martedì 19 aprile 2022

[Recensione] ASSASSINIO SULL'ORIENT EXPRESS, di Agatha Christie

Titolo originale:
 Murder on the Orient Express
Autore: Agatha Christie 
Traduzione: L. Zazo
Edizione: Oscar Moderni Mondadori, copertina flessibile
Pagine: 216
Anno: 2020
Euro: 14,00 | Ebook: 4,99 


Premesse:
Assassinio sull'Orient Express è forse il più celebre e apprezzato romanzo della regina del giallo grazie anche a diverse fortunate trasposizioni cinematografiche che si sono succedute nel corso degli anni, ultima ma non ultima la controversa versione di Kenneth Branagh. Versione che a me ovviamente non dispiace anche se (o forse proprio perché) prende una propria strada discostandosi in diversi punti dal romanzo della Christie.
Il che per me è un punto a favore.
Apprezzo sempre un buon filtro datomi dalla visione personale del regista nel cambio di media, in quanto se volessi vedere qualcosa di uguale identico al libro mi leggerei direttamente il libro, specie quando si tratta di un libro così snello, da divorare in un paio di pomeriggi. Mi fa giusto incazzare che per farsi produrre questi film dalla Disney Branagh molto probabilmente abbia dovuto vendere il culo con quell'orribile film di Artemis Fowl che non è che si discosti ma caga proprio in bocca ai romanzi.
Ma vabbè, parliamo del romanzo di Agatha Christie.
Anche perché il film di Artemis Fowl è una ferita ancora aperta e purulenta.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Il famoso detective internazionale Hercule Poirot alla fine di una delle sue avventure è in viaggio da Aleppo per tornare a Parigi. Ad Istanbul sarebbe sua intenzione fermarsi qualche giorno in hotel per fare il turista e gustare le specialità culinarie del posto in attesa del treno che lo condurrà a Calais, ma riceve un telegramma che lo richiama urgentemente a casa per occuparsi di un caso importante.
Tanto è inverno e siamo in bassa stagione, non sarà certo un problema per Poirot trovare una cuccetta in prima classe. E invece pare proprio che sia un problema dal momento che proprio a questo giro tutta la prima classe sia prenotata. Al grido di "la morte prima di viaggiare insieme ai poveri", a risolvere la situa con la sua influenza arriva l'amico di vecchia data Monsieur Bouc, direttore della Compagnia Internazionale dei vagoni letto. Finalmente Poirot può mettersi in viaggio verso casa insieme a questo curioso pot-pourri di ceti, nazionalità e caratteri.

Tra i compagni di viaggio di Poirot abbiamo Samuel Edward Ratchett, un ricco americano dall'aspetto inquietante che gira l'Europa per affari insieme al suo segretario Hector MacQueen e al suo maggiordomo Henry Masterman, il quale cerca senza successo di assumere Poirot come guardia del corpo dal momento che è convinto che qualcuno voglia attentare alla sua vita; Caroline Martha Hubbard, un'eccentrica, svampita e chiassosa americana di mezza età che non fa che ciarlare di sua figlia; Greta Ohlsson, una mite svedese direttrice di una scuola missionaria a Gemlik; la ricca e autorevole principessa russa Natalia Dragomiroff insieme alla sua cameriera Hildegard Schmidt; i coniugi Andrenyi, il conte e diplomatico ungherese Rudolph e sua moglie Helena Maria; il rigido e impassibile colonnello Arbuthnot, ufficiale dell'esercito di sua maestà di stanza in India; la seria e controllata istitutrice inglese Mary Hermione Debenham, di ritorno da un incarico a Istambul; il venditore di automobili di origini italiane Antonio Foscarelli, che fa avanti e indietro dall'America da circa 10 anni; l'investigatore privato Cyrus Beltman Hardman, che in quanto americano ovviamente manca della finezza europea di Poirot ed è poco accorto e volgare.

Ma questo è un giallo, non un libro sui viaggi in treno in terre esotiche, quindi ecco che una notte, nel corso della tratta balcanica, mentre una tempesta di neve blocca l'Orient Express in mezzo al nulla, Mr. Ratchett viene brutalmente assassinato da mani ignote in una stanza chiusa dall'interno e con l'impossibilità di fuggire dal finestrino a causa del maltempo. Un enigma della stanza chiusa in piena regola.
Nessuno, nemmeno il controllore di servizio Pierre Michel (già apparso in un precedente romanzo della Christie, Il mistero del treno azzurro del 1928), sembra aver visto nulla di utile o avere un movente che li ricolleghi all'omicidio: sappiamo solo dell'esistenza di un uomo misterioso che avrebbe fatto irruzione nella cuccetta della signora Hubbard e di una donna in kimono scarlatto che avrebbe percorso il corridoio del vagone letto in piena notte. 
E' chiaro che il colpevole non possa essere fuggito a causa del brutto tempo, quindi su richiesta di Monsieur Bouc e con l'aiuto del dottor Constantine (un medico di origini greche con idee salviniane sugli stranieri) Poirot cerca di dipanare questo mistero fuori programma e di svelare il solito intricato ginepraio di menzogne e mezze verità a cui ci ha abituato la Christie.

*

IMPRESSIONI SPARSE (con spoiler copiosi)

Per il suo Assassinio sull'Orient Express (il decimo libro dedicato a Hercule Poirot) la Christie si ispira alla contemporaneità. Il romanzo, scritto nel 1934, prende infatti spunto non solo da una sosta forzata subita dall'autrice a bordo dell'Orient Express (a causa non della neve ma di forti piogge), ma soprattutto da un celebre caso di cronaca nera accaduto negli Stati Uniti proprio in quegli anni, il rapimento e l'uccisione del piccolo Charles Augustus Lindbergh Jr, primogenito del famoso aviatore Charles Lindbergh, nel 1932. 
Due anni dopo il macabro ritrovamento le indagini condotte da un neonato Bureau of Investigation, Guardia Costiera, servizio immigrazione e dalla polizia di Washington portano al suicidio di Violet Sharp, una giovane fantesca di origini inglesi impiegata presso casa Lindbergh su cui si erano inizialmente concentrati i sospetti, e poi all'arresto di un carpentiere di origine tedesca di nome Bruno Richard Hauptman, che professerà sempre la propria innocenza anche di fronte alla possibilità di aver salva la vita. Hauptman f
inirà sulla sedia elettrica nel 1936 ma il caso continuerà a fare grande impressione nell'immaginario collettivo e a presentare diversi punti poco chiari, complici anche le indagini non sempre impeccabili dei nostri amici d'oltreatlantico.

Nel romanzo Agatha Christie descriverà il rapimento e uccisione della piccola Daisy Armstrong, fatto di cronaca fittizia che diventa anche la chiave per comprendere le ragioni che hanno portato all'uccisione del signor Ratchett. I fatti: nel 1933 la piccola Daisy Armstrong viene rapita dall'interno della sua abitazione a Long Island e nonostante il pagamento di un riscatto faraonico, il caos mediatico scoppiato attorno alla faccenda spinge il colpevole a liberarsi a poche ore dal rapimento dell'ostaggio.
La bambina viene uccisa e abbandonata nei boschi.
Lo shock della macabra notizia spinge la signora Armstrong ad un aborto spontaneo mentre il marito, colonnello dell'esercito, per il dolore si uccide con un colpo di pistola. Vittima collaterale della vicenda è Susanne, domestica di casa Armstrong, che si suiciderà per il senso di colpa e la vergogna in quanto ritenuta complice dei rapitori nel corso delle indagini (ma si scoprirà essere stata solo tanto ingenua da fornire informazioni sulle abitudini della famiglia Armstrong al vero colpevole). Il colpevole, come si scoprirà, è un noto capomafia di origini italiane operante nelle zone di Chicago di nome Lanfranco Cassetti (che la censura fascista ribattezzò O'Hara, appioppando il peso del crimine ai nostri amici irlandesi), che riesce a scampare alla giustizia da uomo libero e rispettabile con un mix tutto nostrano di minacce e corruzione.
Cosa c'entra questo con l'omicidio di un vecchio uomo d'affari?
Ci arriviamo: di reato in reato (di cui l'omicidio Armstrong è solo l'ultimo e il più eclatante), anno dopo anno, Cassetti si arricchisce abbastanza da poter appendere la pistola al chiodo e fuggire dagli States (e dalla giusta vendetta dei superstiti) verso la vecchia Europa, dove assumerà l'identità fittizia di Samuel Edward Ratchett, il nostro morto. Tempo in cui Poirot riesce a scoprire questo collegamento: 5 pagine, e giusto perché culo ha voluto che il colpevole non sia riuscito a bruciare del tutto certe lettere minacciose che collegavano il mostro all'omicidio Armstrong.
D'altronde senza qualche forzatura di fondo, disattenzioni varie e un paio di intuizioni abbastanza aggratis da parte del nostro geniale detective belga la trama andava avanti pochino, dal momento che come si scoprirà su quel treno tutti sono colpevoli e quindi nessuno è intenzionato a raccontare a Poirot la verità sulla notte fatale in cui giustizia è stata fatta per gli Armstrong e la giovane Susanne.
Fortuna che sul treno c'era Poirot e non un cretino qualsiasi...

Poirot, hai più culo che anima...
A onor del vero, certe intuizioni del detective, complice la brevità del romanzo che porta a far sembrare le elucubrazioni del protagonista poco più di un tirare a indovinare, mi sono sembrate imbroccate un po' a culo, al punto che quasi riuscivo a vedergli la Christie farmi l'occhiolino da dietro la spalla per ricordarmi 🎵quanto è bravo Poirot, quanto è furbo Poirot, il baffetto curato più sexy Poirot 
🎵

Così come in generale mi è sembrato al limite della parodia che sullo stesso treno preso da Cassetti riescano a riunirsi da mezza Europa e dall'America parenti di cameriere, autisti, parenti desaparecidi, amici e simpatizzanti per concordare la loro vendetta quando nel 2022 non riusciamo a riunirci con gli amici per una pizzata. Salvo poi lasciare l'unica prova che poteva incastrarli tutti sotto al naso di Poirot, e solo perché nessuno dei dodici stronzi che entrano nella cuccetta di Cassetti per pugnalarlo nel sonno si prende la briga di controllare che l'unico documento vagamente incriminante fosse bruciato per bene.

*

Ancora una volta come abbiamo visto alla Christie piace trollare il suo lettore con colpi di scena improbabili (anche perché se non lo facesse il mistero si risolverebbe a pagina due), e o hai l'istinto belga di Poirot o ti attacchi al piffero se speri di arrivare alla soluzione del mistero alla prima lettura.
Almeno per quel che mi riguarda.
Ma io non ci ho nemmeno provato dal momento che sono una lettrice di gialli molto pigra e mi diverte lasciarmi guidare dal mistero più che fare ipotesi e anticipare il detective di turno nel dipanare il mistero in corso. Il detective sei te, se avessi voluto fare il tuo lavoro avrei fatto il carabiniere o il prete. La mia massima aspirazione davanti a un romanzo della Christie è stare in panciolle sul divano a vedere come se la cava Poirot bloccato su un treno in mezzo alla neve dei Balcani con 12 assassini multietinici che mentono tutto il tempo su identità, spostamenti, orari e alibi. 
E come se la deve cavare? 
Benissimo. Pure troppo. E' Poirot, mica uno stronzo qualunque.
Dal canto mio, i miei neuroni hanno dato forfait fin dallo schemino che fa il protagonista nelle prime pagine per studiare la disposizione delle cuccette del vagone letto.
Ma anche no...
A rendermi il viaggio piacevole più che l'intreccio in sé o i colponi di scena a turbomitraglia sono le capacità della Christie di essere sempre leggera e scorrevole ma soprattutto il suo talento nel far restare impressi i numerosi personaggi che affollano l'Orient Express (che poi non è lo storico Orient Express ma il suo fratellino minore svantaggiato, il Simplon Orient Express - un'altra divertente trollata dell'autrice) con pochi sapienti tratti di penna anche a una persona come me, che normalmente ha molte difficoltà a destreggiarsi in romanzi in cui gli attori in gioco abbondano.

*

E che dire del protagonista, Hercule Poirot?
Poirot è sostanzialmente un uomo con molto senso pratico, intelligenza e pazienza ma anche molta immaginazione (cosa che lo porta ad avere intuizioni sempre molto puntuali ed esatte), nonché un profondo conoscitore della natura umana, convinto che di base (se escludiamo i delitti legati alla malavita o frutto di follia) l'uomo sia portato all'omicidio spinto da due pulsioni: i soldi e l'amore. 
Nemmeno Assassinio sull'Orient Express fa eccezione.

Si distingue da uno Sherlock Holmes in quanto diffida della solita procedura, ovvero all'arida logica o alle prove: in Assassinio sull'Orient Express del resto non c'è polizia né medico forense su cui fare affidamento e il nostro eroe può contare solo su un pezzo di carta sopravvissuto alle fiamme e sulle osservazioni superficiali di un dottore presente per caso sul treno. Tutte le prove che ci si ritrova in mano poi sono fuorvianti e confezionate appositamente per sviare le indagini, tranne quella sopravvissuta per mera casualità alle fiamme.
E' soprattutto la psicologia quella che persegue Poirot.
Non studia il cadavere, ma il motivo per cui qualcuno possa averne desiderato la morte; non analizza le impronte digitali sul corpo o sull'arma del delitto (che pure ci fossero sarebbero impossibili da analizzare dato il contesto), ma il perché sul cadavere di Ratchett/Cassetti si trovino 12 coltellate di natura eterogenea; non si perde troppo tempo ad analizzare un fazzoletto o un nettapipe e non è nemmeno troppo importante risalire ai rispettivi proprietari (anche perché se per il fazzoletto è un po' più difficile scoprire la persona a cui appartiene, c'è un solo personaggio a bordo del treno che fuma la pipa e non sigarette o sigari): per Poirot è vitale capire il motivo per cui qualcuno potrebbe aver deciso di lasciare deliberatamente lì proprio quei due oggetti. Non si tratta di seguire una procedura, si tratta di far lavorare il cervello al fine di dar vita a congetture che per esclusione non possono far altro che rivelarsi corrette. E allo stesso modo chi ha mentito, messo di fronte alla verità inattaccabile, non può far altro che ammettere la propria colpevolezza.

Ed è proprio per far lavorare il cervello e forse per il colpo inferto al proprio orgoglio di investigare dal momento che l'omicidio di questo personaggio sgradevole (a cui lo stesso Poirot aveva negato il proprio aiuto solo poche ore prima) avviene proprio sotto al suo naso, più che per fare un favore a un amico di vecchia data, Poirot accetta di metter mano a questo mistero: perché Poirot è anche questo.
Un uomo irritante che agisce spinto dal capriccio del momento e può negare il proprio aiuto spinto solo da antipatie personali e istintive, rifiutando anche considerevoli somme di denaro. Un tipo strano e infantile che si offende a morte se per sbaglio lo scambiano per francese ma al tempo stesso indulge in osservazioni poco gentili sugli stranieri spinto dai propri pregiudizi (d'altronde gli altri faranno lo stesso con lui, specie i viaggiatori di nazionalità inglese). Soprattutto è un uomo d'altri tempi con una moralità e un senso di giustizia che travalica persino le leggi degli uomini se queste si rivelano inique.

Light plaude a Poirot
Ed è proprio quello che accade nel caso Armstrong e alla fine di Assassinio sull'Orient Express, dove un colpevole, un uomo crudele e senza scrupoli che ha ucciso dei bambini nonostante avesse ottenuto il denaro che aveva richiesto (fatto che compare spesso in corso di romanzo e mi porta a pensare anche alla luce delle convinzioni di Poirot sulle motivazioni che spingono all'omicidio, ma se Cassetti non avesse avuto i soldi del riscatto sarebbe stato giustificato a uccidere Daisy Armstrong?) e che ha rovinato la vita a un numero imprecisato di persone la fa franca grazie al proprio denaro e alla propria influenza. 
Laddove la legge fallisce subentrano le vittime superstiti del suddetto brutto ceffo, che decidono di porre fine alla sua vita con la violenza. 
Scoperto il delitto e i colpevoli grazie alle sue abilità deduttive superiori, Poirot decide non di mettere fine al romanzo con un arresto di massa dal momento che due ingiustizie non fanno giustizia (altrimenti ci potremmo fare tutti giustizia da soli e sarebbe un cazzo di far west), ma di fornire pure un alibi a tutti e lasciarli liberi come uccelli di bosco. Queste persone hanno ucciso un tizio drogato piantandogli 12 volte un coltello in corpo, ma è ok perché tanto il tizio era cattivo. 
Non fa una piega, bro.

*

IN CONCLUSIONE. . .

Assassinio sull'Orient Express è un romanzo solido e con personaggi ben delineati, che riesce a risultare affascinante anche in un contesto statico e limitato come un vagone ferroviario bloccato tra la neve, e anche se non si nutre eccessiva simpatia per il personaggio di Poirot e per quel suo ficcare parole francesi a cazzo nel mezzo di un discorso.
Ma la sua vera forza, per quel che mi riguarda, è rappresentata da quel senso di amaro in bocca che lascia alla fine, nel momento in cui il mistero viene svelato ma non è chiaro fino a che punto giustizia sia stata fatta.
Del resto il compito dell'investigatore è risolvere l'enigma, non giudicare il colpevole. Quello sarebbe compito di un sistema giudiziario che però nel corso del caso Armstrong ha dimostrato di essere del tutto incapace di adempiere al proprio compito, diventando complice dei colpevoli (ma solo se abbastanza influenti o ricchi da piegare il sistema) e del tutto incapace di difendere gli innocenti.

Giudizio finale:

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