sabato 6 gennaio 2024

[Recensione] THE DOME, di Stephen King

Recensione del romanzo The Dome di Stephen King
Titolo originale:
 Under the Dome
Autore: Stephen King
Traduzione: T. Dobner
Edizione: Sperling & Kupfer
Pagine: 1036
Anno: 2009

Premesse:
Si comincia questo 2024 alla grande. Letteralmente, considerando la mole del romanzo che in italiano si è pensato bene di tradurre con un titolo inglese ma eliminando la parola Under presente in originale. Termine difficile per il frequentatore di librerie nostrano, che è ancora fermo alla lezione di Duolinguo in cui the pen is on the table. 

Ora, voglio premettere che non sono mai stata una Bimba del Re dell'incubo, posto che l'unico incubo per quel che mi riguarda è sempre stato approcciarmi ad un suo romanzo a parte poche eccezioni (Unico indizio la luna piena, Misery, Ossessione). La mia decisione di leggere questo romanzo però non è stato dettato dal desiderio di spalare popò su un autore molto amato per il puro gusto di veder scattare sull'attenti i fanboy ma dalla pura e semplice curiosità e con tutta la migliore disposizione del mondo.
Però, come il maccarone, se mi provochi io me te magno.

DUE RIGHE DI TRAMA

Attorno al 2012 (non si fa riferimento a un anno preciso perché in The Dome anche il tempo, come il male, è oscuro ma da qualche parte nel libro si fa riferimento alla rielezione di Barack Obama) alle 11:44 del 21 ottobre attorno a una piccola cittadina del Maine, Chester's Mill, compare una barriera invisibile, semipermeabile e indistruttibile.
Non si sa da dove arrivi, chi l'abbia messa lì o perché.
E' Dale "Barbie" Barbara, cuoco presso la tavola calda locale che sta cercando di abbandonare la giurisdizione a causa di una disputa avuta con un gruppo di cattivi soggetti del posto per questioni di figa (e quando ti sbagli?), il primo a prendere atto del peculiare e spaventoso fenomeno senza schiantarsi di faccia contro quella che verrà chiamata la Cupola, mentre intorno a lui tutta una serie di comprimari sacrificabili gli si spalmano attorno tipo le mosche contro i vetri.
Dramatization: le prime 100-150 pagine
di questo romanzo
Da qui, in una settimana scarsa, le cose per Barbie e per gli abitanti di Chester's Mill degenerano così rapidamente e a tratti forzatamente che la crisi fa il giro e il libro diventa la parodia di un postapocalittico che vorrebbe dimostrarci quanto sia facile per una massa spaventata (ma soprattutto malguidata) regredire allo stato bestiale
, grazie soprattutto ai perfidi intrighi da villain dei cartoni animati del secondo consigliere e venditore di auto usate di Chester's Mill, "Big Jim" Rennie, un tizio ovviamente grasso e disgustoso, come nella tradizione del politico arraffone (Stephen ci regala come sempre metafore sottili come un tronco di quercia) che ha come sogno del cuoricino quello di dominare un paesello di 2000 anime in cui di fatto fa già il cazzo che gli pare da anni e che nel tempo libero ha messo su il più grande laboratorio di Metanfetamine degli States dando tutto in mano a un drogato delirante che si pippa metà di quello che produce.
Cosa potrebbe andare storto con queste premesse?
Dramatization: Big Jim Rennie e il capo coglione
della polizia, Peter Randolph

IMPRESSIONI SPARSE

Il fatto che sia arrivata alla fine di The Dome implica che in qualche modo King sia riuscito a tenermi ancorata alla storia e a incuriosirmi quel tanto che bastava a voler vedere dove si voleva andare a parare. E la trama in effetti è intrigante almeno finché non scade nelle sue stephenkingate deliranti e non inizia a tirare fuori lunghe e gratuite digressioni sulla merda, invasati religiosi, deliri da droga, visioni a cazzo di cane e alieni-bambini che usano l'umanità come un Tamagotchi. Pure questi alieni tra l'altro, come il male, sono rigorosamente senza volto, al punto che a una certa viene da pensare che King semplicemente glissi perché non sa descrivere queste entità lontane e impercrutabili esattamente come non sa descrivere i suoi personaggi se non quando uno sguardo maschile si sofferma sulle puppe o i culi di qualche femmina (Compresa una vecchia con il culo ammaccato di cui ridono pure gli infermieri dell'ospedale. Come nei cinepanettoni, basta che si parli di culi e tutto fa brodo, pure una vecchia che si poteva far male per davvero vista l'età), quindi si appella a forme vaghe per sbrigarsela facilmente e passare al libro successivo, che qua si deve incassare. Belli e tensiogeni anche quei piccoli sprazzi di foreshadowing gettati qui e lì nella narrazione (non quelle troiate di visioni). 
In particolare poi due cose non facili riconosco a King, il fatto di riuscire a mettere nel panierino della narrazione una mole considerevole di personaggi senza far perdere il filo neppure a me, che fatico molto a destreggiarmi nei romanzi corali perché non mi ricordo mai di chi minchia si stia parlando (anche se non sempre riesce a gestirli bene tutti e ogni tanto qualcuno scompare dai radar e vafangu', tipo Buddy, il golden retriever dei Freeman), e la capacità di creare scene corali di azione e drama molto efficaci e dal piglio cinematografico in cui nei momenti di massimo caos, come la scena dell'assalto al supermercato o quella dell'incendio di Halloween, in cui tante cose accadono nello stesso momento, si ha la vivida impressione di una telecamera che si muove con eleganza tra i personaggi.
Bravo Stephen, scena d'azione meravigliosa.
Scena dell'incendio quasi be like:
Ma per quel che mi riguarda i lati positivi del romanzo finiscono qui.

The Dome è infarcito di forzature.
Se libri come Il signore delle mosche pestano sul pedale hobbesiano dell'uomo intrinsecamente bestia che se non fosse per quella sottile patina di civiltà con cui ama ricoprirsi non sarebbe diverso dalle scimmie all'inizio di 2001 Odissea nello spazio, King questo pedale lo sfonda direttamente a calci e poi non pago ci caga sopra. 

Neanche si è ancora identificata la cupola che già abbiamo due omicidi truculenti a caso ad opera di Junior Rennie, figlio di Big Jim. Junior ha continui mal di testa, QUINDI secondo i canoni di King ha per forza di cose un tumore al cervello che lo sta lentamente ma inesorabilmente uccidendo, portandolo a uscire di senno e ad avere reazioni spropositate, come scoparsi cadaveri marcescenti e delirare come un povero stronzo nel disinteresse generale. Il senso di questa scena (e di molte altre all'interno del romanzo, ma voglio tornarci dopo) è farci capire con dei disegnini a prova di stupido che i cattivi sono cattivi.

Subito dopo a Duke Perkins, capo della polizia locale, arcinemico storico di Big Jim e a quanto pare unico essere pensante della giurisdizione di Chester's Mill, nel toccare la cupola esplode convenientemente il pacemaker di modo che il secondo consigliere abbia la strada ancor più spianata del solito per creare il suo piccolo regime dittatoriale di 20 miglia quadrate in croce, nominare un nuovo capo della polizia coglione e compiacente e mettere in mano delle armi a una pletora di ragazzini uno più rincoglionito e violento dell'altro per farne la nuova milizia cittadina. Manco i genitori intervengono a sollevare un'obiezione.
Ed è subito Petoria.

Le cose poi degenerano troppo in fretta anche per i canoni del genere (il che è paradossale se si pensa che stiamo parlando di un libro di 1000 e passa pagine) e tutto va veramente troppo liscio per Jim Rennie, che si ritrova praticamente fin da subito a governare da solo e a fare il cazzo che gli pare (rendendo di fatto inutili i suoi piani da supervillain o il suo bisogno di trovare un capro espiatorio in Dale Barbara, lo straniero) visto che il primo consigliere Andy Sanders è la sua propaggine anale da prima che gli muoia la moglie (almeno finché non scopre la droga) e la terza consigliera Andrea Grinnell decide proprio adesso di smaltire in casa la dipendenza da farmaci.
Signora, complimenti per il tempismo.
Capisco che il ritrovarsi in situazioni atipiche possa potenzialmente tirare fuori il peggio della gente, che la paura e l'incertezza possano portare a spegnere il cervello e ad appoggiarsi alle vuote e rassicuranti promesse di un coglione che poi nell'ombra trama per esacerbarli questi animi (ed effettivamente basta un niente per fare carambola, se sai che boccini colpire), ma qui si scatena l'inferno in nemmeno 7 giorni, giorni in cui il grocer store è pieno di provviste, il diner locale resta SEMPRE aperto per offrire cibo (sandwich freddi per lo più ma comunque cibo), la benzina abbonda (e anche finisse, è una piccola circoscrizione che si può attraversare a piedi in mezza giornata) e il clima è così mite che quasi non c'è bisogno di riscaldamento. Invece King, che deve darci orrore a secchiate, pesta a tavoletta sul pedale del drama col risultato di regalarci una narrazione pacata come una performance di Nicholas Cage.
Dramatization: il reverendo Coggins

I personaggi sono macchiette tagliate con l'accetta.
La cosa più interessante quando ci si approccia a un film, serie tv, libro o videogioco post-apocalittico, almeno per quanto mi riguarda, è vedere come ne vengono influenzate le persone normali, osservarle cambiare, mettere in dubbio la loro morale, lottare con unghie e denti per restare umani against all odds o di contro scivolare verso il baratro della follia o del male.
Qui è tutto ridotto al minimo sindacale: i cattivi sono già cattivi che più cattivi non si può e i buoni al massimo digievolvono in rincoglioniti.
Big Jim truffa, inganna, corrompe, pratica strozzinaggio, ruba dalle casse comunali e convoglia i soldi delle tasse nel cazzo che pare a lui, come padre e come marito è una merda emozionalmente stitica, non volendoci far mancare nulla dalla lista del perfetto villain è anche appassionato di basket femminile del liceo (giusto per parlare di qualche altro culo giovane fresco e sodo, con la scusa che in realtà segue il basket femminile perché le femmine sono più cattive in campo - pure i suoi hobbies mirano alla cattiveria). Non pago di ciò per farci capire che questo cattivo è proprio cattivo King ci dice anche che è il più grande produttore di droKa del paese, con gli introiti che vanno a finire ovviamente in conti esteri segreti.
Junior manco sa ancora che c'è una cupola ed è già pazzo vi dico, paaaaazzo: ha mollato la scuola, ha problemi disciplinari, strangola senza particolari riflessioni o crisi di coscienza due ragazze sue amiche e nel corso dei giorni successivi l'autore ci tiene a farci sapere che si scopa i loro cadaveri con tanto di commenti per nulla gratuiti tipo mhmmm che bella la puzza di morto (tipo il mio cane quando mi lecca i piedi, ho pensato, e addio pathos). I poliziotti assunti da Big Jim, tutti ragazzini con problemi disciplinari ma dal finire in punizione perché ti fai le canne a fare il criminale sociopatico ce ne passa, a meno che non si sia in un romanzo di King, non appena hanno una pistola in mano vanno in giro a stuprare in branco e uccidere gente come se stessero facendo una scampagnata nei prati.
Manca insomma qualsiasi complessità morale o psicologica.
In questo modo più che inorridire piacevolmente per la bassezza insita nell'animo umano ho solo l'impressione di un King convinto di dover ficcare queste scene a martellate all'interno dei suoi lavori, per fare volume e per far fare le seghe ai suoi fan, che vogliono merda, teste che saltano, mascelle slogate e fighe sfondate, e tanto basta.
A un certo punto l'autore forse si accorge di avere davanti delle ridicole figurine di cartapesta che si apprestano a intraprendere una Civil War ancora più stupida di quella cinematografica e prova a rendere i personaggi di Chester's Mill meno bidimensionali e ad arricchirli (protagonisti e comprimari) con luci ed ombre, ma il risultato è il più delle volte demenziale.
Un personaggio secondario, un certo Rory, descritto a più riprese come il ragazzo più sveglio della sua famiglia che a scuola prende sempre ottimi voti e destinato a compiere grandi cose lontano dalla fattoria dei genitori, decide che il modo migliore per liberarsi di una cupola che ha accartocciato come una fisarmonica un aereo e un camion con rimorchio è spararle contro con il fucile del padre, con l'ovvio risultato di piantarsi un proiettile di rimbalzo in testa e morire dissanguato come uno stronzo.
Pensa se era stupido.
Frankie e Junior dopo aver stuprato, ucciso, molestato e preso a botte la qualunque diventano improvvisamente delle paste con due bambini carini rimasti da soli al momento della discesa della cupola (salvo poi tornare stronzi una pagina dopo). La reverenda Piper a una certa pare pronta per interpretare il reboot di John Wick con tutto un pippone sulla sua prorompente e incontenibile rabbia giovanile che chissà dove l'avrebbe condotta se non avesse deciso di dominare gli impulsi e donarsi a Gesoo, e finisce con lei che dopo aver estorto con violenza una confessione a una povera crista stuprata per farsi dare i nomi dei suoi aguzzini dà uno spintone a uno di loro che per tutta risposta la pesta a sangue insieme ai suoi compari e le ammazza il cane.
Comunque meglio di quelle fave di Brenda Perkins e Andrea Grinnell, che sembravano sveglie, che chissà che pareva dovessero fare coi documenti che riportavano tutte le porcate di Big Jim redatti dal defunto capo della polizia, e invece niente, abbiamo scherzato per 1000 pagine.

Che non ci si dimentichi che in questa sagra della salsiccia che è Chester's Mill le domande giuste le fanno i maschi e le donne servono perlopiù come madri o mogli: servono a farsi stuprare, ammazzare, a uscire di testa nei momenti di crisi, a pensare ai bambini (pure la giovane ricercatrice Carolyn Sturges che voleva dedicare la vita alla carriera basta che passi 2 giorni con dei bambini frignoni mai visti prima per scoprire quanto è bello sgravare) o a supplicare gli alieni per far loro tenerezza con le nostre misere vite da poveri stronzi.
Son soddisfazioni.

Infine, ultimo ma non ultimo, in questa carrellata di personaggi finto profondi c'è il nostro protagonista, quello che immancabilmente tutte le femmine di qualsiasi età del posto occhieggiano con fare voglioso una volta o l'altra (che vadano al liceo o siano signore di mezza età poco conta, l'importante è che si sappia che è un pezzo di manzo di prima scelta), Dale "Barbie" Barbara: Barbara, si scoprirà molto presto, non è solo un cuoco di tavola calda ma un ex militare di stanza in Iraq che in un momento poco edificante della sua carriera avrebbe pestato a sangue e ucciso insieme ad altri commilitoni due iraqeni sospettati di aver preso parte a un attentato.
Potrebbe essere un bel momento per un autore americano di smettere di fare i segoni a due mani all'esercito (che invece sembrano essere gli unici in grado di mettere in fila due neuroni, a differenza dei poliziotti in cui se ne becchi uno normale è un mezzo miracolo) e di dare effettivamente al suo protagonista una morale veramente grigia proprio in quanto ex marine (un uomo che si è già ritrovato a fare cose brutte in un momento in cui la legge veniva a mancare e qualsiasi nefandezza poteva essere perdonata potrebbe rifarlo) invece è tutto un classico, semplicistico e paraculo "mamma me l'ha fatto fare il gruppo" e "però non ho mica sparato io", e in generale Barbie diventa la voce dell'autorità americana (ovvero di legge, ordine e disciplina) all'interno della cupola ed è figo sveglio e buono mentre Big Jim è vecchio, grasso, stronzo, incompetente e non paga le tasse.
Quante sfaccettature complesse tutte insieme, diamine...

IN CONCLUSIONE. . .

The Dome è un romanzo dalle premesse intriganti, con la presenza di scene corali davvero ben fatte e un piglio cinematografico che ho apprezzato particolarmente, un libro che ogni tanto presenta addirittura picchi di poesia e delicatezza rare, specie quando King smette i panni del re dell'incubo, abbandona le profezie e la merda e si perde ad esempio nella descrizione di una pioggia di stelle cadenti che vanno tingendosi di rosa a causa dell'inquinamento intrappolato all'interno della cupola.
Le problematiche sono le stesse che io personalmente trovo sempre all'interno dei romanzi di questo autore: cliché a fiumi, personaggi poco approfonditi a dispetto delle tremila pippe mentali che si fanno (di solito su merda e tette), carenza di descrizioni nonostante la mole importante della storia, personaggi e dialoghi a tratti forzati e orribili, nonché il solito pararsi il culo dietro le motivazioni imperscrutabili di esseri vaghi e lontani per non spiegare un piffero sul finale, un finale anche in questo caso delirante in cui la giornalista Julia Shumway scopa Barbara e ha la rivelazione per salvare la situa: pregare chi ha messo la cupola. 
Anche la mia pazienza è morta
alla fine del romanzo
La cupola si alza come Poochie il cane che torna sul suo pianeta e tutto è inno alla vita, gioia e aria fresca per i pochi sopravvissuti mentre ci sono ancora un paio di cadaveri di amici ancora caldi (tra cui il mio personaggio preferito del romanzo, Thurston Marshall) e uno stronzo che sputa sangue e rantola a due passi. Nel frattempo Big Jim s'è praticamente ammazzato da solo, rendendo inutile tutta la pugnetta sulla resistenza e la lotta al tiranno che ha impegnato tre quarti di libro.
Tanto, ci dice King, alla fine i cattivi si distruggono da soli.
Ma va' a cagare...

Giudizio finale:

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