Paese: Stati Uniti
Anno: 2019
Distribuzione: Amazon Prime Video
Anno: 2019
Distribuzione: Amazon Prime Video
Ideatori: René Echevarria, Travis Beacham
Episodi: 8
Episodi: 8
Cast: Orlando Bloom, Cara Delevingne, Tamzin Merchant, David Gyasi, Indira Varma, Jared Harris
Premesse:
In un mare di remake, reboot, ispirazioni più o meno vaghe, trasposizioni su schermo di opere letterarie più o meno riuscite (e ogni riferimento ad Artemis Fowl passati presenti e futuri è puramente casuale), questo Carnival Row si insinua elegantemente nell'offerta streaming di Amazon Prime come uno dei pochi progetti veramente originali che ci ha offerto di recente il mondo delle serie tv, e anche solo per questo un po' di rispetto lo merita.
Carnival Row è un prodotto che non è rimasto a vegetare inutilmente sullo sfondo un po' per quel mix di mistero e fantasy che tira più di un carro di buoi e un po' grazie ai suoi interpreti: i protagonisti di questa serie tv sono infatti l'attrice e modella inglese Cara Delevingne (che non vorremmo ricordare nel ruolo di Incantatrice in Suicide Squad, ma era lei e dovrà fare i conti con questa vergogna per sempre), ma soprattutto l'idolo di tutte le fan della trilogia del Signore degli Anelli Orlando Bloom, che ha creduto nel progetto al punto da esserne uno dei produttori. Completano il pacchetto Indira Varma, una vecchia conoscenza dei fan di Game of Thrones (ai quali potrebbe suonare familiare persino il nome della giovane Tamzin Merchant, che avrebbe dovuto interpretare Daenerys Targaryen prima di venir sostituita da Emilia Clarke), l'Achille nero della miniserie BBC che non ha assolutamente fatto scoppiare un merdaio tra i fan dell'Iliade David Gyasi e ultimo ma non ultimo il vero protagonista della serie: un reduce di Chernobyl (2019) che qualche anno prima ha anche prestato il volto a Moriarty in Sherlock Holmes - Gioco di Ombre, Jared Harris.
Un distinto gentiluomo dal passato tragico a cui io ovviamente voglio un po' bene... |
DUE RIGHE DI TRAMA
Per secoli il mondo ha creduto che gli esseri fatati non fossero altro che leggende: una volta appurato che invece così non era e che fate, fauni, coboldi e tutta una pittoresca pletora di creature del Piccolo Popolo non appartenevano solo alla sfera del mito gli uomini si sono adoperati con solerzia a perseguitarli, depredarli delle loro ricchezze, privarli delle loro terre e massacrarli in massa anche con l'ausilio delle stesse creature magiche, come Licantropi di una bruttezza più unica che rara.
Con la CGI più ignorante e a basso costo che si possa concepire nel 2019, la storia ci immerge da subito in questa realtà fatta di violenze e sopraffazioni contro gli esseri magici: siamo sulle coste di Anoun, una regione a nord di Tirnanoc (terra dei Fatati occupata da milizie straniere). Qui un gruppo di fate è in fuga mentre soldati umani dell'impero del Patto attuano un vero e proprio genocidio.
Una fata si fa subito notare per la sua forza e il suo coraggio strangolando con una catena un licantropo che stava per avventarsi sul solito cliché della ragazza che prende e inciampa mentre corre verso la salvezza: trattasi di Vignette Stonemoss (Cara Delevingne), che per quanto temprata dalla guerra è comunque uno scricciolo con due mozzarelle per braccini che tira giù una cazzo di bestia tutta muscoli e zanne. Cominciamo non bene, benissimo.
Vignette ha aiutato per anni le masse magiche oppresse a imbarcarsi su mercantili di trafficanti che li avrebbero condotti verso terre più pacifiche in cerca di una nuova vita, ma ora ha deciso di dire basta e di imbarcarsi anche lei alla volta del mondo umano, a Bourges. A bordo della nave la vediamo sfogliare malinconicamente un libro e guardare con mestizia la foto di un giovane soldato: un vecchio amore, rivelerà a un'altra ragazza, morto durante l'ultima avanzata del Patto.
La scena altro non è che uno spiegone figlio di una sceneggiatura pigra che serve a risolvere in due minuti il problema di spiegarci quale rapporto leghi i due protagonisti dal momento che vediamo benissimo che il "morto" è Orlando Bloom, ma non facciamo in tempo a indignarci della cosa che la nave comincia a imbarcare acqua. Tutti annegano e i cadaveri ci ballano immobili davanti stile Titanic e la foto del giovane soldato ci galleggia in faccia col solito CGI da 10 euro, nel caso in cui non avessimo fatto abbastanza attenzione prima al fatto che sì, quello è proprio Orlando Bloom.
Orlando Bloom che vediamo con tanto di barbetta finto-trasandata, bombetta e sguardo vacuo da stronzo in un tram di Bourges, che possiamo riassumere come la Gotham City di questo mondo: l'attore, che interpreta l'ispettore Rycroft "Philo" Philostrate, è diretto verso Carnival Row, la zona più malfamata della città e sorta di ghetto degli esseri fatati, per indagare su un misterioso figuro che ogni tre settimane massacra brutalmente un abitante della zona.
Ovviamente, essendo questo un telefilm che ci tiene alle sfumature, Philo sarà l'unico poliziotto che non tratterà in maniera irrispettosa o a dir bene spocchiosa i membri del piccolo popolo, l'unico agente probo in un sistema marcio fino al midollo.
Breakspear, LongerBane e tutta la bella gioventù che governa Bourges |
E' così che mi piacciono le metafore sociali: sottili come tronchi di baobab.
Nel frattempo scopriamo che Vignette è l'unica sopravvissuta di una nave che sempre per comodità narrative non è affondata in mezzo all'oceano come sarebbe stato logico supporre ma si è andata a schiantare a due metri dalla costa di Bourges: come da legge viene condotta alla stazione di polizia, bullizzata e consegnata a titolo di risarcimento al proprietario della nave, Ezra Spurnrose (Andrew Gower), un giovane nobile dall'aria sveglia che non ha saputo ben amministrare le finanze di famiglia e che ora, con il naufragio della nave in cui aveva investito buona parte della sua rendita, sta pure peggio. Decide comunque che una cameriera in più male non fa e porta a casa Vignette perché diventi la cameriera personale di sua sorella Imogen (Tamzin Merchant), la donna col palo nel culo più grosso e lungo mai visto in un telefilm di stampo simil vittoriano.
Ma erano già passati 29 minuti senza che nessuno trombasse a caso e stavamo in pensiero, quindi ecco Philo che si inchiappetta la sua affittuaria Portia Fyfe, una vedova che nutre per lui sentimenti d'affetto non tanto ricambiati, sul comò di camera perché... Boh.
... Ma poi ci regala a caso queste pose da ghetto girl e io volo. |
Per tenere svegli quelli che si stavano appisolando?
Per sopperire alla mancanza di contenuti? O per martellarci ancora un po' i coglioni su Philo povero good guy in lutto perenne che si scopa l'affittacamere ma nel mentre piange (di nuovo) per la perdita di una misteriosa persona amata a Tirnanoc che non riesce a dimenticare? Un mistero che rimarrà nella testa degli sceneggiatori.
Non preoccuparti, Vignette, un giorno reciterai come un bambino vero... |
Loro la prendono bene.Nell'ultimo quarto d'ora l'episodio diventa un mix a caso tra Mary Poppins e Mission Impossible, con Philo che riesce a scoprire per il solito bujo de culo tipico dei telefilm polizieschi americani l'identità del misterioso assassino di fatati armato di martello e lo insegue su tetti e campanili saltellando come un fottuto spazzacamino.
🎵 Mo' t'arresto tutti insiem! Mo' t'arresto tutti insiem! Mo' t'arresto, mo' t'arresto mo' t'arresto, tutti insiem! 🎵 |
Sei un grande interprete, Orlando, alla faccia di chi ti vuole male! |
Orlando Bloom nel mentre dà prova delle sue grandi doti attoriali mostrando confusione, scetticismo, orrore, il tutto mescolato con l'espressione di un cristo a cui prude il naso e non se lo può grattare.
Con la morte del pazzo il caso sembra risolto, quindi possiamo occuparci delle cose serie: tipo di Vignette, che ha saputo da Tourmaline che in realtà il suo grande amore Philo è vivo e vegeto e si trova proprio a Bourges. La nostra protagonista temprata dal fuoco di mille battaglie prende benissimo la cosa, non si abbandona a isterismi come farebbe una qualsiasi adolescente membro di Alpha Woman, e approfitta della prima notte di libertà per andare a casa sua a fargli un culo così armata di un coltellaccio grosso quanto la sua mano.
Desiderio di vendetta che dura 4 minuti e 20 secondi.
Perché è bello perdere tempo per riempire il minutaggio di questo primo episodio con tutta una serie di sottotrame romance (Portia che vuole che il rapporto tra lei e Philo evolva come un Pokemon, poi Vignette che vuole vendetta poi no poi sì poi boh), prima di vedere in chiusa una povera fata violentemente sbudellata sulla spiaggia da un bestio che vuole fare talmente tanto il verso a Cthulhu da aver sentito nell'aria la dolce brezza dei documenti di citazione per plagio degli eredi di Lovecraft.
IMPRESSIONI SPARSE
Carnival Row è un mix di quei generi che sanno titillare lo spettatore moderno: un po' crime e un po' paranormal; un po' fantasy e un po' storico; un po' metafora del razzismo e un po' della corruzione della politica. Con una protagonista bellina e tosta che ci sta come la panna sul caffè.
Poi sesso, sesso, sesso.
Su carta, insomma, la perfezione.
Nel pratico, uno scialbo compitino senz'anima fatto per portare a casa la sufficienza. Non a caso dietro questo serial troviamo sì quel sant'uomo di Travis Beacham (Pacific Rim), ma accanto a quel figlio del piccolo schermo di René Echevarria (Dark Angel, Castle, Teen Wolf) che confeziona uno show che grattata la superficie presenta la solita fuffa stronza e stantia finto-vittoriana che ruba le scenografie agli ultimi Harry Potter; che si prende maledettamente sul serio e sembra confezionato per gli adulti (complici cadaveri putrescenti fin dalle prime inquadrature e squartamenti ficcati in camera per fare il verso a GoT più che per effettiva convinzione) quando in realtà è impacchettato per i soliti teenagerini che si sentono troppo grandi e gotho per Soy Luna.
Ma andiamo per punti:
► I PROTAGONISTI SONO BURATTINI DI LEGNO, e farli interagire per tutto il tempo con una fata dai capelli turchini non ha aiutato a scrollarmi di dosso quest'impressione.
Senti, 'a pezzo di merda, io vengo da Fiano Romano! |
Che sviluppo caratteriale, corbezzoli.
I paragoni quelli impietosi. |
Orlando Bloom, bontà sua, con quel faccino da bravo ragazzo e due espressioni di numero (imbronciato e basito) che porta avanti per tutte e otto le ore è altrettanto improbabile come ex soldato e uomo di legge che a inizio primo episodio sembra il più tosto, il più duro, quello che se gli manchi i rispetto (a lui o alle creature fatate, pikkoli ancioli) ti stende a terra come un Gesù Cristo.
Arzate, 'a cornutoooo! |
Che dilemma shakespeariano...
Come se questo non bastasse poi a un certo punto Philo è così invischiato nella sua threesome da YA da dimenticare di essere al centro di una serie di efferati omicidi che coinvolgono fate, umani, poveri disperati e uomini di potere; omicidi che stanno scuotendo nelle fondamenta la politica, lo status quo, la stessa sopravvivenza di Bourges e di Carnival Row, delitti la cui causa va ricercata non solo in oscure forze maligne ma anche in complessi intrighi che arrivano a coinvolgerlo in prima persona. Tra una scena porca di intermezzo e l'altra, tra un flashback e un pippone intimo, Philo sembra molto più interessato a cercare di chiarire la sua confusa situazione sentimentale e a decidersi tra Vignette e Portia. E se avessi voluto vedere otto ore di pippe sentimentali con qualche scena truculenta sullo sfondo tanto per tenermi sveglia avrei optato per una maratona di Gray's Anatomy.
Coi personaggi secondari le cose un po' migliorano: le performances sono buone, certi sviluppi di trama che li coinvolgono intriganti, anche se più si va avanti nell'intreccio più tutti finiscono per diventare dei cazzo di cliché all'interno di un'enorme, confusa e improbabile ragnatela di intrighi e misteri connessi tra loro.
- Figli di altro padre
- Corna tra coniugi
- Stupri, abbandoni, rapimenti
- Eredi segreti di dubbi natali, la cui identità può far saltare teste e rovinare carriere politiche
- Fratelli e sorelle che fanno cosacce (perché fanculo morale borghese, io sono trasgry!)
Che palle...
► I MESSAGGI DI FONDO SONO STRONZI E DIDASCALICI: in soldoni la serie vuole battere il martello in due direzioni mai sperimentate prima da serie tv, vale a dire l'amore e il potere. L'intera serie è costruita intorno a quello che un uomo messo alle strette può arrivare a compiere per amore dei propri cari, o per acquisire e mantenere il potere (politico, sociale, economico). In questo non ci sarebbe neanche nulla di male se non la scontatezza di fondo se non fosse tutto così a misura di decerebrato, oltre che privo della benché minima ironia e auto-ironia.
Il risultato è abbastanza sterile e palloso.
Se a guidare i due protagonisti, che infatti risultano i pezzi più noiosi del puzzle, è esclusivamente l'amore (per un amore passato Philo e Vignette sono arrivati a mentirsi e ferirsi, hanno covato rancore, vissuto un lutto e gli è stato impedito di vivere una vita serena e passare oltre, ed è ironico che tra i due attori non traspaia la minima chimica e la scena di sesso volante con tanto di ali che brillano come quelle di Barbie Fairytopia mi abbia fatto sputare un polmone dal ridere invece di emozionarmi) nel caso degli altri personaggi le due pulsioni si intersecano in maniera inscindibile.
Piety Breakspear (Indira Varma) è prima che la moglie di un uomo politico o una donna una madre che compie le azioni più turpi spinta da un solo desiderio, quello di vedere suo figlio Jonah (Arty Froushan) diventare ancora più grande di suo padre, proprio come le è stato predetto dalla fata aruspice a cui la sua famiglia si affida da generazioni, Aoife Tsigani (un cliché imbarazzante interpretato da Alice Krige).
Dal canto suo Jonah viene mosso da un altro tipo di amore, quello per la passera che lo porta per tutto il tempo a trombarsi qualsiasi cosa si muova e che possa ledere alla reputazione della sua famiglia, dalle prostitute fatine alla figlia dell'acerrimo nemico di suo padre, Sophie Longerbane (Caroline Ford). Sul finale sarà un amore improvviso, postumo e inspiegabile per suo padre e il desiderio di essere degno di lui e del suo rispetto a spingerlo a diventare di botto un uomo migliore di quanto non sia mai stato, grande ma onesto.
Ha una parabola di crescita che non mi è del tutto dispiaciuta, in onestà, se non fosse per il fatto che la sua storia è intimamente connessa a quella di quel palo in culo di Sophie: ho la segreta speranza che in futuro se ne liberi male.
La giovane Imogen Spurnrose invece è una ragazza che dopo la morte del padre (un orologiaio di una certa fama, il che ci dà l'idea che in questo mondo siano i soldi, e non i titoli nobiliari, a dare accesso all'alta società. A patto che si sia umani, naturalmente) si è vista sparire da sotto le dita una rendita considerevole a causa di investimenti fallimentari ad alto rischio portati avanti da suo fratello: la sua priorità è lottare per mantenere il proprio status sociale ed economico e per farlo è disposta anche ad abbandonare l'orgoglio chiedendo aiuto e amicizia a un fauno. Di contro, la priorità di Agreus (che di soldi ne ha guadagnati un bel po' con mezzi più o meno leciti e si è dato una bella ripulita da buzzurro e schiavo che era) invece è raggiungere quello status, a cui la gente della sua specie non sembra avere diritto e ha quindi bisogno di farsi vedere dalla buona società in compagnia di una signorina di nobile stirpe.
Il comune interesse li avvicinerà sempre più.
A questo proposito chi è abituato a vedermi sbuffare per tutto il tempo su ship e scene di sesso si stupirà nel sentirmi dire che questo risvolto pruriginosetto tra i due non mi ha infastidita, anzi l'ho adorato (l'unica cosa che mi ha dato fastidio in tutto il contesto è quel pelo pubico che hanno messo in faccia al povero Gyasi, che sembra preciso Isaac Washington di Love Boat):1) Non è una trombata a caso tanto per fare il momento trasgry ma tra i due si sviluppa nel corso dell'intera serie un sentimento di profonda complicità dettata inizialmente da uno scopo comune e poi da una profonda sintonia di fondo che li porta a provare l'uno verso l'altra non solo una crescente lussuria ma vero amore (un amore su cui giustamente ci si pone non pochi problemi visto che a Bourges i Fauni che si trombano le giovani donne bianche non sono esattamente benvisti in società).2) Se vediamo per tutto il tempo uomini che vanno a puttane con le fatine (che alla fine altro non sono che donne minute e molto fighe con delle grosse ali) è non solo giusto ma anche doveroso che una donna si trombi in maniera del tutto consensuale, tenera e romantica un fauno. Specie poi se me la meni per tutto il tempo con la storia che anche le fatine sono persone e discriminare è brutto.Segno che non sono io frigida se storco sempre il naso davanti a una storia d'amore e sesso, è la storia d'amore e sesso che in questi prodotti al 90% è pigra, fa schifo al cazzo ed è fatta con il culo.
In mezzo a queste tematiche di sesso e potere Carnival Row ci butta qui e lì un po' di antirazzismo e sessismo spicciolo, quella critica sociale all'acqua di rose che va sempre di moda: in fondo l'analogia tra il nostro mondo e i Fae come popolo oppresso dalla guerra e spinto alla disperazione dal disprezzo e dai pregiudizi della gente di Bourges fino a un epilogo di violenza che pare inevitabile non l'aveva ancora vista nessuno.
Nel caso in cui il parallelismo non fosse abbastanza chiaro poi a una certa Sophie rincarerà la dose, parlando del razzismo subito in passato da lei e da sua madre a causa del colore della loro pelle.
Anche meno, telefilm, anche meno.
C'eravamo arrivati già prima con le fatine schiavizzate e bullizzate dai poliziotti, senza far tirare in ballo al personaggio più stronzo della serie un vago e lontano razzismo contro la gente di colore, di cui ben poco ci frega all'interno del messaggio di fondo dal momento che è da inizio film che vedo un sacco di fatine e fauni di colore che provengono da un mondo di cultura vagamente orientaleggiante/indiana (si veda ad esempio il libro che sfogliano Vignette e Philo in quella lunga martellata ai coglioni che è l'episodio flashback) e prendono sberle: il messaggio antirazzista stava già tutto lì, rendendo di fatto inutile e ridondante questo pippone.
Di interessante, anche a questo giro, c'è però il personaggio di Agreus.
Agreus, che ha interiorizzato a tal punto i giudizi e i pregiudizi della classe dominante nei confronti della sua specie da farli propri; che per la sua sete di potere ha capito che doveva rinnegare la sua stessa specie diventando tra le altre cose un cacciatore di fauni ribelli; che disprezza i fatati che per orgoglio rimangono a contorcersi nel fango e non si sente neanche un po' empatico delle loro sofferenze; che arriva a vestirsi come un umano, comportarsi come un umano, a restare più affascinato dalla scienza umana che dalla magia delle fate, e a innamorarsi di un'umana. Ma continuo a non farmi andar giù quei capelli orrendi, come gli è venuto in mente?!
► ANCHE A QUESTO GIRO NON CI FACCIAMO MANCARE LA SOLITA DOSE DI CLICHE': protagonisti buoni in un mondo marcio, stupri usati come espedienti narrativi, donne che per emergere dallo status di vittima possono usare solo il sesso e la fede religiosa, poveri oppressi che sono sempre buoni e tutti uniti e solidali tra loro (tranne UNO, Agreus, che scommetto cambierà presto prospettiva) e quando si comportano male e in modo violento è sempre per esasperazione e mai per indole... Trattandosi però di un prodotto che arriva dagli States se così non fosse starei in pensiero.
Figlio dell'ancor più immancabile cliché da soap opera del "Ti faccio soffrire per anni senza spiegarti cose che potrebbero risolvere tutto in mezz'ora perché ti amo", Philo abbandonerà Vignette nel corso di una fottuta guerra (col rischio che lo sconvolgimento possa portarla a compiere degli errori e farsi ammazzare, genio tattico del mio piffero) svignandosela come un vigliacco perché "siamo troppo diversi, umani e fatine non possono amarsi, le rovinerei la vita piccolo angelo guerriero".
Un problema anche valido, non dico di no (anche se si ha l'impressione che in guerra ci si andasse poco per il sottile con le differenze razziali e si tucciasse tutto quello che capitava a tiro, compresi i licantropi), ma perché non se ne possa parlare insieme in modo maturo come un duo di normodotati invece di fingersi morto non si capisce.
E' un giochetto che a un certo punto tenta di fare anche Agreus per non far soffrire Imogen con un'unione contronatura che potrebbe rovinarla, ma Imogen anche se bionda e carina è meno scema di quello che si pensa e non si fa intortare da un po' di blabla al testosterone.
Tanto per gradire, Carnival Row è anche un drama degli equivoci che si muove in un contesto di "Sagra della salsiccia"
L'azione, in soldoni, la fanno i maschi: le donne o fanno le mignotte, o irretiscono uomini di potere con le loro grazie leggiadre, o si danno agli intrighi nell'ombra a suon di lettere fasulle, veleni, omicidi di poveri stronzi inermi, magia proibita e altre cazzate.
Persino quel dito in culo di Sophie, che dovrebbe rappresentare il personaggio femminile che si fa spazio col cervello in un mondo di uomini in prima persona e non come moglie di un politico come Piety, va avanti sostanzialmente trombandosi la qualunque. E nonostante Vignette si spacci per la solita protagonista pawah strigni strigni sta sempre a piangere, soffrire per amore e a prendere schiaffi. A 'sto punto fatele veramente tutte damine in difficoltà visto che sono i personaggi come Imogen che vi vengono meglio.
In tutto questo ovviamente non stupisce neanche un po' il solito doppiopesismo per quel che riguarda lo stupro: perché se fatto da un uomo nei confronti di una donna è orribile e lui deve prendere schiaffi (e meno male!), se una donna stupra un uomo "per un rito magico" lui è giusto un po' infastidito per non essere stato avvertito prima, ma finita lì.
Non ci facciamo mancare veramente niente in questo telefilm...
*
IN CONCLUSIONE...
Carnival Row è alla fine dei giochi un prodotto interessante ma a malapena sufficiente, una storia che vorrebbe essere noir, complessa e gotica ma non ci crede abbastanza e scade a più riprese nella soap opera senza avere nemmeno l'umiltà di riconoscerlo e prendersi un po' in giro: uno show talmente impegnato a fare il verso a GoT e a concentrarsi su sesso, intrighi, trasgrytudini, moralismi didascalici e altre cazzate da perdere di vista gli elementi più interessanti e originali. E andrà pure peggio in una futura seconda stagione visto l'andazzo alla fine di questi primi 8 episodi.
Tra Sophie e Jonah (fratellastri che ereditato il vizietto dei Lannister) scoppierà una guerra di intrighi per la conquista del Trono del Parlamento, guerra che coinvolgerà anche Philo in quanto sì, Critch per metà ma anche unico legittimo erede del defunto Longspear? I fauni estremisti spingeranno verso una guerra civile ora che i controlli verso le creature magiche si sono inaspriti ancora di più? Vignette riuscirà finalmente a diventare più dell'inutile cheerleader di Philo e a tener fede alla nomea iniziale di pawah strangola-lupi? Agreus, in fuga verso un paese lontano "a sorpresa" (sic!), svilupperà una coscienza e comincerà ad aiutare il suo popolo oppresso e plasmare un mondo in cui gli sia permesso di amare la sua Imogen?
Onestamente, chi se ne frega.
Alla fine della prima stagione tutti i nodi che mi interessavano sono venuti al pettine, rendendo difficile scatenare la mia curiosità in attesa della seconda: negli ultimi due episodi si viene a sapere tutto del passato da soap opera di Philo (e non un minimo di flashback sui suoi genitori, cosa che sarebbe stata molto più interessante di quell'episodio inutile costruito sul passato dei protagonisti quando si amavano ed erano felici mentre intorno a loro la gente moriva come gli stronzi), il mio personaggio preferito è morto, la cattiva che non si scopava ogni cosa si muovesse pure, l'escalation di violenza verso le fatine mi interessa il giusto visto che ho già assistito a una stagione in cui l'odio e il pregiudizio hanno generato mostri e l'amore da ghetto tra Philo e quella cosa inutile che è Vignette possono ficcarselo dove non batte il sole.
Nessun commento:
Posta un commento
La tua opinione è importante anche se non sei d'accordo con quello che ho scritto e mi fa sempre piacere scambiare due parole con chi si prende la briga di leggere quello che scrivo.