Autore: Maurizio De Giovanni
Genere: Giallo
Edizione: Einaudi (collana ''Stile libero big''), brossura
Pagine: 353
Anno: 2016
Euro: 14,50 | Ebook: 9,99
Premesse:
Del mio amore per la serie tv de I Bastardi di Pizzofalcone, con i suoi plot-twist inaspettati, il trash involontario, una finestra su Napoli originale e nuova che davvero non si è mai vista prima d’ora, la bellezza dei suoi effetti speciali ma soprattutto del mio amore per l’unico, il solo, meraviglioso Giorgio Pisanelli ne ho parlato abbondantemente in altri lidi. A questo giro mi sono spostata sui romanzi, spinta dalla curiosità di leggere qualcosa di nostrano una volta ogni tanto.
E per ritrovare Pisanelli.
Pisanelli, ti si vuole bene ovunque ti si trovi.
Quindi parliamo di questo I bastardi di Pizzofalcone, fatica di Maurizio De Giovanni, classe 1958. De Giovanni è già creatore di un’altra serie di romanzi trasporta su schermo da mamma Rai: parliamo de Il commissario Ricciardi, interpretato da Lino Guanciale, una serie ambientata negli anni ’30 in pieno regime fascista. A questo giro lo scrittore napoletano decide di dare una botta di originalità alla sua verve artistica e di dar vita a qualcosa di nuovo. Una serie di romanzi polizieschi con un protagonista poliziotto ambientata a Napoli. Però ambientata nella Napoli di oggi, quindi è una cosa tutta diversa.
Loooving youuuu... 🎵 |
DUE RIGHE DI TRAMA
Protagonista della nostra storia è l’ispettore Giuseppe Lojacono, “siciliano dall’espressione indecifrabile” chiamato dai colleghi Il Cinese per via dei suoi tratti orientali. Dopo aver risolto brillantemente il caso del Coccodrillo la sua carriera sembra essere giunta a un punto morto, come se già non bastasse una vita privata a rotoli tra il trasferimento da Agrigento, il divorzio e una figlia adolescente con cui parla a stento.
A nessuno infatti piace avere per sottoposto e collega qualcuno talmente bravo da far passare tutti gli altri per fessi (anche se non ci vuole molto se la media non è altissima), e oltre ai nomignoli e all’ostracismo cominciano anche a circolare voci su suoi presunti rapporti con la mafia, dietro la quale si nasconderebbe il vero motivo per il fantastico intuito di Lojacono che ha portato all’arresto del Coccodrillo.
Al commissario DiVincenzo non pare quindi vero di avere l’occasione di toglierselo dai piedi e mandarlo a Napoli, per la precisione a Pizzofalcone dove a causa di quattro colleghi corrotti il commissariato è a rischio di chiusura, insieme ad altri scarti, piantagrane, raccomandati, teste calde.
Insomma, bastardi.
Sotto la guida del commissario Gigi Palma ai Bastardi verrà presentata una sfida: riuscire a far parlare di sé, e in positivo, prima della chiusura del Commissariato. E l’occasione si presenta quando Cecilia de Santis, una signora di mezza età dell’alta società napoletana e moglie di un illustre notaio, viene trovata morta nel proprio appartamento, uccisa da un violento colpo alla nuca. Il tempo stringe, i colleghi si mostrano pieni di sospetto e pregiudizi a causa di chi li ha preceduti, poco solidali e desiderosi di dare una mano ai Bastardi, ma è una sfida a cui Lojacono e gli altri non si sottrarranno, con l’aiuto occasionale del magistrato Laura Piras, che se si mette a scodinzolare ancora un po’ dietro a Lojacono prende il volo come un canecottero.
Invece tutte le simpatie di autore e narratore (i quali coincidono) vanno al protagonista visto che la ex moglie tanto per cambiare viene dipinta come un’isterica rompicoglioni vendicativa che parla male di lui con la figlia per allontanarli mentre Marinella non sarà la perfida arpia di cui sopra ma in compenso è il cliché di un’adolescente come può immaginarla giusto uno nato nel 58.
Visto che si parla di ceffoni il pensiero corre d'istinto a Romano, chiamato poco amichevolmente Hulk dagli ex colleghi per la sua propensione a farsi prendere dalla rabbia, che alla moglie Giorgia mena proprio. Però è uno schiaffetto, le gonfia giusto il labbro, succede una volta sola quindi è grave ma non gravissimo, possiamo ancora simpatizzare con questo burbero antieroe quando prenderà a cuore assieme alla giovane Di Nardo le sorti di una giovanissima amante mettendo le mani addosso al suo facoltoso sugar daddy.
IMPRESSIONI SPARSE
Davanti a I Bastardi Pizzofalcone la sensazione principale è quella di ritrovarsi davanti all’ennesimo romanzo testosteronico all’italiana. Con la scusa di portare avanti le gesta di un gruppo di antieroi integerrimi infatti si finisce a fare la solita apologia del violento, dello stronzo, del raccomandato, del corrotto, una cosa che lo spettatore italiano si trova davanti in maniera più puntuale dei treni quando c'era LVi, dal cinepanettone a Gomorra.
L’integerrimo Lojacono, ma è una cosa che accomuna tutti i Bastardi, vive per il suo lavoro e per esso ha mandato a catafascio il matrimonio, incurante di come le voci di un suo presunto legame con il mondo della mafia avrebbero influenzato le vite di sua moglie e di sua figlia.
Chisenefrega insomma.
Magari alla moglie e alla figlia rimaste ad Agrigento a beccarsi le chiacchiere e l'odio della gente frega, dico io.
Dramatization |
Colpi di testa, feste, telefonate di nascosto al papi.
Sì papi tranquillo che sono a casa di un’amica, e invece magari passa la notte dal filarino.
Lojacono, da bravo uomo del sud, normalmente non potrebbe concepire un tale sfoggio di indipendenza e libertà da parte della figlia adolescente ma, come dirà a più riprese, gli tocca abbozzare perché se no poi Marinella non gli parla più per davvero e allora sì che i rapporti tra i due andrebbero a sfasciarsi in maniera irrimediabile. Tipo come farebbe un manipolatore per irretire inizialmente la vittima, all’inizio, quando non è ancora volato il primo ceffone e lui sembra la persona più moderna e comprensiva del globo terracqueo. Fortuna che su questo fronte c’è la ristoratrice Letizia a rimetterlo in carreggiata, ma tanto Letizia qui è il secondo Canecottero che nel corso delle indagini a differenza di Piras che almeno è un magistrato conta come il due di briscola.
Tiene in caldo la pastasciutta, canta stornelli e sta a tette di fuori.
Dramatization 2 |
Anche qui con la scusa di farci entrare nella testa di Romano, della sua rabbia e confusione, si avverte prepotente il punto di vista immancabile del maschio bianco etero classe ’58: lui era nervoso ed è scattato, è stato una volta sola, mo’ mettiamo a posto le cose a Pizzofalcone, troviamo un figlio con cui riempire la vita di questa coppia sfortunata e tutto risolto. Mauri’, tutto risolto un cazzo, non funziona così la violenza domestica.
Nemmeno il mio amore Pisanelli in questo si salva dalla bonaria indulgenza che l’autore mostra nei confronti di qualsiasi personaggio dotato di pene che compare in questo romanzo, compresi i quattro poliziotti corrotti visto che, e cito:
“Uno di loro aveva il figlio malato, un tumore. Un altro era separato, e la moglie lo aveva ridotto in mezzo alla strada (brutte mogli cattive che riducono sul lastrico i poveri mariti che si reinventano spacciatori, ndE). A un terzo il padre era appena fallito col negozio, il quarto giocava a carte.”
E saranno stronzi tutti quelli che hanno gli stessi problemi, che magari non hanno nemmeno lo stipendio puntuale al 27 del mese eppure decidono di farsi passare sotto il naso della droga senza montarci su un giro organizzato di rivendita. Nel libro invece fanno schifo giusto perché questa droga che gli era capitata tra le mani la rivendevano ai bambini davanti alle scuole.
Ma se si legge tra le righe del suo rapporto con la moglie (e tra i silenzi gelidi tra lui e il figlio, che ormai ha la sua vita) non riesce a non saltar fuori il quadro che è idilliaco giusto nella testa di un figlio del ’58 che maledice il referendum sul divorzio e rimpiange le belle coppie di una volta.
Le straniere sono badanti e donne delle pulizie devotissime ai padroni gentili come ai bei tempi del colonialismo nostrano, mentre le vecchie zitelle (ovviamente acide grasse e brutte) come la Rea invece sono da ridicolizzare, specie quando cercano di vestirsi in maniera un po’ sexy per irretire l'amato. Sei vecchia quindi devi essere sobria e farti notare il meno possibile e ti è precluso qualsiasi happy ending. Se esci dai binari la gente come Aragona e Lojacono ti prende pure per il culo.
Torniamo al buon Pisanelli.
Poliziotto integerrimo della vecchia guardia che preferisce le scartoffie al computer e memoria storica di Pizzofalcone (uno degli unici due sopravvissuti alle indagini a seguito della scoperta del giro di droga organizzato dai quattro colleghi), ha dalla sua l’esperienza ed è sempre quello che invita i giovinastri alla riflessione.
Dramatization 3 |
Un brav’uomo onesto sempre fuori per rendere il mondo un posto migliore e ad aspettarlo a casa l’angelo del focolare dolce e paziente. Una figurina di cartapesta senza pensieri né ambizioni che ascolta, soffre, si suicida persino in silenzio, senza dar fastidio. C’è un figlio, da qualche parte, tipo presenza fantasma, che serve giusto come pretesto per farci sentire di più la profonda solitudine del Pisanelli mon amour.
Macheccefrega…
Sulla maggior parte dei personaggi femminili si scatena una tempesta di cliché pietosi, che non risparmia né le protagoniste né i comprimari: la Di Nardo deve le sue uniche passioni (le armi e la figa) a un padre padrone che non voleva la figlia femmina; la Piras e Letizia, gli interessi amorosi di Lojacono, sono bone, hanno due tette da far provincia (e alla centesima volta che si fa riferimento al loro seno generoso e in mostra viene il dubbio che De Giovanni sia lievemente fissato con l’argomento, e ti dispiace perché se un uomo di una certa età è fissato con le tette come un ragazzino deve averne viste poche in vita sua) e sono sempre pronte a scattare al minimo bisogno di Lojacono. In una scena in cui si incontrano si fissano pure in cagnesco perché alle donne basta uno sguardo per capire se un’altra zinnona ha messo gli occhi sull’omo tuo.
La vittima, Cecilia, era tanto buona e tanto cara, ha preso gioiosamente per tutta la vita un palco di corna da fare invidia ai commercianti d’avorio e riempiva i suoi pomeriggi noiosi con la beneficienza, le lezioni impartite ai teneri cuccioli di povero dei Quartieri e le palle con dentro la neve.
Le donne giovani e avvenenti come Nunzia sono maliarde che si fanno girare attorno a un dito i vecchi stronzi, o ragazzette uscite dagli spot anni ’80 contro la droga. La brava compagna è quella che sostiene il suo uomo, e se proprio può andarsene di casa al primo schiaffo poi nei prossimi libri sicuro torna, mica è grave…
Dramatization 4 |
L’amalgama di questi reietti che si ritrovano insieme giocoforza in un punto della loro vita in cui niente sembra andare per il verso giusto risulta avere comunque un certo fascino retrò al di là di mie perplessità legate principalmente alla mia sensibilità sull’argomento (se fosse un romanzo ambientato nel passato e non nella Napoli contemporanea, per dire, sentirei meno il peso di questi cliché da musicarello, perché ok che Napoli resta una città dalla mentalità piuttosto reazionaria tradizionale nello spirito, ma il libro è ambientato nel presente). Ciononostante è abbastanza buffo vedere il raccomandatissimo Aragona fare il vissuto uomo di mondo e rendersi ridicolo col suo razzismo aggratis, la sua fissazione coi telefilm stranieri, la sua guida spericolata e i suoi gesti studiati.
L’ottimismo del buon De Palma è contagioso.
I personaggi risultano il vero punto forte di questo libro, con una menzione di merito al personaggio di Ottavia Calabrese. Non tanto per il personaggio in sé che risulta il solito cliché del personaggio femminile forte ma fragile la cui crescita è incatenata a doppia mandata al romance, della moglie insoddisfatta che cerca altrove la novità e la spensieratezza, ma per quella finestra che ci apre sul mondo della maternità reale, messa a dura prova dalla realtà.
Ottavia e suo marito Gaetano infatti hanno un figlio, Riccardo.
A Riccardo è stata diagnosticata una grave forma di autismo. Solo che mentre Ottavia, contrariamente a qualsiasi retorica sull’handicap e l’ammore e la maternità che fa vedere tutto rosa e bellissimo, dopo una lunga e sfibrante giornata di lavoro è schiacciata da questo macigno, Gaetano è un Superman che riesce a gestire tutto e anche di più col sorriso sulle labbra, sgravandola persino della maggior parte delle incombenze quotidiane.
La cosa però manca di riempirla di gratitudine e tenerezza:
Un ingegnere stimatissimo e preparato, guadagnava un’enormità, aveva 15 persone alle sue dipendenze e trovava pure il tempo e la voglia di comprare una bottiglia di Aglianico nonché di cucinare fettuccine ai funghi. In qualsiasi paese civile, pensò, sarebbe stato passato per le armi in piazza pubblica.
Ottavia infatti, lo dirà esplicitamente, li odia entrambi.
Vagheggiare l’amore con De Palma diventa una fuga da una realtà opprimente di cui non ha parlato a nessuno, un po’ per orgoglio e un po’ perché probabilmente nessuno capirebbe cosa prova (a dir bene la invidierebbero per quel marito perfetto, I feel you sis).
Un quadro dolorosamente realistico, poco presente nel panorama delle fiction e della letteratura italica piena di stucchevole retorica figlia del cattolicesimo dove la mamma è sempre la mamma, l’handicap di un figlio è un dono perché la vita è sacra e in nessun caso si deve provare qualcosa che non sia amore, devozione e spinta istintiva al sacrificio, se no fai schifo. Prima o poi ci arriveremo a capire che se si resta con una persona che ha bisogno (fosse pure un figlio o un compagno) deve essere per amore (ma un amore che deve tener conto anche, egoisticamente, del benessere personale che conta quanto quello dell'altro) e non per obbligo o senso di colpa.
Nel frattempo è bello veder trattare l’argomento.
Così come fa piacere sentire un Pisanelli stoppare la retorica del cazzo sulla vigliaccheria dei suicidi che decidono di lasciarsi alle spalle questo dono prezioso che è la vita chiarendo col solito Aragona, la linea comica del gruppo, quanto coraggio ci voglia nel pratico per ficcarsi in bocca una pistola o gettarsi sotto a un treno. Certo Pisanelli non è il più obiettivo degli interlocutori, ma ha pure ragione, e pure se non si concorda con lui (e in quel caso siete brutte persone perché Pisanelli è il vero protagonista di questa serie e ha sempre ragione) almeno si ha di fronte un punto di vista diverso ogni tanto…
*
Come accade nell’omonima fiction è il lato umano a farla da padrone ne I bastardi di Pizzofalcone, a fronte di una trama gialla lineare e scorrevole che però non brilla per originalità dal momento che la sottoscritta, che non è esattamente la più sveglia delle lettrici, era arrivata al vero colpevole più o meno a pagina 15, nonostante i tentativi di De Giovanni di sviarci qui e lì e infilare qualche sottotrama secondaria, cosa che penso serva anche e soprattutto per dare a tutti i Bastardi qualcosa con cui occupare il tempo nel corso della loro prima indagine permettendo di riflesso a noi di conoscerli con calma, uno o due alla volta.
E’ una buona mossa che personalmente ho gradito.
L’espediente di usare il narratore onnisciente per saltare da un punto di vista all’altro invece è usato in modo non sempre impeccabile: il punto di vista è praticamente sempre quello di un uomo di mezza età anche quando è una donna ad agire e muoversi (e puntualmente se non sono mogli e madri sante agiscono per sedurre un uomo o irretire uno sprovveduto col money), immergendoci in un mondo in cui la figlia di un militare dal pugno di ferro e un manesco stronzo sembrano ragionare più o meno allo stesso modo e in entrambi i casi si fatica a entrare al 100% in un punto di vista scomodo e a tratti disgustoso come mi è successo ad esempio con Humbert Humbert nel corso della lettura di Lolita di Nabokov.
A meno che non mi si dica che io non debba trovare disgustoso e detestabile uno che molla una papagna in faccia alla moglie perché sta nervoso e lei osa avvicinarglisi per chiedergli com'è andata la giornata.
Persino la scena del club gay che vede protagoniste di una languida seduzione la Di Nardo e una ragazza misteriosa sembra più l’inizio di uno di quei porno pruriginosetti su cui si fanno i seghini i signori di una certa età che però vomitano al pensiero di due maschi che si baciano che un modo di metterci di fronte al disperato bisogno della giovane Alex di essere se stessa di fronte a una quotidianità opprimente controllata dal suo amato/odiato padre padrone.
Dramatization 5 |
Ogni tanto poi la narrazione scivola nello spiegone ridondante (e alla terza volta che un personaggio si premura di spiegarmi il motivo per cui i Bastardi sono stati trasferiti a Pizzofalcone penso che anche basta, ho capito), ciononostante la lettura scorre piacevolmente. I dialoghi sono informali ma divertenti, con qualche regionalismo qui e lì che ti tiene ancorato alla napoletanità del background senza pensare agli sketch del cazzo di Biagio Izzo.
Infine, non so se siano gli strascichi dei romanzi dell’universo de L’Ispettore Ricciardi ad essere rimasti appiccicati al De Giovanni o che, ma il background (questa Napoli sferzata dalla tempesta, cupa e malinconica, con i suoi vicoli, la sua miseria, la noia immobile) sembra più preso dai film di Mario Merola che dalla metropoli contemporanea. A tratti sembra quasi non uno scorcio reale di Napoli, ma quello che il lettore casual si aspetta di trovare a Napoli.
*
IN CONCLUSIONE. . .
Ho apprezzato il libro I Bastardi di Pizzofalcone?
Pur con tutti i difetti di cui abbiamo parlato in questa recensione, sì e non poco. Non vado gridando al capolavoro ma l’ho trovata comunque una lettura piacevole che è filata liscia, mi ha divertita e mi ha fatta affezionare pur con tutti i cliché di cui sopra, a qualcuno dei personaggi presenti (una cosa non da poco per una come la sottoscritta notoriamente esterofila.
Ammetto che con tutto il suo essere uno sporco razzista privilegiato raccomandato di merda, nutro una particolare simpatia per Aragona, che mi ha regalato i momenti più divertenti della lettura e strappato un paio di risate. Anche se De Giovanni dovrebbe inventarsi qualche mossa diversa, perché alla novantesima volta che si toglie e leva gli occhiali non diventa più un vezzo da CSI Napule ma da persona malata di OCD.
Riguardo alla Piras resterà nella mia testa il mistero di come si sia arrivati da una persona descritta come bassa e prosperosa con un marcato accento sardo alla Crescentini nella serie tv, ma il fandom esigeva che Gassman si intrallazzasse con una bella bionda e non con la Barbara Gordon tutta AJO' e PANADA saltata fuori dal doppiaggio italiano di Lego Batman.
Leggerò gli altri romanzi della serie?
Decisamente sì.
Nessun commento:
Posta un commento
La tua opinione è importante anche se non sei d'accordo con quello che ho scritto e mi fa sempre piacere scambiare due parole con chi si prende la briga di leggere quello che scrivo.