mercoledì 23 dicembre 2020

[Recensione] IL LUNGO INVERNO (LA CASA NELLA PRATERIA #4)

Recensione del romanzo Il lungo inverno (La casa nella Prateria 4) di Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Titolo originale:
 The Long Winter (Little House on the Prairie #6)
Autore: Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Traduttore: P. Mazzarelli
Edizione: Gallucci, copertina flessibile, 265 pagine
Anno: 2016
Euro: 13,90 | Ebook: 8,99

Premesse:
Credo che in linea generale questo sia stato, per i fan, il libro più indigesto della serie dal momento che la trama può riassumersi praticamente nel titolo (ma io ovviamente ci spenderò qualche parola in più, come di consuetudine): gli Ingalls infatti affrontano un lungo inverno in quel di De Smet, il paese sorto dalla fattoria nulle sponde del Silver Lake per tutte le 265 pagine troveremo neve, tempeste, ghiaccio, pane impastato e patate, frumento macinato, una quotidianità ripetitiva che non c'entra assolutamente nulla con la spensieratezza invernale della copertina e che può far gettare la spugna al fan più sfegatato. Quindi capisco i sentimenti di chi non lo trova il libro migliore della serie, di chi lo trova ripetitivo e opprimente, ma visto che io devo sempre andare in senso opposto alla stolta marmaglia posso affermare che questo potrebbe essere fino a questo momento il libro che ho gradito di più.
Vediamo come, se avrete la pazienza di seguirmi.

*

DUE RIGHE DI TRAMA
De Smet, South Dakota, 1881.
Riagganciandoci al precedente Sulle sponde del Silver Lake, gli Ingalls hanno preso possesso della loro concessione insediandovisi con una baracca costruita alla bell'e meglio perché a nessun usurpatore venga la bella idea di fregargliela dopo aver addirittura fatto a cazzotti con degli altri disperati per averla. La vita scorre abbastanza placida nella loro casa piccola ma onesta, e Pa Ingalls pensa finalmente che le cose stiano per svoltare.
Con un anno di anticipo rispetto ad altri coloni ha già dissodato il terreno per la semina dell'anno successivo, ha tagliato il fieno per usarlo per gli animali e venderne un po' in paese durante la brutta stagione e ha falciato e pestato anche qualche covone di erbe di palude insieme a Laura, nonostante la madre non sia convinta:
"Non le piaceva vedere le donne lavorare nei campi. Solo le straniere facevano cose del genere. Lei e le sue figlie erano americane e le donne americane non facevano lavori da uomini."
Scopriamo così che Ma Ingalls è molto democratica nel suo razzismo e non ce l'ha solo con gli indiani. Scopriamo anche che Pa Ingalls può prendere decisioni sensate, a patto che gli arrivino in braccio presagi divini a pioggia nella speranza che li colga. 
Nel corso dell'autunno infatti vedremo:

1) Tane di topo muschiato con le pareti più spesse che Charles abbia mai visto in vita sua (spiegherà alla figlia che il topo muschiato si prepara per l'inverno regolando lo spessore delle pareti della tana in base al freddo che arriverà, cosa che sa per istinto perché Dio ha un qualche modo di comunicarglielo, mentre l'uomo ha ricevuto da Dio il dono di essere libero a patto di fare come vuole lui e quindi non ha la possibilità di usufruire di questa linea diretta, ed è questo ad elevarlo rispetto alle bestie del creato.
2) Stormi di uccelli precocemente in fuga verso sud
3) Gelate di ottobre che incollano nel ghiaccio la testa delle vacche (e qui Ingalls ha fatto una cosa buona e si è adoperato per liberarle senza far loro del male nonostante non fossero le sue ma probabilmente selvatiche. Bravo, difendi la natura.)

A questo punto qualsiasi uomo dotato di un minimo di buonsenso avrebbe capito che qualcosa non andava e sarebbe stato il caso di prepararsi ammodo all'arrivo di un inverno particolarmente rigido (noi lettori, come già detto, lo intuiamo dal titolo, non è che questa serie brilli per suspense). 
Ma parliamo di americani, gente priva del concetto di autopreservazione che ancora oggi nei film horror compra case maledette perché costano poco, e nello specifico parliamo degli Ingalls. Per essere convinto a lasciare temporaneamente la baracca isolata e costruita con il culo per far passare alla sua famiglia un inverno relativamente più sicuro e tranquillo nel magazzino costruito in paese ci vuole qualcuno che glielo spieghi chiaro se no non ci arriva. Questo qualcuno sarà un vecchio indiano stereotipato che arriva e se ne va a caso dal paese dopo aver messo in guardia i coloni bianchi su ciò che li aspetta in virtù della sua saggezza derivata dalla vecchiaia.
Tipo un umarell della frontiera.
"Molto grande neve venire. Molto grande neve, grande vento."
"Per quanto tempo?", chiese papà.
"Molte lune." disse l'indiano. Alzò quattro dita, poi tre dita. Sette dita, sette mesi. Tempeste di neve per sette mesi.
Lo guardavano tutti. Nessuno aprì bocca.
"Uomini bianchi. Io dire voi. Grande neve. Grande neve! Molto grande neve, molte lune!"
Nonostante l'informazione venga da un indiano (ormai basta la parola per triggerare Ma Ingalls, la quale "ogni volta che diceva quella parola aveva l'aria di sentire la puzza di un indiano lì intorno.") la famiglia decide di fidarsi di quello che sembra un indiano buono (che esistono, le assicura quella mente illuminata del marito): porta fieno e bestiame in paese per trascorrere la brutta stagione in un edificio costruito con più criterio, in un vero insediamento che ormai è composto dalle abitazioni di 18 famiglie più vari edifici commerciali. Qui le bambine potranno addirittura frequentare la scuola per i soliti 2 giorni prima che il brutto tempo le costringa in casa per interi mesi.

La vita dei coloni non sarà semplice nemmeno ora che gli Ingalls hanno avuto la lungimiranza di non infilarsi in culo ai lupi ma hanno deciso di svernare in una comunità abitata, in una casa più robusta, con la scuola e negozi che possono disporre di cibo e carbone a due passi. Perché la portata di quell'inverno particolarmente rigido coglie quasi tutti gli abitanti di De Smet impreparati: tutti tranne Almanzo, il futuro marito della Ingalls, e suo fratello Royal, che passano i capitoli a loro dedicati a sfondarsi di frittelle coi ciccioli.
Dramatization:
La dura vita invernale di Royal e Almanzo, che fa la frittelle coi ciccioli belle alte e morbide come le faceva la madre ci tiene a specificare la Ingalls, quindi è addetto alla cucina. Ha anche truffato lo Stato affermando di avere 21 anni per poter prendere in concessione un appezzamento.
Dettagli.
Le tempeste colpiscono duro per mesi: il vento soffia incessantemente giorno e notte lasciando solo una giornata o massimo due di bel tempo, i chiodi del controsoffitto ghiacciano nonostante il calore della stufa: la neve non smette di cadere, e l'abbassamento drastico delle temperature impedirà "a quei fighettini rinunciatari dell'Est che guidano i treni" di arrivare a De Smet fino a primavera inoltrata, svuotando in fretta le scorte di cibo e carbone dai magazzini degli empori.
A casa degli Ingalls, ma no solo, le scorte si assottigliano.
Il carbone lascia presto il posto a piccole barre di fieno pressato, il cherosene lascia il posto a grasso, stracci e un bottone ("lampada a bottone" la chiama Catherine nel suo momento Art Attack), la farina lascia posto al frumento, da macinare a mano giornalmente, e all'arrivo dell'anno nuovo il pane nero e duro diventa l'unico alimento di cui riescono a cibarsi gli Ingalls. Però Charles è riuscito ad accaparrarsi té a vagonate, quindi tutto ok.
Dramatization 2:
La dura vita invernale degli Ingalls, che non hanno combustibile, devono razionare il cibo, non fanno un pasto decente da settimane ma hanno il té, e non paghi di tutto questo lusso quando riesce ad arrivare la posta (tramite slitte trainate da cavalli) con le loro riviste decidono su idea di Ma Ingalls supportata da Santa Mary di "esercitare la rinuncia", non leggendole fino al giorno di natale.
Ma andate a cagare.
Non solo gli Ingalls, ma l'intera città se la passa male.
Tutti tranne i Wilder, che continuano a strafogarsi impunemente di frittelle ai ciccioli e melassa: quando però Ingalls arriva a casa loro a prendere con la forza della disperazione un secchiello della scorta di sementi che Almanzo teneva da parte e che amava più di quanto probabilmente amerà sua moglie, si accorgono che forse la situazione è tragica e che qualcuno deve fare qualcosa per non lasciar morire la gente di fame.
Quel qualcuno sarà proprio Almanzo.
Per il più giovane dei fratelli Wilder infatti la soluzione più logica è approfittare di un raro momento di calma metereologica e partire con l'amico Cap Garland in cerca di una non meglio specificata fattoria a sud ovest dove un colono avrebbe fatto scorte di frumento in abbondanza per l'inverno. Non sanno chi sia questo tipo, non sanno esattamente dove sia la fattoria, se queste scorte siano davvero così abbondanti, e non sanno neppure se in effetti esista.
Basta che non si tocchino i semini di Almanzo.

Il viaggio naturalmente va a buon fine e i due riescono non solo a trovare la casa sotterranea di questo colono della leggenda (che va a confermare quello che dicevo io due libri fa, che le case sotterranee sono in effetti le più adatte ad affrontare i rigidi climi invernali) ma anche ad acquistare per conto del droghiere, Mr. Loftus, barili e barili di sementi al modico prezzo di 1,25 al barile. 
Due pagine dopo Mr. Loftus (un cognome di origine, ma è il caso di dirlo?, irlandese) rischia il linciaggio quando cerca di fare la cresta in un periodo di emergenza (nella terra dei giusti e del capitalismo incontrollato? Da non credersi...) e rivendere la merce a 3 dollari al barile.
"Prendetevi questo frumento
al prezzo di costo
e ficcatevelo su per il...
Volevo dire Grazie e buon Natale!"
Non verrà impiccato davanti casa da padri di famiglia molto affamati e incazzati solo perché Ingalls, in qualità di portavoce, gli farà molto gentilmente notare che potrebbe guadagnare pure due soldi in più adesso ma in primavera, con l'arrivo dei treni e altri negozi da cui rifornirsi, nessuno gli comprerebbe più neanche un bottone.
Mr Loftus, redento da queste parole come un novello Scrooge, è mosso dallo spirito della generosità e rivenderà questo frumento al prezzo d'acquisto, permettendo agli abitanti di De Smet di sopravvivere pur tra privazioni e fame fino a primavera, ad aprile inoltrato, con l'arrivo del chinook.
E dopo aver svaligiato un treno festeggiano Natale. 
Fine.

*

IMPRESSIONI SPARSE 
Non c'è che dire, Laura Ingalls Wilder questo Lungo inverno riesce a renderlo davvero interminabile, tra i momenti GialloZafferano di Caroline che impasta il pane e il momento Art Attack in cui lei e Charles inventano accessori per rendere la casa confortevole come la lampada a bottone e i cubetti di paglia per la stufa. Il libro è anche un buon 60 pagine più lungo dei predecessori nonostante di fatto accada poco o nulla nel corso di questi mesi di gelo interminabile, cionondimeno si parla di gente assembrata in un paese di frontiera senza provviste se non quelle che hanno prudentemente tenuto da conto nel corso di un inverno interminabile, non è proprio terreno fertile per simpatici aneddoti sulla movida della prateria e lo stile contribuisce a entrare nel mood.
La Ingalls a questo giro riesce a rendere abbastanza bene l'angoscia, la fame e la sofferenza provata dalla sua famiglia (anche se come al solito non si superano mai certe linee, è pur sempre letteratura per bambini) e dagli altri abitanti di De Smet: la ripetitività di giornate interminabili, il freddo che rende preziosi quei pochi giorni di sole gelido; si arriva al punto che il vento che soffia giorno e notte (con la complicità della fame) entra talmente tanto nella testa e nelle ossa da rendere tutti apatici e stanchi; e nemmeno tutto l'ottimismo e la fede in Dio degli Ingalls li risparmia dalle privazioni, e benché loro siano sempre felici e soddisfatti di potersi fare il bagno nel tè come dei bravi ribelli di Boston a questo giro arriva l'occhio esterno di Almanzo e Roy a farci notare quanto il signor Ingalls in realtà sia magro da far schifo e debole. Forse però doveva andare a far provviste PRIMA che all'emporio restasse solo del fottuto tè, visto che poi quando si fa invitare dai Wilder a cena nessuno pensa di fargli portare un paio di frittelline a casa.

► E' sempre molto educativo leggere di come agli occhi dei liberisti l'operato del Governo diventi un impedimento alla libertà individuale e le leggi federali che non fanno comodo si trasformino in ingiustizie intollerabili, ingiustizie di fronte alle quali disobbedire diventa un dovere morale, dimenticando come al solito che senza quelle fighette rinunciatarie di Washington che non riescono nemmeno a far passare un treno in una landa ghiacciata non ci sarebbero state terre da acquisire in primo luogo. Le supercazzole con cui giustificano la loro ipocrisia a una certa diventano anche divertenti.

● Almanzo mente sulla sua età:
"Almanzo aveva diciannove anni quando era venuto all'ovest. Ma era una cosa che non si doveva sapere, perché si era fatto dare un terreno in concessione e la legge diceva che per concorrere all'assegnazione di terre dovevi avere minimo ventun anni. A lui non era neppure passato per la testa che così facendo si metteva fuorilegge. Né riteneva di ingannare il Governo. Restava il fatto però che chi avesse saputo che aveva diciannove anni, gli avrebbe potuto portar via il suo appezzamento."
In soldoni Almanzo non capisce di aver contravvenuto alla legge ma al tempo stesso capisce benissimo che è una legge stupida, quindi nasconde a tutti la sua vera età: per giustificare il futuro marito la Ingalls tira fuori una supercazzola chilometrica sul fatto che la maturità di una persona non è determinata dall'età anagrafica, dando a intendere che lui è molto maturo per la sua età. 
Così maturo che preferisce morire insieme a un amico in una mission impossible, nella disperata ricerca di un colono che potrebbe pure non esistere pur di non dover dare via il suo frumento da semina distribuendolo in paese, mentre il vecchio colono da cui lo compra e che ha conservato i suoi semi per lo stesso motivo deve pensare ai poveri coloni affamati di De Smet e rinunciare (anche se a pagamento) a 80 barili di avena, secondo il vecchio adagio per cui si è sempre un po' homersex coi deretani altrui.

● Il signor Edwards si dà alla macchia per non pagare le tasse:
Un giorno arriva un tizio a casa mia, l'estate scorsa, e mi fa: "Devi pagare le tasse". Dice che devo elencare e valutare quello che ho. Fino all'ultimo spillo. Ci metto Tom e Jerry, i cavalli, cinquanta dollari l'uno, e la coppia di buoi, Buck e Bright, cinquanta dollari, e la vacca, trentacinque.
"Non c'è altro?" mi fa. E io dico che ho cinque figli, varranno un dollaro l'uno, gli dico.
E quello: "Non c'è altro?" mi fa. "La moglie non ce l'hai?" mi fa.
"Ah no!" dico io. "Mia moglie dice che non mi appartiene, io tasse per lei non ne pago. E non ne ho pagate"
[...]
Non la finiva più con quella storia delle tasse, quello", disse il signor Edwards. "I politici, loro vi hanno gusto a metter il naso nei fatti tuoi, e allora mi son detto: facciamoli contenti. Tanto non fa differenza, io di tasse non ne pago. Ho venduto l'atto della concessione e in primavera, quando arriva l'esattore, là non mi trova più. Moglie e figli non ne ho, manco l'ombra."

Insomma, come al solito pare che la macchina statale che ha permesso a quelli come lui di occupare abusivamente terre altrui e di accampare diritti legali su appezzamenti di terra a titolo completamente gratuito quando non conviene sia inutile.

● Gli uomini di De Smet rapinano un treno
O per meglio dire, visto che fare le rapine è brutto e i ladri fanno piangere Gesù (e Caroline e Mary, che sono più sante di Gesù), prelevano il cibo di cui hanno bisogno distribuendoselo equamente tra loro secondo bisogno, a titolo di risarcimento nei confronti della compagnia ferroviaria che li ha lasciati senza provviste per tutto l'inverno perché un sovrintendente dopo aver addirittura schiantato la locomotiva contro un muro di ghiaccio nel vano tentativo di sfondarlo, e "solo perché non è riuscito a passare con picconi e spartineve, ha deciso che non era possibile passare in nessun modo e ha smesso di provarci. Del resto è un uomo dell'Est. Ci vogliono pazienza e perseveranza qui all'Ovest."
Ma cambi casa ogni 2 anni andando in posti sempre più sperduti e sfigati perché ti arrendi al primo raccolto di merda, stai zitto.
"E' una rapina?"
"... No, è un giusto risarcimento per i disagi invernali!"
In Il lungo inverno Laura Ingalls ha 13 anni e la storia è ambientata tra l'autunno del 1880 e il maggio del 1881, anno in cui, libri di storia alla mano, il South Dakota fu davvero investito da uno degli inverni più rigidi mai registrati in quelle zone.
Una delle scene più incredibili ma assolutamente autentiche (prove fotografiche alla mano, come si può vedere) è rappresentata dal racconto di Pa Ingalls sul treno bloccato per mesi sotto una coltre di neve
 a dispetto degli sforzi continui di decine di uomini per liberare i binari e avanzare verso ovest.
Nel libro si parla di uomini che per settimane hanno spalato inutilmente la neve ai lati dei binari finché l'altezza dei mucchi non ha superato quella della locomotiva, muri di ghiaccio infrangibili, traffico ferroviario bloccato (con perdite economiche non da poco per la compagnia) e rifornimenti fermi per mesi, con intere città  di recente edificazione lasciate isolate in mezzo alla tormenta senza cibo né carbone e a morire di fame, con gente che durante le tormente è chiusa nelle proprie case senza poter comunicare nemmeno col vicino, non riesce letteralmente a vedere di là dalla strada, ed è costretta a razionare il cibo, a macellare il proprio misero bestiame come Mr. Anderson, una pletora di Mr Loftus che avranno speculato sulla pelle dei disperati e altri (pochi) coraggiosi come Almanzo e Cap che avranno sfidato la tormenta e la neve fragile che poteva far sprofondare un cavallo fino alla testa per recuperare un po' di selvaggina, la posta o qualche granaglia.
Insomma, a confronto il nostro Lockdown è un party.

*

IN CONCLUSIONE...
A questo giro, visto che a Natale si è tutti più buoni, decido di passare un po' oltre il solito razzismo, sessismo, liberismo, infantilismo e tutti quegli -ismi di cui abbiamo già abbondantemente parlato nei precedenti capitoli di questa enorme soap opera: ne Il lungo inverno ci si rompe i coglioni con cognizione di causa, e c'è di sottofondo a tutto il coraggio e la speranza nel futuro un'aria di cupa e profonda disperazione che personalmente approvo.
La Ingalls ci mostra un mondo in cui a un certo punto tutto sembra buio e senza speranza, e persino questa mandria di eterni ottimisti ha un momento di scoramento, si incazza, ha paura: il pane, l'unico cibo che c'è in tavola, è scuro, il cielo è scuro, la testa è talmente piena di brutti pensieri e non sembra possibile immaginare di poter avere di nuovo caldo. 
Ma il caldo arriva, e col caldo arriva anche il treno e un barile pieno di regali che vi era rimasto a bordo per tutto l'inverno con dentro scarpe, sciarpe, vestiti e un gigantesco tacchino congelato da parte della nostra vecchia conoscenza, il reverendo Alden
Gli Ingalls possono così organizzare un bel pranzo di natale maggiolino insieme agli amici più cari. Tranne il Signor Edwards che resta desaparecido insieme alla sua famiglia immaginaria di 5 figli e una moglie che non gli appartiene per non pagare le tasse.

Un solo dubbio attanaglia la mia mente a questo punto della saga: perché sia così importante mandare all'università la figlia cieca, per quanto sia santa, studiosa e motivata a imparare più che può (con quali prospettive di carriera, esattamente?), e non quella che invece ci vede di modo da permetterle di fare lavori meglio pagati anche se a misura di donna e guadagnare tanto da poterci eventualmente mandare tutte le sorelle a studiare.

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