lunedì 23 novembre 2020

[Recensione] COSE FRAGILI (Neil Gaiman)

Titolo originale
: Fragile Things
Autore: Neil Gaiman
Traduttore: S. Bertola
Edizione: Mondadori, copertina flessibile, 368 pagine
Anno: 2016
Euro: 14,00 (ebook: 7,00)

Si legge dall'introduzione scritta dallo stesso Gaiman a titolo di presentazione di questa antologia di racconti brevi:
"Credo che ricorderei più volentieri una vita sciupata per cose fragili che una vita dedicata a evitare i debiti morali". Queste parole mi apparvero in sogno e quando mi svegliai le scrissi, senza capire bene cosa significassero o a chi si riferissero.
[...]
"L'idea era quella; poi è arrivata la vita reale e l'ha sciupata, e io ho iniziato a scrivere i racconti che troverete qui, e loro hanno preso la forma necessaria a poter essere narrati, e mentre alcuni erano in prima persona ed erano stralci di vita, altri invece non lo erano e basta.
L'impressione nel lettore al termine di questo libro è più o meno la stessa, ovvero quella di trovarsi di fronte a cose "fragili", ovvero idee che Gaiman ha partorito nei ritagli di tempo e che non ha ritenuto abbastanza buone da dedicargli romanzi appositi: idee frutto di un lampo di genio o di una seduta sul water abbozzate in fretta che a volte sono diventate qualcosa e (molte) altre no.
Tanto sono Gaiman e scrivo bene, avrà pensato, la gente comprerà comunque i miei libri.

Intendiamoci, io adoro Gaiman ma non sono una fan che si fa andar bene tutto ciò che partorisce questo autore e non ho letto qualsiasi cosa abbia dato alle stampe. Diciamo che lo prendo a piccole dosi: al momento ritengo che il mio Gaiman preferito sia quello dei romanzi brevi (Coraline, Stardust) e dei fumetti (1602); lo scoglio dei primi capitoli di American Gods è per me ancora insormontabile (sono al terzo tentativo ma non demordo perché prima di decidere che non mi piace voglio arrivare alla ciccia) e diciamo che non sono proprio una fan delle fatiche a quattro mani con Terry Pratchett, autore che mi crea qualche problema a livello di gusti personali. Ma pure fossi una fan penso che avrei fatto fatica a mandar giù questo Cose Fragili: dentro questo volume ho quasi percepito la vuota inconcludenza di uno Stephen King, tra storie buone ma troppo brevi per farmele godere appieno e farmi immedesimare nella storia prima di passare a un'altra (è letteratura, non un buffet), storie così così, storie talmente strane da deragliare nel nonsense più totale ("Il morbo del malatista", storia creata usando un programma di composizione casuale e stralci di enciclopedie mediche è emblematico di ciò) e poesie/filastrocche che nella quasi totalità danno l'idea di aver fatto da mero riempitivo.
Ma sono anche io che detesto poco cordialmente questa forma letteraria, con l'unica eccezione di "Riccioli", una bella filastrocca/poemetto/quel che è che parla del potere della favola e del racconto sia dal punto di vista di un figlio che ascolta che da quello di un padre che racconta (e che a sua volta è stato un figlio che ha ascoltato quelle storie dalla bocca di un genitore), e "Alla fine", un mini raccontino di "liberazione" che percorre a ritroso la storia di Adamo ed Eva.

La mia storia preferita è senz'altro "Uno studio in smeraldo", una rivisitazione sul tema di Sherlock Holmes in cui un geniale detective e il suo fedele compagno di avventure risolvono il mistero della morte violenta di un principe straniero e si muovono sullo sfondo di una Londra Vittoriana alternativa popolata da creature lovercraftiane: un po' spiace che Gaiman non gli abbia dedicato un volume a sé, ampliando questo mondo (ma presumo avrebbe dovuto fare i conti con dei problemini chiamati copyright), ma anche così il racconto non ha mancato di divertirmi e sconvolgermi con un plot twist molto carino e dei divertentissimi rimandi alla letteratura horrorifica e fantastica classica. Non a caso ha vinto il premio Hugo del 2004 come miglior racconto, a mio modesto avviso meritatissimo.
La fan di Conan Doyle che è in me, poi, ha fangirlato assai.

"Presiede ottobre" parte un po' troppo nonsense per i miei gusti ma, ehi, è Gaiman, ritrovarsi i mesi dell'anno riuniti in consiglio che si raccontano storie per intrattenersi a vicenda e battibeccano come a una riunione di condominio non è la cosa più strana che ci siamo ritrovati davanti: in più la storia raccontata da Ottobre che ruota intorno a un bambino soprannominato Sgorbio che fugge di casa mi ha riportato a quelle atmosfere gotiche e divertenti alla Coraline.

"Spose proibite degli schiavi senza volto nella casa segreta la notte del desiderio e del terrore" è un racconto un po' troppo metaletterario con risvolti nonsense per farmelo apprezzare appieno, ma onestamente l'ho trovata geniale nel suo giocare con il tema dell'ispirazione dello scrittore "protagonista", in preda alla frustrazione perché vorrebbe descrivere il vero, cioè la realtà che lo circonda, ma tutto quello che gli viene da scrivere è il fantastico e il grottesco (impossibile non vederci la zampina del buon Neil), e solo quando tutto intorno a lui la logica e la coerenza di sgretolano e lui può finalmente descrivere una realtà inquietante folle e grottesca si mostra davvero soddisfatto.

Quando invece l'autore prova ad essere davvero grottesco e scivola nel terreno dell'orrore il risultato è noiosino e sa di stantio, complice il poco spazio a sua disposizione per farci entrare nel mood: la scrittura a questo giro sembra piuttosto attingere a piene mani dalla letteratura pop e pulp del secolo scorso, tra torturati che diventano torturatori, belle ragazze che si rivelano invasori alieni, donne che spariscono in strani circhi, tarocchi vampiri, morti che non sono tanto morti, alieni: l'effetto non sembra tanto parodistico quanto stanco e poco ispirato.
"Caffè amaro" è una storia di zombie e antropologi.
Ovvero di un uomo che incontra sul suo cammino un antropologo che sta recandosi a una conferenza in cui dovrà tenere una relazione sulle ragazze del caffé di Haiti, una sorta di zombie che nascoste nell'ombra bussavano di casa in casa a vendere caffè, e alla fine presumo scopra di essere anche lui uno zombie ma, in onestà, entro la fine del racconto avevo perso buona parte dell'interesse e non mi sono scervellata a capire cosa stessa accadendo nello specifico. Vengono però citati gli studi dell'antropologa Zora Neale Hurston, studiosa del folklore statunitense, personalità che non conoscevo e che Gaiman, nella sua immensa cultura letteraria, mi ha fatto scoprire. Grazie Neil.

"Come credi che mi senta?" è invece fastidioso e basta.
Il racconto parla del punto di vista stupido un uomo di merda: sposato con prole, tradisce la moglie con una bella e giovane attrice incontrata durante un viaggio di lavoro. Dopo mesi di frequentazione questa donna crudele, questa arpia dagli occhioni blu-verdi, lascerà il nostro pikkolo anciolo romantico proprio quando lui finalmente si era deciso a lasciare la sua famiglia.
Che coraggio!
Lui la prende bene e da uomo maturo quale è: frigna, si sbronza, prende la porta della camera da letto di lei a pugni e alla fine impasta con lacrime e sperma una palletta di pasta Das che si trovava sulla mensola del camino dando vita a un Gargoyle, che diventerà il custode del suo cuore.
Passano gli anni, lui lascia la famiglia e rincontra per caso la ragazza, che ormai è una donna fatta, sentimentalmente cinica e disillusa: i due parlano un po', lei gli spiega che al tempo lo ha lasciato non solo perché il loro rapporto si era fatto stantio e lui un'incudine appesa alle palle ma anche perché non se la sentiva di fare la sfasciafamiglie, all'epoca. 
Ora invece non gliene importa più niente quindi scopano, ma il Gargoyle, custode dei suoi fragili sentimenti di maschio bianco etero adulto e vaccinato, esce fuori dal suo petto e divora nel sonno la donna, perché il protagonista non soffra (ma nemmeno ami) più a causa sua.
Come credi che mi senta?
Come lo stronzo good guy che sei, ti senti.
Racconto che fa il paio con la successiva poesia "Il giorno dei dischi volanti", dove a questo giro è una donna a comportarsi da imbecille e a preoccuparsi più del fidanzatino che la trascura che di  una quisquilia come un'invasione aliena. Okay...

Non risulta invece troppo malvagio "Golia", fanfiction d'autore scritta dall'autore nel 2003 in occasione dell'uscita del film Matrix e ambientato nello stesso universo: un ex schiavo umano viene mandato dal Matrix a sconfiggere gli invasori alieni che hanno attaccato il pianeta. Una storia onirica in cui il protagonista scoprirà la crudele pietà dell'invasore nei confronti del nemico. Catturato e in procinto di essere ucciso, infatti, gli verranno donati "anni" (in realtà pochi minuti) di ricordi lieti prima dell'inevitabile conclusione.

*

IN CONCLUSIONE
Ho faticato decisamente troppo per finire questi raccontini.
Come ogni raccolta di racconti che si rispetti ci sono senza dubbio opere migliori e opere peggiori di cui tener conto e il voto è sempre un po' una media, ma per quel che mi riguarda apprezzarne per davvero solo 3-4 su 32 mi pare un po' pochino, anche se stiamo parlando comunque di un gigante della letteratura fantastica e non di un fesso qualunque. 
Ma forse proprio perché si tratta di un autore molto colto, talentuoso, immaginifico e apprezzato dalle grandi masse alla casa editrice avranno ben pensato che avrebbero incassato facile anche recuperando quelli che a conti fatti sembrano scarti letterari ed esercizi di stile: si prende qualche idea rimasta a far la muffa nei cassetti, qualche vecchio lavoro mai portato a conclusione, qualche commissione, un paio di filastrocche, si incolla tutto insieme con l'etichetta vaga di Cose Fragili e voilà, fan soddisfatto.
Tipo il mostro-lampada di Stephen King
Se si ama Neil Gaiman senza se e senza ma molto probabilmente si amerà alla follia anche questo libro e lo consiglio senza timore di smentita, ma di contro lo sconsiglio a chi come me lo prende con le pinze o un lettore che non conosce Gaiman e si vuole avvicinare per la prima volta a questo autore.
Ci sono altri suoi libri migliori da cui cominciare.
 
Giudizio finale:
Solo per fan hardcore

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