Autore: Naomi Mitchison
Traduttore: D. Rizzati
Edizione: Fazi, copertina flessibile, 180 pagine
Anno: 2020
Euro: 15,00 | Ebook: 7,99
Premesse:
Libricciuolo dalla copertina minimal molto graziosa ma che rende malino l'idea del contenuto dal momento che orsi e draghi resteranno in scena per neanche per un terzo di questa storia che Fazi ha riscoperto e ci ha proposto in questo pazzo 2020 per la collana Lainya (che ha ospitato anche quel capolavoro senza tempo di Twilight per intenderci).
Come sempre, titolo banalizzato per venire incontro al pubblico più giovane, ma a questo giro non faccio la pignola perché effettivamente Viaggiare Leggeri non è un titolo accattivante per i più giovani e il libro parla proprio di un viaggio.
Parliamo molto brevemente di codesta Naomi Mitchison, un personaggio scandaloso e non sempre facile da inquadrare, oggi figura pressoché sconosciuta nel panorama letterario: nata Naomi Mary Margaret Haldane in quel di Edimburgo nel 1897, laureata ad Oxford, prolifica poetessa, scrittrice di romanzi storici, fantascienza e fantasy, documentarista, saggista e scienziata, sorella del famoso biologo J.B.S. Haldane (uno dei fondatori del neo darwinismo) col quale, giovanissima, lavorò per anni contribuendo alla nascita del primo studio che dimostrava la teoria dei geni associati nei mammiferi ("Reduplication in Mice", 1915).
Sposò l'avvocato Gilbert Richard Mitchinson, prendendo attivamente parte alla vita politica del marito in seno al partito laburista: fu lui a restare a casa a crescere i loro 7 figli mentre la moglie scriveva e faceva attivismo politico in giro per il mondo, e i due ebbero un rapporto dichiaratamente e consensualmente aperto. Tra i suoi grandi amori Theodore Wade-Gery, classicista di Oxford, ma ebbe anche un discreto numero di flirt superficiali.
Rinnegando le idee dei genitori, divenne apertamente socialista come suo fratello, attivamente antifascista, promosse il divorzio, l'amore libero, la contraccezione e l'aborto (quest'ultimo punto è più controverso e molto meno fico di quanto non appaia se si pensa che fu a vita anche un membro della Eugenics Society); fu amica di personalità come Seretse Khama, primo presidente del Botswana (diventando portavoce di una tribù del luogo, i Bakgatla), e di J.R.R. Tolkien dal 1915, quando entrambi pubblicavano poesie per l'Oxford Poetry, al punto da diventare una delle prime lettrici "di prova" del Signore degli Anelli.
Insomma, un personaggetto de niente che a questo giro renderà facilissimo il mio lavoro di analisi...
DUE RIGHE DI TRAMA
Halla è la figlia di un re risposatosi in seconde nozze a seguito della morte della prima moglie. La matrigna, amabile come tutte le matrigne delle fiabe, chiede come favore personale al consorte che la piccola sia messa a morte. Il re "avendo ormai quasi dimenticato la vecchia regina e a malapena aveva dato uno sguardo alla bimba, acconsentì e non ci pensò più".
E' la governante Matulli a salvarla dal suo tragico destino: originaria della contea di Finmark, abitata da popolazioni in grado di assumere forma animale, si trasforma in un orso nero e presa la bambina tra le zanne la porterà nel profondo del bosco, a vivere insieme ad altri orsi.
Qui la piccola vivrà mesi sereni e spensierati, convinta di essere in tutto e per tutto una di loro: mangia, gioca, cresce insieme agli altri piccoli orsi orsi, ma soprattutto comunica con loro tramite la loro lingua:
"Un linguaggio che svolgeva abbastanza bene il suo lavoro, tanto che c'erano molti modi per indicare le differenze tra i vari sapori [...] ma non c'era modo, per esempio, di pensare alle nuvole o al volo delle aquile, perché gli orsi non guardavano mai verso il cielo".
Con l'arrivo dell'inverno, non potendo Halla vivere tra gli uomini né sopportare un lungo letargo tra gli orsi, la ragazzina deve andar via: verrà affidata al drago Uggi, che promette a Masulli di prendersi cura della piccola dal momento che ha i capelli d'oro (l'unico colore giusto per i capelli) e gli occhi di zaffiro (l'unico colore giusto per gli occhi), di renderla ignifuga e di iniziarla alla via della saggezza dei draghi, che prevede:
1) Odiare gli eroi2) Essere avidi a merda
3) Qualche rudimento di magia4) Il doppiopesismo (un uomo che ruba oro a un drago è brutto e cattivo, un drago che ruba oro a un nano è bravo e bello).
4) Una politica di controllo delle nascite stile Thanos, insegnando a Halla che va bene papparsi greggi e umani quando in giro ce ne sono troppi.
Non fa una piega.
Passa il tempo: Uggi muore per mano degli odiati eroi che non paghi di ciò irrompono nella caverna in cui vive Halla, depredano il tesoro, e vedendo questa piccola riottosa ragazza-drago da gentiluomini quali sono la aggrediscono.
E' Gauk, amico e cugino di Uggi, a trarla in salvo, ma a questo punto Halla è confusa su quale sia il suo destino e dove sia il suo posto.
Ora che Uggi è morto la prospettiva di condurre la vita del drago non le sembra più tanto desiderabile, sempre rinchiusa in una caverna con mille occhi aperti perché nessuno, uomo o nano che sia, arrivi a portarle via ciò che è suo; non può nemmeno tornare tra gli orsi, perché sono creature troppo semplici e poi non riesce neppure più a ricordare che odore avesse Matulli; e diventare una valchiria, la netturbina di eroi, è decisamente un grosso no.
Che fare? Restare o andar via?
E' Il Vagabondo (Odino) a darle la risposta.
"Coloro che vivono nelle caverne, muoiono nelle caverne, e l'amore del vagabondo è per i vagabondi." Halla quindi è spinta a mettersi in viaggio, abbandonare tutto ciò che ha con sé tranne un mantello che le regalerà lo stesso dio viandante e che le permetterà di parlare tutte l lingue del mondo, umane e animali, e partire: solo viaggiando leggera come un vagabondo Halla potrà visitare la terra degli uomini in compagnia di un gruppo di supplici provenienti da Marob (sulle coste del Mar Nero), arrivare fino alla lontana città di Miklagard (Istambul) in cerca del Maestro drago di cui le parlava Uggi in gioventù e infine tornare Holmgard, la città che le ha dato i natali, a nord. Sarà per Halla un viaggio alla scoperta degli altri ma soprattutto di se stessa.
IMPRESSIONI SPARSE
Edito per la prima volta nel 1952, Il viaggio di Halla può essere goduto semplicemente come una favola per piccini con Draghi, animali parlanti, matrigne crudeli, avventurieri coraggiosi, valchirie e mantelli divini magici, e in quel caso persone come me che non sono proprio fan sfegatate del fantasy boschivo con gli animaletti parlanti e i barbari sanguinari ci si faranno due palle come un cocomero, specie nella parte centrale dove l'azione si arena un po' e si fa tutto un gran parlare di corse di cavalli e uomini di chiesa, oppure si può andare un po' oltre la trama, leggere tra le righe della fiaba e trovare una storia decisamente complessa, piena di arzigogolati riferimenti simbolici che parla di crescita e cambiamento.
Persino a livello narrativo nel corso delle tre parti in cui è divisa la storia il tono del racconto cambia registro a più riprese e si trasforma, proprio come Halla si trasforma in corso di romanzo da Halla figlia degli orsi a Halla Dono di Dio: si passa dall'intreccio più classico delle fiabe, con una principessa vittima dell'odio di una crudele matrigna costretta a rifugiarsi nei boschi tra gli orsi grazie a una magica nutrice, al viaggio di formazione in terre lontane, ad un fantasy più brutale e violento fatto di prevaricazioni ai danni dei deboli.
► Non esistono confini temporali o spaziali, nulla nel background è fisso: Halla percorre ampi spazi nell'arco di poche ore in groppa agli unicorni, le città cambiano nome (proprio come la protagonista), draghi e giganti cedono in silenzio il passo agli uomini, il paganesimo viene soppiantato dal cristianesimo e lo stesso cristianesimo muta sé stesso e i propri intenti originari nei centri in cui è più radicato, facendosi bandiera di uomini avidi e corrotti.
► Non esistono personaggi con caratterizzazioni approfondite, chiare e precise perché tutto ruota intorno alla percezione che ha Halla del mondo: persino un alleato di lungo corso come Tarkan Der, uno dei tre supplici di Marob diretto come lei a Miklagard, che alcuni già chiamano Costantinopoli, per chiedere udienza e aiuto all'imperatore, può trasformarsi per Halla in minaccia nel momento in cui adempie al suo ruolo di eroe maschile, prospettando per sé e la protagonista una vita insieme in un nido sicuro, il classico lieto fine delle fiabe che per Halla diventa un fardello pesante che arresterebbe il suo viaggio prima ancora di capire quale sia il senso del suo continuo peregrinare.
Neanche a dirlo, il senso è viaggiare leggeri.
Senza catene, senza lasciarsi appesantire dal passato, dai rimpianti, dall'odio o dall'amore: perché saremo privati di tutto (nel bene e nel male) nel momento in cui ci si dovrà lasciare davvero tutto alle spalle e vivere l'avventura più grande di tutte.
► La protagonista è la quintessenza di questa mutevolezza: non ha un nome definito ma diversi epiteti nel corso della storia (alcuni se li darà da sé, altri le verranno affibbiati come "Terrore degli eroi", "Dono di Dio" "Cercatrice di sentieri"; qualcuno lo sentirà proprio, altri faticherà a comprenderli o li ripudierà per certi periodi della sua vita, non percependoli come suoi); sfugge alle costrizioni dello spazio e del tempo affondando le radici della sua storia in un passato mitico e quasi dimenticato, e ai cliché di genere.
E' una principessa che teme e disprezza gli eroi, dipinti come ladri che regalano generosamente tesori che non sono loro a gente che non li ha guadagnati, o barbari stupidi e violenti raccattati dalle Valchirie quasi a caso, come giocattoli. Che parla con gli orsi, i topi e i cavalli, che pensa da drago, viaggia con gli uomini (lei che alla nascita fu rifiutata dagli uomini) nel ruolo di strega o salvatrice divina senza che lei riesca a comprendere appieno i motivi che portino gli altri a considerarla in un modo o nell'altro quando lei sente di comportarsi sempre nello stesso modo, ovvero come Halla. E' una figlia di Odino destinata a seguire il cammino indicatole dal Viandante ma al tempo stesso è una giovane donna libera, che non si comporta "da donna" e non capisce neanche cosa significhi comportarsi da donna, che rifugge il pensiero di una famiglia, un nido fisso e preferisce girare con un vecchio mantello logoro invece di coprirsi in modo consono.
Il suo dono è saper comunicare col prossimo, ma la specie con cui è più faticoso entrare in sintonia e provare un senso di appartenenza è proprio quello degli uomini: in tutto questo non si può non notare un certo parallelismo con la figura dell'autrice, anche lei decisamente fuori posto all'interno della società del suo tempo.
Non c'entra un piffero ma l'AT Field di Wonder Woman è fico. |
IN CONCLUSIONE. . .
Il viaggio di Halla è una favola breve e, per rubare le parole al titolo, leggera ma pregna di elementi fiabeschi e reali, simbolici e mitici, che mescola Odino ai preti, i boschi alle città, i topini parlanti alla violenza brutale, i tesori dei draghi alla critica sociale e religiosa, e forse l'autrice ci butta in mezzo pure qualcosa di autobiografico già che c'è. Se ne potrebbe parlare per un'ora e si gratterebbe solo la superficie.
Tutto questo in neanche 200 pagine.
Un libricino che mette molta carne al fuoco, ma solo per chi abbia voglia di scapocciarcisi su, se no va bene anche godersi la storia di Halla come viene: una storia che non lesina un certo cinismo di fondi, morti e violenze (specie contro le donne ma mai con l'occhio indulgente e vouyeristico di un Mark Lawrence, per fare un esempio a caso: qui gli eroi che fanno queste cose, ce lo ribadiscono a più riprese, fanno schifo), ma lo fa col piglio semplice e delicato di una scrittrice che sa come si tiene in mano una penna ed è consapevole che lo scopo della letteratura rivolta ai bambini non è rincoglionirli con due cazzatelle in croce ma far sognare e riflettere.
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