venerdì 27 gennaio 2023

[Recensione] RAGIONE E SENTIMENTO, di Jane Austen

Recensione del romanzo Ragione e Sentimento, di Jane Austen
Titolo originale:
 Sense and Sensibility
Autore: Jane Austen 
Traduzione: L. Lamberti
Edizione: Einaudi
Pagine: 395
Anno: 2015

Jane Austen scrive la prima stesura di Ragione e Sentimento, al tempo Elinor and Marianne, tra il 1795 e il 1797 (quasi in parallelo con First Impressions, prima versione di quello che diventerà il masterpiece della produzione austeniana, Orgoglio e Pregiudizio): dopo aver accantonato l'iniziale forma epistolare e cambiato il titolo nella sua versione definitiva, già dal 1798 comincia a dar forma a Susan, stesura iniziale di Northanger Abbey, il primo romanzo acquistato da un editore (ma pubblicato solo postumo dal fratello dell'autrice, per ragioni non chiare) che proprio come Ragione e Sentimento mette al centro della narrazione un'eroina malguidata dalle letture.
Il contesto storichino, immancabile su questi lidi, è quello del moderno romanzo borghese, nato nel Settecento: espressione dell'ascesa della nuova classe (per l'appunto) borghese, aveva proprio nelle donne i principali fruitori e nel contenuto rifletteva il punto di vista, le aspirazioni e la condotta dei nuovi protagonisti di questo mutamento sociale (cosa che aveva anche uno scopo di legittimazione agli occhi della nobiltà: i borghesi diventano portatori di valori altri, consolidati attraverso il mezzo letterario, non legati al sangue ma alla morale cristiana e all'etica sociale, etica che spesso nel pratico sfociava nello sterile e ipocrita perbenismo - questo il principale bersaglio della penna della Austen). 
Nel pratico, insomma, il romanzo moderno non era solo uno sciocco e pruriginoso passatempo d'evasione ma aveva anche uno scopo educativo.

Detto questo e tornando a Jane Austen, se in Ragione e Sentimento Marianne cede (poi vedremo con che spontaneità) alla cieca passione per il bel Willoughby guidata da un'indole eccessivamente sentimentale creata proprio da un abuso acritico di letture romantiche, in Northanger Abbey quello che porta l'antieroina Catherine Morland (non a caso coetanea di Marianne e sempre non a caso come Marianne non particolarmente ricca in assennatezza) a scatenare un po' troppo la fantasia è l'abuso di letture appartenenti al genere gotico.
Non dobbiamo però pensare che il bersaglio della Austen sia il genere d'evasione: la sferzante ironia della Austen va a colpire le istituzioni, i costumi, le convenzioni sociali del tempo laddove si facciano ridicoli o ipocriti, ma la sua è soprattutto una critica contro l'eccesso. L'eccesso di cieco abbandono al sentimento e alla fantasia, certo, ma anche l'eccesso di Sense, ovvero di assennatezza, appello alla logica, educazione e obbedienza ai costumi sociali più che di ragione vera e propria.
Secondo Jane Austen, che vive e soprattutto scrive a cavallo tra Illuminismo (il trionfo del Sense) e Romanticismo (la rivalsa della Sensibility), è sbagliato parteggiare in via esclusiva per l'uno o per l'altro, esattamente come per il lettore sarebbe sbagliato chiedersi se l'autrice, tra le righe, parteggi per Elinor o per Marianne. 
Gli eccessi, vedremo, portano alla rovina.
Pure il manga hanno fatto, 
per il vostro diletto.
Rovina che per una donna dell'epoca equivaleva al non trovare un marito con un patrimonio dignitoso che consentisse alla giovane di acquisire non solo uno status rispettabile ma soprattutto la sicurezza economica.
Sognare troppo, come Marianne, è un gioco che a conti fatti non vale la candela e mette in condizione di abbandonarsi incautamente all'uomo sbagliato e di essere infelici. Pensare troppo, di contro, ed essere eccessivamente legati alle convenzioni borghesi magari mette al riparo dal ridicolo, o peggio, ma di contro fa apparire freddi e poco coinvolti portando ad allontanare da sé l'oggetto d'amore. 

Ci sono poche possibilità di trovare marito, figurarsi un buon marito, quindi (al contrario di quello che suggeriva la narrativa romantica all'epoca) Jane Austen non è che rinneghi l'amore (non arriva mai a quel livello di cinismo) ma ritiene sia molto più saggio per le sue eroine e per le sue lettrici affidarsi a un tiepido pragmatismo e, per dirla con un francesismo, giungere alla felicità pescando il primo merluzzo moderatamente danaroso e di buon carattere a tiro.
Arrivare al matrimonio ma con criterio.

Un messaggio portato avanti con la consueta e fresca ironia, affidato per ovvia necessità a due protagoniste, incarnazioni di queste opposte concezioni del mondo, di queste pulsioni che, come abbiamo visto, devono mantenersi in costante equilibrio. Elinor Dashwood, di 19 anni, la Ragione; sua sorella minore Marianne, 17 anni, il Sentimento.
Se Elinor è per necessità assennatezza, perspicacia e giudizio, incaricata com'è di fare da freno, a vantaggio di tutti, all'impulsività della madre, rimasta vedova e con una rendita modesta, Marianne (incoraggiata dalla suddetta madre) è passione senza freni, sensibile e irriflessiva in ogni cosa. Se Elinor è una talentuosa pittrice (attività che porta a osservare il mondo da fuori, a studiarlo e a portarlo fedelmente su carta), Marianne è una provetta musicista (laddove la musica è abbandono e trasporto) che spesso arriva a lasciare di punto in bianco conversazioni e persone amiche da lei considerate insulse e poco interessanti per sedersi al piano.
Se Elinor, insomma, è il prodotto delle rigide convenzioni sociali dell'epoca, Marianne, è resa irrimediabilmente romantica da un'intossicazione di letteratura d'evasione, talmente assuefatta all'amore passionale da avere ormai a noia la vita di tutti i giorni e da non poter considerare degno di amore qualcuno che, pur incredibilmente giovane e bello, non abbia quel lampo negli occhi, quel fuoco che denotano intelligenza e coraggio, che non riesca ad unire le qualità dell'innamorato e dell'intellettuale a un rapimento voluttuoso nei confronti dell'arteGià che c'è mentre passeggiano dovrebbe anche ficcarsi un rullo nel sedere e spianarle il sentiero dei rododendri.
Dice Marianne:
"Non potrei essere felice con un uomo i cui interessi non coincidessero coi miei. Quell'uomo dovrebbe avere le mie aspirazioni, leggere i miei stessi libri, gustare la mia musica. [...] Mamma, più conosco il mondo e più mi convinco che non incontrerò mai un uomo che potrei amare davvero. Pretendo troppo: dovrebbe avere tutte le virtù di Edward, e in più il fascino che deriva dall'aspetto e dalle maniere."
Per capirsi, Marianne è una di quelle che oggi produrrebbe meme del genere:
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Questa sorta di scetticismo romantico la porterà tempo due secondi, com'è ovvio, tra le braccia della prima figura giovane e maschia che entrerà nell'area del suo radar, ovvero Willoughby.
Durante una passeggiata lungo le colline che costeggiano la loro abitazione infatti, le tre sorelle Dashwood vengono sorprese da un violento acquazzone. Nello scapicollarsi in direzione di casa, Marianne fa un passo falso, scivola in terra e si torce una caviglia. Subito accorre un gentiluomo con un fucile e due cani (tale è l'impressione fatta sulla romantica Marianne nel momento del primo magico incontro con l'uomo del suo destino che questo è tutto quello che c'è dato modo di sapere inizialmente), che ritrovandosi proprio accanto a lei si affretta a prestare soccorso alla giovane e bella dama ferita. Presala in braccio la trasporta di peso fino a casa e non si ritiene soddisfatto finché ella non è al sicuro su una comoda poltrona.
Ricordiamo che questo è il momento dell'innamoramento di Marianne.
Un innamoramento che però, come vediamo, non nasce spontaneamente al momento di questo salvataggio provvidenziale (che è una scena da film, potremmo descriverla, qualcosa che sembra uscito dritto dritto dai romanzi rosa amati dalla giovane) come ci si aspetterebbe dall'incarnazione del Sentimento, ma si sviluppa dopo, in maniera artificiosa, e solo una volta appurati da Marianne dei presupposti che rendono Willoughby degno di essere considerato oggetto d'amore (dopodiché la diga erompe, perché Marianne *dopo* avvertirà il dovere di abbandonarsi alla passione rapidamente e con trasporto, di dare tutta se stessa all'uomo che ama - a differenza di quanto faccia Elinor, lei il messaggio lo manda da subito forte e chiaro).
 
Che succede, in pratica?
Un affascinante sconosciuto entra nel salotto di casa Dashwood portando tra le braccia la giovane e contusa Marianne: la scena non manca di destare una certa impressione sulla madre e la sorella, le quali: 
Dramatization: Marianne sta per realizzare
che quel fesso di Willoughby è fico
"balzarono in piedi stupite e, mentre gli occhi di entrambe erano fissi su di lui con evidente meraviglia e segreta ammirazione, egli si scusò per l'intrusione raccontandone il motivo in una maniera così aperta e simpatica che la sua persona, già di una bellezza non comune, ne acquistò ulteriore fascino. 
Anche se fosse stato vecchio, brutto e volgare, la signora Dashwood non gli avrebbe negato la propria gratitudine per un atto premuroso compiuto verso la figlia, ma l'influenza della giovinezza, della bellezza e dell'eleganza aumentò l'interesse per quel gesto e colpì dritto al cuore la signora."
In pratica la madre s'è arrapata prima di Marianne.
Solo a questo punto Marianne, superato lo spavento e l'imbarazzo iniziali ma soprattutto sulla scia dell'entusiasmo generale (quindi come già detto tutto parte dall'impressione fatta da Willoughby sugli altri), comincia fare delle considerazioni sul suo salvatore, in un crescendo che rasenta il delirio. 
Il giovane corrispondeva in tutto all'immagine che nella sua fantasia si era fatta dell'eroe di una bella storia, e in quel trasportarla a casa così, senza badare troppo alle forme, si notava una capacità di spirito tale da renderle ancor più gradito quel gesto [quindi anche lei, come sua madre, ha notato che è fico, in più è rapido d'azione come un vero maschio]
Ogni questione che lo riguardasse era affascinante. Il suo nome era bello, la sua casa si trovava nel nel loro villaggio preferito, e presto ella scoprì come fra tutti gli abiti maschili una giacca da cacciatore fosse il più seducente. La fantasia di Marianne era tutta presa.
In seguito (ovvero nel corso di una mattina) scopriamo che Willoughby non solo è bello e maschio con il giubbetto da cacciatore più sexy del Sussex ma ha anche gli stessi gusti di lei. Lui e Marianne, leggiamo, hanno le stesse opinioni su tutto, amano gli stessi libri (qui possiamo solo immaginarle le conversazioni intellettuali portate avanti da questi due), condividono la stessa passione per la musica. Ma, aggiunge la voce narrante, "se sorgeva un'obiezione non sopravviveva alla forza delle argomentazioni e allo splendore degli occhi di lei". In pratica fin dall'inizio di questa travolgente storia d'amore che Harry e Meghan levete proprio l'autrice cerca di lanciarci un forte segnale d'allarme: Willoughby più che uno spirito affine sembra da subito un paraculo che asseconda per interesse l'entusiasmo di un bel fighino passionale come Marianne.
Marianne, accecata dal Sentimento, non se ne avvede.
Elinor invece se ne accorge pure (o per meglio dire, sospetta che qualcosa non vada dal momento che non vede tracce esplicite di impegni sentimentali ufficiali tra i due, condizione imprescindibile per un impegno onorevole) ma, come sempre accade quando la logica cerca di far breccia nella fede cieca, non solo non riesce a far valere i suoi dubbi e le sue preoccupazioni ma è lei stessa a diventare oggetto di biasimo perché, secondo la prospettiva di Marianne è lei ad essere (per usare un francesismo) un frigido dito nel culo.

Anche Elinor infatti ha un corteggiatore, o qualcosa che gli somiglia.
Ragione e Sentimento
in a nutshell
E se l'oggetto d'amore di Marianne è un irresistibile spiantato sexy, col cavaliere di Elinor ci troviamo davanti a un personaggio totalmente diverso, e forse a confronto più insipido, perlomeno nelle descrizioni iniziali.
Ma questo, del resto, passa il convento.
*Sembra* infatti che ci sia della simpatia tra la maggiore delle sorelle Dashwood e tal Edward Ferrars, fratello di quella stronza di sua cognata, ma per affermarlo tocca fidarsi di quello che dicono Marianne e sua madre perché Elinor, ovviamente, non si espone.
Lo rispetta, certo, lo stima, si capisce, è un giovane assennato e di buona famiglia, non dubita nemmeno dei suoi sentimenti, ma finché non vede un anello lei le mani avanti non le mette e si rifiuta di dare un nome a sentimenti che, in assenza di corteggiamenti formali, non sta bene provare.

Edward è il primogenito di una famiglia molto facoltosa, ma il mettere o meno le mani su questa fantomatica fortuna dipende esclusivamente dalla volontà della volitiva madre. Non si distingue per meriti particolari: non è bello, è di buone maniere e discreta cultura ma troppo timido per risultare piacevole in una compagnia se non dopo un'approfondita conoscenza, o per perseguire una carriera in politica, destino che auspicherebbero per lui in famiglia. Le sue ambizioni invece sono concentrate verso sogni di tranquilla felicità domestica, o una carriera ecclesiastica.
Insomma, parrebbe perfetto per la razionale Elinor.
E invece no, perché, come scopriremo (e come scoprirà la stessa Elinor, che come al solito nasconderà sotto al tappeto il dolore dando l'impressione che tutto vada bene), Edward si rivelerà essere legato da anni a una certa Lucy Steele, una giovane molto graziosa ma priva di mezzi propri, di educazione, e di maniere che trasudano volgarità sotto la patina di cortese piaggeria. Difficilmente una persona di questa risma, principalmente perché povera, incontrerebbe i favori della futura suocera, ed ecco perché hanno dovuto fare le cose di nascosto.
Elinor, che non è priva di sentimenti così come Marianne non è priva di assennatezza (anche se il percorso di crescita di questo romanzo prevede che le due sorelle debbano arrivare a questa consapevolezza per prove, errori e tentativi), soffre.
Soffre ma non può abbandonarsi alla disperazione.
I rampolli della famiglia Ferrars:
Edward, Fanny
e il vanitoso Robert


Questo perché razionalmente non ha motivo di essere disperata: pur non dubitando dei sentimenti di Edward, e pienamente consapevole della stima e dell'affetto che prova per lui, di fatto non c'è nessun impegno formale tra loro
.
Paradossalmente è la stessa situazione sentimentalmente fumosa che viene a crearsi tra Willoughby e Marianne, la quale a differenza della sorella si sente impegnata eccome dal momento che dal suo punto di vista è proprio il sentimento a rendere l'impegno tra loro vincolante.
Lucy però è arrivata prima.
Elinor non può accampare alcun diritto.
Non solo. Intrappolata com'è in una gabbia d'assennatezza e convenzioni sociali borghesi Elinor tiene tutto dentro impedendo persino a chi le vuole bene di capire che qualcosa non va e sostenerla; non può mai replicare alle giocose impertinenze degli amici o alla cattiveria gratuita dei Ferrars, abbandonarsi a repliche argute né rispondere alle provocazioni portate avanti da Lucy, la quale col solo scopo di fare la pipì sul suo albero e ribadire con fare meschino i propri diritti sul giovane Ferrars elegge la "nuova amica" a confidente esclusiva delle sue pene d'amore segrete.

Di contro Marianne avverte sempre il dovere di alimentare ed esternare ciò che prova, purché ovviamente questi sentimenti assumano la forma più consona, ovvero dal suo punto di vista quella più passionale, tragicamente romantica e romanzesca. 
Ad un certo punto infatti Willoughby si congeda dai Dashwood, senza preavviso o spiegazioni che vadano oltre vaghe necessità di essere altrove. Non sa neanche quando tornerà. Marianne, ovviamente, è triste.
La differenza con la quieta e razionale tristezza di Elinor è abissale.
"Marianne si sarebbe considerata veramente imperdonabile se fosse riuscita a dormire la prima notte dopo l'addio di Willoughby. Se non si fosse alzata più bsognosa di riposo di quanto non lo fosse quand'era andata a letto, si sarebbe vergognata, la mattina dopo, di guardare in faccia gli altri membri della famiglia. Ma non corse il rischio d'incorrere nel disonore di una simile compostezza. Rimase sveglia tutta la notte e quasi sempre a piangere. Si alzò col mal di testa, era incapace di parlare e rifiutò di toccar cibo, addolorando di continuo la madre e le sorelle, e impedendo loro ogni tentativo di consolazione. La sua sensibilità era davvero grande!"
Le pacatissime reazioni di Marianne
Come sempre si preoccupa dell'impressione che farà sugli altri se non mostra di amare abbastanza e di non soffrire nel modo giusto.
Di nuovo, Marianne non è spontanea nelle sue esternazioni drammatiche ma fa quello che ci si aspetta dal personaggio.

E se reagisce con una tale calma dignità e classe a quello che credeva essere un temporaneo allontanamento dall'amato, il dolore e le privazioni sia mentali che fisiche con cui *tocca* si mortifichi alla scoperta che Willoughby ha tagliato i ponti con lei perché ha deciso di sposare una donna ricca per risollevare lo stato delle sue finanze (Willoughby infatti, scopriremo, era stato diseredato da una ricca parente dopo aver disonorato un'altra pirlina romantica) quasi la uccidono.
E nel caso fosse davvero morta, si renderà conto una volta scampato il pericolo, avrebbe potuto incolpare solo sé stessa: non Willoughby, che non biasimerà mai per quanto alla fine si riveli una persona gretta mossa solo dall'egoismo e dal perseguimento della propria felicità. Gli unici responsabili delle sfortune di Marianne sono l'eccesso di ingenuità e l'abbandono al Sentimento.

A questo punto Marianne finalmente toglie la testa dal sedere, si guarda intorno e scopre che toh, anche Elinor soffre.
Il giovane Ferrars infatti sembra perduto per sempre.
E che cambiamento dalla descrizione impietosa che di lui ci aveva fornito la Austen nei primi capitoli! Il giovane timido e passivo che conoscevamo ha lasciato il posto a un uomo deciso, che ha finalmente deciso di prendere in mano le redini della propria vita e di tener testa alla volitiva madre e alla sorella: messo alle strette dalla famiglia che gli chiede di rinunciare a un'unione indegna in favore di una fanciulla con una dote cospicua, Edward rinuncia ai suoi diritti di primogenito e all'eredità di famiglia in favore di Lucy.
A questo punto Elinor ci riflette su e pensa che sì, ora può chiamare quello che provava amore.
Buongiornissimo caffè a Elinor.
Proprio il coraggio e l'abnegazione mostrati dall'amata sorella maggiore (che non ha mai parlato dei propri sentimenti per non angosciare le più sensibili parenti) però diventano nel momento più disperato lo sprono di cui Marianne ha bisogno per attuare un lento ma inesorabile percorso di maturazione che la porterà non a inaridirsi, ma a trovare un equilibrio (dividendo a metà il tempo tra musica e istruzione e prendendosi più cura di sé). Insomma, Marianne si lascerà alle spalle gli eccessi di quel Sentimento che l'ha quasi portata alla rovina per poi trovare il suo lieto fine.
Ovvero l'immancabile matrimonio con il colonnello Brandon.

Il colonnello Brandon è una nuova conoscenza della famiglia Dashwood: un uomo maturo (ha ben 35 anni, praticamente una mummia, usa addirittura il panciotto di flanella per proteggersi dall'umido. E per quanto Marianne debba ficcarsi un calzino in bocca sulla questione età ok, il panciotto di flanella è effettivamente un po' antisesso), con una cospicua rendita, di indole sì generosa e sensibile ma anche riservata e schiva.
Un uomo inamabile secondo i canoni romantici di Marianne.
Willoughby, a cui Brandon sta sulle balle perché a differenza sua i soldi sa gestirli e sa tenerselo nei pantaloni, ovviamente le dà man forte in quella che diventerà un'antipatia del tutto ingiusta. Il colonnello Brandon si rivelerà ovviamente essere una persona non solo molto fidata e un amico leale, ma anche (per la gioia di Marianne, una volta ripresasi dalla delusione causata da Willoughby) molto romantica, in quanto ancora legato al ricordo di un amore del passato. Brandon è talmente legato a questo tragico ricordo che non solo non si è mai sposato all'età dei panciotti di flanella ma la sua infatuazione per Marianne nasce proprio a causa della somiglianza tra le due fanciulle, perlomeno nell'indole.

Deve passarne di acqua sotto i ponti perché Marianne accantoni le regole del Sentimento (secondo le quali avrebbe dovuto vivere per sempre in funzione del ricordo di un amore infelice - proprio come stava facendo Brandon. Come cantava Cesare Cremonini, Gli uomini e le donne sono uguali) e 
decida di accettare la mano di un uomo per il quale prova sentimenti che non vanno oltre la profonda stima e la viva amicizia.
Proprio i sentimenti per cui biasimava Elinor.
Insomma, alla fine del romanzo le parti sembrano rovesciarsi: la sorella razionale sposa il vero amore (abbandonato dalla cara Lucy che gli ha preferito il ricco fratello minore), la sorella emotiva trova una felicità concreta con un uomo soddisfacente e ragionevole. 
Il segreto della felicità insomma è perseguire l'amore con moderazione.
Il che non significa che chiunque si sposi per interesse sia infelice, a patto di esserne consapevoli: lo dimostrano Lucy e Robert, che se la cavano una crema ottenendo il patrimonio e il perdono della madre di lui - che rimarrà sempre relativamente fredda nei confronti di Edward e Elinor), mentre Willoughby invece, un passionale convinto di essere intelligente a preferire i soldi all'amore, la piglia in culo due volte. 
Intanto perde Marianne, che amava davvero.
In più a seguito del suo matrimonio con la ricca signorina Grey riceve dalla ricca zia l'eredità che credeva perduta, come premio per aver messo giudizio sposando una brava ragazza. In pratica se avesse scelto Marianne e si fosse comportato da persona decente Willoughby avrebbe avuto l'amore e i soldi della zia ricca. Pity.

IN CONCLUSIONE. . .

Ragione e Sentimento è un romanzo scorrevole costruito su dialoghi vivaci (anche se Elinor, per forza di cose, manca della fresca vivacità e della risposta pronta di una Elizabeth Bennet e in questo mi risulta un po' indigesta) e che dietro il piglio superficiale da commedia degli equivoci settecentesca indaga con arguzia la complessità dell'animo umano e si scaglia contro i costumi, gli interessi ma soprattutto le ipocrisie dell'epoca.
Ipocrisie che coinvolgono in egual misura entrambi i sessi.
Anzi, i più interessati a soldi e status sociale sembrano quasi essere i maschietti.
Leggero e divertente, quasi satirico, tocca di sponda diversi temi tragici senza mai indulgervi: a più riprese il comportamento incauto delle sorelle Dashwood (nello specifico quello di Marianne) potrebbe portarle alla completa rovina sociale delle malcapitate troppo leste nel donare il proprio cuore e ciocche di capelli al primo che passa, a invitare i giovanotti in casa propria quando la madre è assente, ad abbandonarsi con troppo trasporto e senza remore al sentimento in assenza di promesse ufficiali. 
Nel libro del resto ne vediamo proprio un esempio.
Dramatization: la gioia
dell'isolamento di Eliza
Si tratta di Eliza, la figlia adottiva del colonnello Brandon (figlia di suo fratello e del suo defunto amore), che come nelle migliori telenovele sudamericane
è rimasta incinta proprio a causa di Willoughby, che sembra avere per vizio quello di sedurre giovani ingenue in mezzo paese. 
Eliza è una presenza vaga e lontana, una tipa che boh, sta in campagna e forse aspetta di partorire, forse ha già partorito, non la vedremo mai più, chi se ne frega. E' un aneddoto impacciato raccontato ad Elinor dallo stesso Brandon (che ha tante qualità ma non quelle dell'oratore): e ringraziasse il cielo che almeno lei ha il sostegno di un parente ricco e non le è toccato morire per consuzione in galera come la madre.
I problemi economici toccano le Dashwood, ma da lontano.
La loro rendita non è faraonica, ma è dignitosa a patto di fare un po' di economie e un lontano parente (il simpatico e socievole sir John Middleton) ha affittato loro un cottage piccolo ma confortevole non lontano dalla propria casa padronale, e a un buon prezzo. Le ragazze sono giovani e carine, non hanno l'assillo di trovare un marito nell'immediato e possono guardarsi intorno senza angosce. Attorno, nonostante il comportamento delle ragazze non sia sempre irreprensibile e specie Marianne sia a più riprese un enorme dito nel culo, trovano solo amicizia, sostegno e simpatia. Sono gli altri ad essere biasimati e allontanati dalla cerchia sociale. 
Per poco, ovviamente.
Le colpe, per quanto gravi, sono facilmente perdonate, le parenti ricche arrivano come la fata madrina di Cenerentola a sistemare tutto, c'è sempre una parrocchia provvidenzialmente vacante dove mandare un amico in difficoltà che casualmente giusto il prete voleva fare. Nessuno dei presenti muore, la bellezza sfiorita può rinascere, il rancore di un parente volitivo non dura per sempre (basta mettere giudizio e chiedere scusa per finta). E va bene così: se volevo rompermi i coglioni con del ridicolo drama in costume mi guardavo Bridgerton.

Giudizio finale:

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