sabato 26 dicembre 2020

[Recensione] PICCOLA CITTA' DEL WEST (LA CASA NELLA PRATERIA #5)

Recensione del libro "Piccola Città del West" di Laura Elizabeth Ingalls Wilder (La casa nella prateria 5)
Titolo originale:
 Little town on the prairie (Little House on the Prairie #7)
Autore: Laura Elizabeth Ingalls Wilder
Traduttore: P. Mazzarelli
Edizione: Gallucci, copertina flessibile, 240 pagine
Anno: 2017
Euro: 13,90 | Ebook: 8,99

Premesse:
Anche a questo giro la copertina ci regala incredibili emozioni, mostrandoci le quattro sorelle Ingalls strette intorno a un microscopico Baby Yoda albino, che a un esame più attento si rivela essere solo una gattina adottata dalla famiglia nel momento in cui i topi cominciano ad essere un problema tale da rosicchiare i capelli a Charles mentre dorme. 
Qualche piccola nota storico-letteraria: Little Town vede le stampe nel 1941 (a dicembre l'America entrerà in guerra contro la Germania) ed è un libro che racchiude le avventure "cittadine" della giovane Laura, tra vestiti alla moda, pettegolezzi, circoli letterari in cui tutto si fa fuorché leggere, corteggiamenti timidini in carrozza (talmente timidini che Laura manco se ne accorge di venir corteggiata), diplomi d'insegnamento presi più in fretta della cittadinanza italiana di Suarez.
Un libro insulso anche per gli standard del genere.
Per capirsi, Piccole Donne è un romanzo del 1868, Il giardino segreto è del 1903, Anna dai capelli Rossi del 1908 e a confronto tutti questi romanzi sembrano fatiche di Anne SextonD'altronde come al solito la Ingalls e la sua ghostwriter, la figlia Rose, erano più interessate a far passare il loro per nulla insistente e stronzo messaggio liberista che alla trama.

*

DUE RIGHE DI TRAMA

Pa Ingalls per una volta è in anticipo sugli altri contadini: ha seminato e dissodato prima degli altri, le piantine promettono bene, una vicina di casa per ricambiare la loro gentilezza passata ha promesso loro una covata di pulcini, Laura per qualche tempo raggranella addirittura qualche soldino extra in paese facendo l'aiuto camiciaia per una sarta del posto, e il sogno di Santa Mary di frequentare l'università per ciechi, a qualsiasi cosa serva (ci arriveremo), si fa sempre più concreto.
Ma non può durare.
Arriva l'estate e ci sorbiamo un interminabile pippone del quattro luglio sull'America amante della libertà che obbedisce solo alla propria coscienza e che si è scrollata di dosso con valore il giogo dell'invasore britannico, dei mercenari e dei "selvaggi pellerossa assassini, incendiari e cacciatori di scalpi che quei damerini di aristocratici vestiti di pizzo avevano scatenato contro i nostri insediamenti e che pagavano per ammazzare e bruciare e scalpare donne e bambini".
Seguito dalla lettura per esteso della Dichiarazione d'indipendenza.
Ridestatami dal torpore scopro che nel libro è passata l'estate e le gracule hanno devastato 
tutto il raccolto di grano e mais a un passo dalla mietitura, ma tutti sono contenti lo stesso, perché basta vendere il vitello per avere abbastanza di che pagare le tasse brutte e cattive e mandare comunque Mary all'università per ciechi con tutto il necessario per essere la più bella tra le belle (ma senza vanità, ci si tiene a specificare), e perché ci sono talmente tanti uccelli nel loro raccolto che ad ogni tiro di schioppo ne vengono giù 12 e sono più buoni del pollo da mangiare.

La Ingalls e la Wilder a questo proposito dimenticano un particolare piccino picciò, ovvero che di fatto Mary Ingalls riuscì ad accedere a quella scuola per ciechi (e a frequentarla con profitto) anche grazie a dei contributi statali. Ma poi avrebbero dovuto ammettere che quelle tasse che il simpatico signor Edwards stava rifuggendo da anni come un dildo non lubrificato servivano a qualcosa, e sarebbe stato inammissibile.

Santa Mary ci saluta, ma dai genitori scopriamo qualcosa in più su questa costosa università per ciechi in Iowa
Per orientarsi:
South Dakota in azzurro, Iowa in viola
Dura 7 anni
In realtà ho scoperto che il percorso di studi completo di questa sorta di collegi-parcheggio per portatori di handicap nati sull'onda della carità cristiana delle donne ricche e annoiate del tempo prevedeva 12 anni di scuola, ma ipotizzo che essendo già Laura piuttosto grande e ben istruita abbia potuto saltare qualche anno.
 Tra le materie di studio abbiamo economia politica (studio degli impieghi razionali di risorse minime al fine di trarne il massimo benessere), letteratura, matematica avanzata...
Tutte discipline utilissime a una figlia di contadini del South Dakota cieca, che in futuro quando sarà parcheggiata in casa dei suoi a vita o a dir bene moglie o creatrice di oggetti in perline potrà farsi da sola i conti di casa mentre risolve equazioni algebriche e declama versi di Emerson e Thoreau.
 ... ma anche cucito e maglia, mosaici con perline e musica
Che sono le uniche abilità che vedremo sfoggiare a Mary nel corso del romanzo: regalerà alla famiglia coprivasetti e bracciali fatti di perline colorate, scrive in braille e pare suoni anche il piano come una Ray Charles della prateria, ma di questo per adesso tocca fidarsi.
Che dire? Soldi e anni ben spesi.
Ma lasciamo Mary ad acculturarsi in Iowa e concentriamoci sulla figlia che ci vede e che nessuno sente il bisogno di mandare all'università perché possa ambire a una posizione più prestigiosa e remunerata di modo da poter meglio aiutare la famiglia, che vive con relativa spensieratezza la sua movida cittadina a De Smet.

Nel corso del volume Laura dovrà vedersela con:
 Una vecchia conoscenza che la odia, Nellie Oleson, che tanto è antipatica a tutti a differenza di Laura che è brava, buona e tanto tosta da essere rispettata anche dai ragazzi
 Una nuova maestra che la odia, la signorina Wilder, sorella di Almanzo. Ma tanto costei è incapace e diventa immediatamente antipatica a tutti
 I corsetti, le crinoline, le cuffiette
 L'ossessione di guadagnare soldi per gli studi di Mary
 La voglia di comprare dei bigliettini da visita da scambiare con le amiche
 Una poesia di Tennyson letta a metà che la ossessiona per mesi e che poi non si rivelerà un granché perché parla di marinai pigri e lagnosi
 Feste di beneficienza dove va a lavare i piatti mentre gli altri si strafogano oppure dove si annoia perché lei e un'amica sono le uniche bambine e nessuno parla con loro, seguite da gare di grammatica che fanno scalpitare di gioia tutto il paese (ci si deve proprio annoiare a De Smet in inverno).
 Un circolo letterario in cui tutto si fa fuorché leggere
 Una messa comunitaria che pare un esorcismo
 Un corteggiamento a suon di gitarelle in carrozzino da parte di Almanzo Wilder che Laura non si rende conto di star subendo, tutta presa com'è ad arraparsi con i suoi cavalli da 3 libri

Il climax finale a questo turbine incalzante di eventi noiosi e moraleggianti che mirano solo a far vedere e quanto è brava Laura anche se ogni tanto sembra provare sentimenti umani come il rancore e trova divertenti le gesta di due ubriachi (cosa che riempie di orrore Ma Ingalls e Santa Mary), e quanto sono liberi i coraggiosi uomini americani di frontiera a differenza di quelle fighettine dell'Est, e quanto fa schifo la legge e il governo, è dato dalla tanto agognata abilitazione all'insegnamento che Laura rimedia nel cucinino di casa nonostante abbia solo 15 anni e nonostante ci abbia piallato i coglioni per mezzo libro col fatto che non l'avrebbe mai presa visto quanto era stata pigra e svogliata, con tutti quei bagordi rappresentati dalle feste di beneficienza e dal catechismo.
Ma vaffanculo.

*

IMPRESSIONI SPARSE

Esistono poche saghe per ragazzi del primo Novecento che siano riuscite ad invecchiare tanto male e a risultare così vuote, indigeste, irritanti e ipocritamente moraliste una volta grattata la superficie (non che ci sia molto da grattare qui, comunque), e quando la Ingalls gioca sullo stesso terreno di autrici molto più brave di lei, come accade in questo volume in cui Laura finalmente interagisce con delle coetanee in un ambiente più mondano e vive uno sprazzo di vita da ragazzina normale dell'epoca, il paragone è impietoso.

A confronto di Laura che investe ogni soldino guadagnato negli studi di Mary e che non mette nulla da parte per sé senza provare un po' di umano rimpianto, tristezza o il minimo risentimento nei confronti di una sorella maggiore che resta privilegiata anche da cieca (forse in passato provava risentimento perché Santa Mary era troppo santa, ma ora che è cieca no, sarebbe meschino) Mrs March che invita le figlie a rinunciare al loro pranzo di natale per regalarlo ai meno fortunati diventa il Grinch e Mary Lennox che osa provare rabbia e tristezza per la morte dei genitori e il trasferimento in Inghilterra una frivola piagnona ingrata.
Le nostre giovani Ingalls non piangono né si lamentano. Non alzano nemmeno la voce, poiché una donna è preferibile che taccia.
Ogni tanto sembra che la Ingalls voglia destare le simpatie del giovane lettore del suo tempo dandogli in pasto una protagonista che prova sentimenti umani e a tratti meschini, c
he trae compiacimento dalle sfortune altrui se queste capitano a persone che si sono comportate male con lei, come Nellie Oleson che ora non è più la figlia di ricchi commercianti del Minnesota ma la figlia di contadini del South Dakota come lei.
Una protagonista che a tratti è un po' maschiaccio (anche se naturalmente non partecipa mai al caos in classe e si diletta solo ogni tanto in giochi più scalmanati, da brava signorina.
Il problema è che è inutile riempire Laura di "difetti" e farle provare dei cattivi pensieri che sarebbero anche normali in una ragazzina di quell'età che vive di privazioni se alla fine risulta talmente impregnata di quel senso di colpa e timor di dio tipicamente protestante da tenersi in riga da sola. Perfino l'Alice di Carroll si dava buoni consigli però non li seguiva mai. E parlando di persone che animate da buone intenzioni non riuscivano a tenere a bada il cattivo carattere non si può non parlare della piccola orfana dai capelli rossi di Lucy M. Montgomery, ma mentre Anna era un personaggio molto spontaneo e animato dal sincero desiderio di comportarsi al meglio senza riuscirci sempre, qui l'idea generale è che ci si trovi davanti qualcosa di forzato e costruito a tavolino

L'autrice (o chi per lei) ostenta umiltà ma di fatto dipinge continuamente sé stessa nella luce migliore possibile spalando cacca su chi nella vita vera evidentemente tanto simpatico non le stava come una novella Dante Alighieri: penso all'alterco francamente incomprensibile e mai risolto con Mrs Wilder, che non è solo una maestra debole e incapace di mantenere l'ordine (a differenza di Laura a cui basterà un sorriso di incoraggiamento a mezza bocca per scatenare il finimondo e qualche parole gentile per irretire il cuore del più sarcastico e svogliato dei bulletti), ma anche la sorella di Almanzo e Royal Wilder. 
Doveva correre grande simpatia tra le due in famiglia.
Dramatization:
La signorina Wilder nella testa di Laura
Come è ovvio non solo Laura si comporta in modo ineccepibile (al più la odia perché è troppo gentile e non picchia i bambini - poi la odierà perché è troppo cattiva con lei, fai pace con la testa - si rifiuta di mantenere l'ordine in classe, che non è suo compito, e difende la sorella minore Carrie da soprusi gratuiti), ma alla fine converrà con i genitori sul fatto che evidentemente deve aver fatto qualcosa di terribile per attirarsi le sue antipatie. Cosa abbia fatto non è chiaro visto che l'unica cosa che sembra infastidire la Wilder è il fatto che Laura abbia il padre nel Consiglio scolastico, e il consiglio scolastico è quell'organo che nella frontiera può decidere della sua carriera lavorativa. Quindi o questa donna è in odore di matrimonio e il lavoro le puzza, o oltre che pidocchiosa Eliza Jane come dice una canzone che la vede protagonista e che canteranno tutti i monelli di De Smet è anche scema.

Nel frattempo Carrie ha contratto una non meglio precisata malattia vittoriana, per dare al libro quel tocco inglese alla Dickens e non pensare che ne La piccola città del West a dispetto dell'inverno mite, degli amici e delle feste ci si divertisse troppo: dal lungo inverno dell'anno prima infatti le privazioni sembrano aver causato in lei una debolezza non meglio specificata che le causano pallore e continui mal di testa. La Ingalls non ci spiega cos'abbia, probabilmente non lo sapevano.
La biografia reale di Carrie Ingalls conferma che pur non essendo mai stata una ragazza particolarmente malata non avrà nemmeno una salute così robusta: passerà la giovinezza a viaggiare in posti dal clima meno rigido nella speranza di recuperare la salute per poi morire abbastanza giovane di complicanze dovute al diabete (malattia che si porterà via anche le sorelle Grace e Laura).

Come postilla scopriamo che la sfolgorante carriera lavorativa dell'ex maestra Ma Ingalls (che anche a questo giro ci deve ricordare che odia gli indiani più della scarlattina che le ha accecato la figlia, non manca un colpo questa brava donna di frontiera), è durata due trimestri.
"E dopo, cosa è successo?"
"Ho incontrato tuo padre."
"Ah" disse Laura. Chissà che anche lei non avesse la fortuna di incontrare qualcuno. Così magari non le sarebbe toccato fare la maestra tutta la vita."
Ah...
*

L'amore della Ingalls e della Wilder Lane per il liberismo la libertà del fiero popolo americano risulta a questo giro particolarmente invadente, forse perché ci sono talmente poche sfighe a cui pensare che i protagonisti hanno tutto il tempo di riflettere a lungo su quanto sia bella la libertà e quanto sia necessario lottare contro l'oppressore che vuole importi regole e disciplina incomprensibili: al di là del succitato pippone infinito del quattro luglio seguito da lettura per esteso della dichiarazione d'indipendenza, a questo giro abbiamo:

 Una comunità talmente nemica delle regole da scalpitare e annoiarsi al solo pensiero di dover votare per un presidente e dei responsabili che si occupino della parte amministrativa del neonato Circolo Letterario, poiché questo toglierebbe tutto il divertimento all'iniziativa.
Per fortuna arriva Pa Ingalls a risolvere la situa:
"Siamo venuti qui con l'intenzione di svagarci e rallegrarci un po'. Forse non è necessario organizzare tutto per filo e per segno. Per quello che ho visto in vita mia, il problema, quando le cose sono troppo organizzate, è che la gente si interessa più all'organizzazione che a ciò a cui deve servire l'organizzazione. Mi pare che qui siamo tutti d'accordo su cosa vogliamo. Ma se cominciamo a pensare all'organizzazione e a eleggere candidati forse non saremo più tutti altrettanto d'accordo. Ragion per cui la mia proposta è che per il momento facciamo quello che vogliamo fare, senza pensare a distribuire compiti e cariche."
Naturalmente, ma ci stupisce?, la libertà totale sarà lungi dal provocare il caos ma farà venire a tutti la voglia di partecipare con iniziative su iniziative, una più paXXerella dell'altra, come gare di spelling all'ultimo sangue, recite in stile Drag Queen, competizioni musicali e un gradevole balletto in stile blackface.
Segnalo questa cosa giusto per amor di recensione ma mancherò di indignarmi su bianchi di frontiera vestiti di stracci che si tingono la faccia di nero per battere ossa di mucca sul palco e improvvisare un gioioso balletto, e sull'uso del termine darkies (che si è deciso di tradurre in italiano, in maniera molto appropriata e coraggiosa da parte della traduttrice a mio avviso, con negri) dal momento che non possiamo fare gli ipocriti, ficcare la testa nella sabbia e far finta che nell'America dell'Ottocento, o in quella degli Anni '30 in cui si muoveva quell'anima bella della Ingalls, si fosse tutti difensori delle povere anime oppresse come Matthew McConaughey in Amistad.
 Laura che esattamente come fatto da Almanzo con la sua concessione con la complicità del signor Brewster (un amico dei suoi vicini, i Boast) e il signor Williams, sovrintendente scolastico della scuola, per cause di forza maggiore (Laura, la scuola del paese vicino ha bisogno di te per 8 settimane!) si ribella a una legge stupida che la vorrebbe qualificata per fare la maestra solo dopo i 16 anni nonostante abbia già le capacità per provvedere ai bisogni economici della famiglia, e ottiene il suo diploma di abilitazione nel cucinino di casa, "anche senza bisogno di un vero esame".
Laura è maestra e la legge dello stato, ancora una volta, fa schifo.

*

IN CONCLUSIONE...

Laddove Il lungo inverno era un libro di 260 pagine che copriva l'arco di 7 mesi ed era giusto ti facesse due palle così per rendere meglio l'idea di una famiglia intrappolata nella Tempesta Perfetta, Piccola città del west dura qualche pagina in meno e copre l'arco di (circa) due anni e mezzo, risultando sbrigativo e frettoloso ma al tempo stesso (e questo risulta essere un raro talento della Ingalls e della sua ghostwriter) di una noia e ripetitività soporifere
A un certo punto ci si può solo arrendere tra corsetti che se non indossati pure la notte rovinano la figura (e come farà poi il tuo futuro marito a stringerti la vita con le mani come faceva tuo padre quando eravamo fidanzati?), gonne in crinolina che tornano o meno di moda a seconda degli umori dell'evoluto Est, diari dell'amicizia da portare a scuola e bigliettini da visita graziosi da scambiare con le amiche o col proprio futuro marito nel corso di una gita in carrozza in cui più che la nascita di un tenero amore di frontiera sembra la nascita di pulsioni zoofile da parte di Laura, che sono tre libri che ci martella gli zebedei perché trova più sexy quella coppia di equini scuri e possenti del ragazzo che li conduce.
Nota: il vero Almanzo Wilder (che scopriamo chiamarsi così perché nella sua famiglia c'è la tradizione di chiamare un figlio come un non meglio specificato arabo di nome El Manzoor che salvò la vita a un antenato al tempo delle Crociate, e la buona sorte in questa generazione è toccata a lui) avrebbe ben 10 anni più della Ingalls , una differenza ritenuta importante anche all'epoca, mentre qui li separa una differenza d'età di soli 5-6 anni, forse per ragioni editoriali
E' una storia che sempre più esplicitamente, mano a mano che le difficoltà per gli Ingalls si diradano e non devono più pensare soltanto alla mera sopravvivenza, si fa squallida propaganda liberista, che ruota attorno a una ragazzina che a nemmeno 16 anni, con il suo bel diplomino da insegnante conseguito illegalmente in casa sua, è diventata il prototipo della perfetta osteggiatrice di politiche rooseveltiane; un'adolescente che ciancia di una presunta libertà individuale americana e che nel pratico si traduce in cieca lotta all'assistenzialismo statale pagato con le tasse degli onesti lavoratori (assistenzialismo statale che nella realtà permise a loro di acquisire terreni da coltivare a scapito delle popolazioni autoctone, e alla sorella Mary di frequentare la scuola per tessitrici di perline in Iowa), e la disobbedienza a leggi sciocche che vanno a complicare la vita e a togliere il divertimento a uomini umili e onesti che sanno regolarsi da sé.
Ma vaffanculo.

Non mi lamenterò più della Alcott e del destino di scrittrice di libricini moralisti del cazzo, brava moglie ed educatrice riservato alla sua Jo alla fine del secondo romanzo della saga delle Piccole DonneA confronto di Laura Ingalls persino Beth è Peggy Carter. 
Giudizio finale:

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