e teatrale mostrare dei sottili slanci egoistici, e il farle capire di aver allontanato Morgan dalla sua vita perché lei stessa la avvertiva come meno figlia rispetto a Sofia. Di atteggiamenti "da matrigna" su cui battere in fondo non ne mancano, anche prima del maleficio: la reazione di Giselle al malumore di Morgan per il recente trasferimento non è empatico ma di sottile manipolazione/colpevolizzazione dal momento che sarà subito pronta a ricordarle che anche lei in passato si è dovuta adattare a una realtà diversa (dimenticandosi di specificare che a differenza di Morgan lei la realtà diversa alla fine l'ha scelta liberamente e per amore).
Per non parlare del fatto che ha tra le mani da inizio film una bacchetta dei desideri e non ti sogni di usarla per far tornare nuovi i vestiti di Morgan né la porti a fare shopping: meglio farla girare per giorni vestita da sopravvissuta all'Inferno di cristallo. Ma no, guai a esplicitare questi sentimenti, riconoscere l'errore e superare le difficoltà insieme.
Meglio tirar fuori la dicotomia madre/matrigna, che è un classico.

- Al posto dell'ambizione che la porta a voler diventare regina di Monrolasia (visto che Giselle non è una persona da avere ambizioni power e va benissimo così, se prendersi cura della sua famiglia è quello che la rende felice) tirare in ballo magari un forte desiderio di far parte dell'associazione cittadina di Monroeville accanto a Malvina e alla crew, invece di attendere che sia l'altra a concederle benevolmente spazio (in questo, la crescita vera all'interno del film ce l'ha lei, la Karen che impara a farsi da parte, a non fare la passiva aggressiva del cazzo a ogni costo e a non voler controllare perennemente tutto). Ma avrebbe significato dare uno spesso alla protagonista, capisco sia un lavoro difficile per uno sceneggiatore di professione.

3) Perché tirare di nuovo fuori l'espediente della matrigna cattiva in generale, che nel primo film si era già affrontato bene e che alle soglie del 2023 si credeva abbondantemente superato anche in seno a quel covo di reazionari che è la Disney?
In questo film si sarebbero potuti esplorare gli effettivi problemi di Giselle legati alla sua maternità e al suo ruolo nella famiglia (magari ai suoi desideri in rapporto a quelli dei suoi cari) ma in una chiave più leggera e metaforica, proprio grazie all'espediente favolistico: ad esempio mi lascia con l'amaro in bocca il fatto che l'unico momento in cui Giselle ottiene effettivamente aiuto per occuparsi della figlia, dalla cui nascita erano cominciati i problemi (ma guai a esplicitarlo, sia mai!) sia da malvagia, come se fosse simbolo di cattiveria prendersi una baby sitter e volere del tempo da dedicare a se stesse. Sarebbe carino nel 2022 insegnare alle giovani che probabilmente questo film lo guarderanno che volere tempo per sé anche se si è solo delle casalinghe non è espressione di pulsioni malevole.

*

Un altro problema di fondo a livello di LORE è quello legato all'espediente salvifico, il deus ex machina che salva la situa per dirla con una sfumatura più ignorantella: Giselle sta per morire perché il suo desiderio necessitava di talmente tanta magia da risucchiare tutta quella di Andalasia e lei stessa, essendo andalasiana, è fatta di pura magia.
L'unico modo di risolvere la situazione è, facciamo attenzione, annullare il desiderio entro la mezzanotte, di modo tale che la magia impiegata nel desiderio torni alla fonte originaria e tutto torni come prima.
Te lo spiegano in maniera che più lineare e didascalica non si può.
Ma che cazzo canti che avete i secondi
contati qui?!
Ora, se in una favola ti danno delle regole, le regole sono quelle non le cambi a come ti pare perché se no non sai come sbrogliartela: se per vincere dei scoprire come si chiama Tremotino non puoi decidere che si chiama Giuseppe; se il genio di Aladdin può esaudire solo tre desideri non te ne inventi un quarto di punto in bianco (anche se sarebbe bastato passare la lampada a Jasmine per averne altri tre ma che cazzo porto a fare la logica in un film disney?); se Ursula fa un contratto con te e ti dice che se entro tre giorni non slinguazzi il bonazzo a due gambe che ti dà l'ormonella sei sua, non basta manco il tridente del re del mare a tirarti fuori dalla merda.
E se stai creando un prodotto che sta giocando con le regole della fiaba non vuol dire che di queste regole puoi fregartene: puoi giocarci, puoi sovvertirle, ma non aggirarle o ignorarle.
Come per Disincanto decide di risolverla a cazzo de cane.
Giselle a rotta de collo realizzerà che Morgan tecnicamente è una vera figlia di Andalasia, perché è sua figlia, quindi può usare la bacchetta per esprimere il desiderio di tornare a casa con la sua mamma, cosa che riporta tutto alla normalità.

1) Sei una figlia di Andalasia un paio di palle
Al massimo, se vogliamo star dietro alla retorica della matrigna vs mamma brava e buona sei una vera figlia di Giselle, cosa che non ti cambia il DNA e non diventi improvvisamente in grado di usare la magia di un regno che non è il tuo. Se Edward e Nancy a inizio film avessero detto che la bacchetta poteva essere usata solo da una vera figlia di Giselle sarebbe stato più logico, ma a quel punto non avrebbe potuto usarla lei.
Di fatto Morgan aveva già salvato la situazione restituendo a Giselle la sua bontà tramite la magia dei ricordi: sempre di fatto una sceneggiatura svogliata ha voluto strafare in modo didascalico e scoreggione mettendole anche in mano una bacchetta che non avrebbe potuto usare per diventare l'eroina dei due mondi...

2) ... Peccato che tecnicamente il suo desiderio avrebbe dovuto ammazzare Giselle e distruggere Andalasia.
Dal momento che esprimere un desiderio necessita di energia magica e disfarlo la libera immaginiamo la forza magica di Come per Disincanto come un lungo gomitolo di Lana. Giselle ha cominciato a utilizzare questo gomitolo per sferruzzarsi una sciarpa ma a un certo punto si è accorta che la lana non era sua ma di Nancy.
A questo punto invece di fare una cosa sensata e sfilare il gomitolo di lana per restituirlo a Nancy arriva Morgan che prende quel che resta del gomitolo e ci fa delle muffole. E Nancy si attacca al cazzo senza lana. E se messa così la storia sembra stupida non è che infiocchettandola con cagate magiche acquisisce più senso.

*

Come a livello di effetti speciali, nelle scene in cui il film prova a virare sul genere fantasy epico, una casa di animazione come la Disney riesca a far peggio non solo di un film che lo precede di 15 anni fa ma anche di un episodio di Xena principessa guerriera lo sanno solo loro (anche se lo ammetto, le scene delle bizzarre avventure di Edward mi hanno devastata, sono la parte più divertente della pellicola).
Di contro, plaudo all'ottimo lavoro svolto da costumisti e scenografi, che riesce a dare al tutto una patina sì artificiosa e ripulita che potrebbe dare fastidio nel caso in cui si stesse cercando un po' di Signore degli Anelli in questo Come per Disincanto, ma perfettamente in linea con l'estetica classica Disneyana (con quel tocco di moderno alla Descendants che è la morte sua). In particolare ho adorato la cura messa negli abiti e nelle ambientazioni che circondano la Adams e della (magnifica) Rudolph, sempre in contrasto ma ugualmente volti a sottolinearne la profonda vicinanza.

Sul fattore musica, come da trend disneyano cominciato da Frozen, si canta tanto (e fin qui non è nemmeno un problema, specie quando mi ritrovo dei momenti musicali davvero Catchy come "Badder", in cui due cattive di sesso femminile di scontrano a suon di vocalizzi per decretare chi sia la più pericolosa tra le due - e qui si nota l'esperienza del regista nel genere musical perché il montaggio è veramente splendido e la bravura delle due protagoniste che riescono a essere spaventose e buffe al tempo stesso fa il resto) ma soprattutto si canta a sproposito, in momenti in cui si dovrebbe mantenere un momento di serietà. Se i troll di Frozen cantano cagate mentre quella povera crista sta morendo congelata, qui Nancy canta mentre il suo mondo sta cadendo a pezzi come Fantasia e Giselle gorgheggia mentre muore e mancano pochi rintocchi alla mezzanotte. 
Magari gorgheggiate dopo a cose fatte, no? No.

IN CONCLUSIONE. . .

La domanda sorge spontanea: a chi è rivolto Come per Disincanto?
E' un film Disney quindi vuole rivolgersi ovviamente ai bambini, complici le tematiche favolistiche che ruotano attorno a una principessa graziosa, il lieto fine immancabile (alla faccia del sottotitolo italiano), le canzoncine, gli animaletti simpatici che fanno da cornice al racconto.

Ha tocchi da teen comedy romantica dal momento che il punto di vista è rappresentato da Morgan, che porterà avanti da ben prima dell'avvento della favolosa Monroeville il cliché del cazzo della nuova arrivata che verrà notata dal fico della scuola.
Peccato che per tutto il tempo l'unica teenager che ci fa da finestra sul mondo di Giselle sia descritta come spaventosa, sarcastica e persa in un mondo lontano in cui Giselle non può accedere (si chiama spazio personale, Giselle, a una certa tocca darlo ai figli) ma al tempo stesso non si affronterà mai per bene il suo disagio di nuova arrivata, gli sguardi sprezzanti delle coetanee, l'addio della vecchia vita (si sa solo che Tyson la prenderà a ben volere, quindi tutto a posto). I teenager devono fare una paura folle alla Disney, tutte le volte che li si nomina sembra arrivi Godzilla a Tokyo. 

Al tempo stesso però Come per Disincanto è il seguito di un film di 15 anni prima, quindi è d'obbligo si voglia strizzare l'occhio anche a quei fan della prima ora che ora veleggiano verso la grande avventura del college o, come Giselle, hanno già sgravato e/o hanno intrapreso una carriera (magari da pendolari, come il buon Robert in questa pellicola).
Magari sono addirittura matrigne, come Giselle, e devono vedersela con delle riottose e spaventose teenager come Morgan. Quindi ecco che ogni tanto si parla di tematiche più adulte, e francamente anche più interessanti per quel che mi riguarda (logico dal momento che il mio range d'età vira più in questa direzione): un cambio di vita traumatico, lo stress della vita quotidiana, la ricerca del proprio spazio felice (che non è necessariamente lo spazio perfetto).
Tutte cose irrimediabilmente buttate nel cesso perché altrimenti i bambini si fanno due palle come il Troll che ha fatto amicizia con Edward (e che ha magicamente cambiato dimensioni dal primo film al secondo).

In pratica Come per Disincanto è un film che si può anche guardare a cuor leggero per qualche gag, qualche canzone meritevole, la bella performance degli attori e qualche tematica toccante buttata tra le righe, ma che a conti fatti per parlare a tutti non arriva a nessuno: forse è un film davvero buono solo per adulti nostalgici e borghesi che vedono nella Disney un porto sicuro dove le mamme sono brave e belle, i bambini buoni e tenerelli e i teenager sono visti attraverso la lente di un boomer. 
Pure la morale è un po' da boomer.
Non a caso è la Karen del film l'unica che vede una vera crescita e compie un percorso narrativo coerente e positivo. Che mi sta anche bene visto che adoro Malvina, ma la persona fuori target che ogni tanto prende il sopravvento avrebbe preferito trovare qui e lì tematiche più educative e moderne.

Giudizio finale:

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